RI Ar e i$ Visa =. e eg MSI PSA A gia wesh e: ho resero ENTO x th da OPERE MEDICHE DI TOMMASO |SYDENHAM. VOLGARIZZATE Opinionum commenta delet dies, naturae iudicia confirmat. Gic. de nat. Deor. TOMO PRIMO PAVIA!" PRESSO GIOVANNI CAPELLE INENG NENG NP 10096. La presente edizione è posta sotto la protezione della_ Legge 19. fiorile anno IX. i è HISTORICAL MEDICAL II: n e” Fat ECCELLENZA II SIGNOR CONTE SENATORE MOSCATI Sp, DEL R. ORDINE DELLA CORONA DI FERRO GRAND AQUILA DELLA LEGION D ONORE to ‘MEMBRO DELL'ISTITUTO NAZIONALE r | i; | DIRETTORE GEN, DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE: NEL REGNO D'ITALIA . Si - á A ak HOR 9 si x S egli è pao che delle laudevoli cose che DUom fa, di niuna gliene torna più dolce la ricordanza di quelle già da esso in giovinezza operate , una dolcissima spero ora io risve- gliare nell’ animo di V. E. presentandole que- sta mia traduzione, E tosto le corrono a mente quei primi anni, ck Ella all arte me- dica consacrò, € gli studi, e le veglie, e quelle “ mie gt. g VI i anni a quelle scuole fatto ritorno a. Londra diedi co inciamento alla pratica medica , ed attendendovi con quella diligenza , che per me sı poteva maggiore, ed osserpando , venni in sentenza nella so; ed essere similissimo al vero, che eolui, | quale rivolgerà la massima attenzione ai naturali fenomeni delle malattie, saprà più di ogr altro conoscere ‘le vere indicazioni curative . Per la qual cosa interamente a questo metodo 7 abbandonaî ben sicuro , che ove tenessi per guida la natura, seorressi pure per luoghi sco- nosciuti, non sarebbe mai che avvenisse dipar- tinmi dal retto cammino. A un cotal filo atte- nendomi impresi innanzi tutto ad esservare le febbri; ‘è dopo noja assai, e inquietudini, e fatica ‘gravissima d alcuni anni, mi venne fatto rinvenire un metodo, onde debellarle; e questo, è già lungo tempo, ad istanza de miei amici pubblicai . Però siccome d' allora in poi vidi nuove specie di febbri a me non pria conosciute, che andavansi continuamente a vicenda succe- dendo ; ho meco stesso proposto di riunire il più accuratamente che avessi saputo , tuttociò, che spettava ad esse, 0 che da esse dipendeva, affinchè compensassi con una più esatta, con una più completa storia di queste malattie la piccolezza della mia prima intrapresa. Me È. K: FNTT mentre tali cose andava meditando, e tutto m occupava il pensiero di ritrovare un metodo a tutte acconcio , avuto riguardo ai moltiplici cangiamenti, ed al versatile ingegno della na- tura, ecco accorgermi, come in mat punio mi studiava ciò fare ; e a cui pareva, niun altra cosa avessi per guida , che la mia immagina- zione, e a cui pareva, non ne avessi veruna . Sebbene fosse mio desiderio non pubblicare queste osservazioni, se non accresciute, e con- fermate dalla sperienza di alcuni anni: p stanco a dismisura degli insulti di ciascun ma- ligno , secondando il volere de’ miei amici, fra î quali annovero con onore il sagacissimo Dott. Gualtiero Needham lode e decoro dell'arte medica a paro, che dell amena letteratura, ho voluto provvedere a me stesso, e difendermi producendo tali osservazioni, che saranno , io spero, per conciliarmi il favore di tutti i buoni. Riguardo agli altri, attenderò io, come disse acutamente il Romano filosofo, che la calun- nia risparmii persora, mentre non risparmiò nè Rutilio, nè Catone? Se pertanto eppi chi | per ceria erudeltà, ed asprezza naturale gode scagliarmisi contra, niente badando , se bene; o male abbia scritto; se epvî chi tosto biasima ciò che altri produce di nuovo, e da essi non detto , nè udito , io confido di sopportare un tal uomo pazientemente: senza dubbio non scame bieremo le ingiurie. Dirò solo cosa degna ve- ramente d un cristiano, quello che Tito Tax eito rispose a Metello , il quale lo andava ins CT RE TE viIII E i a guuriando » E è. facile înveîre contro me, mentire so e per rispondere: Tu imparasti ad oltraggiare, io cui nulla morde la coscienza imparai a disprezzare gli oliraggi: se iu sei padrone della tua lingua, sicchè ogni cosa che fi piaecia vai dicendo , io il sono delle mie orecchie, sicchè ogni cosa, che odono l odono senza offendersi« Ecco i motivi onde fui spinto a pubblicare questo libro. A voi.poi ho voluto dedicarlo, e per la reciproca amicizia che sì fortemente ne stringe , e perchè niuno meglio di voi può pronunciare sulle osservazioni, che qui. riferisco | Voi in questi ultimi sette anni scorsi ne. vedevate so vostri proprj occhi le principali cose ; e sicco- me integerrimo di costumi, e d una probità soverchiamente nota, non.è possibile che po- gliate indurre. altri in errore, particolarmente trattandosi della vita umana. D altronde la sapienza , la erudizione di che siete ripieno mi torrebbero al tutto i mezzi d imporvi; ove il volessi, e molto meno poi imporreste a voi medesimo rispetto alle sperienze, per le quali confermaste ne vostri stessi malati la verità di alcune cose o qui scritte ,, o che altrove vi comunicat . Oltracciò ben sapete , come favo tele” ` revole a questo mio metodo, che pienamente conosce si è il comune amico nostro Giovanni Loch, del quale o sia per ingegno acre, e fino giudizio 3 0 sia per intattr costumi, antichi , appena credo , che possa darsi tra viventi un superiore , pochissimi senza dubbio uguali. Ma p” 4 D E ® à Mi al fre w IX non è mestieri, ck io maggiormente solleciti la postra approvazione della quale già da gran tempo sto sicuro . Rispetto agli altri, si tenti la sorte: qualunque possa essere soffrirolla in pace . Perocchè essendo omai vecchio , è mio pensiero ne pochi giorni, che m avanzano nè a me , nè ad altri riuscir molesto, e conseguire quella felicità che così dipinse un grand’ uomo : Inver beato , ed agli iddii simile L uom, cui nè muove col bugiardo aspetto La risplendente gloria, nè il fastoso Lusso co’ tristi gaudj, ma tranquillo Lascia scorrere i dì taciti , e passa | In povertade la innocente vita (1). Rimanmi ora pregàrvi, che vogliate com- piaceroi accogliere quest opera benignamente, e risguardarla come pegno del mio amore, e della mia stima in verso vot. E il dovete volere tanto più, in quanto degli errori, che in essa appa- riranno di niuno ne andrete gravato . Essi a me spettano , nè perciò ch io deliri verrà a voi la pena. Ad ogni modo non avrò gittate inte- ramente mie fatiche, quando da’ miei errori stessi mi venga fatto cogliere. l occasione di far manifesta al mondo la verace amicizia che a poi mi stringe , e nella quale sarà, ch io sempre viva. Sydenham. (1) Felix ille animi, divisque simillimus ipsis Quem non mendaci resplendens Gloria fuco Sollicitat; non fastosi mala gaudia luxus; Sed tacitos sinit ire dies, et paupere cultu Bxigit innosuae tranquilla silentia vitae . XI PREFAZIONE Pam il corpo umano fu dalla Natura di cotal guisa costituito, che nè per se stesso può mai sempre durare struggendosi di conti- nuo le particelle , che il compongono ; nè per la forza delle cose esterne, che agiscono con- tesso rimanere mai sempre illeso, ond’ ebbe a sboccare sulla terra fino dalla più remota età la infinita schiera delle wialattie: è fuor di dubbio , come ben molti secoli assai innanzi al Greco non solo, ma all Egizio Esculapio, che di mille. anni il precedette , fossero gli uomini dalla necessità sospinti a rintracciare rimedi a' mali, che li affliggevano. Però sic- come niuno potrà sì di leggieri asserire, chi primo l uso introducesse delle case e delle ve- stimenta, onde ricovrare dall’intemperie dell’ ae- re: così non può niuno additare il nascimento dell’ arte medica; perocchè essa pure, come quasi il più delle arti, sempre esistette, quan- lunque or più, or meno coltivata giusta la varietà de’ tempi, e de’ paesi. Di quanto gli antichi, e fra i primi Ippocrate, sienosi se- gnalati è cosa soverchiamente conoseiuta; e da loro per verità, e da quelli , che ne rac— colsero gli scritti dobbiamo riconoscere la più gran parte delle vedute terapeutiche. Però nom du si k XIV i i rebbe quel Botanico, il quale contento Wina generale descrizione di cotal pianta, onde di- stinguerla dall altre stirpi, dispregiasse-poi i proprj singolari segni di ciascuna specie, e i caratteri, per cui fra esse diversificano.. Per ugual modo, non basta, che lo scrittore, ab- bia arrecati i comuni fenomeni d'una malattia di più specie. Poichè , quantunque non a tutte sia toccata in sorte la stessa varietà: pure egli è il vero, esservene assai, le quali, sebbene dagli autori vengano tratiate sotto uno stesso titolo senza distinzione di specie niuna , sono q’ indole dissimilissime; la qual cosa m segui- to, io spero ; per me farassi manifesta. Anzi alloraquando pure riscontransi distinzioni in ispecie, si fanno esse le più fiate, onde se ne riserbi l onore a qualche ipotesi; quindi una simile distinzione non più alla natura del male trovasi accomodata , che .all’ingegno dell’ au- tore, ed alla teoria. A quanto danno ridon- dasse della Medicina la mancanza ď esattezza in ciò, il fanno chiaro molte malattie; è noi ben ne conosceremmo il metodo di cura, se gli scrittori in comunicarne le sperienze, e le os- servazioni ingannati, sostituita non avessero luna specie ad altra diversa. Epperò crebbe, secondo quello, che io penso, la materia Me- dica all'infinito, e ne fu meschinissimo il frutto. In secondo luogo vuolsi nello scrivere la storia delle malattie rinunciare in tutto a qua- lunque ipotesi filosofica; indi con somma ac- curatezza noteremo i fenomeni chiari, e natu- be ea i, j ; XV rali benchè minuti, a imitazione de’ pittori, ì quali sogliono esprimere ne'ritratti i nei, e le macchie più lievi. E non è a dire di quanti errori sieno state fonte coteste ipotesi fisiglo- giche . Perocchè quegli scrittori, che ne ven- nero affascinati attribuirono alle malattie feno- meni, i quali non mai esistettero, che nella immaginazione loro, e che doveano per altro apparire diffatto , se non fosse stata falsa ipo- tesi. Che se per avventura un qualche sinto- ma, che quadri con essa scorgesi realmente accompagnare la malattia, ecco oltre misura esagerarlo , e farne d’un topo un elefante, co- me se ogni cosa in quello stesse. Ove poi mal convenga, tu li vedi allora, o tacerne al tutto, o lievemente toccarlo, tranne , mercè una qual- che sottigliezza filosofica possano in qualche maniera innestarlo . Uopo.è in terzo luogo, separare i. feno- meni costanti, e particolari d’ una malattia dagli accidentali, ed estranei. E si debbono fra questi ultimi annoverare non solo que’, che provengono dal temperamento e dall età; ma que’ pure che dipendono dal diverso metodo di cura. Perocchè ben di sovente avviene, va- Tiar d'aspetto la malattia pel vario modo di trat- 15 e v hanno de sintomi, anzichè da essa dal me co generati; e veggonsi persone affette dallo stesso male presentare altri fenomeni, perchè curate altrimenti: onde difficile molto. trarne giudizio non vago , non incerto. Taccio de’ casi veramente rari, come quelli, che non pepper” a ic, e —r_—v -+ rene fr Mi a PC SR | spettano propriamente alla storia della malattia nella guisa, ‘che nel descrivere p. e. la salvia non ‘pongonsi fra ‘segni distintivi i morsi dell Eruche . i Infine vorremo pure risguardare con dili* genza le stagioni, che favoriscono il più cia- scun. genere di malattia. Non niego- io aver- vene di tutti i tempi, ma ve n'ha pure; e non sì poche , le quali come certi. augelli, e certe piante per un segreto istinto della natura ama- no certe stagioni. Per verità io ho dovuto sovente maravigliarmi che sì pocki finora infra i medici abbiano posto mente a simile carat- tere di certe malattie ; mentre moltissimi vi furonò , che osservarono diligentemente il tem- po, in che sogliono: procreare le piante , e gli animali. Però che. che ne sia la cagione io tengo per certo, conoscere tai tempi recare al medico ‘grandissima utilità, e per distinguere la specie del male, e per curarlo, ed all op- posto mal riuscirne, chi simili cose dispregia. Ecco ciò che vuolsi principalmente avver- tire nel' far» la ‘storia delle malattie comeché non: sia tutto. Grande oltre ogni credere ne è l-utilità in pratica, e nulla sono al paragone le sottigliezze infinite, di che veggonsi ridon- danti i libri de moderni. E per. qual via più presta; anzi per quale altra: potremo noi rav- visare le cagioni morbifiche, che debbonsr com- battere , e potremo trarre le indicazioni cura- tive, se non dalla.sicura, e distinta conoscenza de sintomi particolari? Nè avvi Macasianza;tanta 1e= XVIT lieve che a ciò non conduca: Imperocchè quan- tunque il temperamento , e il metodo di cura ossano indurre varietà ; tale è però I ordine della natura nella produzione delle malattie, e. sì uguale dovunque , che riscontransi d ordi- nario nelle diverse persone affette da una me- desima malattia i medesimi sintomi, e puossi generalmente trasferire negli uni quello che si è veduto negli altri. Così i caratteri generali delle piante, competono a ciascun individuo della stessa specie; e quegli p. e. che avrà esattamente descritta la viola, in quanto al co- . lore, al sapore, all'odore, alla figura, e simili cose ritroverà convenirne la descrizione ad ogni altra viola della medesima specie. Io penso ‘poi mancarne finora esatte storie prin- cipalmente perchè la più parte estimano le malattie effetti confusi, e disordinati della ‘na- tura abbattuta, e quindi credono vano il darne una giusta narrazione . Ma ritornando al proposito dico, com’egli è certo servir le più piccole circostanze alle indicazioni curative non meno, che già servi- tano alla diagnosi. E perciò mi venne assai volte in mente, che se conoscessi a fondo la sto- ria di ciascuna malattia io mi troverei in istato di recarvi mai sempre opportuno riparo dietro la certa guida de’ rispettivi fenomeni. Questi «accuratamente paragonati infra loro ne con- ducono a quelle indicazioni desunie dal seno | verace della natura, anzichè dagli errori della fantasia , Tom. z: z% “sl ini TR —rver ds XVITI a Fu egli con tai mezzi, che elevossi tanto alto colui, che è reputato padre della medici- na, il non mai abbastanza lodato Ippocrate ; e fondando solidamente l arte sua sovra il principio inconcusso della forza medicatrice della natura ci tramandò chiaramente i feno- meni di ciascuna malattia, senza che vi con- corresse ipotesi veruna , come si può vedere ne libri delle malattie, delle affezioni ec. Ne diede pure certe regole tratte dal metodo che ` segue la natura e nel progresso della malattia, e nel declinamento, tali sono le Goache, e gli afforismi, ed altre opere simil. E in ciò. a un di presso consiste la grande teoria del divino Vecchio. Non figlia essa di vana immagina- zione ne rappresenta la storia legittima delle operazioni , della natura nelle malattie . E non essendo quindi altro , che un’ esatta descrizione della natura stessa, era ben dritto, che Ippo- crate non ad altro tendesse, che a sovvenirla con ogni mezzo possibile; e diffatto caldamente ne raccomanda di soccorrerla , quando abbat- tuta, di frenarla quando esaltata, e ritornarla all ordine; però doversi adoperare que’ mezzi, che la natura adopra in espellere la malattia . Ben egli P uom sagacissimo avvisava la. sola natura mandarle a fine, e sola operar ogni cosa, e di pochissimi rimedi, e di semplicis- simi abbisognare perciò , e, talora anco di nissuno . i L’ altro mezzo, ch’ io reputo ‘convenevole a’ progressi della medicina, vorrebb' essere un = w XIAN metodo fisso, e sicuro, e completo. di medi- care e vo`dire quello, che fondato sopra un numero abbastanza grande di sperienze fosse capace di vincere le malattie . Ned io penso, che basti far palese il successo parlicolare di un metodo, o. di un rimedio qualunque, quan- do generalmente e l'uno, e F altro non riesce date almeno queste, o quelle circostanze. Pe- rò dico dover noi essere ugualmente sicuri di espugnare una malattia soddisfacendo a questa o a quella intenzione, come siamo sicuri di soddisfare a questa o a quella intenzione con un tale e tal altro rimedio: lo che quantunque non sempre riesca, pure avviene le più volte. Di tal guisa colle foglie di senna muoviamo il ventre, e col papavero: invitiamo. il sonno. Vero è che debbe il medico considerare atten- tamente gli effetti particolari e del metodo, e del rimedio, e farne annotazioni onde solle- vare la memoria e divenire a poco a poco: più esperto, e dopo lunghe e ripetute prove for- marsi un metodo cui sicuramente possa se- guire nella cura delle malattie. Ma non credo sia per arrecare molta utilità il pubblicare os- servazioni particolari. Perocchè se nuil altra cosa ne: adduce l osservatore tranne l essersi vinta una malattia una o più volte con un dato rimedio: qual vantaggio ridonderanne. quando al già infinito novero de medicamenti se ne aggiunga un novello non dappria conosciuto ? che se ripudiati tutti gli altri ad esso solo mi appiglio non sarà egli mestieri d’ innumerevoli Ft bal sperienze a provarne la virtù, d’ esaminar un’ infinità di circostanze sì rispetto al malato, sì rispetto al metodo innanzi ch'io tragga un qualche frutto da una osservazione isolata ? che se il medicamento mai sempre corrispose , per- chè trattenersi ne’ particolari ove l osservatore non diffidi di se stesso, o non voglia su qual- che punto anzichè sul tutto ingannare il pub- blico ? Come poi sia facil cosa scrivere volumi di sì fatto genere non v'ha persona mediocre- mente versata nella pratica che l ignori, come non v'ha chi ignori quanto sia malagevole sta- bilire un metodo perfetto e confermato in qual- sivoglia malattia. Se un solo uomo per ogni secolo ciò avesse fatto rispetto a una sola ma- lattia di già da molti anni l’arte di guarire, oggetto verace della Medicina sarebbe giunta al più alto grado per quanto almeno la sorte de’ mortali il comporta. Ma ella è nostra syen- tura, che già da lungo tempo ci staccammo da quell antichissima scorta e peritissima , da Ippocrate e dall’ antico metodo basato sulle cause congiunte come quelle che: di certo si manifestano : quindi la medicina a’ nostri dì è piuttosto: l'arte di far parole anzichè di guari- re. Ma perchè non sembri, ch'io parli fuor di proposito siami lecito tormi per un poco dal cammino, onde mostrare, che le cause lontane , delle quali tanto godono intrattenersi questi uomini speculativi sono affatto incon- prensibili; solo da. noi potersi conoscere le prossime congiunte e da queste sole doversì desumere le indicazioni curative . xa Egli è dunque da osservare, che gli umori o sia che a lungo dimorino nel corpo , non potendo la atura ridurli a cozione, e- quindi cacciarli; o sia che per qualche costituzione dell’aria contraggano labe morbifica ; o sia la contraggano per contagio che li infettò : per cotai modi io dico o per simili vestono un al- tra specie la quale apparisce con sintomi con- venienti alla propria essenza. E quantunque sembri ai meno avveduti nascere questi o dalla arte in cui si trova l umore, o dalla natura SIE stesso innanzi che vestisse tale nuo- va specie ; dipendono però realmente da que- sta; cosicchè ogni malattia specifica proviene da cangiamento specifico d’ un qualche umore nel corpo animale. Sotto questo genere si pos- sono comprendere la più gran parte delle ma- Jattie, che serbano un tipo certo, una certa forma. Nè v ha dubbio, che la natura com- portisi quivi ugualmente, che nel produrre le piante , e gli animali; e come ogni pianta, ed ogni animale ha delle specifiche proprietà, tali ne ha pure qualsivoglia umore dacchè siasi cangiato in una specie particolare. Un esempio ce ne offrono tuttodì quelle varie specie d’escre- scenze che veggonsi , nelle piante come il muschio, il visco, i funghi ‘ed altre provenienti da corruzione del succo alimentare, e da altre cagioni, e sono specie in essenza differenti affatto, e distinte dalla pianta che le produsse. E senza dubbio chi prenderà a considerare attentamente i fenomeni che accompagnano p. XXII e. la febbre quartana, cioè l’ apparir quasi sem- pre in autunno, serbare un tipo ‘certo ritor- nando sicuramente ogni quarto dì, così come si comporterebbe un orologio od altra macchi- na ne proprj movimenti (salvo una qualche cagione estrmseca ne sturbi l ordine ); inco- minciare con freddo sensibile, e caldo non meno sensibile susseguirvi e finire in sudore profusissimo ; in fine qualunque persona ella assalga difficilmente poterla fugare innanzi l e- quirozio di primavera: chi dico imprenderà a considerare tali cose non potrà non essere in- dotto a crèdere questa malattia una specie, -come crede specie una pianta la quale sempre ugualmente, e nasce, e fiorisce, e muore , e viene affetta nel resto giusta la propria essen- za. Nè è facil cosa il comprendere come po- trebbe nascere questa malattia dalla combina- zione o «de princip), o delle qualità evidenti quando una pianta è noto a-tutti essere in natura una specie distinta. Vorremo però con- fessare; che mentre ciascuna specie d’animali, o di piante tranne pochissime, sussiste per se, queste specie di malattie dipendono dagli umo- ri, da cul sono generate. Ma quantunque dalle dette cose apparisca imperscrutabili essere le cagioni di molte ma- lattie , tuttavolta non ne viene ésserne 1mpos- sibile la guarigione, perocchè si disse ciò ri- spetto alle cause lontané. E veggonsi diffatto cotesti specùlatori impiegar ogni studio nell’in- vestigare le prime cause rimotissime , e tent XXIII tarne ad ogni modo a dispetto della cosa spiegazioni; intanto ti spregiano le cause im- mediate e congiunte, che voglion essere cono- sciute e il possono senza consimili mezzi va- nissimi, apparendo esse apertamente all intel- letto, o discoperte dal ‘testimonio de’ sensi o da osservazioni anatomiche già da lungo tempo istituite. E’ impossibile affatto al medico rico- noscere cause che non cadono in modo veruno sotto a’ sensi; ma non ven ha pur mestieri: gli basta sapere onde immediatamente nasce la malattia, e riconoscerne gli effetti e i sintomi ‘perchè possa distinguerla da altra, cui rasso- migli. Nella pleuritide p. e. lunga e vana opera sarebbe di colui, il.quale volesse comprendere ove consiste quello stato vizioso del sangue, fonte della malattia. Ma quegli che ne. cono- scerà la causa immediata, e saprà distinguerla da -qualsivoglia altra affezione, otterrà sicura- mente il suo scopo trascurate anco cotali oziose indagini di cause rimotissime. Tutto ciò si è detto incidentemente . Ma a queste due cose, che mancano nell’ arte medica , a una verace storia cioè delle malattie, a un sicuro metodo di trattarle non si potrebbe aggiungere una terza i rimedi spe- cifici ? ben io il credo, e fò caldi voti pel loro ritrovamento . Perocchè quantunque il metodo mi sembri grandemente “aeconcio nelle acute poichè adottando la natura a loro guarigione un qualche modo di evacuazione, ove in ciò si soccorra a lei, necessariamente verremo a con- l i s | pd rae ’ «Ri XXIV : tribuire alla felice riuscita: tuttavia sarebbe desiderevole, che per più retto cammino si riducesse il malato a sanità mercè gli specifici ove fosse possibile rinvenirne; e ciò che più importa , si sfuggissero tutti que’ mali conse- guenza di que deviamenti, in cui spesse volie malgrado se stessa incorre la natura sforzan- dosi cacciare. la cagione morbifica sebbene venga dal medico in ogni guisa ajutata . Ma rispetto alle malattie ‘croniche, ben io non dubito potersì ‘sperare dal metodo solo, ciò che a prima ‘giunta potrà oltrepassare ‘la credenza: ma so pur eziandio come talora vien meno , e appunto in malattie ragguardevolissi- me. Lo che principalmente addiviene dal non aver quì la natura , a guisa che nelle acute, mezzi cotanto efficaci ad espellere la materia morbifica, onde noi soccorrendole e dirigendola possiamo debellare la malattia. Verrà pertanto a buon dritto appellato Medico colui , il quale giunga: con un medicamento particolare a di- struggere in essenza il. malore, non chi ne introduce soltanto una nuova, qualità, la qual cosa puossi fare anche non spenta la specie. Così p. e. si può riscaldare o refrigerare un podagroso vigente ancora la podagra, e di niun modo vinta. Un simile metodo per cui introduconsi solo diverse qualità, non sa do- mare le malattie meglio che nen sappia una spada spegnere il fuoco. E che ponno mai il calore, il freddo, l umido, il secco, od altro ira le seconde qualità dipendenti da essi se i XXY Pessenza del male non sta in veruna di queste? Se mi si dice, già da lungo tempo posseder noi un gran numero di rimedi specifici, io soggiungerò che ove si voglia esaminare la cosa con diligenza, vedrassi il contrario e non con- teremo che la corteccia Peruviana. Perocchè avvi grandissima differenza fra medicamenti , che servono specificamente a compiere un in- dicazione curativa, mercè la quale vincesi la malattia , e medicamenti , che specificamente, e immediatamente guariscono senza punto ris- guardare a questa, o a quell altra intenzione curativa. P. e. il mercurio e la sarsapariglia s’ estimano volgarmente specifici nella lue ve- neréa; ma per me non saranno giammai tali, se con argomenti validi abbastanza e irreira- gabili non mi si mostri che l abbiano guarita senza eccitar salivazione il mercurio, senza sudori la sarsa. Ed altre malattie si.guari- scono con altre evacuazioni, ma i rimedi che si adoperano perciò non contribuiscono imme- diatamente alla cura più di quello che faccia la lancetta nella pleùritide, nè v’ ha io credo, chi sia per reputarla specifico ‘di questa malat- tia. I rimedi specifici però ‘nel significato no- stro non è veramente da tutti il riscontrarli : pure io non ho dubbio, che nell’ abbondanza de’ mezzi, che la benignità dell’ altissimo pose m natura a conservazione di ciascuno indivi- duo, non ve ne sieno pure . di acconci alla guarigione delle malattie prirfcipali, e in cia- scun paese. Di vero egli è a dolersi, nom 4 XXVI Pe nie EA noi, che sì poco della ‘natura delle piante: elle pármi la vincono su ‘tutto altro in materia medica, ed è in esse che vuolsi sperare il più rispetto al ritrovamento di specifici; mentre le parti degli animali sem- bra abbiano col corpo umano de rapporti so- verchj, e i minerali n’ abbiano soverchiamente pochi. Laonde confesso volentieri come questi corrispondono assai meglio nelle indicazioni di quello il facciano le sostanze desunte dal regno vegetabile ed animale, non però essere speci- fici nel senso-e nel modo da noi annunciato . Rispetto a me già da qualche anno mi studiai con ogni cura rintracciare specifici; ma non mi venne ancor fatto ritrovare cosa, che possa con fiducia mostrare al pubblico. Ma quantunque io inclini cotanto al regno vegetale, non dispregerò giammai ciò che o in questo secolo o ne’ passati si è rinvenuto in altra classe dall industria, dalla fatica degli uomini, e che eccellentemente corrisponde alle indicazioni. E quì vuolsi dare il primo luogo alle gocce, che vanno sotto il nome del Dott. Godard e che vengono preparate dal dottissi- mo e sagacissimo indagatore e di metodi, e di rimedi il Dott. Goodall. Io soglio preferirle ad ogni altro spirito volatile , come quelle che hanno efficacia maggiore e meglio compiono lo scopo al quale si dirigono. Finalmente avendo promesso in questa introduzione di dire un saggio di ciò che mi sono sforzato fare ad aumento della medicina, $ MN, manterrò la promessa dando la storia e la cura delle malattie acute. E quantunque ben m'ac- corga d esporre agli stolti, ed agli ignoranti il frutto delle fatiche de migliori anni miei; ben conosco jl tristo genio di questo. secolo perchè non m'attenda che mott-ggi, ed ingìu- rie: e senza dubbio avrei dì gran lunga meglio provveduto alla mia fama commentando una qualche vota, e inutile speculafone. Ma poco mén cale; non di quivi ne attendo ricompensa, Che se taluno obietasse ben esservi altri Me- dici versati nella pratica a paro di mè; ed al- ` trimenti sentire, risponderò non dover io rim- tracciare ciò che altri pensa, ma dar fede alle mie osservazioni; per lo che desidero dal leg- gitore non favore ma pazienza. La cosa per se farà tosto chiaro, se onestamente e since- ramente abbia operato, o se a guisa d'uomo scellerato e di costúmi perduti mi sia costi- tuito ucciditore degli uomini anche dopo mor- te. Prego solo volermi scusare se non con quell’ esattezza che mi era proposto mi venne fatto descrivere la ‘storia, e la' cura delle ma- lattie. Ma non è mia intenzione porre limiti; che anzi quanto più posso fo animo a chi for- nito di più felice ingegno voglia per l'avvenire accingersi all’ opra ‘che ora io non compio. Avvertirò soltanto non volermi estendere all'infinito recando quantità d’osservazioni par- ticolari, onde appoggiare il metodo, che an- nuncio, E vana cosa sarebbe stata, e di noja assu ripetere ım particolare, ciò che già diceva XXVIII in compendio; Credetti. bastevole aggiungere qua, là a ciascuna osservazione generale, a quelle almeno degli ultimi anni, una partico- lare che contenesse la somma del metodo . Dico però nissun metodo generale essersi da me proposto, che dalla ripetuta sperienza non fosse confermato . ft Non ispererai un grande ammasso di ri- medi, e di farmole : ne usi il medico giudi- zioso giusta le circostanze : bastami aver ac- cennato, quali indicazioni sienvi a soddisfare , e con qual ordine, e quando. Imperocchè la miedicina pratica consiste principalmente nel ritrovare le genuine indicazioni, anzichè i ri- medi da soddisfarle, e chi non vi pose mente somministrò l armi agli empirici onde imitas- sero l opere de' medici . Che se altri dicesse aver io talora non solo rinunciato alla pompa de’ medicamenti, ma averne proposti di tali, che appena si possono collocare nella materia medica, tanto sono semplici; io credo non sarò per dispiacere in ciò, che agli animi volgari. Ben sanno i dotti ogni cosa esser buona quando utile, e Ippo- erate mentre propone l'uso del soffietto nell’ Ileo, mentre vuole che nulla si faccia nel can- ero, e consiglia altrettali cose che riscontransi quasi ad ogni pagina ne’ suoi! scritti, non ha meno ben meritato della medicina, come se avesse ogni cosa riempiuta delle formole più pompose . Pi Erami in animo fare pure la storia delle XXIX. malattie croniche, di quelle almeno ehe 10 aveva trattato il più. Ma ed essendo impresa faticosa assai e piacendomi sperimentare la fortuna, di quello che ora fo pubblico , reputa! conveneyole per ora rimanermene (*). OEN _ _rr._T———————=1ÉkÈmluu (*) Not. del Trad. L' Autore serisse in seguito ; e pub- blicb dissertazioni sopra alcune malattie croniche , che si re cheranno tradotte nel secondo volume; nè sv recheranno di Sydenham che le cose già da esso pubblicate. Però troverai . ommesso il processus integer in morb. fere omnibus cu- randis e il trattato sulla ftisi opere postume delle quali ye- ramente io credo non dannevols l ommissione. Nella prima si ripetono in compendio assai cose già addotte per esteso altrove; e vi si aggiugne un’ infinita, e per noi vana colle» zione di lunghissime ricette: la seconda eioè il trattato sulla Stisi è opera non completa. Dell' eccellenza poi delle opere arrecate non è mestieri far parole, e tu che leggi se hai mente il potrai per te medesimo giudicare. Ma avanti in- oltrarti vorrai ricordare l età nella quale vivea Sydenham. Sydenham wvivea sul volgere del secolo decimosettimo, in- nanzi cioè alle grandi rivoluzioni in Medicina , innanzi alla scoperta dell' Irritabilità, innanzi a tutte le teorie che le susecedettero. Per la qual cosa se avverrà subite sulle prime, che ti ributti una dotirina lontana tanto da quella che corre oggidì io ti priego non voler tosto via gittare il libro ; ti esorto proseguirne pazientemente la lettura, e ti prometto non andrà guari, della noja sostenuta sarai abben- devolmente compensato. Vero è, ch' io suppongo in te non uno di que miseri, a’ quali »E la veduta corta d'una spanna«. Se tale sei non vi ti appressare, ascolta chi più può, fa senno di quello, che già migliori ingegni seppero dedurre, e stabilire; e comechè tu non possa essere verace "medico giammai , chè vuolsi ben altro intendimente, non sarà forse che il volgo ti nieghi e confidenza, e fortune . Però tu non ne insuperbire: Ma io parlo a chi pur sa attignere alcuna sosa alla fonte; ed è perciò, ch' io quand’ anco l avessi se XXX puto fare, non avrei amato aggiungere note , perocchè le re- puto inutile cosa se non pure mal fatta venendosi di tal guisa a togliere quel piacere, che l'uom prova giugnendo per se stessa a ravvisare il vero + Sì, ti feriranno tratto tratto lampi vivissimi di schietto vero; nè ti sarà lieve soddisfazione il vedere confermate per la sperienza d'un uom sagacissimo vivuto tanti anni innanzi noi assai teorie pe' moderni felice- mente stabilite. lo poi non dirò di quale prudenza, di quale pratico avvedimente sarà, ch'egli ti fornisca; e ben cono- scerai , come talora tutto fa il Medico poco o nulla fa- cendo, e come all opposito è spesse fiate soprammodo per- nicioso l affrettarsi, l inealzare. Non èa dirsi quanto danno provenisse da ciò, e non è gran tempo passato , sicchè mola tissimi possono agevelmente ricordarsene, come taluni, de’ quali si vorrebbe ‘spento il seme, tristi interpreti, o ciechi seguaci in una teoria per molti rispetti sommamente com- mendevole , divennero più micidiali, che non la guerra, che nan la peste stessa. Ancor mi strazia l'arima il doloroso sentimento, e veggo io ancora le sventurate vittime dopo af- fanni infiniti spettacolo di compassione, di terrore misera- mente tratte alla tomba . Voglia il cielo che, e chi ancor rimane si ravvegga, siecome avventurosamente per molti de' più ragionevoli s'è fatto e non più rinnovelti cotale razza. Che se volgarizzando ľ opere di un tanto Pratico v avrò io pure contribuito, ne riporrò T apvenimento tra le più liete cose, che mi sieno giammai in vita accadute. OSSERVAZIONI SULLA STORIA E SULLA CURA ~ - DELLE MALATTIE ACUTE: ù SEZIONE PRIMA CAPO T. Delle Malattie acute in genere : Miupicterol cosa, se io male non avviso, è il credere, non altro essere la malattia, per quanto ne sieno contrarie al corpo umano le cagioni, che uno sforzo della Natura intenta con ogni sua possa ad espellere la materia morbifica, onde salvi il malato. Imperocchè, siccome per volere del ‘Supremo. arbitro ;=e reggitore di tutto fu fatto luomo atto a rice- vere le impressioni de corpi esteriori, ne viene di necessità , lui dover: essere a war) mali sot- toposto . I quali provengono o da certe. parti celle contenute nell'aria; che nemiche a nostri umori insinuatesi in:noi, e frammiste al san- gue tutto il corpo di. contagio. infettano j-@ provengono da varj generi di fermentazioni; ed anco di putrefazioni d umori oltre il do- vere nel. corpo dimorati, “siccome quelli, che o per soverchia mole. pio per isconvenevole qualità non vennero dappria digeriti, indi non eliminati. Posto ciò ;ov'è fra gli uomini colui che possa trarne pienamente d'impaccio? Ep però la Natura provvide a se stessa, e con certo metodo , e con una catena- dì -sintomi espelle la materia morbifica, la quale avrebbe Tom. 1. À 3 2, altramenti arrecata la dissoluzione della mac- china. Ma quantunque più sovente ‘assai, che non avviene, ella giungerebbe di tal modo ‘al suo scopo, se distolta non ne fosse dagli igno- ranti : pure quando abbandonata a se stessa, O per troppo operare, o perchè a se stessa venga meno lascia, che l uom muoja , obbedi- sce a quel ferreo fato inevitabile, al qualef e noi, ed ogni cosa nostra dobbianio «Però ac- conciamente dicea Boezio __. Legge è costante, eterna 1 Tutte perir le-generate cose gak Ma, con. uno o due esempi proviamoola verità di. quello; chc- abbiamo detto > Che è mai la stessa peste, se non una complica- zione di sintomi, onde cacciare attraverso gli emuntorj o sotto forma:d’ ascesso , © per via d'altra eruzione le particelle contagiose.; le quali in un coll aria vennero inspirate ? e che è mai I artritide , se, non un provvedimento della Natura, perchè si depuri il sangue de vecchi, e a parlare con Ippocrate perchè si purghi loro dal fondo vil corpo? e lo stesso si dica della maggior parte delle altre malattie perfettamente formate È Ma la Natura ciò compie or più presto ; or più tardi secondo il metodo da lei trascel- to. E quando il fa per mezzo della febbre; (1) Constat aeterna positumque lege est, = Constet ut genitum nihil, i La ‘divellendo per essa dal sangue le particelle contaminate , e cacciandole quindi 0 per su- dori, o per diarrea, o: per eruzioni, o per simili modi; ogni cosa nel sangue operando , corpo tenue , c fluido, e le parti oltre il co- stume violentemente muovendosi, è necessità, non solo subitamente o morte, o salute av- venga, secondochè la Natura o si sciolga dalla materia morbifica, o sia da questa oppressa, ma appariscano pure i sintomi più veementi, più pericolosi. Queste veramente sono le ma- lattie, che appellansi acute, quelle cioè che rapidamente scorrono , e con impeto, e con pericolo. E a favellare con minore accura- tezza, non però con minore verità, debbonsi eziandio fra gli acuti annoverare que’ mali, che se considerati i parosismi presi tutti in- sieme muovono lentamente, consideratone poi Ciascuno in particolare , presto, e per via di crisi pervengono al fine, come tutte sono le febbri intermittenti . . Ma dove la materia morbifica sia di co- tale indole, che non sappia suscitare febbre, e così venirne da tutte parti separata ; 0 dove a qualcuna particolarmente s’ appiglii, la quale sia mal atta a ributtarla, lo che avviene e per propria struttura, come presso i paralitici rac- chiudendosi ne nervi, e presso coloro affetti da empiema, versato il pus nella cavità del torace ; o avviene per difetto di calor natu- rale e di spiriti, come quando gettasi la pi- tuta sui, polmoni dagli anni, o dalla longa E | ‘tosse infievoliti; e finalmente ha luogo, quando per continuo afflusso di nuova materia sem- pre più il sangue imbrattato sforzandosi cac- ciarla , maggiormente una. tal parte opprime : in questi casi io dico, o tardi molto, o forse non mai perviene la materia alla cozione, per cui le malattie, che ne provengono sono de- nominate croniche, Dunque ‘da questi due contrarj principj nascono i mali, altri acuti, altri cronici. rien È f Per ciò che spetta gli acuti, de’ quali appunto è mio intendimento or trattare, alcu- ni hanno origine da segreta ed inesplicabile alterazione dell’ aria; e questi non dipendono giammai da una singolare crasi del sangue, 0 degli umori, se non in quanto possa averla generata la stessa occulta influenza. Cotai mali non infieriscono , che durante quella data co- stituzione , nè in altro’ tempo compajono ,, € sono detti epidemici. Alcuni altri poi provengono da certe par- ticolari anomalie, e come quelli, che non ri- conoscono una cagione più generale avviene , che non assalgono molte persone insieme. Ot treciò in tutti gli anni, e in tuttii tempi dell anno possono indifferentemente sorprenderne 3 tranne que tempi, di che diremo particolar- mente ragionandgne. Simili mali acuti io chia- mo intercorrenti, ossia sporadici; perocchè accadono quando infuriano gli epidemici. fo vo -parlare primamente di questi ultimi, e vez diamone innanzi tutto la generale istoria, CAPO Il Delle malattie epidemiche . Í, per me penso, niun’ alira cosa ess Vi in Medicina , la quale più di meraviglia ne arre- chi quanto la varietà infinita, la dissomiglianza incredibile, che riscontrasi nelle- malattie epi- demiche. Nè ciò più, perchè sogliano con- formarsi alle diverse stagioni d'un anno. stes- so, come poi perchè si veggono obbedire alle dissimili costituzioni de’ diversi anni, e da quelle sono dipendenti. Una cotale varietà di malattie epidemiche bastevolmente apparisce e dai proprj sintomi, e dal metodo di cura dif- ferente , che richieggono. Onde ne viene , che quantunque mercè una certa esteriore appa- renza, e in via ď alcuni sintomi per avventura comuni, possa sembrare ai meno avveduti esi stere rassomiglianza ,.ove però diligentemente si consideri la cosa, apparirà chiara la non uguale natura , la grandissima differenza. In vero io non so bene, se esame più accurato, al quale per altro pare, che appena basti la vita d'un uomo, potrebbe farne conoscere, se i mali epidemici gli uni agli altri, s’ appiglino costantemente in certa serie continua come a circolo ; o se pure indifferentemente ; e senza ordine veruno sopravyengono giusta l occulto etato dell’aria, e la inesplicabile ragione de’ 6 tempi. Questo almeno io trassi da un gran. numero d’esatte osservazioni, come le predette specie di mali, in ispecie le febbri continue differiscono tra loro così, che quel metodo , da cui nel mezzo dell’ anno traevi salute, sul volgere dello stesso anno forse ti ucciderà . Però una volta che n? incontri nell’ opportuno regime , m avvien quasi sempre giungere allo scopo desiderato, ben inteso , serbarsi i dovuti riguardi al temperamento , all’ età , ed all’ altre cose : ma spenta quella specie, ecco sorgerne una novella, ed eccomi novellamente dubbio- so, che debba fare; onde appena è che con somma cautela, ed attenzione grandissima i primi, che si commettono alla mia cura non corrano gravissimo pericolo ; finchè poi dietro incessante indagine riconosciuto il genio del male, a lui senza tema m’ avvio a debellarlo . Ma benchè io mi sia studiato con quella diligenza, che ho potuto maggiore d’ osservare in quanto alle manifeste qualità dell’ aria , le varie costituzioni degli anni, affine di trarre le cagióni delle tante vicende de’ mali epidemici, nè punto, nè poco mi venne ancora fatto d’avanzare; perocchè veggo degli anni rispetto a tali cose affatto corrispondenti essere da malattie diversissime infestati, e vice versa ; ecco ciò come avviene. Avvi delle costitu- zioni, le quali traggono nascimento nè dal caldo nè dal freddo , né dal secco, nè dall’ umidità; ma sembra piuttosto, che dipendano da certa occulta, e non spiegabile alterazione avvenuta nelle viscere stesse della terra; suoi tristi ef- luvj contaminan l'aria, e l corpo umano ‘a questa, od a quella malattia è sospinto; finchè ‘poi dopo il corso di qualche anno cedendo dà luogo a nuova costituzione . Ciascuna di que- ste generali costituzioni riconosce una propria ‘specie di febbre, la quale altronde non mai ap- «‘parisce; simili febbri io perciò chiamo stazionarie. ii Oltracciò: egli è a sapere, darsi in uno ‘stesso anno direi quasi certe particolari crasi , ‘nelle quali sebbene le febbri dipendenti dalla ‘generale costituzione più o meno si estendano , più o men presto si mostrino a seconda delle ‘manifeste qualità dell’ aria, ciò pure tanto più mporta a quelle febbri; che spettano ugual- mente a qualunque anno, già da noi chiamate mtercorrenti. Queste traggono veramente più the tutte , origine dalle manifeste qualità dell’ wia; così la pleuritide, l'angina, e simili, che iogliono specialmente avvenire , quando a un intenso freddo succede un improvviso calore . -Può essere dunque, che le sensibili qualità dell’ aria contribuiscano a produrre quelle feb- bri, le quali possono apparire fra qualunque costituzione ; non però quelle, che proprie sono ə particolari alla costituzione stessa. Si dee però confessare, come le predette qualità dell’ aria più o meno dispongono il nostro corpo alle malattie epidemiche, e ciò dicasi pure Togni sorta d’errori nelle sei cose non naturali. Ma vuolsi considerare, alcune malattie epi- demiche scorrere in certi anni regolarmente e 8 nella stessa guisa; pari fenomeni, pari sinto mi in presso che tutti i soggetti, ed esito par.. Però da queste, come quelle che sono nel low: genere perfettissime, trarremo la vera e sicum: storia del male . i D’ altronde avvene altre d'altri anni, È quali quantunque epidemiche sono irregolaris- sime, impazienti d'ogni tipo, e veramente d'in- dole trista, così per la varietà e dissomiglianzi. de’ sintomi, così pel modo con cui tendono. lor fine. Questa loro sì grande inuguaglianzi, nasce da ciò, che ciascuna costituzione product mali grandemente dissimili da quelli dello stess» genere in altro tempo dominanti; lo che nor solo nelle febbri apparisce , ma nel più dedi -altri mali epidemici. Ma avvi più, avvi quasi un gioco dela natura: una stessa malattia nella stessa annta costituzione mostrasi non di rado in dissimie aspetto nel principio , nello stato, e nel. sto declinamento; e ciò è poi talora di tanto m- mento , che è mestieri da ciò prendere le ir- dicazioni curative . Ora vogliamo osservare, tutte le malatti» epidemiche potersi dividere in due. ordini, ir quelle di primavera , vernali, e in quelle d’ av- tunno ; e benchè in qualsivoglia altra stagiore possan nascere, converrà rimandarle alla pù vicina autunno sia, o primavera. Imperocclè talora accade, tanto la temperatura dell ara favorire lo sviluppo d'una malattia epidemica, che innanzi il dovuto essa appaja; all opposto e. de... talora sì poco vi influisce} che i corpi di già predisposti, non ne sono che dopo qualche tempo assaliti . Onde dicendo io primavera ; 0 autunno non intendo limitarmi agli equinoz]. - Infra le vernali avvene talune ; che per tempo assai compajono ; cioè nel mese di Gen- najo; indi a poco a- poco crescendo ; intorno all’ equinozio di primavera giungono allo stato, poscia insensibilmente diminuendo verso il sol- stizio estivo svaniscono, se non forse avvenga ‘vedersene ancora qua e là talune . Porrai tra loro i morbilli evi porrai le terzane vernali, le quali, quantunque un po’ più tardi arrivmo, vo dire in Febbrajo ; al solstizio di state ugual- mente ci si tolgono. Però le altre malattie nate in primavera, e che di giorno in giorno vanno aumentando, se non sotto all’equinozio autun- nale le vedi giungere al loro stato, indi grado ‘grado cedendo al venire dell'inverno Intera- mente fuggono. E qui potrai annoverare la pe- ste stessa, e 1 vajnolo in quegli anni; in cui o Funa, o l altro signoreggia . La Cholera morbus una delle epidemiche autunnali nata in Agosto in. un solo mese per- corre suoi stadj. Pure v’ hanno ben altre ma- lattie , le quali. nate al medesimo tempo. si protraggoho sino all inverno : p: e. la dissen- teria, la quartane , le terzane. Tutte queste malattie, quantunque per più o meno tempo aftliggano coloro, che ne furono sorpresi pure infra due mesi, € il nome perdono e la natura di epidemiche . 10 Per ciò poi, che risguarda particolarmente le febbri, si dee riflettere, che la maggior parte delle continue non ottennero finora nome ve- runo rispetto al dipendere dalla costituzione generale: i nomi per cui si distinguono venne- ro tolti piuttosto da qualche insigne alterazione del sangue, o da qualche ragguardevole sinto- ma. Quindi putride, maligne, petecchiali ec. siccome però ciascuna costituzione oltre al ge- nerar queste febbri inclina a un tempo a pro- durre una malattia più epidemica, e di più celebre nome; così la peste, il vajuolo, la dissenteria ec. non comprendo abbastanza, per- chè mai- cotali febbri non vorrebbero piuttosto prendere il nome loro dalla costituzione, anzi che dall’ alterazione del sangue, o da sintoma particolare, cose, che parimenti possonsi riscon- trare in febbri d'altra specie. Le intermittenti desumono loro denominazione dall’ intervallo posto tra un parosismo, e l altro, e da que- sto carattere sono bastevolmente distinte, ove si riguardi eziandio la rispettiva stagione, se autunno cioè, o primavera. Per altro egli è il vero esservene talora alcune; le quali comechè diffatto spettino per natura alle intermittenti , da carattere niuno sensibile molto ne vengono contradistinte: Così p. e. le autunnali se hanno principio, e aumentano in Luglio , non tosto vestono il genuino loro tipo, cosa che non mai avviene presso le vernali, ma imitano sì bene le continue; a non le poter ravvisare, che die- tro attentissimo esame; quindi frenato l'impeto + II della costituzione volgonsi in tipo regolare, ed ‘al finir d autunno gittata la maschera, mostransi apertamente quali già erano, vo’ dire intermit- tenti, o quartane sieno, o terzane. Che se ciò da noi non vorrassi attentamente considerare , grave danno sorgeranne a malati , mentre ci avverrà trattare per continue, veraci intermit- tenti. Vuolsi inoltre avvertire, come , quando molte di queste malattie regnano a un tempo, suole qualcuna usurpare il supremo dominio , e quelle allora meno infieriscono, e al crescere di lei vanno diminuendo: però tosto riprendono vigore, e incrudeliscono, appena quella scemi: così a vicenda straziano l uomo, secondochè il genio dell’anno , 0 la sensibile temperatura dell’ aria l una, o l'altra più imprendono a favorire. Ma la malattia, che intorno all equinozio d au- tunno le altre tutte avanza, e maggiore strage adduce, dà il nome alla costituzione dell’ anno intero, e sarà facile il comprendere, la domi- nante di que tempi prevalere su tutte le ma- lattie dell’anno, veggendole per quanto la na- tura loro il comporta, al genio di lei addat- tarsi. Perciò, quando infuria in autunno il va- juolo , le febbri di tutto l’anno ritengono assai dell indole infiammatoria propria di tale esan- tema; assalgono quasi nella stessa guisa, e tranne l eruzione e ciò che da essa dipende : avvi ne sintomi più particolari rassomiglianza grandissima; onde quì pure quella tendenza a’ spontanei sudori, quì pure la salivazione, cose al vajuolo specialmente proprie. Allo stesso Pa 12 modo ; allorchè regnarono nella suddetta sta- gione le dissenterie, la febbre di quell’ anno avviene, non poco ne imiti la natura; e trattone il modo, con che nella dissenteria si elimina la materia morbifica, e trattine pochi sintomi che ne dipendono , una uguale -invasione , e l' es- serne 1 malati ugualmente inclinati molto alle afte e ad altre cose comuni; abbastanza dimo- strano la verità dell’ asserzione. Senza dubbio quella dissenteria, e questa febbre non erano che una cosa stessa colla sola differenza, che là portavasi all’interno , gettavasi sull’ intestina , e per esse s’ apriva una strada. Si dee avver- tire poi, che quella dominante malattia, la quale sotto l’'equinozio autunnale a guisa di torrente rotti gli argini ogni cosa abbatteva, al venir dell’ inverno suole ritirarsi tra i propr) confini; mentre all’ opposto le epidemiche di secondo ordine, ed a quelle sommesse allora special- mente insolentiscono e regnano, finchè la pri- ma nuovamente insorgendo le rompe, le spegne. In fine è convenevol cosa l’ osservare, che ogni qual volta una costituzione produce varie specie, di mali epidemici, ciascuna specie dif- ferisce per genere da quelle, le quali benchè d'uno stesso nome sono poi figlie d’ altra co- stituzione . E per quanto numerose sieno cotali specie, tutte riconoscono una sola, e generale ‘cagione producitrice , Cioè un certo stato dell aria . Quindi per quanto diversifichin fra loro nel tipo, e nella forma specifica, la costituzione comune a tutte così ne modifica la materia, che 13 salvo il modo particolare d'evacuazione, in tutte sono uguali i principali sintomi, e più, sogliono financo infierire, o rimettere tutte a un tempo medesimo. Nè dovrem obbliare, che negli anni, in cui dominan tali varie specie insieme, tutte a un modo invadono , cogli stessi sintomi . Veggasi dunque quanto vario e sottile sia ìl metodo dalla natura adoprato alla generazio- ne delle malattie ; nè penso io, che uomo giam- mai finora lo abbia osservato, come la impor- tanza della cosa pur vorrebbe. Dal poco che abbiamo detto, pienamente si comprende, poi chè le specifiche differenze delle malattie epide- miche sovrattutto delle febbri dipendono dall’ arcana costituzione degli anni, falsa credenza nutrir coloro , i quali le diverse febbri deducono da materia morbifica ammassata nel corpo uma- no; imperocchè è ben manifesto, come qualsi- voglia persona della maggior sanità ove rechisi in luogo da febbre epidemica infestato fra po- chi giorni ne verrà ella pure sorpresa; ed è poi pressochè incredibile, siasi in tanto breve tempo prodotto dall'aria una qualche manifesta mutazione negli umori di un tal uomo. Nè è meno difficile fissare regole generali contro si~ mili febbri, e porre limiti sicuri dai quali non dipartire. Per tanto in sì grande oscurità, nulla parmi più convenevole, quando primamente ap- pajono le nuove febbri, che l’'indugiare alquan- to, e se non con cautele infinite procedere ai grandi rimed) ; intanto il loro genio mi studio indagare, e quai rimed] giovino, e quali nuo- Cano, onde questi ributtati, usare di quelli. 14 To dirò ‘in una parola: voler ridurre in classi giusta la varietà de loro fenomeni tutte le specie. delle. malattie epidemiche, trarne i caratteri roprj, indicare Il’ opportuno metodo curativo di ciascuna, siccome egli è cosa lun- ga assai, e sommamente difficile, e siccome anco non serbano, almeno che si sappia, ua regolare corso di anni, non sarà forse baste- vole la vita di un medico, onde a tal uopo rå- donare una massa conveniente d’ osservazioni. Però questa fatica, comechè immensa, dessi assolutamente sostenere , innanzichè possiamo a dritto gloriarsi ď aver fatto qualche cosa degna di memoria allo ‘sviluppo di sì oscure, di sì variate malattie . Ma finalmente qual modo terremo noi in far conoscere le distinte specie di malattie epi- demiche, di quelle non solo, che, per quanto almeno ne sappiamo , fortuitamente trascorrono, ma di quelle pur anco, le quali in un anno, o in più sono di un genere medesimo, in un altro anno veggonsi cangiar d’ aspetto, e distin- guersi dalle altre? Nissun metodo a me parve giammai a tale uopo più opportuno , che il se- guirle per una sufficiente serie d’ anni, e descri- verle nell’ ordine, in cui propriamente sı suc- cedevano . E volendo io fabbricarmi un model- lo, imprenderò ad esporre la storia, e la cura di quelle malattie epidemiche, le quali ebbero regno dall anno 1661 sino al 1676, cioè per 15 anni, lo che farò dietro osservazioni qua per me più si seppe accurate. lo, non credetti, 15 ciò poter altrimenti eseguire; chè parmi yera- nente al tutto impossibile il voler fare, asse- gnandone le cagioni o desunte dalle manifeste qualità dell’aria, o da qualche particolare dis- crasia nel sangue , e negli umori, se non per quanto fosse questa dovuta alla segreta influen- za dell atmosfera: Che anzi parmi più ancora impossibile esporre le specie delle differenti ma- lattie epidemiche , le quali nascono dalle spe- cifiche alterazioni dell aria; quantunque lieve ciò sembri a coloro, che attaccarono il nome di febbre ad idee mal fondate sull’alterazione del sangue; 0 degli, umori per degenerazione di princip) . In cotal modo non, seguendo , la, na- iura, che è sempre ottima guida, ma abbando- nandosi alle congetture noi avremo tante spe- cie di mali quante. ne piacerà immaginare . D'altronde è un arrogarsi una licenza, che nis- suno al Botanico sì tosto concederebbe, da cui vuolsi in descrivere la storia delle piante la testimonianza de’sensi, non meri ragionamenti, comechè sovra gli altri ingegnosi. Però io sono ben lungi dal credere, d' esse- re pienamente riuscito nell’ assunto , e molto meno io vo credere, che le malattie, di che parliamo , sieno per serbare in avvenire. quell’ ordine assolutamente , che tennero negli anni passati. Intendo soltanto narrare mercè l'os- servazione di alcuni anni, come avvenia la co- sa in queste regioni, e in questa città; affine di dare per quanto posso cominciamento a un opera, la quale se male non estimo , quando 16 da posteri venga condotta a fine ritornerà in vantaggio grandissimo dell’ uman genere . CAPO IT. Costituzione epidemica degli anni 1661, 62, 63, 64 a Londra. 9 L anno 166r le autunnali intermittenti, che già per alcuni anni addietro aveano regnato; sul principio di Luglio riacquistarono loro forze, in ispecie una terzana di cattiva indole; e ognor più aumentando, mel mese d’ Agosto crudelissi- mamente infuriavano, sicchè in molti luoghi pre- sene quasi intere famiglie eravi strage duomi- ni grandissima. Dopo però insensibilmente:sce- mando, al sopravvenire dell'inverno si spensero , e pochissime persone ne furono in ottobre as- salite. I sintomi, che le accompagnavano dif- ferivano da quelli degli anni passati sovrattutto nelle seguenti cose: più atroce il parosismo; più nera la lingua, più secca; negli intervalli apiressia meno distinta; prostrazione di forze maggiore e di appetito, e del pari maggiore proelività alla rinnovazione dell'accesso; insom- ma gl accidenti tutti più forti, e la stessa malattia, oltre quello , che soglion essere le im- termittenti funesta. Se assaliva o vecchi, @ soggetti cachettici, cui cacciate di sangue od altre evacuazioni avessero infievolito durava due tre mesi. Le quartane benchè più rare accom pe pie pagnavano le già descritte febbri; però amendue mal resistendo a’ primi freddi, nè più novella persona assalendo succedette loro una continua, la quale dalle autunnali intermittenti ın c10 solo distava, che mentre queste pure intermetteono quella continuamente incalzava. Imperocchè nella stessa guisa e l'una, e le altre invade- cità di cute, sete, negra la lingua, e nell’una, e nelle altre sul fine prontissimamente in via di sudore la materia morbifica sì eliminava . Ch’ ella poi spettasse alla classe delle inter- mittenti d' autunno , il mostrava pure il non iù vederla, che rara assai al nuovo anno. pasa una tale continua pareami quasi un i compendio delle intermittenti, e ciascun paro- [sismo di queste al contrario un compendio i di quella, nè in altro appunto era differenza i che nella continuità, e nell’ intermittenza. Da quanto tempo essa già regnasse io veramente inol so dire, perocchè sino a que’ dì non avea \ atteso, che a’ generali sintomi delle febbri co- i me colui, al quale non era ancora caduto in mente potersi essè distinguere. giusta il vario genio degli anni, e }e varie stagioni. Questa almeno lo so, una sola specie di continne es~ | servi stata sino all'anno 1665, è che le inter- | mittenti d'autunno sino a quell’anno frequen- tissime , si fecero dappoi rare assai. na, la quale abbiam veduto nel suddetto anna Tom. x. a vano; ne’ fortemente affetti vomiturizione, sic-. Ma per ritornar al proposito quella terza- | cotanto incrudelire, venuto il nuovo anno rabe ` 18 lentò; e negli autnnni consecutivi, viva pur sem- pre la stessa costituzione, dominarono sulle altre malattie epidemiche le quartane. Passava F autunno , e le quartane sempre scompariva- no: ma ecco tosto la febbre continua, la quale per tutto questo tempo , benchè rado , era pure apparsa, ecco correre furiosamente sino a pri- mavera, ia cui le intermittenti vernali succe- dettero , e queste ai primi di Maggio mancan- do, mostrossi qua e là sparso il vajuolo, che parimenti venne fugato dalle epidemiche autun- nali cioè continua, e quartana. Tale è T ordi- ne, che in tutta questa costituzione serbarono le malattie epidemiche , ed a vicenda si suc- cedeano. Io parlerò delle loro specie, e prin= cipalmente e della continua , e delle intermit- tenti, di primavera si fossero o d’ autunno, delle quali fu questa costituzione sovra le altre feconda. Incomincierò dalla continua che parmi di iutte la prima, poichè in essa a preferenza la natura in modo uniforme conduce alla dovuta concozione la materia morbifica; quindi a de- ierminato tempo la elimina. Oltracciò siccome quelle annue costituzioni producitrici delle in- termittenti molto più spesso avvengono di quel le che generano le altre malattie epidemiche , ne segue , che la febbre continua, la quale le accompagna avvenga più frequente. ` Ai sintomi comuni coll’altre febbri la so- praddetta aggiungeva i seguenti: il malato le iù volte pareva, appena non morisse; avea Lou i lingua secca, e nera, grande t 19 ed improvvisa prostrazione di forze; aridità di parti esterne ; l orina in tutti o crassa, o te- nue, e luna e l’altra indizio ugualmente di crudità. Al declinar del male sopraggiungeva diarrea, tranne per avventura il medico dap- rincipio vi si fosse opposto, € he essa più unga la malattia, più pertinace, Di sua natura non oltrepassava ella mai che di poco il giorno 1/ o 21 e scioglievasi con un sudore, o a meglio dire con un dolce madore, nè le orine g’ ordinario davano innanzi quel tempo segnali di cozione; sopravveniyano poi altri sintomi ogni qualvolta la malattia era malamente trattata . Ma e queste cose e l'indole tutta della malat- tia più chiare. appariranno dal metodo , con cui una volta la trattai, e che io appunto qui riporterò in quanto almeno farassi al’ nostro uopo, secondo che di già era stato da me pub- blicato , quando certamente non ancor sapeva esistere in natura altra specie di febbre. - CAPO IV. Febbre continua degli anni 1661, 62, 63, 64. lerici io voglio avvertire che quella disordinata commozione della massa del san- gue o cagione sia, o compagna di questa feb- bre viene dalla natura suscitata, o perchè si secerna una certa eterogenea materia racchiusa nel sangue, e nociva, o perchè al sangue stes- so diasi una qualche nuova disposizione . Da , E qui.meglio parmi convenga, come più estesa, e più generale la parola commozione a petto,di fermentazione, e di ebullizione, poi- chè togliesi di tal guisa ogni motivo a vana disputa ributtaudo a taluno i due suddetti yo~ caboli come duri e poco convenevoli. Quan- tunque invero la commozione del sangue nelle febbri imiti talora la fermentazione de’ vegeta- bili, talora anco Į ebullizione, avvi nullameno chi crede, m più: modi ne differisca assai. Prendiamo uno o più esempi intorno la, fer- mentazione. Primo i fuit che fermentano, sogliono acquistare certa natura vinosa, che distillati ne danno uno spirito ardente, e pas- sano di leggieri in aceto , liquore pungente as~ sai, il quale pure distillato dà. uno spirito aci- dissimo ; e dicon essi finora, non riscontrarsi nel sangue Vuna o l'altra di cotali mutazioni „ Quindi fanno avvertire, che mentre ne liquori vinesi la fermentazione , e la depura- zione operansi a un tempo medesimo e quasi pari passo procedono, la depurazione del san~ gue nelle febbri non ne accompagna la effer- vescenza, ma le vien dopo, lo che credong apertamente rinvenire nel parosismo febbrile, che si scioglie per sudore . Rispetto poi all’ebulliziane, più difficile sem- bra loro esserne analogia; e la sperienza , dicono, in molti casi ripugnare, ove l orgasmo del sangue non è tant alto da potervisi con» venire un cotal nome. Però comunque. sia, ch’ io non vo mescermi in simili controversie , i DT siccome i nomi di ebullizione ë di fermenta= gione furono grandemente presso i più recent iusitati io mon dubiterò talora valermene, pur chè dal già detto abbastanza emerga, a nùll al- tra cosa il faccia, ‘che a maggiore chiarezza di ciò , che in questo trattato dir si dee. Però tutte le febbri accompagnate da eru- zione fanno fede, come questa febbrile coth mozione del sangne sia eccitata dalla natura , onde separare certa materia eterogenea, ed a lei nemica; chè allora appunto mercè un tale bollimento si porta alla cute una sostanza escre- | mentizia nociva, la quale stava nascosa nel sarigué , X i Anzi à më del pari sembra chiaro, similé, febbrile movimento del sangue a nissun altra cosa soventi volte tenda, che a procurare un nuovo staio al sangue stesso, una novella dispo- sizione, e un uomo di sangue purissimo , in- contaminato poter esser preso da febbre ; sic- come l'osservazione abbastanza tié mostra av- veniré ir corpi sani, nè a pletora, nè à caco+ chimia predisposti, é in cui insalubrità di aria non abbia somministrata occasiorie di febbre . Eppure anche cotali uomini dietro itisigne can- giamento d'aria, di vitto e di tutte l'altre cose non naturali appellate, vengono da febbre so- prappres1, perchè appunto il sangue loro cerca acquistare un fittovo stato, uha nuova condi* zione a quel dato aere o vitto più convenevoli ; non però che irritazione di particelle viziaté soggiornanti nel sangue generino la febbre: 22 Per verità ad onta di ciò non dubito; che la materia separata dal sangue, dopo il movi- mento febbrile non sia viziosa, benchè il san- gue innanzi fosse di lodevole qualità ; lo che non recherarine meraviglia maggiore di quello, il farebbero porzioni ď alimento che siensi cor- rotte, da che subirono alterazioni nel corpo, e già dalle altre vennero segregate . In secondo luogo è mio parere essere la verace indicazione in questa malattia frenare il movimento del sangue così, ch' ei rimanga fra que limiti allo scopo della natura più confa- centi; e vo’ dire, in modo, che nè da un lato soverchiamente cresca, d’ onde facil cosa sin- tomi pericolosi, nè dall’ altro di troppo intor- pidisca, d onde o verrebbe impedita l evacua- zione della materia morbifica o vani si rende- rebbero gli sforzi del sangue intento ad acquistar nuovo stato. Pertanto o debbasi la febbre ad irritante materia eterogenea, od al sangue che medita cangiamenti, l indicazione è la stessa. liò posto eccone il relativo metodo di cura. Ogni qual volta m’ avvenga in malati, lo angue 0 sia per se stesso debole , come d ordinario ne’ fanciulli, o non sia provveduto della necessaria copia di spiriti, come ne’ vec- chi, e in que giovani da lunga malattia con- sunti, m’astengo dal salasso. Imperocché altri= menti facendò , il sangue di già per se stesso troppo debole, renderebbesi. vieppiù inetto alla pena depurazione; quindi corruzione di tutta a massa, e fors’ anco la morte dell uomo: n puella guisa appunto ; ché arrestando la fers mentazione della birra o Taltro , il liquore con+ trae d’ ordinario un qualche vizio. E la natura ron più saprebbe sostenere quelle molecole ; cui già incominciava ad. eliminare > mentré quantunque allora quando trovansi ugualmente divise nella massa del sangue esistessero pure, ora possono. corrompersi e ‘contaminare tutto il resto degli umori. Però emmi noto , come per mezzo de’cardiaci si serbassero talora ma- lati, cui temerariamenté erasi cacciato sangue; é si potè ridonare a questo forza bastevole a - depurarsi. Ma gli era ben meglio nön fare il imale anzichè fugarlo . * Quando poi riscontro ün sangue d altra indole, come ne giovani d'abito atletico, e di temperamento sanguigno suol essere, io tosto in’ appiglio al salasso , il quale, tranne alcuni casi che diremo , quì non si può. senza peri- colo grave ttalasciare. Imperocchè non solo talora pel soverchio, bollimento dèl sang 1e vi- dersi sovrastare ë frenitidi e pneum altre infiamniazioni, ma per la copia pur grandemente impedirsi la circolazione; e tanto io traggo di sangue quanto posso congettura- re, che basti a sottrare il malato da’ guai, a cui uno smodato movimento if fa inchinevole. Reggo poscia e modero la effervescenza o col ripetere l emissione di sangue, o col trala- sciarla, o insistendo pure su cardiaci o aste- nendomene, o in fine coll aprir l alvo o ser tarlo , secondo che veggo ùn cotale movimentg b crescere oltre il dovere ; o illanguidire . 24 $ Dopo il salasso, qu l abbia credute ħecessario , vo premuroso indagando se sul principio della febbre siavi stato vomito, o al- meno vani conati a questo. Che se ciò è, ecco tosto prescrivere un emetico salvo, o la troppo tenera età, o insigne debolezza del malato vo- lessero altrimenti. Non vha dubbio, nell accen- nata circostanza essere sì necessaria cosa un vomitivo, che trascurato, e non espulso quindi quel nocevole umore, insorge non di rado una turba di difficili mali, che tormentando il me- dico gettano l’infelice malato in non lieve pe- ricolo dì vita. La diarrea ella è una de’ prin- cipali, e de più comuni, e d’ ordinario succede Alla febbre ogni qual volta tralasciossi il richies sto vomitivo . Imperocchè in progresso della febbre, digerito in qualche maniera nel ventri- colo quel tristo umore passa di continuo alle intestina, le quali sì.vengono corrose che non può quella non seguirne. Nullameno osservai, che nelle febbri infiammatorie, volgarmente chiamate maligne, l’ommissione dell’ emetico, benchè fossevi preceduta quella proclività a vomitare non produceva di necessità la diarrea, come in questa. Ma tali cose altrove. Il pe- ricolo poi in simile flusso principalmente sta in ciò, che si snerva ulteriormente il soggetto già dalla malattia indebolito , e quel, che è di maggiore importanza, sul declinar della febbre; tempo nel quale debbe il sangue con ogni sforzo adoperare al proprio depurgamento . _ E perchè tu non dubiti essere quest umo- “a b di LI i A. 55 re soggigntante, SA ntricoio e non votato la ‘cagione verace della suddetta diarrea, iridaga diligentemente il passato , e la vedrai pressochè sempre iusorge) , allora quando in principio del male eravi. proclività al vomito, e ne fù trascurato l emetico : e la vedrai pure le più fiate cessare quando, reggendo il malato, ben~ chè scomparsa simile proclività , somministri il vomitivo. Nè dovrassi obbliare, ciò ch'io ben sovente osservai, o nulla o pochissimo giovare in questo caso gli astringenti tanto all interno presi, che esternamente applicati ; l’emetico di che mi servo è ď ordinario il seguente ? R. Infus. Croc. metal. dr. sex, oxymel. scillit. et Syrup. scabios. compos. aa. unc. semis. M. fi emet. n" Simile pozionè io fo prendere due ore do- po un lieve pranzo. Però; onde e più situra riesca e più facile la cosa; prescrivo sei od otto libbre di birra con latte, di che il malato pren- derà ogni volta o vomiti, o scarichi ľ alvo ; mentre sono pericolosi cotai rimedi non ab- bondevolmente diluiti, e si prevengono poscia i vani tormini, e si facilita l azione del vomi- tare. Spesse volte esaminando la materia riget- tata, e scorgendola nè in quantità assai, nè in qualità fortemente trista, ebbi a meravi- gliarmi non poco del sollievo grandissimo che 1 malati ne otteneano; imperocchè dopo il'vo- mito sogliono tosto mitigarsi, e sciogliersi que’ terribili sintomi , che e loro tormentavano', e pegli astanti spavente incuteano, come la nau» 26 ATO x sea, l ansietà , l'agitazione ; il sospirar luttuo= so, la negrezza di lingua ec. e ciò che rimane della malattia è facilmente tollerato . Nè qui dovrassi ommettere come, ové faccia mestieri e del salasso, e del vomitivo sarà più sicuro ché il primo preceda al se- condo ; poichè talvolta avvi a temere, non i violenti sforzi del vomito o rompano i vasi soverchiamente distesi de’ polmoni, o spandasi sangue nel cervello, onde una mortale apo- plessia. Del che quantunque io possa arrecare, alcuni esempi, amo pure far silenzio contento d’ avvertire, doversi in ciò la più grande Circospezione. — Che se mi si chiégga, in qual tempo della febbre io voglia che si somministri l eme- tico, dico sul principio; quando si ammetta scelta. Noi così preverremo quegli orribili sin+ tomi, che la copia de nocevoli umori, i quali hanno stanza nel ventricolo, e nelle vicinanze suole fatalmente generare. Anzi avverrà forse soffocare nella culla stessa una malattia, che g’ altronde , e crescerebbe, e durerebbe assai con pericolo del malato , nutrita da que’ detti umori, i quali o trasportati in sostanza alle più segrete parti del corpo si mescerebbero al sangue, o per la dimora fatti peggiori e dive- nuti veleno manderebbero al sangue stesso 1 più maligni effluvj. Di ciò a tacer di tutt al- tro ne offre un esempio la Cholera morbus ; imperocchè ove avvenga intempestivamente ar- restare il vomito; o col laudano o cogli astrius i ‘genti insorge tal fiata «una folla di mali noñ meno pericolosi. Allora gli acri umori e cor- rotti, cui convenia per poco ancora sı permet> tesse la sortita, onde interamente evacuarli , respinti volgono le forze loro, e la seviziè contro il sangue, accendono la febbre, che siccome d ordinario di trista indole, e da gravi sintomi aecompagnata sarà dal solo eme- tico vinta, quantunque il malato non abbia più al vomito proclività veruna . ; Ma se, come spesse volte accade, troppo tardi chiamati non ne fu possibile sul princi pio della febbre somministrare Y emetico 10 ‘sono d avviso lo si possa dare in qualunque tempo, purchè le forze del malato non sieno sì depresse che si vegga assolutamente , nol sappiano sostenere. Quind'io non dubitai pre- scriverlo in duodecima giornata, e quando più hon v era al vomito tendenza, nè senza frutto, avvenendomi torre in tal modo la diarrea, che impediva la depurazione del sangue; nè dubi- terei ciò: fare anche più tardi, ove le forze soverchiamente abbattute nol vietassero . La sera cerco sempre acquetare il ttimulto eccitato dall emetico negli umori, e conciliar riposo , quindi al giunger della notte, o all'ora del sonno fo somministraré una qualche be- vanda calmante , p. e. R. Aq. papav. rhaead. «nc. duas, ag. mirab. dr. duas , syrup. de mme eon. et syrup. papap. errat. aa. unc. semis . la M. f. haustus . Ove poi o per copiosa perdita di sangue, 28 © per soverchio vomitare; e frequenza di dejé3 zioni eccitate dall’emetico, o da presente api. ressia e debolezza, come da vetustà della feb=. bre, che già declina, più non rimanga pericolo di risvegliare la effervescenza, allora cacciata ogni tema invece della prescritta bevanda som- | ministro una ben larga dose di diascordio o solo o sciolto in una qualche acqua cardiaca . Eccellente rimedio senza. dubbio ; purchè dato in sufficiente quantità . Quì però innanzi ponga fine a ciò che spetta agli emetici, debbo ricordare, quelli pre- parati coll’ infuso di croco, de’ metalli non es- sere , almeno in questa febbre al tutto sicuri appo i piccoli fanciulli, ed appo alcuni non giunti ancora a pubertà, benchè dati in lievis+ sima dose . Desidererei che ne avessimo altri più sicuri, e a un tempo di bastevole virtù , i quali sapessèro vuotare interamente quest’ umore, che sul declinar della febbre quasi sempre minaccia diarrea ; o desidererei almeno, che potessimo mercè un qualche medicamento, così temperare la forza corrosiva di questa acrissima materia, che non. la svegliasse. E m'incontrai bene spesso in simile molesto ac+ cidente ogni qual volta cioè chiamato presso bambini, o fanciulli sorpresi da febbre, e seor+ gendo di quanto giovamento sarebbe stato loro una tale. medicina non osava pure esibirla tutto’ . dubbioso dell'esito assai fiate infelice . Però negli adulti io non ne vidi finora tristi conse» guenze , purchè somministrato colle predette cautele . 29 Poichè il malato vomitò, io soglio dili@ gentemente investigare se ad onta delle prece- dute evacuazioni siavi ancora nel sangue effer- vescenza; sicchè convenga porvi limiti e freno; o se cotanto sia illanguidita d. abbisognare ec- citamento, o infine se la fermentazione ridotta al dovuto grado si possa abbandonare a se stessa senza pericolo del malato. Su tutto questo in particolare io dirò qualche cosa . Se dunque il sangue così ancora ferva; che si possa a ragione sospettare o di frenesia, o di altro molesto sintoma nato dal soverchio bollimento , il di vegnente dopo il vomitivo pre~ scrivo un. clistere come il seguente: R. Decoct. commun. pro olystere libr. unam, syrup. violar: et sacchar. culinar. aa. unc. duas. M. f. Enema. E lo fo ripetere all uopo, e ne viene sovente rinfrescarsi il sangue, moderarsene la efferve= scenza. Talora però gli è mestieri ripetere e l una volta e più il salasso nelle persone vo” dire di temperamento sanguigno , e di florida età, o in quelle lo cui sangue per immoderato» uso di vino trovasi predisposto all infiamma- zione. Ma il più delle volte non avvi bisogno | di un tanto rimedio, qual è il salasso, e trat- } | tine i predetti ‘casi, coll ajuto de’ clisteri abba- | stanza ci riesce reprimere l’effervesceriza. La- 2 . . . - onde oy’ essa esista, ordino un -clistere ‘ogni giorno, od ogni due di secondo la circostanza, e ciò sino circa alla decima giornata . Pure se molto sangue siasi cacciato, o il malato sia d età. avanzata, allora li tralascio , benchè il sangue trovisi in fervore. Imperocché,, siccome quì non avvi a temere proceda cotan-. to la cosa a sovrastare pericolo d’ infesto sin- tomo: così egli è certissimo, affievolir essi, la forza del sangue, e quasi direi benchè meno. propriamente, rilasciarne il tono, sino sovrat=. tutto ne vecchi a disturbare ed impedire lope- ra della natura, e perciò non sì bene riescono, come ne’ giovani. Che se siasi tratto sangue. non però assai, allora come dissi, ordino cli- steri sino al decimo giorno più o meno, talora anche sino al duodecimo appo coloro special- mente , cui non oso cacciar sangue. Imperoc+ chè avvi, chi dopo le intermittenti autunnali, o terzane fossero o quartane, vien preso da febbre continua appunto, perchè sul fine della precedente malattia non venne purgato; quì salassando vha pericolo, non forse quel sedi- mento deposto dalla pregressa fermentazione rientri nella massa del sangue, onde novelli guai. Pertanto più che del salasso, de’ cli- steri quì soglio servirmi, e fino ‘anche al duo- decimo giorno , purchè sia giovane il malato, e .la fermentazione esaltata . All opposito o sia o no preceduto il, sa- lasso, e la effervescenza scorgasi languida as- sai, sicchè abbisogni di stimolo onde valga a secondare la natura ; allora io penso doversi rimanere dai clisteri anche innanzi al decimo giorno, e molto più dappoi. Imperocchè a qual oggetto si sforzeremo noi di reprimere mag=. giormente un’ azione già per se stessa languis sul 3r da? Che se dopo un tal tempo, sul declinar cioè della malattia ricorressi ai clisteri, ciò non sarebbe per certo cosa meno irragionevole di quello, il sarebbe aprire un troppo ampio ingresso all'aria sulla birra che fermenta; e in tal modo tu osti alla natura, che non può con tutte le forze eseguire la separazione della ma~ teria morbifica. Poichè dunque o mercè le opportune evacuazioni trovisi il malato fuor di pericolo rispetto ai sintomi di soverchia ebul- lizione, o la malattia trovisi in declinamento , quanto più tengo rinserrato l’alvo tanto meglio fo, chè la materia febbrile giunge dolcemente al dovuto grado di concozione. Per la qual cosa se le precedenti evacuazioni abbiano in- dotto lassezza, per così dire, nel sangue, ola minaccino , 0 sia scomparsa la febbre innanzi tempo , o sia pure pervenuta all'ultimo perio- do, non solo voglio che si rimuovano i cliste- ri, ma estimo necessario l ajuto de’ cardiaci, e tosto w accingo a rinserrar } alvo. Rispetto ai cardiaci però, siccome emmi pes esperienza conosciuto, indurre essi non lieve danno troppo presto somministrati; e in- nanzi al salasso puossi temere, non forse la materia cruda ancora, si getti sulle membrane del cervello, o sulla pleura: io perciò ho cura astenermene là, dove o nulla di sangue o poco siasi tratto, nè sia avvenuta . altra forte eva= cuazione, o il malato trovisi vigoroso per età; nè comprendo il perchè debbasi maggior- mente arricchire un sangue già per se stessa 32 abbastanza ricco ; tale essendo e dì nulla ab- bisognando , finchè per insigni evacuazioni non abbia perduto il proprio calore. Cotai malati hanno in se stesso la fonte dello stimolo, e l’aggiugnerne `o sarebbe vano, o dannoso, onde io o nulla ne permetto o ben lievi. Ma ove il soggetto o sia dalle profuse eva- | cuazioni grandemente illanguidito , o sia inol- trato in età, è mio costume apprestare i car- diaci anche sullo stesso principio della febbre. In duodecima giornata poi penso doverne es- sere più liberale, chè allora appunto avviene la secrezione della materia morbifica; anzi ciò sarà bene fare un po’ più presto, quando non siavi timore, gettisi la materia febbrile su parti principali; mentre allora, quanto più avverrà riscaldare , tanto più affretterassi la cozione . Nè di fatto considerando, non so comprende- re, che voglian dire ì Medici, quando le tante volte ne ripetono loro precetti di dare rimedi atti a promuovere la cozione della materia febbrile, lo che eglino fanno sòvente sul prin- cipio; però non dubitano a un tempo altri som- ministrarne, onde temperare la febbre. La feb- bre è certamente lo strumento della natura con cui secernere le parti pure dalle impure : Ciò fa in una maniera impercettibile ‘al prin- cipio , sal anco nel vigore del male, però più manifestamente sul finire, come si può cono- scere dall’orine ; e per verità concozione di materia febbrile non significa che separazione della materia nocevole dalla sana. Affine dun= que n 35 que di accelerarla non è mestieri parmi di temperanti, ma vorrassi permettere l efferve- scenza della febbre, fin a tanto ch'ella stia senza danno del malato; sulla declinazione poi, e Ja secrezione già in pronto noi dovremo con caldi medicamenti favorirla, ed affrettare il processo. Questo è promuovere la concozione della materia febbrile ; le evacuazioni, i refri- geranti ritardano ogni cosa, impediscono la cura, allontanano la stessa già vicina sanità, come mi venne fatto più volte di vedere . «Se la fermentazione progredirà lodevol- mente verso il quattordicesimo giorno avrai la depurazione ; ma se refrigeranti tardi sommi- nistrati avranno soppressa la effervescenza , nis- suna meraviglia, che la febbre protragga sino al vigesimo primo, e molto più in là nelle persone assat deboli, e mal trattate . Una cosa però degna d'osservazione si è, accadere talora sotto l'uso de’ clisteri, e de catartici malamente. prescritti sul fine , che il malato paja alleviato , anzi qualche volta tro- vasi apirelico ; ma dopo uno o dne dì, ecco rinnovarsi la febbre, anzi accendersene una novella; invade repentino freddo e calore quin- di, e febbre, la quale correrà quello stesso stadio, che ora dicemmo, salvo passasse tra le intermittenti. Allora converrà non altrimenti trattare il malato come se giammai febbre nol prendesse, e calcherai ìl sentiero di pria; im- perocchè la depurazione, che dee di necessità seguire allo rincominciato bollimento non sì Tom. 1, 3 AO compierà innanzi. quattordici giorni, coméchè male ne torni a chi già di tanto indebolito dee pur finallora attendere la salute . I cardiaci che soglio adoprare sono come qui sotto. Mi valgo de piùf moderati in prin- cipio di malattia tempo della maggiore efferve- scenza e passo viavia a’ più forti giusta il pro- gresso del male, e dell'ebollimento, ricordando sempre più volersene là, dove molto sangue siasi tratto, e il soggetto abbia molta età. Nis- suna perdita di sangue, l età fiorente vogliono altri riguardi. I moderati si traggono dalle ac- que distillate p. e. di Boragine, di cedro, di scordio, di fragole, e l’acqua triacale; vi uni- sci poi i sciroppi di melissa, di garofano , di limone ec. I più forti si hanno dalla polvere; d'occhi di cancro, dal bezoardo, confezione di giacinto, Triaca d'andromaco , ed altri di analoga natura. Le formole, che seguono sono d'un uso frequentissimo . R. Aq. Borag., citri, scordiù compos. et ceras. nigr. aa. unc. duas , ag. cinnamom. hor- deat. unc. unam , margar. praepar. dr. duas , sacch. crystallini q. s.m. Se ne prendono quat- tro cucchiai spesse polte tra il giorno, sovrat- tutto quando il malato provi di languori . R. Aq. totius ciri, et fragor. aa. une. tres, aq. cord. frig. saxon. UNC. UNAM ; aq. theriac. stillat., syrup. mellissophyl., fernel., caryoph. et de succo citri aa. UNC. semis: M J. Julap. di questo prenda sovente . R. Pulp. e chelis. cancror. compos. , lap. 35 bezoard. orient. et occident. contrayerv. aa. scrup. unum , fol ayri num. un. mM. fiat pulpis subtilissim. Se ne prenda in dose di dodici gr. insieme a due denari di scirop. di limone, e di garofa- no , soprabbevendovi quattro cucchiai del giu- lebbe prescritto . R. Ag. theriac. stillat. unc. quatuor, semin. citri dr. duas; contundantur simul , et f. emuls. Colatur. adde sacch. perlati q. s. ad grat. sapor. Ne prenda due cucchiai tre volte al giorno. Stimo inutile arrecarne più, mentre, e pos- son essere le formole infinite , e voglionsi va- riare nel corso della malattia giusta i varj tempi, e i var) sintomi. Ma se veggo la fermentazione nè sover- chiamente. forte, nè languida ,-io nulla fo; e tranne o i malati, o gli amici loro importuni mi vi stringano nissun rimedio mai prescrivo 5 *però compiacendoli mì studio non nuocere al mio scopo . i E qui non tralascierò di ricordare, come spesse volte recandomi presso povere persone, cui mal convengono spese, dopo la cacciata di sangue, e il vomitivo postane la indicazio» ne, null altro prescriveva loro, se non che rimanessero a letto tutto il tempo della malat- tia, e si nudrissero di brodi d'avena, d'or- zo, e simili, e bevessero moderatamente tenue birra un po'tepida, onde sedare la sete; pre- scriveva un clistere di latte con zuccaro ogni giorno od ogni due, e ciò sino a decima, od ‘undecima giornata; sul fine poi già incomin 36. ciata la separazione, ove scorgessi lentore per- metteva in luogo de’ cardiaci una bevanda più. forte; e senza più: che un lieve catartico in fine della malattia pienamente risanavano . Ora ritornando al proposito dico siccome ,, quando con accuratezza siasi seguito il pre- detto metodo, solitamente verso il quindicesi- mo giorno comprendo e da’ segni nell’ orina di lodevole separazione, e dalla manifesta remis- sione de’ sintomi , essere tempo di sommini- strare un purgante, il quale via trasporti ogni sedimento deposto quà o là dalla pregressa fermentazione: ciò non facendosi in tempo, avvi pericolo non ritorni la impurità nella massa del sangue ed accagioni una recidiva; o per di- imora nelle parti naturali in cui vien deposta’ facciasi fonte nel corpo di lunghi e moltissimi mali. Imperocchè umori crassi ed impuri già, separati, mescendosi al sangue refluo nelle vene, ne impediscono facilmente il ritorno, d’ onde le varie ostruzioni, e į fermenti di va- rio genere . ; Pure convien osservare, non essere si necessario il purgare dietro le febbri vernali, come dietro le autunnali; e ciò perchè il se- dimento deposto dalle prime e in copia, e in qualità terrosa , e maligna viene superato dal deposto dalle seconde; questo succede pure nel vajuolo, e in molte altre malattie di pri- mavera , nelle quali P ommettere il purgante non è di sì grave pericolo, il che pure ho osservato, come ne’ casi ora succennati. Né 37 certamente era lungi molto dal vero colui che affermava, l ommissione de purganti dopo le malattie autunnali farsi. sovra ogv’ altra cosa fonte di malori . = Se il malato è molto debole, o la depu- razione non ancor. a tal grado, sicchè possa liberamente purgare nel decimo quinto giorno ; differisco al decimo settimo, e allora prescrivo la seguente pozione, o somigliante giusta le forze del malato. R. Thamarind. une. semis, fol. sennae drac. duas, rhabarb. drac. un. et semis: cog. s. q. aq. in colatur. une. tribus dis- solv, man. et syrup. rosar. aa. unc. unam . Ji potio cap. mane. Dopo ciò fo levare il malato , che finora giacque , e a poco a poco lo ritorno al suo primitivo tenore di vivere. Il regime ch'io fino a questo tempo adopro è a un di presso quale il rammentato, e brodi d'avena, e d'or- zo, e panatelle con pane, e torlo d' ovo in acqua zuccherata, tenui brodi di pollo, tenue birra a cui talora nell ardore febbrile puossi aggiugnere succo d aranci novellamente espres- S0, e per un momento bollito , onde togliere la crudità., e cose simili, benchè i brodi d'a~ vena possano supplire a tutto. Negare poi moderata dose di tenue birra io non trovo necessario , anzi spesse volte è nocevole . Accade talvolta, e più ne vecchi, già scomparsa la febbre già bastevolmente purgato il corpo nondimeno essere il malato debole assal, ed ora per tosse, ed ora per semplice L | 38 screalo cacciare molta copia d'umore viscoso; elutinoso . Una cotal cosa non solo spaventòi il malato, ma impose pur anco talora allo stesso medico non abbastanza cauto, e lo: ‘trasse in credenza di vicina ftisi: io però os- servai non esistere veramente tanto pericolo.. In questo caso fo prendere del vecchio vino) di Malaga, o del Moscato, e vi fo inzuppare: un pezzetto di ‘pane arrostito, che corrobo- rando il sangue indebolito assai dalla prece- duta effervescenza, quindi inetto ad assimilare; gli alimenti, fuga il malore in pochissimi dì, ‘come dalla sperienza emmi noto . Di simile guisa faremo sicuro il malato; d altre affezioni, e sintomi pur troppo presto) attribuiti a malignità. Nulla diffatto più comune ai medici poco esercitati, che ciò dire quando affievolirono il sangue con soverchj refrigeranti,, e coll’uso intempestivo de’clisteri, e sì la na- tura depressero, mentre compiea la depura- zione del sangue, che avvengono deliquj, ed! altri sintomi veraci effetti degli ostacoli posti. dall’ arte. Che se la malattia fassi diuturna più. non potendo incolpare la malignità, tutto ciò, che li imbarazza nella cura riferiscono allo: scorbuto ; benchè nè i sintomi che apparivano nel vigore del male provenissero da malignità,, nè que’ sul declinare, dallo scorbuto: tutto, era generato dal men convenevole trattamento 3 come spesse volte mi venne fatto d osservare . Non ch'io non sappia, come qualunque ap- pena iniziato sa, esservi delle febbri verace, | 89.. mente maligne per qualità propria, i cni segni appajono manifestissimi, ned io negherò com- plicarsi lo scorbuto colla febbre , e compli- carvisi infiniti altri mali; ma dico solo, come non di rado si accagionano a torto . Se la fermentazione del sangue procedera a dovere se ne farà interamente la depurazione. nello spazio di tempo suddetto. Ma se sienosi impiegati e refrigeranti, e clisteri durera la febbre assai più , sovrattutto negli uomini di molta età. Io talora recatomi presso tali per- sone, che da quaranta giorni e più erano tra- ‘vagliate dalla febbre tutto sperimentava , onde indurre il sangue a depurazione; ma tale era il languore , e per la vecchiezza, ‘e pei rimedi deprimenti, che nè per mezzo de cardiaci, nè d'altri corroboranti hon mi avvenne mai con- seguire l'intento : o sussistea la febbre ancor veemente, o se parea vi fosse apiressia, erano abbattutissime le forze del malato, appena non spente . Dal nissun effetto degli altri rimedi io mi trovai astretto spesse volte a pensare a un novello, che ottimamente riuscì: applicava cioè ai malati il calore vivo e vegeto de’ gio- vinetti. Nè altri avrà a maravigliare, che con questo metodo, benchè inusitato, pur tanto si corroborasse l infermo, e la natura inde- bolita si ajutasse a secernere, e ad eliminare le reliquie della materia nemica; mentre lieve è il comprendere trasfondersi da un corpo sano ed atletico grande quantità di effluv} vi- ho | vissimi nel corpo esausto diun malato. Giama mai la ripetuta applicazione di caldi pannilini non valse ciò fare. Quì è calore ben più ana- logo al corpo umano, e blando insieme, ed umido , ed uguale , e perenne . Questo modo di trasmettere in altrui particelle. spiritose , e vapori forse balsamici, comechè a principio apparisse strano, venne da altri con felice suc- cesso impiegato: nè certamente. mi vergogno ricordare un. cotal rimedio, quantunque certi uomini lasolenti , ed, arroganti dispregiatori di ogni cosa che senta del volgare me pure spre- geranno perciò . Io però più che le vane loro opinioni estimo di troppo il comodo, e la sa- lute de’ miei simili. Il metodo finora descritto, ove con pru- denza venga osservato. difenderà i malati se non da tutti, almeno da molti di que’ molesti sintomi, che o sogliono accompagnare questa febbre, o sopravvenirle, e che fanno spesse fiate il medico dubbioso molto , sicchè non sa a qual partito s'appighi;, anzi non di rado muo- re il malato sebbene. non sembrasse che tale dovess’essere il fine. della malattia. Ma poichè o per colpa de’ malati ,, che non abbastanza presto dimandano il medico, o. per imperizia e disattenzione del medico stesso simili acci- denti assai, sovente hanno luogo , noi qui si porremo a trattare, brevemente bensì, del modo di opporvisi; però a que’ soli sintomi. ci. re- stringeremo, i quali quantunque poteansi svia- re facendo uso del modo, e dell'ordine sud - 4Y detto una volta ačcaduti richieggono una di~ versa: dura particolare . i Se il malato o. per aver. preso medica- menti troppo caldi, e fuor di tempo, o per natura propria fervente assai sarà che cada in frenesia, o ciò. che vi-s’ appressa, se soffra di veglia, e spesso gridi el.faccia parole mal articolate , feroce nel volto; feroce nel favel- lare, € prenda i medicamenti; le bevande con avidità , con. precipizio; e lin. fine vi si sop- primano. le orine :.in questo caso do mano al salassi ai clisteri, ài- refrigeranti più larga- menté).di quello non permettessi di sopra, so- vratiutto.in primavera, poichè in questo tempo anche, non essendovi frenesia i giovani vigorosi sopportano simili rimedi senza molto pericolo . Di tal, guisa mi sforzo sostenere il malato, finchè l’affezione tampoco protraendo non enr- mi difficile e dalla malattia, e dal sintoma a un: tempo liberarlo; lo che farà un qualche marcotico somministrato a dose un po’ gene- rosa. Imperocchè qnantunque nel vigor della febbre- nón .giovino in tutto. i narcotici, né compiano le mire del medico; pure sul decli- nare della malattia opportunamente adoperati producono. effetto. sorprendente . Nè poteano innanzi giovare, parte , perchè non valgono a frenare l impeto. soverchio della fermentazione dati anclie ad altissima dose: parte, e ciò è di maggior momento, perchè arrestano la ma- teria nociva framnusta. allora ugualmente alla massa del sangue, e' che non ancora tende a te , ‘tratta da un complesso di moltissime e fedeli ko separarsi, onde ostano alla tanto necessaria: depurazione. Ma o questa sia, od‘altra più! astrusa la ragione di un simile fenomeno, io! lascio il decidano coloro che ed hanno iozio 3, e si compiacciono di tali speculazioni. Intanto: annuncierò come cosa certissima, perocchè: osservazioni , il laudano od. altro narcotico nell principio, nell aumento , e nello stato: di que-. sta febbre o nulla giovare a questo nostro) scopo, o ciò che più spesso accade aperta+. mente nuocervi; però nella declinazione anche; in dose mediocre reca sovente grandissimo) vantaggio. Lo somministrai una voltavià duo-. decima giornata, nè in vano; più presto , noli vidi riuscire giammai. Che se si attenda lai decimaquarta sarà meglio, più compiuta essendo) allora la separazione della materia morbifica .. Lo indugiare non apporta rovina, quantunque: forte ne temano gli astanti da sì orrendo sin-- toma spaventati; ed osservai di spesso am: mettere tale frenesia quest'indugio, tranne con, caldi medicamenti siasi fomentato l incendio ,, chè allora sopravviene subita morte. I narco- tici di che soglio valermi sono o il laudano di Londra a un gr. e mezzo o il seguente : R. Flor. paralys. man. unum , coq» s. q. aq. ceras. nigr. în colatur. une. tribus dissolve syrup. de mecon. unc. semis, adde succ. limon. co- chlear. semis. vel R. ag. ceras. nigr. uno. unam et semis ag. epidemic. drac. duas , laudan. li- quid. gut. sexdecim syrop. canyoph. drac. unam: m. } | 43 Piacemi aggiungere una cosa in proposito, non sconsigliatamente osservata, voglio dire, se la frenesia sì soffra d'indugio , e la febbre sì duri che possa il malato, essere purgato avanti che prenda il narcotico , questo produce un effetto ben maggiore. Per la qual ‘cosa ho costume prescrivere ro 0 12 ore prima due scrupoli di pillole. Cochie maggiori sciolte nell’ acqua di Betonica. Nè avrem a temere danno veruno da quel tumulto, che sogliono tali pillole suscitare ; tutto calmerà la virtù del marcotico, e saprà indurre una quiete soavis- sima, e cara. Che se protraesi la veglia al di là della febbre, e cessarono d'altronde. gli altri sintomi, più che dal narcotico trassi gio- vamento da un pannolino inzuppato nell ac- qua di rose , e freddo applicato alle tempia, ed al sincipite . Non di rado si osserva in tutto il corso della malattia una molesta tosse; ché commos- sa altamente , la massa del sangue ed ogni cosa pronta a sedizione avviene che alcuni umori sciolti e sottili, attraversando da’ vasi polmonari, o per trasudazione si gettano sulla membrana interna della trachea, la quale è dotata di squisitissimo senso: quindi la tosse, dappria secca poichè la materia è ancor troppo tenue, ond essere espulsa; crassa dappoi, e difficile ad espettorarsi, chè insensibilmente viene dal calore della febbre diseccata : da ciò tema nel malato di soffocazione , come quello a cu mancano le forze per eliminare una sì 44 lenta e viscida materia colla tosse. In tali cir& costanze io non mi valgo d' ordinario che dell’ olio d'amandole dolei recentemente espresso, eccetto il malato abborra, l'olio; allora mi studio come più posso arrecare sollievo . cogli ordinar] pettorali. Però quando emmi libero antepongo il detto olio agli altri becluci, per- ciò che dovendosi essi dare in quantità molta, onde averne profitto caricano di soverchio lo stomaco già debole abbastanza, ed alla nausea inclinato, sicchè talora ne vietano fino di porre in opera a un tempo altri rimedi @ altronde convenevoli. Nè colla ragione abbastanza com- prendo , nè la sperienza mi mostra un cotal olio doversi nelle febbri bandire, perchè in- fammabile, quindi a temere non aumenti la, febbre. Imperocchè supponiamolo per natura | caldo, certo non lo è di tanto , che in altra guisa non venga ciò abbondantemente com- ensato: quest olio ha in ispecie una manifesta OA sul petto, ed apre le vie, e calma, e promuove la spettorazione, per cui se copiosa, ‘si scarica il sangue dell'umore molesto, e av- vien pure che si refrigeri : quindi nulla mat- tristo al sorgere della tosse, poichè a questa riparando si apporta per altro lato all infermo moltissimo vantaggio. Avvertirò soltanto non doversene somministrare gran fatta per volta , chè potrebbe indurre, e nausea e diarrea : piccole dosi vorranno essere, ma frequenti e - di dì, e di notte continuate; nè solamente con ciò promossa la spettorazione ‘si calmerà la È 45 tosse, ma sarà pure che serva di alcun nu drimento . i Talora poi sopravviene l'emorragia di na- so, o sia perchè si adoprassero rimedi troppo calefacenti in principio della malattia, o per- chè non abbastanza si frenasse la forza. dell effervescenza sovrattuito in giovani, e in certa stagione . In tal caso veramente non varranno assai quelle cose, che soglionsi fare ‘d' ordi- nario onde arrestare il movimento del sangue, come il- salasso, le legature) gli astringenti, gli agglutinanti, © que’ rimedi che temperano lacrimonia ec. Imperocchè quantunque ed essi ed altri possansi adoperare giusta l’avvedimento del medico ; pure la somma delle cose sta in frenare. l effervescenza del sangue, in domarne l impeto. Gli è vero“ bensì, che a riguardar l epistassi per se, i mezzi annoverati, special- mente il salasso sono bastevolmente convene- > voli, ned io dubiterei servirmene, ma toglier- ne con essi la cagione verace, trattane la cac- ciata di sangue, e pare lo stesso, che stu- diarsi spegnere il fuoco con'una spada. To pertanto in questa circostanza tentato indarno ogni altra cosa soglio prescrivere come segue : R. Aq. portulac.; et papay. errat. aa. unc. unam , et semis, “Syrup. de mecon. ‘dr. sex, syrup. paralys. unc. semis: m. S haustus . . Ma io non vorrei, s’intendesse, fosse mio divisamenito curare in cotal guisa ogni emor- ragia, che anzi spesse volte debbesi permet- tere come quella, che può sollevare grande- "i 46 À mente il malato, in parte col reprimere il so- verchio bollimento, in parte anche sciogliendo talora per crisi la malattia. E diffatto poco gioverebbe porvi freno, ove per qualche tem- po non fosse corso sangue, ed anche non si fosse innanzi premesso il salasso. Si avvertirà poi diligentemente , che in questa e nelle altre einorragie eccessive, in qualunque maniera sienosi calmate avvi sempre pericolo di reci- diva quando dolcemente non si purghi; e lo si dovrà fare, quantunque rispetto alla febbre ciò si voglia più tardi, e si debba non appa- rendo emorragia. Il singhiozzo è un altro sintoma, che per lo più scorgesi ne’ vecchi dietro evacuazioni abbondanti o per vomito o per diarrea, e non | di rado è annunziatore di morte . Schietta- mente confesso nulla mai aver pensato sulla sua causa, che mi soddisfaccia; pure spesso osservai esso trarre nascimento dalle turbe, e dal tumulto eccitati nel ventricolo, e vicinanze da rimedi violenti, nè le forze della natura bastando a ritornare la calma ecco sovrastare grave pericolo: laonde credetti mestieri ajutar la natura, sicchè col soccorso dell’ arte giun- gesse a fare ciò, che per se non poteva: il diascordio a larga dose, cioè a due dramme, soddisfece alle mie brame a preferenza de se- mi ď aniso e d'altri rimedi decantati come specifici . Se nel decorso del male appare la . diar- rea, la quale, come altrove dicemmo , suole i è avvenire, quando in principio si tralasciò es~- sendovi indicazione il vomitivo, dico in qualun- que tempo doversi questo somministrare, benchè più non esista tendenza veruna al vomito , nè mai se ne rimuoveremo, eccetto le forze del malato assolutamente nol permettessero . Ma poichè già di sopra abbastanza , io credo, ne parlammo, dirò solo, che abbiasi a fare quand anche somministrato l emetico sopravvenga. Ella è cosa propriamente rara assai fuori della febbre infiammatoria, dove non solo non la im- pedisce l'emetico, ma talora, lo che vuol essere notato, la genera. Pertanto in simili circo- stanze fra tutti gli astringenti mi parve utilis- simo il seguente clistere. R. Cort. granat. unc.: semis, ros. rubr. pug. duos; cog. in lact. paccin. s. q. in colat. libr. duob. dissolp. diascord. unc. sem. m. f. Enema. lo non lo consiglierei ‘in. maggiore quantità, poichè quantunque per sua natura astringente si ha sempre a temere non la soverchia mole irriti l intestina, e provochi maggiormente quel flusso , cui avevamo pen- siero d arrestare . = Ma forse qui. taluno opporrà, sembrar più convenevole principalmente sul declinar della malattia, ove appaja diarrea permetterla, anzichè fermarla essendo talora critica, e scio= gliendo ogni cosa: Rispondo non negar io, qualche fiata accadere , per tal parte aprirsi strada la febbre e via fuggirne; ma.e ciò ac- cade troppo rado, sicchè si possa impreudere qualche cosa su tale speranza, e quella ragio- ur ) 48 . ne, per cui si sforzammo mostrare favellando della cura in genere della febbre doversi essa. arrestare, qui pure ritiene tutto il proprio vi- gore. Ora io voglio aggiungere cosa non in- degna, secondo mi pare, d'osservazione e si è, che a un verace depuramento non è solo necessaria quella secrezione di certe parti che si fa per le fecce, ma vuolsi anco se ne secer- nino altre sottili quasi fiore, lo. che vedesi tutto giorno in altri liquori. Pertanto se di troppo avrai secondato la diarrea , ti avverrà di ottenere solo per metà la tanto desiderata depurazione, e forse uscirà sulle prime. quello che esser debbe emesso in ultimo. Confesso che operata la secrezione di queste parti sot- tüli , la quale si fa d’ordinario insensibilmente,/ e più .per traspirazione copiosa, anzichè per manifesto sudore, la diarrea, se sopravviene , non è di molto pericolo. Pure sì dee sapere non d'altronde essa trarre ‘origine , che dal non essersi a tempo purgato, e via trasportate le fecce, le quali per dimora acquistando ma- lignità stimolano l'intestino all escrezione ; e la forma liquidissima poi degli escrementi, chè le più volte è tale, mostra abbastanza non doversi credere critico scioglimento della ma- lattia. ? Fra i sintomi, che sopravvengono alle febbri si può forse annoverare anche la pas- sione iliaca, come conseguenza dello sfrenato vomito , avvenuto sul principio. Orribile affe- zione ella è questa da pressochè tutti fm qui cre- 49 ereduta mortale; Nasce da moto inverso e dis- ordinato delle intestina, che quelle fibre , le quali sogliono contrarsi dall’ alto al basso, si contraggono in. opposto, ed ogni cosa conte- muta non all’alvo si avvia, ma è sospinta al ventricolo , e fatto impeto ecco regurgitare alla bocca : i clisteri, tuitochè acrissimi diven- tano emetici, i purganti appena tranguggiati vengono rimessi per. vomito: e quel dolore acutissimo; intollerabile che vi si associa, par- mi, che nasca veramente da un cotal moto, quando cioè que seni formati dalle moltiplici circonvoluzioni. dell’intestina e disposti di modo a facilitare grandemente la discesa. delle fecce vengono astretti ad obbedire a un moto con- trario alle proprie fibre. Simile dolore poi è fisso a una parte, come fosse per opra di un trivellino; allorchè o la valvola del colon im- pedisce il ritorno nell ileon agli- escrementi , o qualunque altra membrana sola sostiene tutta la forza di questo movimento disordinato. Due possono essere le cagioni- del. moto. inverso, cioè , l’ ostruzione e l irritazione . Primamente. ogni. ‘cosa, la- quale otturi l'intestino di maniera, che nulla più discenda in basso, dee di necessità indurre inversione, nè persona ciò ignora. Fecce indurate, flati m gran copia raccolti,,..e. che ravvolgono i} tubo come a nodo „i:la costrizione nell ernia l infiammazione per ultimo, e tumori vasti, ecco le cose principalmente dagli autori anno- verate. Non è però da negarsi, che l’inver- Tom. x. 4 5 sione indotta da simili cagioni , puossi consi derare più rispetto alle materie, che agli inte stini, nè tutto il tubo ne è preso, ma sol tanto la parte superiore alla sede dell’ ostru zione. lo perciò la chiamo, affezione iliac: falsa . In secondo luogo riguardo all irritazion io penso; che un cotale fenomeno d’ordinari avvenga in questo modo : pel tumulto del san gue depongonsi nel ventricolo e ne’ prossimi intestini umori acri e maligni, onde quell deppria inverte il sùo moto, ed è forzato | rigettare con violenza le materie contenute: la parte di canale ad esso continua digià infievo lita cede al moto impressole e cedono quin i crassi intestini, sicchè tutto il tūbo s’ inverti allo invertirsi del ventricolo quasi condutto di danza. Questa io chiamo affezione iliac vera, ed è la propria di questo luogo. Finor è quasi sconosciuto il modo di curarla, che chè abbiano detto taluni del mercurio, e dell palle di piombo, cose che e poco giovano, ei spesse volte riescono nocevoli assai. To con esito felice mi servo del metodo seguente . Quando appare o dai clisteri rigettati pe bocca, o da altri segni essere il vero ileo tre cose principalmente risguardo 1. impedire il contrario movimento del ventricolo, che ne induce un pari nelle intestina: 2. corroborare» queste indebolite dall umore acre : 3. liberare: e l uno, e le altre da cotali umori. Per lo che prescrivo in primo luogo mat=: BI ina e sera uno scrupolo di sale d’assenzio in n cucchiajo di succo di limone, più, nel tem- po intermedio qualche cucchiajo di acqua dì menta senza zuccaro od altro, ogni mezz’ ora; questa anche. sola reiteratamente presa farà svanire il vomito, e il dolore . A un tempo o fo giacere di continuo sul nudo ventre un cagnolino vivo. Due o tre giorni dopo essere essati e dolore, e vomito somministro una lramma di pillole cochie sciolte nell’ acqua di menta, e per maggior sicurezza fo prendere sempre tratto tratto di simil aequa, nè tolgo cane innanzi che il malato incominci I uso delle pillole . i . Osservai invano apprestarsi le pillole, od altro catartico , se non era corroborato lo sto- aco, e insieme ad esso corroborate, e ri- dotte al proprio movimento le intestina. Im- perocchè altrimenti tutti i purganti divengono emetici, e più di danno, che di vantaggio Rrrecheranno. Ond’ è ch'io non li arrischio, inchè per certo spazio non abbia fatto uso ile tonici. |. Tenuissimo il vitto, non permettendo, che alcuni cucchiai di brodo di gallina tre a quattro volte al giorno. Frattanto giaccia sem pre il malato in letto, nè si alzi , che perfet- amente guarito, e persista pure anche risa ato nell'uso dell’ acqua suddetta‘, e difeuda ene il ventre dal freddo cou lane addoppia- €; e ciò perchè si prevenga una recidiva a cui è cotanto inchinevole questa ‘affezione. ~~ = 5a i Ecco il mio metodo, che da'saggi io spe ro, non verrà dispregiato accusandone la sem plicità , il difetto di splendide frasi, o il nis- sun apparato di rimedi. Ed ecco i sintomi ch sogliono mostrarsi in questa febbre: avven alcuni altri, cui non vogliamo ` rammenta re, e perchè levi, e perchè non richieggone trattamento particolare, come quelli che scom- pajono per .se, curando a dovere la febbre . Fin quì della febbre continua di quest costituzione, e de’ suoi sintomi . CAPO V. Febbri intermittenti degli anni 1661, 62, 63, 6h A si disse di sopra, come la costituzione? che dominò ne’ predetti anni seppe produrr ogni sorta d intermittenti: ora qui arrecherò le non inesatte osservazioni, che mi sono stu- diato fare su .quelle: aggiungerò pure ciò chi osservai di alcune poche intermittenti sporadi- che avvenute da quel tempo in poi, e ci onde non interrompere il filo della storia degl anni seguenti . Innanzi tutto affinchè possiamo avere, al- meno in via di congettura una qualche nozio» ne sul genio, sulla natura di cotali febbri, egli è mestieri avvertire doversi ne’ parosismi della intermittenti risguardare questi tre tempi. 1. il tempo del freddo: 2. il tempo dell’ebullizione! 1 53 3. il tempo della despumazione : E volendo brevemente ragionarne dico primamente rispetto al freddo, essere mio avviso nascere da ciò ; che la materia febbrile non ancora turgescen- te, mal assimilatasi al sangue , non solo inu- tile divenne, ma nemica alla natura, e l agi- ta e l irrita, ond ella commossa, e quasi me- ditando fuga risveglia nel corpo e rigore, ed orrore in segno della propria avversione : in quella guisa appunto, che i purganti presso le persone delicate, o i veleni incautamente inghiottiti tosto muovono orrore , ed altri si- mili sintomi. La natura pertanto irritata vo+ lendo pur cacciar questo suo nemico ricorre alla fermentazione (secondo stadio ) mezzo con- sueto da essa adoprato , quando si sforza li- berare il sangue di nocevoli particelle. Impe- rocchè mercè l'effervescenza incominciano esse in qualche modo a riunirsi chè erano disgiunte ed ugualmente miste al sangue : quindi pos- sono più facilmente essere attenuate, e dive- nir atte alla dispumazione. Che così sia il ma- mifestano pure quelli, i quali muojono nel pa- rosismo delle intermittenti ciò, avvenendoli nel tempo del freddo, mentre se giungono al se- condo stadio , almeno per quella volta sfug> gono l estremo fato. In questi due stad) il malato corre pericolo; al sopraggiungere del terzo si alleviano i sintomi che poscia intera- mente scompajono. Col nome di despumazio- ne io non intendo , che l’ espulsione, ossia la separazione della materia febbrile già attenua» 54 ła, e quasi vinta, e di ciò che si separa cos me vedesi in altri liquori, parte può chiamarsii fiore , parte fecce . Poste le quali cose vediamo ora come: ritorni il parosismo , poichè la sorte del ma+ lato sembra collocata in sicuro. Certamente lai materia febbrile non per intero fu espulsa; mai giusta il vario tipo si manifesta di nuovo, & irrita la matura, ed ecco gli stessi sintomi, che già annoverammo. Ora se taluno mi chie— desse perchè mai quel fomite che si nasconde non abbastanza vinto dalla precedente efferve— scenza, nè espulso quindi col resto, e cagione? di nuovi guai non serbi lo stesso tenore imi ogni intermittente s imperocchè or uno or du f or tre giorn impiega a maturare, e muovere! un nuovo accesso ; se dico taluno men chie desse risponderei schiettamente nulla saperne: nè altri 10 penso in ciò tanto adoprossi, che: giunto sia a svelarne l arcano della natura. Toi non ambisco il nome di filosofo, e coloro che: s` estimano degni di questo, e che forse miii rimbrotteranno , perchè non siami sforzato dî. penetrare simili segreti, compiacciansi pria spe- rimentare se stessi nella spiegazione di aleuni fenomeni più famigliari. Dimanderò loro vo- lentieri, perchè un cavallo richiegga sette anni al proprio ingrandimento , e :l uomo richieg- gane ventuno, e perchè le piante altre in Mag- gio, altre in Giugno, altre in altro tempo so- gliano fiorire; e vo'tacere d' infinite altre cose. Che se uomini dottissimi non si recano ad 55 onta in ciò confessare la propria ignoranza j perchè vorrassi ascrivermi a colpa, se in cosa non meno difficile, e forse inesplicabile affat- to, mi ritiri. To credo bene, qui come in tutto progredire la natura con certo modo ; e la materia della terzana ‘0 della quartana non vuol essere meno soggetta a leggi, di quello che il sieno tutti gli altri corpi. Tutte in generale le intermittenti hanno principio da rigore, da orrore; tosto vi suc? cede il caldo; indi il sudore. E in tempo che iù è compreso di freddo, e in tempo che lo è più di caldo suole d ordinario avère il ma- lato de’ conati al vomito; è fortemente abbat- tuto , sete molta, lingua arida ec. Ogni cosa gradatamente si rimuove a misura che s avan- za il sudore, e questo abbondantemente pro- rompendo , ecco sciogliersi il parosissimo . In- tanto quei che poco prima trovavasi male si sente bastevolmente bene , finchè col solito periodo ricompaja l’accesso; a 24 ore nella quotidiana, a giorni alterni nella terzana, ad ogni tre nella quartana calcolando cioè dal principio d'un parosismo ål principio del se- guente. Non di rado queste due ultime specie si addoppiano, e la terzana invade ogni dì, e la quartana per due giorni di seguito lasciando libero il terzo, e talora anche si fa triplice assalendo tre giornate di continuo . Lo addoppiare de’ parosismi viene talora da eccesso, e da soverchia attività della nia- teria febbrile, e allora il sovraggiunto supera se -< si Got dei 56 il primario; qualche volta viene da prostrazione: di forze, quando o sia per virtù di rimedi re=: frigeranti, o per evacuazioni troppo copiose ill malato fu indebolito assai, e infranto il vigore; del parosismo precedente. In questo caso Y ac+ cesso secondario è. più mite, e men lungo. Là non attende l orgasmo della materia feb- brile , che scorra il solito spazio al ritorno, quindi innanzi tempo ne nasce la despuma- zione , quì non potendo il sangue cacciar in una volta la materia suddetta, muove un nuo- vo parosismo , onde espellerne le reliquie. Che anzi da queste due contrarie cagioni nasce forse e lo anticipare degli accessi. nella inter+ mittente ordinaria , e regolare, e.il loro ritar- dare ; lo che a vicenda vedesi frequentemente? avvenire in quelle febbri, che scorrono intero il giro di 24 ore. Le intermittenti altre sono di primavera, altre ď autunno; chè quantunque nelle stagioni intermedie ne compajano alcune, e per essere ` meno frequenti, e perchè si possono ridurre alle predette, tutte quindi sotto’ questi due generi le colloco, vernali cioè ed autunnali. Veggonsi Li meni in Febbrajo, in Ago- sto, sebbene talvolta e più presto; e più tardi sovraggiungano giusta la maggiore o minore attitudine dell’aria a produrle, e di qui I es- sere più, o meno epidemiche. Di ciò abbiamo un esempio manifestissimo nelle autunnali del 1661, nel qual anno una donna del mio vici- nato fu presa dal primo parosismo di quariana 57 nello stesso giorno di S. Giovanni. E molti altri intorno a quel tempo furono presi da quelle febbri, che indi si fecero epidemiche . Fortissimo argomento, che fosse in quella co- stituzione una grande attitudine a tali malat- tie, le quali nel progresso dell’anno grande- mente moltiplicate faceano strage . Cotanto necessaria è una simile distinzio- ne nella pratica, che ove tu non vi ponga mente, nè potrai fare pronostico alcuno di loro durata , nè proporre un adattato regime avuto riguardo alla stagione, ed alla natura della malattia. Vera cosa è, le febbri d'ambe le stagioni rassomigliarsi fra loro o risguardi il primo accesso, che incomincia con orrore , vi sussegue il caldo, e il sudore lo scioglie; o risguerdi il tipo; chè erahvi. terzane é in primavera , e in autunno. Pure io sono d’av- viso , che queste febbri sieno essenzialmente diverse . E perchè primamente io dica delle ver- nali convien sapere, essere quelle- quasi tutte o quotidiane, o terzane; e più presto, o più tardi assalcono giusta la varia disposizione della stagione. Perocchè pel freddo dell’inver- no concentrati gli spiriti acquistano forze : al ‘calore della primavera, che sovraggiunge pon- gonsi in movimento, e siccome misti ad umo- ri viscidi,, che. la natura durante l'inverno adunò nella massa del sangue , non così vi- | scidi invero come que’ d’ autunno inspessiti, e torrefatti dal caldo della State, mentre sfor- 58 zansi via fuggire sono ritenuti quasi imprigio= nati; quindi ecco eccitare questa vernale ebul- lizione. In tal modo se appressansi al foco fiaschi ripieni di birra, stati lungo tempo ri- posti o nell’ arena, o in freddo sotterraneo , nasce tosto entro quelli tumulto , e il liquore è pronto a sfuggire. Così il sangue medita la propria depurazione e coll’ ajuto degli spiriti volatili presto vi arriva, tranne vi si opponga forza soverchia di viscidi umori, che ritardano la incominciata fermentazione. Ad onta di ciò raro è, che sia continua la effervescenza di primavera, e sempre rimanga uguale, ma suole infrangersi quasi, e dividersi in varj parosismi. Imperocchè ripieno il sangue di questi spiriti la natura intraprende precipitosamente, la sua operazione, e per accessi particolari che si- mulano perfetto scioglimento secerne certe par- ti di materia morbifica , innanzi di compierne la intera separazione. Ecco ragione che a me non pare inetta, perchè in primavera, spe- cialmente sul fine, poche sieno le febbri conti- nue tranne fosse la costituzione epidemica. O tosto assopisconsi le fermentazioni nate allora,” o s'interrompono, o in fine le parti degli umo- ri più preste alla secrezione innanzi tempo, e con certa forza trasportansi altrove , dal che le angine, le pneumonie , le pleuritidi ed altri malori, che principalmente al volgere di pri- mavera vanno discorrendo . To vidi le intermittenti vernali rare volte assai durare lungamente; sempre le vidi sa- 59 lutari , cosicchè e vecchi, e qualunque perso- na debole, appena credo ne possano perire trat- tati anco da medico imperitissimo purchè pro- bo. Però m'avvenne di vedere terzane ver- nali, che per salassi, e per purganti malamente prescritti, e regime all indole del male non convenevole durarono fino al tempọ che appa- jono le autunnali; e siccome questa stagione è ben contraria loro sull istante le spense. ‘Intanto il malato, e dalla frequenza de’ paro- sismi, e dalla durata sì trovasi sfinito , che sembra ridotto all’ estremo ; nondimeno io os- servai sempre , esserne scampato. Nè presso i convalescenti di tale malattia mi ‘toccò ve- dere que’ gravissimi sintomi, i quali, come si dirà più sotto , sogliono succedere alle lunghe intermittenti autunnali; la mortale infiamma- zione delle tonsille, lo induramento del ven-- „tre, le idropi ec. Ma più d’una volta osservai persone e per diuturnità di male , e per nu- mero di parosismi, oltracciò per reiterdte eva- cuazioni ridotte a somma debolezza, come pri- ma incominciarono a risanare cadere in manìa, la quale per altro andava scemando a misura che ritornavano le forze . Le intermittenti autunnali serbano ben ‘altro tenore. Primo la terzana, benchè negli anni, che non corre epidemica, e sorprende soggetti sanı presto si ritiri, nè sia circondata da altri sintomi che da quelli; 1 quali sogliono vedersi nelle terzane vernali; pure quando epi- ‘demica , ed assalga vecchi , o cachettici non è 60 senza pericolo. Oltracciò dura e due, e tre mesi, e fin anco alla ventura primavera. Le quartane poi sono e più pericolose, e ben più ostinate, mentre attaccando persone di età molta talora anco in pochi parosismi le ucci- dono: allora ‘il malato muore in tempo del freddo , cioè in principio dell'accesso, lo che dicemmo avvenire le più fiate. Che se F uomo non è che sul limitare della vecchiezza, ben- chè non gli sovrasti pari pericolo , nè in pochi parosismi muoja, non è facil cosa scamparla da questa febbre innanzi un anno, e verso quel tempo appunto che la prima volta ne venne sorpreso . Talora anche non vi si'stacca mai e sì lo illanguidisce da ridurlo a morte. La. quartana varia anche il tipo, e genera sintomi assai come lo. scorbuto, l indurimento del ventre, l idrope ec. I giovani la sopportano meglio, e se ne liberano qualche volta intorno al solstizio d'inverno ; più spesso però all equinozio di primavera, od anche al vegnente autunno quando li si sia tratto sangue; e sie- nosi purgati. Spesse volte vidi con istupore teneri bambini sostener questa malattia per sei mesi, nè rimanerne oppressi, ma a guisa ıdi Ercole fanciullo uscirne vincitori. Qui dovrassi avvertire, che di qualunque età, o temperamento sia il malato, ove altra yolta, benchè da rimotissimo tempo, ne sia stato preso, questa seconda fiata non avrà a durare assai; ma dopo pochi parosismi si scio ` glierà per se; lo che voleva essere conosciuto» 61° Rispetto alla cura delle intermittenti vet nali, quantunque credessi sempre, si doves- 3Bero abbandonare a se stesse e nulla fare poi- chè nissuno ch'io sappia, ne rimase mai vit- tima, all opposito chi si studiò cacciarle in ispecie cou evacuanti le rendette più ferme , più ostinate ; pure se l importumta del malato ne astringe potremo in varj modi assalirle , e con. successo favorevole, come la frequente osservazione mi mostrò . Talvolta giovò grandemente l’emetico som- ministrato in tempo ch egli possa operare in- nanzi l'accesso , e sarà meglio quando dopo I emetico, e immediatamente avanti il paro- sismo si dia una mediocre dose di sciroppo diacod., o di qualunque altro narcotico . Àv- venne pure ottenersi guarigione co’ diaforetici, che promossero vieppiù il sudore solito ad apparire sul fine dell'accesso, al qual oggetto si coprirà bene il malato e dovrà sudare’ per quanto le sue forze il comporteranno . Questo metodo riuscì sovente nelle vernali, sovrattutto nelle quotidiane: perocchè gli umori in questa stagioné non essendo crassi molio, la crisi che altre volte sarebbe imperfetta si fa a dovere, cosa che non mai avviene in autunno. Nè fu- rono voti ď azione in alcuni casi i clisteri dati per tre o quattro giorni in tempo dell inter- missione . lo guarii in tal modo delle terzane . Però o che per soverchia cacciata di san- gue, a cui la stagione invita i meno cauti, 0 che per antecedente debolezza del malato que- « "69 i gh spiriti, che dovrebbero operare tosto la depurazione , impoveriti ne sieno meno atti, può avvenire che a fronte di tutti i rimedi durino esse quanto le febbri ď autunno. Ma certamente non è tale l usanza loro; come quelle, le quali o per se cessano, o da. lie- vissimi rimedi facilmente sono vinte. Altrimenti addiviene delle intermittenti au- tunnali; nè è sì agevol cosa cacciarle. Di queste vogliamo ora favellare. Se la costitu- zione sarà epidemica sogliono invadere in Giu- gno avanzato; se non tale, attendono agosto, e il principio di settembre; più rare occorrono ne seguenti mesi. Allorchè esse sboccano in gran folla, si potrà osservare, i loro parosismi _ accadere le più. volte a una stessa ora dell giorno, e prima e dopo venendo propriamente in modo uguale; se non che può essere un cotal ordine disturbato presso alcuni per me- dicamenti presi , 1 quali abbiano forza o d'an- ticipare o di ritardare l’accesso . Osserveremo ancora, nel principio delle intermittenti , sovrattutto epidemiche d’ autun- no, non essere tanto facile distinguere ne’pri- mi giorni il. tipo; poichè assalgono sotto forma di continua, nè per qualche tempo, se non diligentemente considerando, non vi ravvisi che una certa remissione, la quale a poco a poco passa in verace intermittenza, adattandosi a quel tipo proprio della stagione . Risguardo al tipo o sono terzane, o sono quartane ; e certamente le. quartane possonsi 63 a buon dritto denominare verace generazione `d’ autunno. Però sono amendue sì annesse, Si affini, che non di rado cangiansi a vicenda il tipo, almeno per qualche tempo, riassumendo il proprio dappoi. Ma le terzane vernali non è giammai, che vestano il tipo delle quariane, mentre avvi fra loro differenza infinita. Non mi toccò vedere in autunno alcuna quotidiana, tranne diasi nn tal nome alla terzana doppia, ed alla triplice quartana . Intorno all’ origine delle intermittenti au- tunnali io la penso nel modo, che ora ‘breve- mente esporrò. Certamente a guisa de’ vege- tabili, che aumentano o declinano giusta lau- mentare, o il declinare dell’anno, il sangue al nascere di questo si esalta, e l esaltamento ‘cresce in proporzione che l'anno cresce; tocca la più alta cima, quindi declinando il. primo scema esso pure di vigore , e $’ indebolisce ; lo che suol accadere tanto più, ove una ca- gione accidentale vi concorra, come una smo- data perdita di sangue, freddo , tristo cibo, uso intempestivo di bagni, ed altre cose as- sai. Ora il sangue in questo stato di languore che vi potrà fare qualsivoglia costituzione dell’ aria, la quale in questo tempo è epidemica per febbri intermittenti. Ecco tosto l ebolli- mento; e poichè talora il sangue troyasi gran- demente alterato ,, ecco in tal caso. generarsi febbre di cattiva indole, e maligni sintomi, ed erribili. Però accade almeno, che siccome tro- si trova sottoposto alla impressione morbifica,, è 64. ; vasi il sangue sprovveduto assai di spiriti, e dalla precedente state adusto molto, ne è I e- bullizione lentissima , e lungo tempo richiede alla depurazione . | Ma onde apparisca manifesta la difficoltà di curare tali febbri, vogliamo considerare es- sere tra le continue, e le intermittenti di que- sta stagione la principale differenza in ciò, che nell’ une la effervescenza prosegue dal princi- pio al fine senza interruzione, nell altre ha luogo a più fiate, a diversi tempi. In ambe però si eseguisce nello spazio di circa 336 ore; chè nè maggiore, nè minore vuolsene al purga- mento della massa sanguigna, quando $ ab- bandoni la cosa alla natura, nella stessa gui~ sa, che il vino, la birra domandano un dato tempo a depurarsi. Ora quantunque nelle in- termittenti impieghi il sangue talvolta anche sei mesi per un simile oggetto, p. e. nellà quartana : pure a ben calcolare non ne impie- ga più di quello che soglia naturalmente fare nelle continue : imperocchè quattordici giorni naturali sono appunto 336 ore; ed attribuendo cinque ore e mezzo a ciascun parosismo , ec- co propriamente risultare nella quartana il va- lore di quattordici giorni cioè 336 ore. Che se altri opponga, la quartana p. e., e lo stesso voglia intendersi d'ogni intermittente, durare oltre sei mesi rispondo, così pure non di rado avvenire nelle continue, che si protraggono oltre il 14 giorno. Certamente in amendue 1 casi se procureremo sostenere la effervescenza; prin- | - 1,65 principalmente sul fine delle febbri , sicchè ella scorra ordinatamente. compierassi la de- purazione nello -spazio predetto di 336 ore, cioè in quattordici giorni. Ove poi sul fine appunto della febbre,- e con refrigeranti , e con clisteri si arresti l effervescenza, nissuna, | meraviglia che la cosa a lungo si protragga perturbato ordine della natura: poichè il san- gue in certo modo si rilascia onde mal può operare la depurazione. Anzi ciò avviene ta- lora anche spontaneamente ne’ corpi deboli e disfatti; epperò è mestieri de’ cardiaci onde abilitarlo a tale operazione . Ma io voglio, quì si rifletta, ciò che ab- | biamo detto di- sopra intorno alla durata, e | continuità della fermentazione , intendersi sol- | tanto di quelle febbri, le quali acquistarono | una stabile natura . Si dee sapere, esservi al- cune febbri sì continue, sì intermittenti , le quali sono d'un genio ‘incerto e passaggero , enche nelle loro effervescenze non giungono allo stabilito periodo. Di questo genere si an- | noverano quelle che traggono origine da lieve | abuso d'alcuna delle sei. cose non naturali, cibo, bevanda, aria ec. e in tal caso ìi malati guariscono spesse volte it pochissimo tempo . La stessa cosa. avvien ‘del pari qualche volta presso giovani,ripieni di>sengue puro e vigo- | roso: e le febbri loro 'accagionate da certa materia spiritosa; troppo tenue, e volatile ; compiono prestamente la fermentazione, e cor- so celeremente il campo scompajono . Perché Tom. 1. 66 abbia luogo la fermentazione richiedesi in pri» mo luogo, che la materia fermentabile, 0 sans: gue sia, o vino, o qualsivoglia ‘altro. liquore. goda di una tale tenacità , e sia: così viscosoi che valga a ritenere avvolti, imprigionati ghi spiriti in modo che possano muoversì, agitarsi) nella massa del liquore, nella guisa ra un dii presso , colla, quale gli uccelli presi nel Visco gi o le mosche e Je. api nel migle., si MUOVONO 3, si agitano; non- è, però, mai che via volinoa, Per altro dirò di passaggio; non volere cotal! liquori. essere sì tenaci, che soffochino:; che, opprimano gli spiriti, onde ne venga intera» mente impedito ogni moto . | Poste ‘simili fondamenta , la cui base ses. condo quello che a me pare, è non, disprega. gevole ragione , nissuna meraviglia che da me; quel metodo stesso si proponga, il quale:sem». bra il più atto nelle continue a promovere a, dovere la despumazione : ‘perocchè , come di- cemmo , se risguardi il modo çon cui viene espulsa e nelle une , e nelle altre. la materią morbifica, per nulla quelle differiscono da que- ste; in ambe ha luogo l’effervescenza, la quale si compie dietro un certo periodo di tempo. Per altro io non vorrò negare differire le in- termittenti moltissimo | in. ciò che spetta alla specie e alla natura, e dalle continue , e da se stesse a vicenda. Dunque o in osservare dili- entemente il metodo, con cui suole ła natura en da questo male prenderemo indizio , ondo accelerare la fermentazione , e così rens br, dere la salute al malato; 5 penetrando nella stessa causa specifica ‘sì studieremo combat- tere la malattia con rimedi efficaci, e specifici . Dà questi due punti si avranno a prendere le indicazioni. Io talora e'a uno, e all'altro metodo m appigliai, e lo feci, il vo'dire , con somma cura, colla più grande attenzione; però | non mi fu mai possibile ottenere guarigione delle intermittenti autunnali, mercè una qual- che pratica sicura avanti compiessero le loro fermentazioni, comunque molesta cosa riesca a malati V attendere cotanto il risanamento». Che se fra mortali taluno per avventura fosse il quale o con un metodo certo, © con un | rimedio specifico sapesse mon solo troncare if corso di queste intermittenti, ma divellerle | pure da radice, io estimo, lui essere a tatta | ragione stretto far palese al genere umano sì | vantaggioso ritrovato: ove il nieghi è indegno i del nome di buon cittadino e d'uom prudeute ; | perocchè nè è buon cittadino chi volge a pro- prio interesse esclusivo cosa, che arrecherebbe | immenso henèficio all’'universàle, nè prudente | chi se priva delle Divine benedizioni împren= dendo a promuovere la pubblica felicità. GH | onori poi, le ricchezze ‘sono presso l'uom pro- i bo di ben minor pregio, che la sapienza, che la virtù. Mi Quantunque sia difficile vincere di certo le intermittenti autunnali pure addurrò quello A che più mi parve al proposito convenevole . Non senza pericolo grave tu ‘tenterai la. cura | 63 delle intermittenti autunnali co’ purganti, trans: ne in quella guisa, che- ora Mela peggio poscia di molto farai se col salasso: tutto ciò da troppo frequente osservazione emmi noto . Imperocchè le terzane, specialmente se epide- miche . molto, trattate in quest’ultimo modo salvo non guariscano all'istante, anche ne’ sog- getti più robusti, non si possono che dopo assai tempo espugnare. Ne vecchi seguita. alla. longa febbre soventi fiate la morte, della quale non di rado si fa foriera quella terribile in- fiammazione di tonsille di cui parlammo . Ag- giungi affrettare la cacciata di sangue la ve- nata di que’sintomi che dicemmo a accompa- gnare le autunnali nel loro declinare, o tener- le dietro. Nelle. quartane il salasso fa, che persone giovani, le quali altrimenti in sei mesi se ne sarebbero liberate, debbano sostenerla per un anno: e uomini di molta età mentre fra un anno poteano scamparne corrono perl- colo di ben più lunga durata, e in fine cor- rono pericolo soccombervi. Le cose dette sul salasso possono essere facilmente applicate al purganti, se non che non sono questi così per- niciosi eccetto di frequente ripetuti. Le terzane autunnali io le tratto nel mo- do seguente. Posto il malato a letto, e ben coperto promuovo il sudore col somministrar- gli quattro ore innanzi l accesso siero di latte con birra, in cui sieno bollite foglie di salvia; sorto il sudore gli fo tosto prendere due scru- poli di pillole cochie maggiori sciolte in un. 69 ondia della seguente mistura: R. 4g. vitae lib. unam, theriac. Androm. une. tres croc. angl. drac. unam . M. Ciò preso persista sempre in sudare , finchè sieno trascorse alcune ore dal tempo in cui dovea entrare il parosismo „e ben guardi non interrompa il sudore per quelle dejezioni che il catartico può produrre. M av- venne più spesso fugare con’ questo rimedio le terzane, che col sì usitato ‘e volgare cioè la decozione di°genziana, di sommità di centau- tea con poca quantità di senna, e di agarico . TImperochè eccitando quello due moti contrat], il sudore ele dejezionî ottiene lo ‘stesso effet- rto di questo , confondere il processo del pa- ‘rosismo , disturbarlo , con maggiore . efticacia | però, nè con maggiore. pericolo. Certo è, con ‘questo metodo essersi vinte moltissitme terza | ne, nè in questi ‘anni ‘mi venne fatto speri- - | meniarne un migliore.‘ i Nella terzana doppia, che variò di tipo per debolezza del malato o sia da evacuazioni ‘indotta , o‘da ‘altro; si dovrà promuovere il ‘sudore nella stessa guisa, le quattr'ore innan- zi al parosismo, ò col suddetto rimedio, om- mettendone però le pillole cochie; le quali | canmenterebbero la debolezza già accagionata ‘da altri -purganti e favorirebbero vieppiù il ritorno degli accessi; o con qualche altro dia- foretico assai possente che si potrà ripetere al seguente genuino parosismo . Quando abbiavi pe doppj accessi somma debolezza prescrivo il presente elettuario. R. Conserp. Jlor.. borag. «quanto poco corrispondano aivoti'tutti i mes: 0 duglos. an. une. unam ; conserv. anthos. une sem. Cort. citr. condit. nuc, mosch. cond. theriagi androm. an. drac. tres , confect. alcherm. drag: duas. M. f. Opiat. Di che. il malato prenda mattina , e sera la quantità d'una noce, e p soprabberrà sei cucchiai del seguente giul R. Aq. ulmar. et theriacal. stillat. an. une: tres, syrup. Caryophil. unc. unami m. o in vece di quest acqua prescrivo «qualche. acqui «delle più semplici, ‘aggraziata. collo. zuccaro,;; nissun clistere ; brodo\ di pollo, e di; avena ec.. Per ciò che spetta .alla cura delle. quai- tane, niuno io credo esservi .in medicina, me diocremente versato, il quale mon sappia, todi finora conosciuti, onde cancellare quest’ obbrobrio de’ medici, eccetto < la\.corteccia per ruviana. Ed essa pure spesse volte non. ottie-. ne, che tregue anzichè Oiii „ mentre de~ po due o tre settimane ‘ecco ritornarne fiera qual prima, e per qualunque volta. si ‘ripeta il medicamento accade d ordinario, se now dopo lungo tempo poterla espugnare. Puré wi- ferirò ciò che intorno questo metodo ho. co- nosciuto . irs Si dee avvertire primamente di non somi- ministrar la corteccia troppo presto , innanzi voglio dire che da. per se stessa la febbre siasi alquanto affievolita, tranne il grande ab battinrento del malato altrimenti ne’ consigli. Nè dal precoce uso di essa avrassi solo a te- mere ; che rendasi inefficace, e deluda la spe T me del malato; ima héetemerem`, pure dellá šita arrestando: di repente la fermentazione ; per cui il “sangue si sforza depurarsi . Jn se- ‘condo luogo avvéttiremo: mon sottrarre parte nissuna della materia febbrile , 0 con purganti o‘ molto imého con salassi ad oggetto‘ di reri- dere più libera la corteccia nella propria azio- ne; imperocché apperia questa cessi, sarà al- lora in virtù del disordine indotto nell’ econo- mia da simili evacuazioni; chè ritornino più pronti i parosismi . E parmi poscia eziandio ‘n cconvenevole somiministrarla a’ poco a poco elangi dall'accesso di ‘quello; che tentare a ti» solo colpo vincere "un già ‘presente paro- sismo; iniperocchè e si dà più tempo in qire- ito modo al rimedio , bride meglio operi, e si wita qualunque pericolo rispetto al subito , € ntempestivo obice , con cui si ‘sforziamo op- jriniere il già crescente accesso . Per ultimo dosi vorranno essere ripetuté a ‘tali inter- «alli che‘nom'in tatto sia svanita fa virtù della jrecedente: Gori questa frequente ripetizione fnalmente sarà vinta interaniente la mialattia?; ‘e ritornerà là salute» Dalle suddette ragioni lidotto ‘aritepongo a tuîtti gli altri questo me- tdo; un’ oncia di corteccia peruviana si me sa a due once di scirop: di rose rosse; iP ma lito ne prenda mattina e sera ne ‘giorni liberi parosismi la quantità. q uma grossa noce rioscata sino all intera consunzione. Si ripe- teà il rimedio tre. altre'volte interpostovi set pe lò spazio di quattordici giorni « lo, che finora ho veduto rimanersi da. tutte: 2 ' Nè forse potremo con minor frutto usare: della corteccia anco nelle terzàne sì di pri. mavera , che d’ autunno. Ma a parlàr vero, è; senza ostentar arte vana; sedi qualcuna ii queste febbri venga preso o fanciullo, o pers: sona d'età fiorente, egli è il meglio per quel sorta di rimedi, nè consigliar ‘cangiamenti «di. aria, e di: vitto; poichè non vidi ‘mai sorgeré male veruno abbandonando ogni cosa alla na- tura. Quest'è ciò, che soventi molte con :mio stupor grande ebbi ad osservare principalmente presso i fanciulli, dove depuratosi il sangue le febbri spontaneamente. scompativanò; che se al contrario poni in opra un regime troppe severo, 0 sotto pretesto come è costume risolvere ostruzioni, d’ evacuare sumori; ché stanziano nelle prime vie, t induciva purgare o se (cosa di maggior momento ) in una .co- stituzione epidemica traggi sangue, avverrà pro- trarsi grandemente in lungo la febbre e ima lati intanto sarà. che veggansi esposti. a mill sintomi e d assai, pericolosi. | Se però da terzane o quartane d'autunn» sieno prese ; persone di molta età non sob corrono pericolo di lungo male, ma pur anci ne corrono un grave della vita. Qui pertant quando nè .la corteccia, nè altro rimedio vala dee il medico adoperare, onde venga la nē tura ajutata nel compimento del lavoro. In perocchè senza dubbio ne'eorpi sfiniti ove na si sostenga la. fermentazione co cardiaci, e ca 13 un regime corroborante ; come col vino idas- senzio e simili, avverrà d'essere ì malati viep= più infievoliti. -da incerti e. vani paros!ismi, € tanto protrarrà la cosa; finchè al sopraggiun+ gere d'un accesso; più forte:imal potendo la illanguidita matura arrivare all ebullizione, muo- jono. gl infelici nel. tempo» stesso del. freddo . Vecio; che, non. rade volte; sinvide. in} vecchi debilitati.a lungo da purganti }; e talora ividesi pur ,ayvenire nel; principio! de primi parosism:, menire un. vigorosgi cardiaco» di. avrebbe valme- no per, qualche, tempo potuto sostenere». n Scorso, il tempo, richiesto alla depurazione, od anche un, po: prima, sara mestieri, che questi malati, di, avanzata petà, cangino cielos, e ciò farassi meglio passando. arregiom più calde o. almeno. allontanandosi idal paese ove me. vennero assaliti., Certamente ella -è mera vigliosa, la possanza, della miutazione .ditatia in cacciare al tutto. questa malatua. Però innanzi al. tempo. suddetto,,nè . solo mon. è. neeessaria tale. mutazione, ma è. anche; disconvenevole ; perocché -ti trasportassi anco, alla più australe terra;,. di- sangue , che ha, incominciato a fer— mentare dec , necessariamente ‘procedere ‘alla | depurazione . Nulla quivi opererebbe. il'nuovo aere. Cangeremo di cielo pertanto, quando starà per cessare la febbre: p. ei nella quartana, che;.ne \assali d' autunno. muteretno aére? sul principio di febbrajo... Che se. altri o. non vo- glia o non possa ciò eseguire dovrà intorno a questo tempo far uso di qualche- forte rimedio, 74 di cui tale sia il vigore; che quasi a'@i tratti promuova possentemente là” depurazioñe, “e'si puossi pure , lar compia. A ‘dònsimile Oggetti io consiglierei, che si prendésse due ore innanzi l’accesso una: dramma ‘ei mezzo’ di elettmari d'ovo o di ‘triaca d'Andromaco sciolti in dug once d acqua celeste di' acqua vite comune. To ne trassi non infelice. successo ‘sul’ decli nar della mialattia. So. bene ‘per ‘altro, ch somministrati rimedi sì caldi troppo presto!, avviene addoppiarsi la febbre, o perimutarsi im continua , lo che già Galeno’ ebbe osservato’. Si può fare lo stesso pressò i giovani però) con certa cautela; ne fanciulli poi e discon} viene, e vidi, già è molto/tempo , noh ‘andar esente da pericolo . OLZON ie ETE RES | Innanzi di lasciare quest’'argomento vo- gliamo avvertire, le cose da noi dette intorno) la durata delle intermittenti autunnali pile tempo richiesto alla depurazione, volersi in-. tendere solo risguardo a ciò che opera la na-: tura soccorsa dai comuni rimedi. Lungi da me; sempre il disegno di scoraggiare i dotti, e! sagaci medici al ritrovamento di migliori me-. todi , di più efficaci rimedi onde affrettare la. cura di queste malattie ; e sì ne sono ‘lungi , che ned io pure dispero di scoprire io stesso un giorno quello, che tanto desidero. Tolta. la febbre si purgherà diligentemente il malato. Non è da dirsi quanti mali, e di quanta forza traggano origine dal non purgare dietro le feb- bri d'autunno: e fa meraviglia la non curanza | | 5 de medici in ciò; e il nulla avvertire . Ogüi ualvolta 1o vidi attaccate ©- dall una o dall altra febbre persone di età provetta , e vidi a un tempo onimesso il- purgare predissi loro ana qualche malattia pericolosa, la quale men- tre meno sel credessero li ‘avrebbe assaliti . "ORA Vero è ‘poi doversi avvertire non purgare; che vinta pienamente la febbre ; imperocchè quantunque paja; sgombrinsi in cotal modo le prime vie dalleimpurità, che in loro. lar feb- bré adunò ; tosto se ne raccoglieranno ‘di no» velle richiamata Ja febbre idall'impeto del ca= tarticdi, e~ dall agitazione, degli umori 2 così questo avremo guadagnato sche si faràetama- | Jattia -più pertinace . Della squal' cosa» tatto dì | ci si\parano» esempi in coloro»; i quali» giusta | ‘certa teoria che «pone. ogni= speme ii togliere | ostiuzioni, in evacnar l'umore melancomnico creduto fonte d'ogni guai, sono miseramente oppressi da ripeiute purghe;:e' certamente per | Lane iimore vi si tragga; gitta la febbre ra= dici vieppiù profonde‘ e sb farben più ostinata | di quello non fosse ‘per setdapprima?. Laonde eglisè per me sagra cosa non apprestate Ca- tartico innanzi che non solo ‘vegga scomparso del tutto il parosismo, ma.sia affatto svanita pur anco quella: qualunque alterazione che per avventura si può. scorgere ne’ giorni in cui dovea lo stesso parosisnio ‘sopraggiungere. Ol- iracciò lascio scorrere un - mese. ‘Prescrivo quindi ana qualche pozione lenitiva, e la re peto per due o tre mesi una volta la setti- 76 4 mana; aggiungendo però ogni volta all'ora de sonno un paregorico , già compiuta -P opera zione del medicamento, onde troncare ognì via a-novello parosismo .che forse ine coglie rebbe occasione ‘dal tumulto, che sogliono svegliare i catartici benchè mitissimi , “To; pongo un:si ampio spazio fra un pur gante, e l altro, perchè si tolga.ogni tema dii recidiva, potendo essa di leggieri avvenire dall troppo frequente. agitazione del sangue, e de-. gli umori. Spento ogni sospetto si può. dare il seguente apozema . R- Rad. Rhabarb. ‘mo-. nachor. «une. duds , Rad.: asparag., Brusci ,. Petrosel. et Polypod. quer. an. unc. unam , cort: median. fraxin: et Tamarisc. an. unc sem. Sol. agrim. ceterach. et capil. ven. an. m. unum z, sen. mund. unc: unam et sem. irrorat. unc. trib.. vin. alb. Epvthimiunc. sem. Agaric. troch. drac. duas, semin. foenicul. scrup. quatuor cog. in aq. font. ad lib. unam, et sem. sub finem adde suc. aurant. uno. tres. In cotat. dissolv. syrup. cichor. cum Rheo, et masistral.. ad. melancol. uno, unam et sem. f> Apozema. Di questo prenderà ul malato una mezza libbra di mat- tino per tre di, e si ripeterà ogni qualvolta sia uopo è © ‘ pro le . Volendo poi ricordare que sintomi, che sogliono accompagnare le intermittenti nel loro declinare, dessi avvertire ben pochi essere que’ delle vernali, ove si pongano a petto di que’ delle autunnali; e ciò perchè né le prime durano cotanto, nè hanno loro fonte in umori sì grossolani, e maligni . i LA 77 Il primo che ci si para innanzi è. Y idro- je; e tosto gonfiano le gambe, indi il ventre. Nasce l idrope da ciò che il sangue mercè le frequenti fermentazioni cui la lunghezza della malattia generò , avendo perduto assai di spi- riti animali particolarmente nelle persone avan- zate in età, non più è in grado di assimilare. gli alimenti, i cui succhi indigesti ancora, e cru- di depongonsi sulle gambe, e queste distese , nè più ammettendone si, versano nel ventre, ed ecco la verace idrope. Di rado i giov4ni ne vanno affetti; tranne nel decorso della feb- bre uno sconsigliato: uso di purganti la produca . Ma l’idrope da simile cagione è facilmente sanata co’ catartici,, cogli aperitivi, purchè sia recente. Nè mi pesa il vederla , poiché nulla \dispero di guarigione , e ne ‘guarii alcuni coll uso dell’ 'apozema di sopra prescritto senza iù. Pure osservai, indarno tentarsi la guari- i gione dell’idrope nata da intermittenti co'pur- ganti, mentre ancor. vige ‘la febbre stessa ; perocchè questa si farà maggiore, né quella | verrà tolta: aspetteremo dunque, che scom- | paja la febbre, e potremo ‘allora imprendere i francamente il trattamento suddetto. Che se ‘tanto incalzi un tale sintoma, e sì acremente ida non potersene differir la cura, finchè la | fuga della febbre permetta l'uso de’ catartici , | somministra tosto le infusioni di radice di ra- fano rusticano ; delle sommità ‘d’assenzio , di centaurea minore, di bacche di ginepro, di | cenere di genista ec. e sieno fatte nel vino, „8 Esse non solo opporranùñosi all’idrope ridonan=. do al sangue forze, ma soccorreranno eziandi in tempo alla natura già presso a trionfar della malattia. Ma i fanciulli dietro le autunnali o conti nue sieno, o intermittenti fannosi talora etici. Si gonfia il ventre, s'indura; sovente avvi tosse, e avvi sintomi di tabe, i quali mentono) interamente la rachitide. Perciò io consiglio i seguente modo. Si prepari la pozione pur= gante prescritta di sopra sul fine delle conti nue. Di questa il fanciullo ne prenda uno o) due cucchiai più 0 meno giusta. l età per nove) giorni di mattino, intermettendovi al bisognoi uno o' due di. Però vorrà essere la cosa. sì retta diminuendo od aumentando la dose, che? più non abbiansi al giorno di ciuque o sèti dejezioni. Finito il purgare ungasi il ventre? tutto di qualche lenimento aperitivo, €. C10) per qualche giorno. Soglio io servirmi del se~- gueute. R. Ole. lil. et Tamarise. an. une. duasi suc. rad. Bryon. et ap an. unc. unam bub- liant ad succor. consump. addend. Ung. de al-. thaea , et butyr. insulsi an. unc. unam, gum.. ammon. in acet. solut. unc. sem. cer. flap. qe Sı fi linim. i Senza dubbio moltissimi. fanciulli anche realmente rachitici con questo metodo furono. risanati.. | Pure, come abbiamo già avvertito nor. vorremo purgare giammai se non interamente; cacciata le febbre, e ciò per le ragioni di so~ pra arrecate . ie. S ERN 79 Nonat apo cosa. indegna- d’ osservazione ; ome nelle lunghe autunnali, che tormentano fanciulli niuna speranza abbiavi di cacciarle inchè: non incominci a tumefarsi il ventre, in lurarsi sovrattuito verso la milza; imperocchè misura, che ciò avviene la febbre si ritira. Nè avvi forse migliore mezzo di pronosticarne a fuga, quanto l'attenta osservazione sul pri- mo nascere di tale sintoma . Dicasi lo stesso degli enfiamenti di gambe, che veggonsi qual- che volta presso gli adulti. . Il tumore del ventre che ne’ fanciulli sì fa dietro, ‘queste febbri. in quegli anni ne’ quali la costituzione si determina alle intermittenti epidemiche , ferisce il dito di chi tocca non altrimenti. che, se contenessero le viscere una materia scirrosa ; mentre il tumore che pure per intermittenti ha luogo negli anni di non epidemia si presenta ‘come se fosse soltanto una tensione d'ipocondrj per sottoposti flati. Quindi. eccetto gli anni in cui dominano le intermittenti autunnali rare sono le vere ra- chitidi, lo che è cosa da osservarsi. <- LI infiammazione e il dolore delle tonsille sia dopo le continue, sia dopo le intermittenti con difficile deglutizione , e molestia dapprima; indi raucedine , occhi incavati, faccia Ippo- ‘cratica annunciano certa morte imminente tolta interamente ogni speranza di salute. A pro- durre. questo funestissimo sintoma osservai, le più volte contribbire moltissimo le copiose eva- cuazioni in malati già dalla malattia ormai $o denti, che sogliono tener dietro a.a è il metodo di cura, il purgamenti vo dire della materia deposta dalla precedente efferve- ess® Vieppiù inasprisce. Æ una particolare ma- nia di suo genere , che succede talvolta alle» intermittenti di lunghissima durata, principal mente. alle quartane. Vana la comune gl ra di medicare ; e dopo forti evacuazioni gittai il malato «in fatuità, la quale se non con lai vita ha fine..Spesse volte ebbi a maravigliarmii grandemente , come niuno la ricordi, mentre’ non di rado mi ‘avvenne vederla. Le altre: specie consimili si guariscono d’ordinario mer- cè copiose evacuazioni ď ogni genere; questa, | rimane intatta. Che anzi già presso a fuggire: s'arresta, incrudelisce ‘se’ solo prescrivi un, clistere di latte con zuccaro . Ove ti ostini in purgare, in trar sangue ; ne domerai la fero- cia; però il malato, come abbiamo detto, di- b verrà fatuo, 6 più, senza speme veruna di È | guarigione. Lo che non farà meraviglia, quan- | do si consideri, l'altra specie di mania essere i generata da troppo esaltata forza del sangue , questa all’opposito da debolezza, e direi dallo sva- i | 8r i iriti in virtù della þunga fer- Re ERRO brile; d onde inettitudine alle funzioni animali. . Raga i . Ecco ciò che io prescrivo in questa cir- costanza. Prenda il malato tre. volte al giorno n qualche cardiaco de’ più generosi, e a dose arga p. e. la triaca d’andromaco , l elettuario dell’ òvo, la polvere della contessa, la polvere di Rangleigh o simili nell’ acqua epidemica o riacale ec. Possiamo pure adoperare cardiaci in qualsivoglia altra forma . Il vitto sarà mo- derato , ma succolento , la bevanda generosa; on esca il malato di casa, rimanga molto a letto. Dietro un cotal regime avremo stiticità ; ond altri, e per l’uso pure de medicamenti caldi avverrà che tema, non forse riaccendasi a febbre: vano timore , perocchè esausti quasi im tutto gli spiriti dalla malattia precedente mon varranno giammai a produrla. Dopo qual- che settimana a poco a poco procederà meglio la cosa; allora potremo sospendere per pochi giorni i cardiaci. Ma la dieta sussista tale Sempre, e dopo non lungo intervallo si ripren- da l'uso de rimedi, e vi sì duri sino a per- fetta guarigione . | Questo metodo sanò pure talora manie on dipendenti da tali febbri, e ben si com- prende in soggetti di debole temperamento e reddo. E venni nello scorso anno chiamato a Salisbury, onde consultare appunto con un dotto medico, «ed accorto, ed amicissimo mio Dott. Thomas su nobil donna, la cui mi- Tom. 1. 6 80 maginazione era non lievemente sconcertaia ; Co’ predetti rimedi, benchè fosse gravida, ne riuscì ritornarla in salute . Ma la comune mania, che attacca perso-: ne robuste, e pure senza precedere febbre: veruna , è di ben altra indole, epperò da trat-. tarsi in altra guisa, e voglionsi le evacuazioni.. Non è per questo che si debbano ommettere que’ rimedi , i quali corroborano il cervello e gli spiriti animali. Fuor di luogo è il darne» la cura; ma perchè la somiglianza non induc in errore voglio trascorrendo farne cenno . Ne giovani, e di temperamento sanguigno caccisi sangue dal braccio due o tre volte a 8, o ġ once col! intervallo di circa tre. dì: quindi se ne tragga dalla giugulare. Maggiori emissioni conducono il malato anzichè a sa- lute a fatwità. Si prescrivano poi le pillole de duobus, di cui ne prenderà una mezz dramma, o due scrupoli una volta la settiman giusta l'operazione loro, e a giorno fisso, co sicchè se p. e. incomincia in Lunedì sarà ogni lunedì a ciò precisamente destinato , nè più tardi sino a perfetta guarigione. Con quest metodo gli umori, che soleano assalire il cer | vello a poco a. poco avviansi in basso ricevut altra determinazione. Ne’ giorni in cui non sii purga si può usare per tutto il corso dell malattia il seguente elettuario, od altro di pari virtù. R. Corserp. absinth. Roman. Anthos , et theriac. Andr. an. unc. unam conserv. fla ved. aurant. angelic. condit. nuc. mosch. conditi 83 an. unciam sem. cum s. q. Syrup. caryoph. f: elect. Se ne prenda la quantità di una noce moscata due volte al giorno, e vi si bepa presso poco vino delle canarie , in cui siensi infusi a freddo fiori di primavere . La continua, e le intermittenti su de- ‘scritte erano le sole malattie epidemiche do- minanti nella costituzione degli anni 1661, 62, 63, 64. Non so dire a quanti anni indietro s’ estendesse_il loro dominio; so bene però che dal 64 al 77 furono sommamente rare a Londra . cpc | Riwarrebbemi far parola del vajuolo, esa- minare quale fosse rispetto ® quella- data co- Istituzione ; poichè , come già vedemmo, varia \assai giusta la varietà di queste. Ma non iavendolo io allora attentamente esaminato sti- |mo meglio tacerne . Dirò solo in proposito icosa ad esso particolare, che in quegli anni | sul principio di Maggio invadeva con furia, e al sopravvenir delle autunnali solea fuggirne . | Nella sommità delle pustole scorgevi sovente \certe fossette a guisa di teste di piccioli aghi. Nel vajuolo discreto era il maggior pericolo all ottavo dì: allora s’ arrestava repente il su- dore, o il madore, che fino a quel tempo erano apparsi; nissun cardiaco valeva a ri- | chiamarli ; inaridia la cute; eccoti il delirio A | ansietà immensa ; il malato frequente orinava, |e pure scarsissIMo e con istento , e con do- lore; indi a poche ore, perdute le migliori Speranze, moriva . : SEZIONE SECONDA | CAPO 1 Costituzione epidemica degli anni 1665, e 1666) a Londra. E stato freddissimo l'inverno, e un secco, gelo continuò mai sempre sino a primavera j;, quando d'improvviso sciogliendosi, alla fine» di Marzo, e secondo il computo degli Inglesi al principiar dell’emno 1665 ecco tosto la pe-. ripneumonia , le pleuritidi, le angine, ed al»: tre malattie infiammatorie menar grande stra-. ge . Nello stesso tempo alzossi una certa feb-. bre continua epidemica, di genio diversa assaii dalle continue delle precedenti costituzioni ,, delle quali appena allora qualcuna appariva. N dolore di capo era più intenso, più cru; dele lo incitamento al vomito. Nei più la diar- rea, che noi già dicemmo potersi prevenire; con un emelico , qui erane provocata nè ces-. sava la vomiturizione. La cute del pari che. nella precedente costituzione era secca, perà mercè una cacciata di sangne si otteneva su=. dore, onde subitamente lo alleviarsi de’'sintomi ; e in ogni, tempo ciò poteasi fare, mentre nella. febbre degli anni addietro non era sicura cosa tentarlo innanzi al tredicesimo, 0 quattordice» simo giorno; nè era sì lieve riuscirne. Il san» $ 5 gue soventi fiate rassomigliava in colore al sangue de’ pleuritici , e degli affetti da reuma- tismo: non tanto però di quella bianca gelati- tina che là principalmente osserviamo. Quest erano dapprincipio i sintomi diagnostici di tale malattia. In processo dell anno sviluppossi la stessa peste accompagnata da gran numero di sintomi patognomonici, come i carboncelli, buboni ec. Ella di giorno in giorno aumentando intorno all’ equinozio d’ autunno giunse all api- ce di sua forza; e quantunque due terzi al- meno de’ cittadini a fuggire il contagio rico- vrassero in campagna ella potè allora in una sola settimana uccidere da circa otto mille per- | sone. Da quel tempo incominciò a scemare, i.e giunto il freddo era pressochè scomparsa ; | solo quà e la qualcuno assaliva e così stette | tutto l inverno , finchè la vegnente primavera i interamente la dissipò. Pure rimase la feb- | bre, benchè non tanto epidemica per tuito | Fanno seguente, e toccò il principio di pri- | mavera del 1667. Di queste malattie è mio i pensiere or trattare . CAPO IL Febbre pestilenziale , e peste degli anni 1665, 66, . s $ SII, l a b | D: sopra avvertimmo passando, come alcune i febbri vengano comunemente riposte tra lo “ É ‘rente dalle altre aponte di febbri, quantunqpne: 86 maligne , mentre i feroci sintomi cui poggi questa opinione, anzichè dalla natura dell malattia provengono dallo sconvenevole modo di trattarla. Imperocchè allora quando non beni considerata la maniera, con che la natura scioglie l affezione, temerario t appiglii ad al- tro metodo di cura , ecco l economia animale perturbata, ecco tutto sossopra, e la malatti vestire oltre il costume trista forma , ed altr omai divenuta essere accompagnata da irre— golari accidenti, e stranieri. La febbre vera- cemente maligna non è la più comune cos del mondo, come quella la quale è ben diffe per l irregolarità de’ sintomi maligne denomi- nate. Diffatto conviene ella assaissimo colla stessa peste, e solo ne dista per gradi. Laon- de d’ amendue in un medesimo capo vedremo) e l origine, e la cura. SER Che esista nell aria una disposizione , uni temperamento a favorire in diversi tempi di-. verse malattie egli è ben manifesto, quando) si consideri, una stessa malattia assalire ini certi tempi una infinità d' uomini, e farsi epi- demica, mentre altre volte senza più, s' ac- contenta d’ attaccarne solo qualcuno . Il vaJuolo, e la peste della quale favelliamo .il mostrano, ad evidenza. Però che sia cotesta disposizione dell aria,, del pari che altre cose molte su cui la stolta: arroganza de filosofi vaneggia, noi perfetta-. mente ignoriamo. Ad ogni modo dobbiamo 87 giustamente rendere grazie infinite alla clemen- za, e bontà dell altissimo , perchè abbia vo- luto , che le costituzioni producitrici della peste la più perniciosa di tutte le malattie , la più micidiale avvenissero ben più di rado che non quelle producitrici di men funeste malattie . Ond’ è non infestar l’inghilterra che coll inter- vallo di trenta o quarant anni, con furia. al- meno e terribile. Le malattie di sembianza pestifera, che quà e là veggonsi vagare per alcuni anni consecutivi a una grande pesti- lenza, le quali per altro sogliono a poco a poco scemare, e scomparire , debbonsi attri- buire all'aria non interamente depurata, e le diremo avanzi di quella. Per lo che le febbri che vi succedono sogliono essere pestilenti , e benchè prive di alcuni segni della vera peste ne hanno la natura, e vogliono l ugual meto- ido curativo, come vedremo in basso . Ma oltre la costituzione dell’ aria, come cagione generale, gli è mestieri pure , che ve ne sia ‘un’altra particolare, un miasma cioè, un seme o immediatamente e per contatto ri- cevuto, 0 mediatamente trasmesso da un corpo infetto. Ove ciò avvenga in quella data dispo- sizione dell’ aria da piccola scintilla nasce va- stissimo incendio; e cresciuta a dismisura la mortalità, e per l'alito de’ malati , e pe’ ca- daveri degli estinti distendesi spaventosamente il contagio, e sì ne è pieno l aere , che più nè di mezzi, nè di personale contatto abbiso- gna; onde si propaghi; però ciascuno può es- a, ‘serne assalito, benchè ponga ogni cura a guar: 88 i i darsene, solo inspirando tale aere , purchè gli umori del suo corpo sieno atti a ricevere u tale vapore . Quantunque poi questa malattia quand soltanto sporadica assalisca indistintamente im ogni stagione, quando scorre epidemica appare intorno a quella parte dell’anno , che è tra la primavera, e la state. Questo sembra il tempo» più acconcio allo sviluppo. d'un male, che: consiste specialmente nell’ infiammazione. degli! umori come dimostreremo . Per. altro a guisa. d'ogni altra cosa naturale ha il suo incremen-. to, e la sua declinazione. Nasce al tempo ora. detto , cresce al crescere dell’anno, decade al. decadere di questo, e il freddo dell’ inverno induce nell’ aria una disposizione affatto con- traria . Che se le vicende delle stagioni nulla potessero sulla peste, e se il seme pestilen- ziale intatto da mutazioni dell’ aria sì trasmet- tesse sempre dal uno all altro dovrebbe. di necessità essere , che insinuatosi una volta in qualche popolosa città accumulasse morti a a morti, sino a che più non rimanesse contro cui incrudelire. Ora accadde il contrario; e si ebbero in una settimana d’Agosto più migliaja g estinti, e sulla fine di Novembre pochissimi, quasi niuno . Ned io niegherò quello che al- cuni autori asserirono, mostrarsi la peste an- che in altre stagioni ; lo che veramente avvien di rado, ned è allora sì feroce. Intanto so- 3 . 80. spetto: forte non ess@re per se capace una di- sposizione dell’aria. qualunque a suscitare la peste; mai sempre rimanerne m qualche luogo vestigia; e 0 per mezzi, © per la. venuta di un qualche infetto arrecarsi, che poi fassi epi- demica mercè una certa disposizione dell’ aria a ciò favorevole. In altra guisa io non com- prendo onde avvenga, che mentre una città è devastata dalla peste un’ altra ad essa vicina tolta al tutto ogni comunicazione con quella ne «rimanga illesa. Così non ha molti anni cerrea furiosamente la peste quasi tutta Italia, ele cautele , e Ja prudenza del gran Duca le chiusero perfettamente l ingresso in Toscana. .. Il freddo dà principio. quasi sempre alla malattia a guisa che nelle febbri intermittenti; indi. vomito enorme, un dolore verso la re- gione del cuore, come se fosse compressa da ün torchio, febbre ardente co’ suoi corrispon- denti sintomi tormentano. senza posa î malati, finchè o la morte loro sopraggiunga, o la fe- lice comparsa di. un bubone o di una parotide traendo al di fuori la materia morbifica li ca- vano da tanto misera situazione . Raro è che sorprenda senza febbre, subitamente allora ella ‘uccide, e sono nunzj di morte alenne macchie purpuree, le quali appariscono sull uomo, che ancor. non giace. E vuolsi osservare, una sì repentina morte non aver luogo che in prin- cipio di funestissima pestilenza ; o declini, o non sia epidemica ciò non venne mai fatto d'osservare. Talora apparvero anche de’ tu- m uan che ppunto a risvegliar sudore eransi apprestati . erò quanto -fallace sia; e infido questo modo di promuovere ascessi ne fa ampia fede il tri+ Bto esito di chi venne di tal guisa trattato, e Harò moderatissimo, quando dica; solo un ter- zo essere sfuggito al pericolo. Per lo contrario moltissimi di coloro ‘a’quali uscirono gli ascessi in modo lodevole fin ‘dapprincipio quando ` at- endevano ancora alle cose loro e senza detri= mento veruno di funzioni, ricuperarono pre- stissimamente la sanità, salvo quelli i quali per mala ventura cadendo tra le mani di qual- che medicastro, giusta di lui avviso si tennero a letto, benchè ad ogni modo stesser bene, onde muovere sudore ; e allora cominciarono ja star male, e vieppiù ‚sempre peggiorando ]omprovarono morendo la imprudenza del eon- siglio . E. manifesto è poi, essere cosa piena di dubbi, e di pericolo la crisi di questa ma Mattia per.tumori da ciò, che talora quel bu- Tom. x. 7 1 98 bone, il quale già bene cresceva; e con re- missione di. sintomi, vedesi tutta un tratto scomparire , e veggonsi.in luogo suo macchie purpuree indizio certissimo di morte. Sembra doversene appunto attribuire la retrocessione aique’ grandi sudori procurati onde promuo verne: l eruzione, distogliendo essi, ed a tutta la superficie del corpo; rivolgendo: gran parte di quegli umori, che doveano. servire -a ingros: sare, e sostenere il tumore stesso. Comunque sia, ella è certa cosa almeno, che mentre dalla benignità, dell’ altissimo ci :vennero. for- niti de’ mezzi, ong espellere. la. materia mor- Difica in tutte 1 altre -malattie , mella. peste punizione de’ grandi delitti, nissuno ci se. nes offre. se non incérto molto; e incostante . d di quì meglio «forse, che dalla malignità , co- me. dicono , possiamo ripetere la cagione degli eccid} ch'ella- produce. Imperocchéè anche lar tritide , e I altre malattie poco ‘sospette. di malignità , ove succeda che la materia morbi=- fica rientri, genera non: meno sicuramente la morte. Quindi ne sorge che il medico; obbli+ gato altrove a.seguire! passo passo, la naturaj; favorirne le inclinazioni , quì conviene vi ris nunci. La. qual. verità da. pochissimi finora conosciuta.fu cagione; che involasse la peste» ben maggior numero d’uomini, che non avreb= be altrimenti fatto . | 3 Per lo che sì poco sicuro essendo insi- stere sull orme della natura in questa malat=. ta, poniamci a considerare , con qual. arte sl 99 ossa soddisfare alla seconda indicazione pre- Munciata, come assumere, cioè ,, un metodo diverso dal naturale. Doppia a quello che mi are n'è la via, Il emissione di sangue , e i sudori. Ben so la prima. appo i più essere in orrore, ma poco trattenendoci 1 pregiudiz) del volgo esaminiamone con, equità, e con can- dore le ragioni. Primamente io m'appello alla fede de’ medici, i quali.in quest’ ultima, pesti- lenza si prestarono in Londra, e chieggo loro se abbiano giammai osservato, che larghi sa~ lassi, e ripetuti innanzi la comparsa de tumori sieno stati- funesti ai pestifgrati . Certamente la scarsa emissione , e fatta a tumore già ri- levato è nocevole. Nè avvi meraviglia nissuna; imperocchè togliendosi piccola quantità di san- gue tolgonsi le forze -alla natura, intenta alla produzione, di, quel tumore ; nè intanto vi sì sostituisce altro modo bastevolmente efficace), ond evacuare la materia. morbifica . Manifesto il tumore poi nuoce la cacciata.di sangue», perchè aitraendo dalla circonferenza.al centro, e.il moto della natura essendo allora dal cen- tro alla circonferenza, induce un, movimento al tutto opposto. Eppure nulla di. più. comune presso i difensori del contrario. parere, come arrecare il danno del salasso. sì malamente prescritto, quale argomento validissimo «contro l'emissione di sangue in,generale | Così Die- merbroek ed altri. Io però loro non asssento, finchè non vegga, cosa si risponda alla que- Suone sproposta di sopra. 100 Certamente che convenisse il salasso nell pero moltissimi, e gravissimi Scrittori già d ungo tempo, il credettero; e ne sono tr principali udovico Mercato, Giovanni Costeo, Nicolao Massa, Ludovico Septalio , Trincavei Foresto, Mercuriale, Altomaro , Pascalio . Andernach , Pereda, Zacuto Lusitano , Fon seca, ed altri. Però chi tutta collocasse I cura della peste in una copiosa sottrazione di sangue come noi domandiamo, il solo che mi sappia fu Leonardo Botal medico celebratissi— mo del passato secolo, di cui, onde io solo non paja di tale opinione, se ne odano le parole (1). »Io, così egli, a voler dire im La penso , non esservi peste veruna in culi ’ emissione di sangue non possa essere gio-- vevole sovra ogni altro rimedio, purchè ai tempo, e nella convenevole quantità vengat fatta. Ogni qualvolta fu trovata inutile io pen-: so , ciò avvenisse o perchè già troppo tardi ,, o perchè troppo scarsa, o perchè in amendue: le maniere siasi mancato «. E poco dopo s0g=: giunge » Ma in cotanto timore, in sì lieve: sottrazione, come avverrà, che altri possa: rettamente giudicare quanto o giovi o nuoca. nella peste. Imperocchè in una malattia che: richiegga la sottrazione di quattro libbre di sangue ove non se ne tragga che una, se av- viene che l’uomo muoja non muore perchè ez" eee\)])ee eee” (1) Cap. 7. de curatione per yenaesectionem. 101 li fu tratto sangue ; ma perchè non fu tratto ella giusta quantità , e fors’ anco non a tem- o. V’ hanno però sempre degli uomini abba- tanza tristi e codardi, i quali sempre sono ntenti a incolpare, anzichè ciò che nuoce , ello che desiderano iniquamente, venga da tutti biasimato. Che se non è per nequizia, l fanno per ignoranza ; perniciose cose amen- due, ma la prima più assai«. E volendo tutto ciò colla sperienza confermare un po’ più sotto così dice. » Vedute tali cose niuno che sia capace di ragione potrà biasimare la cacciata i sangue in queste malattie; anzi sarà che la commendi grandemente, e la innalzi quasi ri- medio divino, e con tutta la eonfidenza vi si appiglii, come già da quindici anni io fo. Per- ciò nelle pestilenze, che regnarono nell'assedio della Rochelle, e a Mons nell’ Hainaut sono quattro anni, e a Parigi in tutto questo bien- nio, e a Cambrai l’anno ora scorso, nulla trovai di più efficace, di più salutare pe’ miei malati, che erano infiniti, quanto la a e fatta in tempo emissione, di sangue«. Passa quindi agli esempi, che io per brevità voglio ommettere. Piacemi però addurre un fatto avvenuto sono pochi anni in Inghilterra. Egli è raro , e al nostro proposito convenevole . Fra! le calamità, che afflissero misera- mente la nostra patria in tempo della guerra civile. era pur anco la peste. Devastava più luoghi, e portata mel Castello di Dunstar po- sto nella Provincia di Sommerset vi fe’ morire 102 all'improvviso alcuni ‘della guarnigione; e i loro corpi erano sparsi di macchie purpuree : moltissimi altri ne vennero sorpresi. Intanto un certo chirurgo , che. reduce da longhe pe- regrinazioni in lontani paesi) trovavasi ivi sol dato , domandò istantemente al comandante, volesse pur permettergli di soccorrere in sì orribile malattia i suoi commilitoni, e lo avreb- be fatto in modo veramente efficace . P mise : ed egli tosto ai primi insulti del male, e quando non ancora appariva tumore trasse in gran copia il sangue, e fino a che inc minciarono i malati a più non reggersi sull piante ; perocchè essi erano a cielo aperto, in piè stanti, fiè v'era vaso che misurasse È sangue il quale scorreva per terra. Dopo que- sto li inviò alle loro stanze, e quantunqu hissun altro rimedio adoprasse, pure, mera- viglia a dirsi! nissuno fra i moltissimi in cos: tal guisa trattati venne a perire. Queste cose? mi riferì il nobilissimo uomo, e di probitài grande , e di fede il Sig. Francesco Windham} Colonello, e Comandante allora del forte. Eii vive tuttora, e a chi il volesse non dubiteràì confermare la verità del fatto. Intorno a ciò» cosa a me pure avvenisse d’osservare non ina; degna di memoria, lo vedrà il lettore più in basso quando arrecherò le mie osservazioni sull’ ultima pestilenza di Londra . | Ma quantunque io comprenda l utilità di questa pratica e la sperienza me la confermi, pure per varii rispetti sono inclinato a prefe- n°) (0°) 103 erire il metodo di dissipare ia malattia per udori, come quello che nè abbatte cotanto il malato , né pone in pericolo la fama del me- ico. Però “questo ' pure non manca di sue difficoltà . Primamente in molte persone, e in ispecie in giovani di caldo temperamento a fatica si muovono i sudori; e quanto più floro somministri forti medicamenti all’ uopo , le loro indossi più panni onde eccitar traspira- zione, corri più manifesto pericolo di suscitare una frenitide; oppure , ed è più trista cosa, men= tre una vana speranza ti lusinga; vedi com- parire le macchie pestilenziali. Imperocchè es- sendo la sede del male le ‘parti più fine del sangue, per cui più languido, che nell altre infiammazioni si fa il movimento delle parti più grossolane, quelle mercè il nuovo calore aggiunto fortemente irritate, fatto impeto, tutte in fine le fibre ‘già d’ assai distese rompono, e disciolgono. Ecco quindi a mio parere dalla dissoluzione delle fibre sanguigne le macchie suddette . Esse assomigliano ai vibici lasciati da un colpo violento su qualche parte mu- scolosa” del corpo, e prima le vedi d’un color rosso intenso , e dopo breve tempo si fanno livide e nere . _ . Tn secondo luogo ne’ corpi che facilmente induconsi a sudore, ove innanzi tempo t ar- resti, quando cioè non per intero sia dissipata la materia morbosa , i buboni, che incomin- ciavano ad apparire felicemente , o scompa- jono sottratte loro quelle parti che doveano 104 ingrossarli, 0 non mai pervengono a lodevole suppurazione , come vedesi nel vajuolo ogni qualvolta il malato sudi soverchiamente nel primi giorni. Quindi rientrato nuovamente. ill nemico svegliasi nel sangue commozione, d’'on- de sovente quelle macchie indizj di imminente» morte . Ma perchè più» chiaro apparisca come op= porsi a queste e ad altre difficoltà piacemii arrecare fedelmente ciò che feci, ed osservai ai mio modello sul principio dell'ultima pestilenza.. A’ primi dì di Maggio dell’anno 1665; ebbi a visitare una nobil donna di circa ven-: tun anni, di temperamento sanguigno. Oltre. la febbre ardente, che poco tempo innanzi ľ aveva assalita, molestavanla forte il vomiio,, ed altri sintomi febbrili. Diedi cominciamento alla cura con una emissione di sangue; e il dì vegnente ordinai un vomitivo, onde preve- nire quella diarrea, la quale, come già i mo suol avvenire nel declinar della febbre, quando posta a principio propensione al vo- mito si ommetta l emetico. Questo trasse sa- burre assai. Il giorno appresso di mattino, recatomi nuovamente a lei trovai flusso di ventre, e siccome cosa insolita me ne venne non lieve. inquietudine. Quindi giudicai non fosse febbre d’ ordinaria natura , come poscia l evento dimostrò , e che in conseguenza ri- chiedesse metodo di cura- diverso dall’ enun- ciato, che finora per altro avea ottenuto felice successo. Laonde volli meco un altro medico 105 iù vecchio; e siccome Vetà, il temperamento, a disordinata ebullizione del sangue pareva la lomandassero , stabilimmo di comune con- senso una novella cacciata di sangue. Si pre- bcrissero pure de’ cardiaci moderatamente re- frigeranti, più, qualche clistere a giorni alter- hi. Sul fine della malattia , poichè eransi svegliati de’ sintomi irregolari molto, e straor- , dinarj tenuti comunemente indizj di grande alignità , credemmo opportuno somministrar un qualche vigoroso alessifarmaco . Ma ogni osa fu vana, e la infelice intorno al quattor- dicesimo giorno morì. Il carattere di questa febbre non ordinario per qualche giorno mi liormentò l'animo ‘assai, e diversamente. Ju fine richiamando alla memoria, come anche idopo la ripetuta emissione persistesse gran- dissimo il calore, e vi fosse rossore di guan- ice, e un po prima innanzi morte mandas- ise dalle nari qualche goccia di sangue; e \considerando oltracciò che il sangue tratto \assomigliavasi a quello de’ pleuritici, che eravi poca tosse, e certi oscuri. dolori apparivano jal petto; più, essere quel tempo ira prima- vera ed estate, tempo poco acconcio alle con- \tinue , che per se stesse cedono , e pongonsi \tra le intermittenti, o prestamente volgonsi in pleuritidi, e in altre infiammazioni; finalmente considerando regnare appunto allora epidemi- \che le pleuritidi : tali cose tutte ben ponderate stabilii che questa febbre, benchè priva de segni patognomonici di pleuritide , o di peri- 106 pneumonia , fosse un sintoma di certa inliam+ mazione al petto, quantunque nè dolore vii avesse a lato, nè insigne difficoltà di respiro. Credetti insomma che una simile malattia nom doveva essere trattata altrimenti che con quel metodo già da me spesse ‘volte adoprato nellai pleuritide . Questo vidi poscia felicemente av- verato ; imperocchè dopo poco tempo guarili colle ripetute emissioni di sangue un uomo preso da in tutto simile malattia. E sul fine di Maggio, e sullo incominciar di Giugno molte persone malate nella stessa guisa, chè già tale febbre regnava grandemente epidemi ca, furono da me nella stessa guisa risanate .. Allora ebbe principio appunto quella terribile» pestilenza, e furibonda tanto che in soli sette» dì in questa sola città giunse ad uccidere al- trettante migliaja di persone. > La febbre di che ora parlava io non os dire se meriti il nome di peste; so di certo) però, che tutti quelli del mio vicinato, i quali e allora, e dappoi furono presi dalla verai peste con tutto l'apparato de’suoi sintomi par: ticolari ebbero e nel principio e nel decorso» della malattia gli stessi accidenti. Ma sovra-; stando a me pure i. pericolo , finalmente per consiglio degli amici mi posi tra i numerosis— simi fuggenti, e trasportai la mia famiglia lungi alcune leghe dalla città. Però feci ritorno mentre ancor tanto infieriva il terribile conta- gio, che per scarsezza di migliori medici honi potè non essere, che foss'io chiamato in ajuto 107 e pestiferati. E tosto vidi infinità di malati ; conobbi con mio sommo stupore essere una al febbre similissima a quella ; che aveva im- anzi partire sì felicemente trattata . Quindi onfidando nella propria sperienza , ed essa an- eposta a tutti i.voti precetti non temetti si- ilmente prescrivere l emissione di sangue . Maraviglioso era il vantaggio da un cotal etodo , aggiungendo ai copiosi salassi le t- ane e la dieta refrigerante; e così; continual nchè per ostinatezza degli astanti, che occu- ati. da vani pregiudizj) non soffrivano, «che i togliesse la richiesta quantità di sangue al- uni malati perirono. Certo:o non si»\doveva ffatto; o si doveva trarne sufficientemente . uindi veduto l’insigne obice; che opponevasi å miei tentativi stimai, fosse per essere oppor- tunissimo il ritrovamento d’ un altro metodo. To voglio arrecare un esempio di. tristo- suc- cesso , che ebbe luogo non perchè tolsi san- gue, ma perchè impedito non ne. tolsi quanto voleva. Un giovane’ di temperamento? sangui- gno , di vigore atletico già da due giorni era stato preso da febbre veemente con dolore di capo e vertigine, con vomito enorme ed altri ‘sintomi di tal genere. Non v'era segno ve- runo di tumore, e tosto. ordinai che larga- mente si traesse sangue , e il sangue era.a guisa di pleuritico. Avea prescritto oltracciò delle tisane, de’ brodi, de’ giùlebbi, ogni cosa refrigerante . Dopo mezzodì si rinnovò lemis- sione, e sul fare del dì vegnente la sigripetè . 108 Il riveggo la sera; stava egli assai meglio si però gli amici suoi ostinatamente ricusavanol ulteriore sangue. Io mi sforzai mostrarne loro») la necessità, aggiugnendo , un novello salasso» poter trarre appieno da pericolo il malato,, nulla essersi fatto arrestandosi , anzi sorgerne? danno , perocchè gli era miglior partito in tal caso, che si fossimo appigliati dappria alla cura per sudore, e ne annunciava certissima! morte. Avverossi il presagio; e mentre così sì. contendeva si perdè tempo, e apparvero il! giorno appresso le macchie purpuree. Certo, gli avanzi della materia nociva che conveniva; per intero evacuare, tolta mercè le ripetute: emissioni la speranza d'un ascesso, perver- tirono colla dimora tutta la massa del sangue , ne slegarono l unione , il malato in fra poche ore morì. Troppo frequenti incontrando cotali ostacoli, e dolendomene assai, cominciai meco a meditare, se fosse possibile rinvenire un modo , che cacciando non meno efficacemente la malattia, non offendesse insieme l'opinione degli uomini. La cosa lungamente ponderata m incontrai in fine nel seguente metodo che mai sempre mi riuscì . Innanzi iutto se non ancora sporgeva il tumore facea trarre moderatamente sangue , giusta le forze, e il temperamento de’ malati ; lo che facilitava soprammodo la promozione del sudore; mentre in altra guisa eranvi ta- lora difficoltà grandissime non solo, ma mi- nacce di maggior incendio , e- pericolo quindi 109 elle mortali macchie purpuree; e questa per- lita di sangue , la quale ancorachè lievissima wrebbe in altra circostanza arrecato gravissimo anno nou ne arrecava mnissuno chè stosto i opravvegnenti sudori abbondantemente com- ensavano ogni cosa, Dopo il salasso che si faceva a letto, tutto essendo già in pronto ad eccitar la diaforesi, tosto senza interporre in- | dugio si copriva bene il malato ; voleva , gli si avvolgesse intorno al capo una stofa di lana che mirabilmente, e più di quello che altri non possa credere serve ad eccitare sudore . Quindi ove non vi fosse vomito prescriveva come segue, o simili cose. R. Theriac. An- drom. drac. sem. Elect, de ovo scrup. unum , pulv. e chel. cancr. comp. gr. duodecim, cochi- nel. gr. octo , croc. gr. quatuor, cum S. G. suc. kerm. f. bol. Ne prenda uno ogni sei ore, e vi beva presso sei cucchiai del Giulebbe, che segue. R. Ag. card. benedict. et scord. comp. an. unt. tres, aq. theriac. still. une. duas , sy- rup. Caryoph. unc. nuam. M. Che se vi era vomito, come avviené spes- so nella peste, e nelle febbri pestilenziali io differiva ad apprestare il sudorifero, finchè colla semplice consueta copertura il malato incominciasse a sudare. E vuolsi osservare come inviandosi le particelle della materia mor- bifica alla superficie del corpo tosto arrestansi e le scariche alvine, e il vomito; perocchè dalla dimora di quelle nello stomaco , e nell’ intestina provenivano . Cosicchè sia pure per ‘ forti si aveva svegli tranguggiatò,, ma invano, ITO lo innanzi violentissima la inversione del ven tricolo,., si riterranno i medicamenti, dappoich promuoveranpo. grandemente il sudore. Mi. ricordo che chiamato da uno Speziale:|f onde soccorressi. a un suo fratello , giacent per grave febbre pestilenziale , e favellando i di sudoriferi mi disse che già:e molti, e de’ pi chè tutto col vomito andava perduto. Soggiunsì allora, ch'ei mi volesse recare anche vil, più ingrato. di que’ sudoriferi promettendo far . sì che non. più il vomitasse ; L'evento il com- provò, perocchè appena il malato cominciò sudare, e nulla più che qual soleva coperto, data una ben larga dose di triaca. veneta l ritenne. Mercè questa; mossa. grandemente l traspirazione , guari: Ma.a ritornare al proposito, sosteneva l incominciata diaforesi. pel ‘corso di 24. ore. somministrando tratto tratto: 0 un miscuglio di latte ‘e birra, incui avesse sbollito salvia í birra in cui si fosse ‘infuso poco macis. Proi- biva affatto «qualunque pulitura; anzi non per metteva si cangiasse camiscia che 24 ore, dopo) finiti i sudori ; lo che «vuol essere scrupolosa— mente osservato. Che se si limita a più breve tempo la cosa ecco tosto inasprir i sintomi ,, e la salute del malato che più lunga evacua- zione avrebbe posto in sicuro sì trova in. in certezze: assal. E di.vero che: non posso abbastanza me- ravigliarmi di Diemerbroechio , e di altri ché As LITI er un sì lieve pretesto ; come quello di so- tenere le forze s'inducono ad interrompere il udore + Imperocchè, nissuno, comechè pochis- fimo versato nella: cura della peste , ignora trovarsi i. malati in; tale tempo più vigorosi, she mai. Io nom temerò di manifestare , ed nche di ‘sostenere; quello che in ‘proposito la erienza :m’ insegnò: Molte» persone ; le quali aveva, io condannate a un sudore di 24 ore ben lungi. dal lagnarsi «quindi: di: debolezza , onfessavano acquistare vieppiù forza in ra= ione della quantità: dell’ umore superfluo. che sciva.. Sovente poi dopo ‘alcune ore vidi ri- petersi per se abbondantissima diaforesi, mag- giore della prima, ‘e naturale, e genuina, e di ben maggiore sollievo , sicchè pareva vera mente critica, e quella che sradicasse in tutto il malore. Nè veggo quale: incomodo seco tragga confortare il malato nel forte del su- dore con brodi od altro ; onde cade l'oBbbie- zione dell'insufficienza di forze ‘a sostenere una lunga simile evacuazione. Perciò ove si vegga sul fine sovrastrare svenimento, permetto ‘tm po di brodo di pollo, un torlo Œ’ ovo o simili cose, che insieme a’ cardiaci, ed. alle bevande destinate a sostener il sudore soccorrono be- nissimo al mancar delle forze. Ma su ciò non è mestieri più dire ,°-e dimostrano Y utilità di questa pratica 1 malati, che quando più colano di sudore s’estimano»esenti d'ogni male, e ciò pure sembra agli astanti. Appena il corpo in- comincia a inavidire; e interrompersi il sudore ¿# l]a diaforesi e senza indugio veruno , la quale 112 ecco tutto precipitare in peggio, chè fa ritorno ogni guai . = Per lo spazio di 24 ore dalla cessata dia foresi voglio, si eviti cautamente il freddo , si è lascii asciugare per se sul proprio corpo la camiscia , si beva tutto un po’ caldo , si con- tinui nell uso della bevanda suddetta. Al di vegnente prescrivo un catartico comune , ‘cioè un infus. di tamarind.,* di fogl. di senna $ di. rabarb. con manna e scirop. solutivo. In co- tal guisa l’anno consecutivo. alla peste potei ritornare la salute a moltissimi presi dalla feb- bre pestilenziale ; sicchè nè uno pure ebbe a- morirne . Ma dove fosse apparso il tumore non osa- va giammai cacciar sangue, e ciò anche in uelli che meno pareano disposti a sudare. F'enicni, non la materia morbifica rientrando ne vasi voti, subitamente producesse morte. Ciò nulla meno potrebbesi forse qui pure far uso del salasso, quando tosto si promovesse protratta così come dicemmo può dissipare a poco a poco la mole tutta del tumore; minore d'assai sarebbe il pericolo di quello che l' at- tenderne la suppurazione, incerta cosa sempre e fallace in tanto rapida malattia . Ma poniam fine: se rispetto alla teoria avvenisse ingannarmi, mel perdoni il lettore ; rispetto alla pratica però dico francamente, nulla aver avanzato , che non fosse tratto dal vero, nulla aver proposto, che non fosse con esat- 113 sattezza. esplorato. Certamente, allorchè man- herammi questa vita mortale, lieta la mia oscienza attesterà , come con pari fede e di- igenza io procurava la salute ugualmente di utti, fosse qualunque la loro condizione. Nis- uno io ne trattai altrimenti da quello che vrei voluto , si fosse trattato me. Nè ciò olo, ma intesi sempre a far sì, che se puossi, rimanga dopo me un metodo di guarigione iù certo; perocchè io sempre fui di tal pen- iero che qualunque scoperta in quest'arte, enchè di poco momento, debba assai più stimarsi, di tutta la pompa delle sottili teo- ie, e delle vane ipotesi, le quali non forse, l medico più giovano a debellare le malattie di quello sia per giovare a un architetto onde costruire una casa la eccellenza nella musica. Ma perchè non avvenga, che altri o male interpreti il mio pensiero o nol comprenda, ho in animo di aggiungere poche altre parole. 'Nominai spesse fiate natura , e ad essa attri- uii var) effetti come a cosa singolare e se- parata, ma diffusa dovunque per tutto lubi- verso, a senno della quale tutto si reggesse , giusta appunto i pensamenti d’ alcuni filosofi sull anima del mondo. In quanto a me però, che come nelle cose, non affetto novità veru- na nelle parole ritenni questo antico nome, e 1 adoprai , se non m'inganno, nel senso dai ‘più saggi adoprato. Imperocchè io intendo esprimere così un certo complesso di cause naturali, le quali comechè brute, e prive d'in- Tom. 1. 114 ielligenza sono condotte con sommo consiglia. nelle loro operazioni, ne’ loro effetti. Colui | che ogni cosa fece; dal cui cenno ogni cosa. dipende mercè la infinita sua sapienza le dis+ pose ìn guisa, che nulla fanno se non com. ordine fisso e costante; nulla intraprendono se non ottimo , nulla che sia men convenevole al bene dell'universo, ed alla propria loro na- § tura. Però a guisa d’ automi non per se, ma. giusta la volontà dell'artefice Supremo si muo~ yono , ? ; t SEZIONE TERZA CAPO LI. - Costituzione epidemica degli annî 1667, 1668 e parte del 1669 a Londra . ti F, 9 wa i L anno 1667 verso lequinozio di primavera il vajuolo, il quale durante la precedente co~ stituzione pestilenziale, o pienamente ascoso era stato, o rarissime volte era apparso inco- minciò. a farsi grande, e già di giorno in. giorno crescendo divenne in autunno somma- men'e epidemico, Indi a poco a poco scemate | ‘sue forze al venir dell'inverno rallentò, e-riap-, parve vigoroso, e rinnovellato alla seguente primavera , e durò finchè novellamente l ins verno come per lo innanzi linfranse. Ma all 115 sorger della terza primavera ecco per la terza olta riapparire: era per altro già meno forte, e meno s’estendeva: in Agosto del 1669 inte- ramente scomparve; chè diè luogo ad una dissenteria epidemica. Sul volgere del secondo anno assali il vajuolo a Londra un cotanto numero di persone quale non mi ricordo, nè prima, nè dopo ď ayer giammai veduto mag- giore ; però siccome schietto, e benigno ri- spetio al grandissimo numero di malati pochi uccise. . «Allora quando primamente mostrossi il vajuolo, ebbe principio pure un certo genere di febbre, che tranne l eruzione e ciò che ne dipende, moltissimo al vajuolo assomigliava. Di essa faremo particolare menzione in segui- to. Tale febbre benchè rispetto al vajuolo po- chissimi sorprendesse, ebbe durata quanto esso, però in inverno quando questo diminuiva ella \rinvigori, e gli cedè dominazione in primavera ; ‘e così sempre fece; pure non mai del tutto ‘cessò , finchè nell’ agosto del 1669 insieme al ‘vajuolo affatto dissipossi . i î Queste due malattie epidemiche venivano ‘accompagnate da una terza, cioè da una diar- Tea, sovrattutto nell’ ultima state, e mentre già inchinava la costituzione alla dissenteria . Che che ne fosse ciò almeno si sapeva, essa tanto assomigliare alla febbre di que’ dì, che sembrava nissun’ altra cosa essere che quella retroceduta alle intestina . Di tutte ire queste malattie , che sole in 116 ‘simile costituzione otteneano giustamente il nome di epidemiche io tratterò in particolare, dando incominciamento dal vajuolo. Di lui favelletò un po più a lungo; perocchè regnan- do egli allora più che in altro tempo genui- no, e regolare, come quello che presentava in tutti uguali fenomeni e tutti con pari sin- tomi assaliva, sarà che da lui come in suo genere perfettissimo e si tragga la vera istoria del male e si tragga pur anco il rispettivo metodo di cura, Poichè vuolsi avvertire, come non solo a una certa particolare costituzione una propria particolare febbre s'aspetta, ma vi s aspetta pure un particolare genere di va- . isa in quella data serie di anni sempre ugua- e ; mentre negli anni consecutivi vi avrà can- giamento, qualunque rassomiglianza si possa per avventura ravvisare in “yirtù di certi feno- meni a tutte le specie comuni. Così scherza la natura in generare le malattie. epidemiche . Ma ritorniamo alla cosa; descriverò innanzi tutto la storia d'un tale vajuolo, cui siami ermesso chiamar regolare, onde distinguerlo dall anomalo degli anni che seguitarono; quin- di aggiugnerò quel metodo che maggiormente | mi riuscì. 117 CAPO IL Vajuolo regolare degli anni 1667, 68, | e di parte del 1669. Í vajuolo negli anni ne quali regna epide- mico se regolare, e mite, ha principio intorno all’ equinozio di primavera , lochè appunto av- venne del presente; se irregolare, e pericoloso , assai volte apparisce più presto come in Gen- najo. Egli infetta intere famiglie, nissuno ri- sparmiando di qualunque età pur sia, tranne già altra volta ne fosse stato. preso; però non ne vanno esenti coloro, che ebbero il falso genere differente affatto da questo . Due spe- cie avvìi di vajuolo, e sia esso di qualunque an- ‘ino, distinto, cioè, e confluente. In essenza |F uno e l’altro uguale ; distinguesi però facil- mente il secondo per alcuni sintomi, che non accompagnano il primo . Il vajuolo distinto o discreto invade con freddo ; vi succede inten- sissimo calore, e dolore poscia di capo vee- mente, e di dorso, tendenza al vomito, gran- de propensione a’sudori, lo che solo intendasi degli adulti non avendo giammai osservato ne’ \ bambini una tale disposizione o prima o dopo anche l’ eruzione delle pustole. Avvi un senso di dolore allo scrobicolo del cuore quando lo si preme; stupore eziandio,, e sonnolenza so- vrattutto ne bambini, e qualche volta parosi- l | l j | | sd PISA smi epilettici. Ove questi avvengano in fan? È ciulli, che già compierono la dentizione so î spetto io tosto l apparizione del vajuolo , a infra poche ore ecco il miò pronostico confer- mato, ch’ ei non tarda guari ad uscire. In tal modo se p. e. accade I insulto epilettico sulla. sera, come per lo più suole, al vegnente mat- tino mostrerassi il vajuolo, e ciò che spessis- sime volte mi venne fatto di vedere, se mo- strasi tosto dopo tale parosismo, manda grosse. pustole, ed è mite e di buona indole, e ben. di rado confluente . Questi sono d’ ordinario i. sintomi che accompagnano dapprincipio simile malattia e'che comunemente precedono l eru- zione delle pustole.. Vogliamo però ricordare come presso persone di sangue debole e lasso, avviene talora. compiersi insensibilmente, ed a gradi il periodo della separazione senza gran. fatto di molestia sino all espulsione della ma- teria morbifica, che ha luogo coll ùscita delle. pustole . ) ! `i Escono le pustole nel vajuolo discreto d’ ordinario al quarto di inclusovi il primo dell’, invasione ; talora un po più tardi; rarissimo innanzi. Allora o diminuiscono d’ assai i sin- tomi, come suol essere le più volte, od anco. intieramente scompajono, quindi il malato tro- vasi bene, se non che negli adulti v'ha il su-. dore , che ad ogni modo mal si ‘saprebbe al- lontanare, quantunque lievissimamente coperti ; nè cede una simile disposizione che giunte le pustole a maturità, e ciò avviene spontanea- \ x ni | Stig mente. L'eruzione compiesi per jo più in ques sto modo : la faccia prima di tutto, o il collo anche , e il petto veggonsi qua e là sparsi di pustole rossiccie, che uguagliano in grandezza la punta di aghi tenuissimi; quindi n'è pieno il corpo tutto : sovraggiunge dolore alle fauci, che insieme alle pustole aumenta, ed elleno di giorno in giorno crescendo, ed elevardosi ar- rossano la cute, e le carni vicine, le infiammano. Circa all'ottavo giorno. gli intervalli tra le | pustole, che prima biancheggiavano in ragione i del numero di queste incominciano ad arros- sare e tumefarsi, e v'ha dolore tensivo , `e lancinante, ed' ecco apparire la infiammazione . In processo di tempo empionsi talvolta le pal pebre cotanto, e sì gonfiano ; che wè tolta la luce al malato ; hè male somiglia un tale tu- more a una vescica gonfia, e risplendente che vi fosse distesa sopra.’ Non è raro che ciò | avvenga anche prima ‘quando cioè fino dap- | principio sieno ivi uscite pustole in grande ‘quantità. Tosto dopo la ‘faccia ‘intumidiscono ‘le mani estendonsi le dita, e più o meno giu- sta il numero delle pustole stesse. Sino al suddetto giorno le pustole del viso non appa- riscono scabre al tatto, € sono rosse; in se- guito si fanno aspre, e bianchiccie , indizio primo d’ incominciante suppurazione ; oltracciò mandano a poco a poco un certo liquore giallo in ciò somiglievole al favo delle api. Intanto la infiammazione della faccia, e delle mani giunge al colmo , e gli interstizj tra pustola; 120 i e pustola sono tinti d'un floridissimo. color» rosso come di rosa damascena. E certamente» quanto più mite, e genuino è il vajuolo tanto; e le pustole stesse, e gli interstizj tra quelle: esprimono al vivo un simile colore. Mentre però le pustole della faccia si fanno sempre più. aspre, e gialle.in ragione di loro... rità. quelle delle mani e di tutto il corpo le d tano al contrario meno , e s'imbiancano .. L’ undecimo giorno e il tamore della fac- cia, e l'infiammazione scemano manifestamen- te; e inaridiscono e cadono le pustole, e di quella e del corpo iutto giunte a piena matu- rità, e a loro grandezza, che in, questi anni non era maggiore di un mediocre pisello ; nel decimo quarto o decimo quinto tutte comune- mente scompajono. Nondimeno quelle delle. mani sogliono essere più pertinaci; recenti ancora e bianchiccie indugiano uno o due di; queste oltracciò scompajono rompendosi, men- tre e nella faccia, e in tutto il resto del corpo si desquamano . Alle pustole del viso tengono dietro squame furfuracee, che talora lasciano fossette nella cute. Al primo cader delle pu- stole nou si scorge nella cute alcuna inugua- | glianza, ma al sorgere, e al cadere. a vicenda di tali furfure si scavano tai fossette, le quali rimangono spesse volte lungo tempo ne con- valescenti di questa malattia. Raro è però” assai che il vajuolo discreto lasciasse di se ; vestigio veruno, e se ebbe luogo fu solo in coloro che ne furono presi negli ultimi ser. 121 mesi. dell'anno s All opposito il confluente co- imme diremo ne lascia mai sempre . In tutto il ‘corso della malattia o nissune scariche. hanno luogo o pochissime . Ciò detto sia del vajuolo ‘discreto . agro i n Quella specie di vajuolo che abbiamo chia- mato confluente; Se ne traggi la violenza mag- | giore ha suoi sintomi uguali a’ sintomi del di- i Screto : la febbre voglio dire, V'ansietà ,. la | vomiturizione ec. tutto è più atroce. Cotali segni anche ‘innanzi l’ eruzione sanno indicare | al medico sagace Y indole della malattia. Nul- | lameno non sì pronti sopravvengono i sudori ‘come ‘nel discreto, dove quella sì grande in- | clinazione alla diaforesi tosto ci annuncia an- che innanzi l'eruzione, che debba essere: qui la precede talora la diarrea e continua uno 0 | (due dì dopo essa: la qual cosa non mi venne ‘mai veduta nella specie di sopra descritta . | Le. più volte si fa l eruzione al terzo di, non si spesso’ innanzi, appena talora dopo : il | discreto. noi il vedemmo apparire al quarto dall’ invasione, o dopo, sommamente raro ‘avanti. Quanto più precorre il quarto giorno tanto più sarà confluente . Ma quantunque ge- | meralmente non aspetti il.confluente una tale | giornata, avviene pure per un qualche atroce sintoma differir l'eruzione fino alla quarta , ed anche alla quinta : p. e. ove siavi un acutissi- mo dolore o. ai lombi a mentire una colica neftitica, o a un lato a guisa di pleuritide , o agli arti come nel reumatismo ; 0 finalmente 122 al ventricolo con infinita ansietà, con vomito enorme . In simili *casi comechéè non comune || cosa; vidi più tardi del consueto uscire il va= | juolo impedito dalla violenza di sì crudeli sin- tomi, e quand'io li scorgo tosto riconosco ‘doverne seguire tale malattia , e del (genere confluente, e non esente da perio Però, come. dicemmo , all uscire ‘delle pustole cedono tosto nel discreto que’ sintomi, che apparivano all'invasione ; nel confluente la cosa avviene in ben altra guisa; perocchè ela febbre, e gli altri sintomi si protraggono ben molti giorni più in là. ji e, -Il vajuolo confluente assomiglia nel primo uscire or alla resipola, or al morbillo, nè può essere distinto che da un medico in simili ma- lattie sperimentato d’assai; ciò almeno in quan- to all’ esteriore; poichè ove si ponga mente al non uguale tempo dell eruzione, e all’ altre circostanze ben differenti nelle differenti ma- lattie certo non sarà la sì difficile cosa ravvi- sarlo. Cresce il male nè veggonsi le pustole ad elevarsi come nel discreto , quelle sovrat- tutto che occupano la faccia: però le une sì stanno presso alle altre, che rassembrano dap- principio una vescica rossa, la quale copra tutto il volto; questo d'altronde si tumefà più resto che nel discreto: in seguito. vestono F appaneaia i una pellicola bianca attaccata al volto, nè gran fatta s'innalzano sulla superficie della cute. Dopo l'ottavo dì la bianca pellicola si fa a poco a poco sempre più aspra ‘al tatto p api n 123 e s’ abbruna; nè ingiallisce come nel discreto: in fine cade a larghe squame, lo che in alcune parti della faccia ne’casi più violenti non suole avvenire; che dopo il vigesimo giorno. Quanto più atroce era il vajuolo tanto le pustole ma- turando assumono il color fosco, e tanto più lente ne partono; come al contrario ove meno sieno ‘confluenti, e più ingialliscono, e più presto scompajono. Questa pellicola o scabie come prima sia caduta non lascia súl viso scabrezza nissuna, ma tosto le succedono al- cune squame furfiracee sommamente corrosi- ve, le quali non solo scavano fosse più pro- ` fonde che nel discreto, ma deformano brutta- mente la faccia con cicatrici; e quando la malattia sia stata gravissima spogliansi e, gli omeri, e il ‘dorso della cuticola lasciando a nudo le parti sottoposte . . E vuolsi poscia considerare, il solo nu- mero - delle pustole che occupano la faccia determinare la grandezza della malattia; pe- rocchè e potrebber essere nel restante del corpo pochissime , come nel discreto, che ri- piena la faccia corre il malato del pari gra- > vissimo pericolo ; e potrebber essere numero- sissime negli arti, nel tronco, che meno carca quella n'è il pericolo grandemente minore. Dicasi lo stesso dell’ indole; il volto tosto ne ‘annuncia se di trista o di benigna. Nel va- juolo confluente osservai sempre essere le pu- stole nelle mani, e ne piedi più grandi che altrove; e via via farsi più picciole ,-e più N e 7 MR‘MSS ZM”MZ TMOoN 124 contratte dirigendosi al tronco. Tali cose ho stimato addurre sulle pustole . Ma due altri sintomi, nè di minor rilievo - delle pustole stesse, e del tumore , o d altro voglionsi annoverare nel vajuolo confluente: la salivazione negli adulti, la diarrea ne bambini. La prima ella è sì costante che una sola per- sona io vidi andarne esente: la seconda è me- no certa. Che poi la provvida natura abbia voluto con tali evacuazioni procurare la intera espulsione della materia morbifica la quale mal saprebbe compiersi per mezzo di pustole sì picciole , sì basse io nol vo decidere , mentre scrivo soltanto una storia, nè sciolgo proble- mi. So di certo però, che non solo il più delle volte accompagnano questa specie di va- juolo, ma ne sono anco necessarie quanto . le pustole, o l'intumescenza del viso e delle mani. La salivazione ora mostrasi tosto allo in- cominciar dell’ eruzione, ora non viene che uno o due dì dopo. Esce dapprincipio una materia tenue, e per qualche tempo con facilità, ed abbondanza; nè un cotale ftialismo differisce di molto da quello indotto dal mercurio tranne il non avere sì tristo odore. All undecimo giorno fattà la saliva più viscida esce con dif- ficoltà ; il malato ha sete, e tosse in bere, e ritorna la bevanda per le nari; allora cessa d ordinario la salivazione ; però alcuna volta , comechè rada, dopo due o tre giorni di per- fetta cessazione fa ritorno. Colla salivazione incomincia a diminuire il tumore della faccia , 125 e sogliono allora primamente in sua vece in- tumidire le mani, o il devono. La diarrea non sovraggiunge sì tosto ne fanciulli, come lo sftialismo negli adulti; ma in qualunque tempo essa appaja, se non ľ arresti coll’ arte dura per tutto il corso della malattia . In amendue le specie di vajuolo ‘domina principalmente la febbre dal primo invadere sino al eruzione ; quì. d’ ordinario fa tregua sino al maturar delle pustole , ed alla suppu- razione : in seguito interamente cessa. Osser- «vai sempre in malattia grave molto sopravve- nire sulla sera esacerbazione e in tali ore ap-. parivano i sintomi più funesti, ed inasprivano. | Ecco l'esatta storia di questo vajuolo, eccone i fenomeni veri, e genuini. Noi ora parlere- remo degli aecidenti irregolari, che vi soprav- vengono ove meno che drittamente lo si tratti. Egli è dunque a riflettere che questi sin- tomi irregolari, i quali avvengono nel discreto all'ottavo dì, all’ undecimo nel confluente sem- pre computando dal primo dì dell invasione rilevano infinitamente sulla vita o sulla morte del malato ; mentre noi sappiamo che coloro , ì quali, o nell’uno o nell’ altro genere muo- jono , muojono specialmente a questi giorni. Primamente nel discreto vajuolo con somma facilità sudando il malato, lo che dicemmo avvenire negli adulti, e sperandosi cacciare in cotal guisa il contagio s’ insiste fortemente in simile metodo , e con rimedi cardiaci, e con un regime caldo. Ciò si fa tanto più voleatieri 126 quanto ne sembra a principio trarsene miglio- ramento , e si asseconda la mal fondata opi- nione degli astanti. Fatto è che alla fine eli- minate per sudore le particelle che dovevano servire all’elevamento delle pustole, e alla. tumefazione della faccia vedesi questa invece di turgida divenir flaccida, e gli interstizj tra | le pustole invece d' infiammarsi biancheggiare, benchè le pustole sieno rosse ed elevate anche dopo morte . Il sudore, che per se stesso fa- cilmente colava, ecco arrestarsi repente, nè vale rimedio veruno , ancorachè caldissimo a richiamarlo ; ed ecco il delirio , ansietà som- ma , agitazione, male infinito, scarse le orine; frequentissime , in fine infra pochissime ore, | delusa la speme degli amici il malato muore . Pure si dee avvertire, che quando o sieno poche le pustole, o sia d'inverno o vecchio | il malato , 0 ‘siasi tratto sangue non impedisce | sempre un tale regime la turgescenza del viso, quindi non vien sì certa morte come ove e sia confluente vajuolo, o sia di primavera , o di state, e d età fiorente il malato, nè abbiasi «Ma egli è nel vajuolo confluente il mag- giore pericolo, e muojono i più in undecima ` giornata. Circa a quel tempo arrestandosi la | salivazione , la quale fin allora poneva il ma- | lato in sicuro, ove la intumescenza della fac- cia mon persista un po ancora e non avvenga ben manifesta quella delle mani è, necessità, il malato muoja . Diffatto in questa specie di ; 127 ya]juolo.; dove le pustole sono sì picciole, non solo ad eliminar la materia morbifica richiedesi la salivazione, ma oltracciò la \intumescenza della faccia, \e delle. mani, di cui se l una manchi, o innanzi tempo svanisca, subita- mente il malato dee morire. E avviene quì troppo sovente, che accre- scendosi con un regime caldo il già soverchio calore del sangue si altera questo e tanto si accende, che non è più atto a cacciare a poco a poco le particelle infiammate (taccio de’ mali che provengono da’ sudori inopportuna- . mente promossi); perciò o non per intero gon- fiano la faccia e le mani, o svanisce il tumore colla. salivazione. Dee bensì rimettere qualche cosa neilo stessò giorno il gonfiore della fac- cia, ma non dee dissiparsì del tutto, che dopo. ‘uno o due dì sostituitovi però, e ben rilevato quello delle mani. Felice prognostico egli è questo sovra ogni altro, come mancando, in- dizio sovra ogni altro di vicina morte . A Comunque sia, la saliva finora cruda, A tenue ‘e che facilmente usciva ecco pe i E e viscida, e tentare la soffocazione del malato` Più non s’ inghiotte, inviasi la bevanda alle | strade aeree, e quindi con violenta tosse la I Sı rigetta per le nari, rauca è la voce; stu=. pore, e sonnolenza profondissimi; tale è in ` i fine la forza del male, che d’ ordinario ne av- viene nello stesso giorno. cioè l undecimo , la A Mortevii i Vi sono poi altri sintomi che hanno luogo eee nn Aaa 128. in qualunque tempo, e comuni ad ambe le specie . ravviene p. e. dal soverchio bolli- mento sangue la frenesia, e sì il malato di è intollerante del calore, che con ogni pos- sa si sforza gittarsi da letto furibondo resi- stendo a chi tenta fermarvelo.. Talora dalla stessa cagione si ha un diverso effetto, e contrario ,. cioè un’ affezione comatosa. Così | poi come nella peste appajono quì pure talora le macchie purpnree quasi. sempre annunzia- trici di morte , ed appajono più spesso quando la costituzione dell’ aria. favorisce principal- mente l epidemia vajuolosa. Scorgonsi qualche volta in varie parti sulla sommità delle pu- stole delle macchie nere uguali appena alla testa d un- ago, però nel mezzo s’ affondano ; e siccome dipendenti da soverchio calore mercè un régime più temperato acquistano in seguito la tinta fosca , quindi a poco a poco la gial- liccia, tinta naturale nel vajuolo genuino e di non trista indole . Ciò dico, e nel mostra la pratica, chè si veggono mitigare tutti i sinto- mi a misura che le pustole giunte a maturità assumono il detto colore, e ‘avviene il con- trario in caso contrario . Ne’ giovani fiorenti per età, ove sovrat- tutto abbiano abusato di vino, e di liquori spiritosi il sangue incendesi di modo, e tanto infuria , che forzate le arterie apresi una via per la vescica ; terribile sintoma e più altro m questa malattia di funesto augurio . Più di rado esce dai polmoni. Ambe È Pit v Ash ragie però aceadono ď ordinario a principio , innanzi l eruzione o quando appena incomincia in qualche parte ; e le. pustole saranno con- fluentissime, se pure, morte non troncherà ogni cosa innanzi. Talora per colmo de' mali vedi soppresse le orine, appo i giovani in ispecie, e ciò nello stato, ed anche nella declinazione del vajuolo discreto. | Vi sono pure altri sintomi; che nascono talora da cagioni «contrarie alle suddette ; il freddo p. e.; una troppo larga cacciata di san- gue, il soverchio purgare. Si abbassano le pustole , si appianano repente, e sovraggiunge oltracciò una diarrea , che negli adultu come di sopra dicemmo , è di grande pericolo , e di un esito dubbiosissimo; perocché recandosi la materia vajuolosa all’indentro; non può la natura com'è dovere eliminarla pei pori della cute. E si aggiunga impedirsi in tal modo il gonfiamento della faccia e delle mani, cosa da. reputarsi non meno utile della stessa eruzione «delle pustole, tranne queste fossero pochissime . Dal freddo raro è che ne vergano danni, e non v ha paragone con quelli, che produce un regime opposto. Poichè essendo questa malattia ragionevolmente creduta una delle cal- dissime gli è men facile, si pecchi da questo lato, che dall altro. Quale poi sia l essenza di questo male uomo io e cogli altri uomini avendo in co- mune limitato intelletto. confesso pienamente ignorarlo. Però considerati bene i predetti sin- om. . 9 | hc mn Hu 130 tomi parmi potere iiidurre essere’ un'infiam |. mazione benchè di specie diversa dalle altre, e.del sangue e del resto degli umori, a ri- 7 muover la quale ne primi due o tre giorni | digerisce ed attenua la natura le particelle in- flammate, che poi spinte alla superficie del corpo va maggiormente maturando, ed in fine sotto forma di piccioli ascessi interamente espelle. Per la qual cosa onde pure su un qualche fondamento si stabilisca il metodo cu- rativo vuolsi avvertire due essere i tempi di questa malattia, quello della separazione, quello dell’ espulsione. Passa d’ ordinario il primo tempo insieme all’ ebullizione febbrile, e ciò nel corso de primi tre, o. quattro, giorni. La natura in tal tempo secerne, e aduna le parti infiammate che irritano il sangue, e le spinge e, le depone alla superficie del corpo; lo che © fatto ritorna a sua primiera quiete, sedato il “tumulto che perciò erasi nel sangue eccitato . Compiuta la separazione incomincia I espul sione ; dura quanto ancor dura la malattia e si compie per mezzo di que’ piccoli ascessi dette pustole. E siccome poi questi per nulla differiscono dagli altri ascessi, quindi, e tro- vansi essi pure in istato di crudità, e suppu- rano, e inaridiscono. Che se tali cose tutte bene si compiano e lodevolmente la guarigione è sicura; se male, tutto precipita in peggio . L espulsione poi richiede più assai di tempo , che non la separazione ; perocchè questa SI compie in un corpo tenue e fluido e quasi SINR Ron direi nel centro della natura, quella al. con- trario in una parte densa, e spessa, e lungi dal fonte della vita . Ciò premesso ne sorgono le seguenti in- dicazioni: primo serbare un tale tenore, nella ebullizione, che nè s’affretti, nè si ritardi. di troppo la separazione , nè avvenga imperfetta; secondo sostenere in modo i piccoli ascessi, ossia le pustole; che corso il dovuto tempo votino per intero la materia contenuta, e quin- di disecchino. % Rispetto alla prima noi diremo innanzi tutto , doversi attentamente guardare, non in- sorga soverchia l ebullizione ; quindi vorrassi non coprir di molto il malato , e fresco sarà ľ aere ov egli giace, e lungi i calli medica- menti, e i cardiaci. E tali cose tanto più 0s- serveremo quanto sarà giovane il soggetto, o esaltato per uso di bevanda generosa, o sia di primavera, o nel principio di state. Pe- rocchèé , ove la separazione, che lenta dee farsi ed a gradi, precipitasse, n’ avverrebbe , non bene procedere la umiversale depnrazione del sangue, mentre o non si adunerebberò bastevoli particelle morbifiche , od altre se nè mescerebbono straniere, inopportune , che im- pedendo i movimenti delle prime ne rende= rebbero difficile l espulsione. Per verità a mè sembra cosa ragionevole il credere doversi compiere la separazione e più sicuramente , e meglio quanto più“ lenta ; però Il ebullizione non vorrà ‘essere per questo grandemente lan- 132 guida. Dalla lenta separazione dipende tatto | il buon successo consecutivo, come dall op- posta l'esito opposto ; nè da un regime caldo nulla mai dobbiamo attendere che male, ora precipitando il malato. in frenesia, 0 ciò ch’ è peggio promuovendo copiosissimi sudori, per cui si eliminan parti non atte a secrezione, nè analoghe alla natura del pus, che è pure cosa propri vajuolo, ora spingendo di troppo le p , Sicchè si fanno confluenti, tristo spettacolo al certo, e di funesto presagio. Questi ed altri simili sono i sintomi che sogliono nascere da tal regime; nissuno io mai ne vidi dal contrario. Perocchè la natura ab- bandonata a se stessa tutto eseguisce a tem- po; e col’ ordine dovuto, e per le vie più convenevoli secerne ed espelle la materia, , sicchè ne’ giovani soprattutto , e nelle robuste persone nulla abbisogna de’ nostri ajuti, de’ nostri artificj, forte troppo in se stessa, e ricca, e capace. Nè io so, alcuno essere perito, perchè tardasse l eruzione, mentre ne perirono moltissimi il cui vajuolo lodevolmente uscito, e con grandissima speranza , ritiratosi dappol, prematuramente scomparve . Siccome poi ella è sconsigliata cosa, e piena di pericolo elevare di troppo l'ebullizione mercè il caldo regime, e i cardiaci; così all opposto non v ha minore pericolo scemarla co’ salassi , co’ clisteri, cogli emetici e simili, mentre di tal guisa s' impedisce la secrezione delle parti che debbono ‘essere separate. lm ‘333 ‘perocchè quantunque io nulla estimi quel vol- gare ; ed antico argomento contro il salasso ; e le altre evacuazioni , che non ‘convenga cioè ‘muovere gli umori dalla circonferenza al cen- tro, mentre in questa malattia sembra, la na- tura operi in senso contrario, quantunque dico io nulla l'estimi; ottenendosi ‘spvente un op- posto effetto, cioè la prontis: ruzione delle pustole : v hanno nondimeno ; ragioni che fortemente ne persuadono, i astenersene p per quanto almeno ne possiamo. E per rife- rirne le principali dico come coll’ evacuazione non solo si diminisce l ebullizione per mezzo della quale doveansi le particelle morbifiche separare ; Mma sottraggonsi pur anco di quelle sostanze, che debbono mantenere la incomin- ciata secrezione, dal che sovente addiviene , che un vajuolo di già eccellentemente uscito +, e forse meglio in virtù delle precedenti eva- | cuazioni, poco dopo all'improvviso, quasi rien- trasse, si detumefa , e ciò principalmente pel motivo , che manca la materia onde sostenersi. Ad onta di questo però ove noi possiamo in qualche miniera sospettare di vajuolo con- fluente sarà vantaggiosu non solo tosto cac- ciar sangue, ma somministrare.un emetico per le ragioni, che altrove diffusamente diremo . Ora dunque in quanto alla seconda indi- cazione , che risguarda il tempo dell’ espulsio- ne vuolsi fare in guisa, che le pustole a do- vere si sostengano, onde bene e con ordine compiano il loro periodo . a. 134 Di sopra, io credo, abbastanza s'è dime- Strato essere pericoloso il regime caldo in prin- cipio ď eruzione, presente la febbre nel tempo | stesso della separazione; esso però non è meno pericoloso in qualunque altro tempo .e soprattutto verso il ‘principio dell’ espulsione», mentre le pustole sono ancora crude. Impe- rocchè quantunque fatta la separazione e con- finata la m ve suo stato sente di leggieri la forza d'uno smodato calore e s’ irrita e s infiamma, e in- clina a nuova ebullizione. Simile novella ebul- lizione non. produce come prima la separa- zione, poichè supponiamo questa essere avve- nuta ; ma oltre eccitare que’ sintomi di sopra ricordati. disturba la incominciata espulsione per mezzo delle pustole, ed agitando la con- tenuta materia genera gravissimo danno. Per- tanto o le particelle gia separate, e deposte alla superficie del corpo. attratte dal rapido corso del sangue rientrano in esso, o le parti carnose riscaldate oltre il dovere trovansi meno acconcie ad'eseguire una buona suppurazione, o finalmente pervertesi. forse l economia del sangue, e perdesi il tono delle carni, sicchè più non possono vincere quella materia già espulsa , e ridurla in pus. pato cati Noi però non vorremo essere rivolti. co- tanto a prevenire la soverchia ebullizione del sangue, che esposto il malato all ingiurie del vajuolosa alla superficie del corpo, non più tovisi nel sangue quel tu- | multo primitivo: pure recente ancora nel nuo- I 35 ‘freddo s'impedisca Perazione delle ustole . Il grado di calore più acconcio sarà quello che uguaglierà il naturale, e che converrà alla temperatura delle parti carnose: un maggiore, un minore è cosa pericolosa . Da ciò che finora abbiamo detto baste- volmente apparisce, e quanto sia insidioso que- sto male, e quanto ne. sia difficile il'‘tratta— mento. Quindi oso io dire essere grandemente in pericolo la fama d’ uni medico ; poichè non it volgo soltanto mostrasi pronto ad ascrivergli ogai sfortunato accidente ; ma coloro che pro- fessano la stessa arte colgono avidamente l 0è- casione onde calunniarlo : e siccome quelli poi, che parlano a giudici ingiusti ne avviene tosto trarne severissima senteriza. Den ciò fanno per innalzare se stessi, e rendersi famosi sulle rovine degli altri. Indegna cosa’ verameute d'uom letterato, anzi del più vile artista, put- chè non affatto straniero a probità. Quindi nissuna meraviglia, se spesse fiate male vi riescano le mutrici per se tanto premurose . Certamente è difficile al sommo e sopra il giudizio e l ingegno delle donnicciuole deter- minare il richiesto grado di calore, in ispecice dovendosi insieme considerare, e la stagione, e l'età del malato, e' il metodo di vita ed altre cose, le quali senza dubbio ricercano un medico prudente, e sagace . Se avverrà, che o per inopportuna emis- sione di sangue, o per freddo ritiriñsi le pu- stole, o il viso, e le mani detumefacciansi ` rare l eruzione innanzi al 136 l f vuolsi far uso de’ cardiaci. Però guardiamo non soverchiare : imperocchè quantunque abbi. talto sangue, mentre sulla tema d’abbattimento di forze o ricorri a’ più forti cardiaci o li ri- peti soverchio, evvi rischio di suscitare repen- tina novella ebullizione Sente ancora il san- gue facilmente la forza dello stimolo , onde riaccendesi l effervescenza a cui più che al salasso debbesi a maggior dritto attribuire la dire in generale .sulle principali indicazioni . Ma volendo più in esteso favellare della cura dico, che come prima m accorgo di va- juolo tosto io vieto T aria aperta, il vino, le carni permettendo tenue birra lievemente ri- scaldata con pane arrostito, e ne concedo a volontà; pel vitto prescrivo brodi d'orzo, d'avena, poma cotte od altre cose nè calde troppo , nè troppo fredde e facilmente digeri- bili. Nè condanno quella volgare dieta propria degli abitatori di campagna cioè polpa di poma cotte mista a latte, purchè moderatamente sen prenda, e di tempo in tempo, e sia il latte un po tepido. Lungi in tutto il regime. caldo, lungi qualunque cardiaco : ben so. che alcuni imprudentemente ne fanno uso, onde procu- arto dì, che è il tengo per certo, proprio , il naturale. Io però ten tanto più compiuta dover esse e la separazione della materia vajuolosa quanto più ne tarda l eruzione, e quindi possiamo essere ben più sicuri non vitirinsi Je pustole, e maturino a g l morte de malati. Quest è ciò ch'io aveva a | I f 4 baa ANT ne dre e cla le | 137 dovere; mentre producendosi innanzi tempo “si precipita la materia cruda ancora, e:1RCON- coita e che a guisa di frutti precoci non rac- chiude. che vane speranze . Oltracciò corri grandissimo pericolo, sovraltutto ne caldi tem- peramenti, e robusti in cui.1. propr} princip} attivi suppliscono bastevolmenie al cardiaci, non la natura soverchiamente eccitata tutta quasi converta la sostanza. del corpo in. va~ juolo , sicchè questo riesca ‘confluente; mentre per se stesso sarebbe stato distinto. Non vor- rassi dunque (tosto al sospettare di vajuolo affrettarne l'eruzione, adducendo in motivo il soffrir molto del malato; perocchè nissuno mai in virtù di ritardo avvenne che morisse per ‘quanto pur male si trovasse ; nè la natura in fine giammai mancò, se non impedita appunto da regime caldo, e da' cardiaci. E m'avvenne più d'una fiata d` osservare in persone giova- ni, e di temperamento sanguigno da tal regi- me, da tali rimedi un effetto direttamente opposto; chè il. sangue perciò oltre, misura riscaldato , e sospinto a moto troppo violento non convenevole alla separazione della materia va]juolosa, solo manifestavansi certi segni di vajuolo stando le vere pustole nascose. entro la cute; e vana era l’opera di qualunque car- diaco, finchè poi moderato il calore del san- gue, concedendo tenue birra, scemando la copertura comodamente uscivano, e i malati erano tratti da pericolo. Nè, s'io pur non m inganno, miglior ragione sta da lato di co- ‘138 loro , i quali innanzi al quarto di tengono il malato infitto a letto; e basta che non esca di stanza. Egli è da una cotale pratica parti- colarmente appo i giovani, che veggonsi so+ ‘*pravvenire le orine sanguigne, le rmacchie pur- puree, e gli altri sintomi mortali. Però al quarto giorno io lo colloco a letto, e ove f l'eruzione mal risponda a’nostri voti non temo somministrare un qualche blando cardiaco, al- meno per una volta onde la si promuova. Per ‘ciò sono soprattutto estimati i così detti pa~ regorici come il laudano , e il diascordio ec.. misti in poca quantità alle acque cardiache appropriate. Calmano il bollore del sangue, e la natura può liberamente ‘espellere la materia morbifica. Ma non consiglierei somministrare | il cardiaco innanzi questo giorno data anche la presenza della diarrea, che parrebbe il chie- desse. Imperocchè quantunque ella che nasce da vapori infiammatorj, o dagli umori deposti nelle intestina dal sangue ne’ primi giorni agi- tatissimo, veggasi talora precedere, come di- cemmo, l’ eruzione del vajuolo confluente, non | mancherà la natura di cacciare simili vapori | alla superficie del corpo, come appunto suol’ fare, quando gittati sullo stomaco a principio di malattia provocano il vomito ; e quindi ciò facendo, ecco tosto arrestarsi per se stesso un tale sintoma . Vero è però che incontrandomi in giovani robusti, e in cui l abuso o del vino, o d'altri liquori abbia dato occasione alla malattia non 139 im’accontenta lo allontanarlo dal letto , e l'aste- nermi da’ cardiaci, ma voglio sangue dal brac- cio. Oppongasi pure il pregiudizio volgare, almeno io lo chieggo. Perocchè aggiunta si- mile infiammazione al calore naturalmente in- «dotto dal vajuolo, cotanto infuria il sangue, che non di rado sbocca nella vescica, © ge- -nera le macchie. purpuree , od altri sintomi, che per tutto il corso della malattia tormen- tano il medico; e uccidono in fine il malato. «E questo basti su©ciò che dessi fare innanzi l eruzione . Š l Come prima sieno uscite 'le pustole ecco- mi attentamente a considerarne la specie, se discreto o confluente, poichè avvi fra loro una ben longa distanza, quantunque annoverino al- cuni sintomi comuni. Se pertanto dalla. gran- dezza delle pustole , loro scarso numero, dalla quiete, e dalla non presenza di gravissimi sintomi, che accompagnano il confluente anche dopo T eruzione, posso inchiudere del genere «discreto, io concedo allora tenue birra, e brodi d'orzo, e d'avena come di ‘sopra dicemmo ; e se sia d'estate, e il caldo grande, nè molte le pustole io non veggo perchè debba lunga- mente ritenere a letto il malato. Quindi ogni giorno per alcune ore voglio che si alzi, sfug- gendo però ad ogni modo e il troppo freddo, e il soverchio ealore. Di tal guisa vedesi: la malattia farsi e meno molesta, e meno lunga; e il rimaner di continuo a letto non solo ac- cresce la noja , ma fomenta il calore febbrile, I | 140 e induce nelle pùstole che escono una dolorosa | infiammazione. Che se la fredda stagione, o | la copia delle pustole obblighino perpetuamentę | il malato a letto, procuro che il caldo non sia maggiore di quello cui era avvezzo in salute, nè voglio venga maggiormente coperto; per lo che solo in inverno fo accendere fuoco nella stanza di mattina, e di sera. Nè voglio nn i cia egli sempre alla stessa situazione, e eiò onde fuggire i sudori, che e per le ragioni ad- | dotte, e per la mia propria sperienza oso af- fermare, non senza grave pericolo possono | essere promossi . i Sull’ inclinar del male siccome le pustole | rivestite di dura crosta impediscono la libera | traspirazione della materia purulenta non parrà | fuor di proposito concedere 5, o 6 cucchiai | di vino delle canarie , od altro cardiaco tem- perato , perchè non avvenga, rientri essa nella massa del sangue. Im questo tempo e non prima voglionsi permettere cardiaci; e il regi- me potrà essere un po più caldo, come ali- menti di pane, e birra zuccherata, di farina d'avena ec. Nè farà mestieri d'altro nel genere | discreto, e benigno quando il malato docile si sottometta a tale metodo , a tale dieta ; se | non che talora l'inquietudine, la veglia , od l altri sintomi minaccianti frenitide consigliano | F uso de’ calmanti . | Ecco, a fronte del tristissimo pregiudizio degli uomini, il verace metodo e genuino di | trattare il vajuolo discreto: spero che me mor- | 19/63 o finalmente verrà ricevuto. Non niego io erciò, molti guarivsene con un metodo al. tutto ontrario ; ma vuolsi pure confessare assaissi- mi morirne, cosa tanto più dolorosa in quanto questa specie è per se quasi intelamenie vota i pericolo; e ne morrebbero più se il freddo ella stagione, o il salasso d'altronde super- uo, molti non salvasse. Però al salasso io spesse fiate ricorro, quando o l ostinazione degli amici, o la diffidenza del malato mi in- terdicono un tale metodo; e benchè sappia per se stessa nuocere l emissione di sangue nel discreto perturbando la separazione, e sot- traendo materia all’ elevazione delle pustole ed al tumore, bilancia in qualche modo il conse- cutivo regime caldo, e rende guindi meno dubbio, meno pericoloso un metodo, cui non m’ appiglio che forzato . Vedute tali cose non sarà per avventura | difficile lo scioglimento di quel volgare proble- ma: d'onde venga, sì pochi della plebe mo- \rirne fatta comparazione alla strage che ha luogo tra ricchi. A niun altra cosa ciò puossi riferire se non che alla misera condizione de’ primi, la quale toglie loro i mezzi di nocu- mento vietandoli un. vitto più delicato. E dac- chè s’ introdusse l uso del mitridate, del dia- scordio, della decozione di corno di cervo ec. ne muojono anche tra il volgo ben più di quello non avvenisse in secoli meno colti, ma più saggi. Ciò sovrattutto interviene dal ri- trovarsi in ogni casa una qualche donniccitola rw dò saccentella e stolta, la quale a rovina degli 4 uomini ‘esercita un’ arte, che non imparò. Ecco. ciò che spetta alla cura del vajuolo, che ab- biamo chiamato distinto. Ma se il vajuolo è confinente , ella è la. cosa pericolosa dq assai; ed io porto opinione, lui non meno differire dal discreto, quanto la. peste differisce da lui; benchè il volgo che mal distingàe non ponga differenza nissuna | nella cura rispettiva. In questa specie mag- giore essendo la infiammazione. del sangue si vorranno pure maggiori cautele onde il malato non si riscaldi. Sebbene però si ricerchi refri- gerazione maggiore, pure a promuovere la intumescenza della faccia e delle mani, senza che: perduto è il malato, e la elevazione delle ` pustole e il loro aumento, così anche per le esulcerazioni dolorose, conviene rimanga a let- to e tenga ascose le mani; per altro sia non di molto coperto e possa trasferirsi quà là, come ‘si è detto nel discreto. Anzi al declinar del male, già presente la febbre di matura- zione, vuolsi appunto il faccia, e spesse volte di giorno e di notte deesi trasportarlo nelle varie parti del letto, perchè si temperi il calor grande, e si evitino i sudori, i quali dissi- pano quell umore che ammolisce le pustole . Poichè come dicemmo la salivazione ac- compagna continuamente, questa specie ; ed essendo una delle principali evacuazioni qui dalla natura sostituita a quella, che dovrebbe farsi per le pustole non sì elevate come nel 145 iscreto, avremo grande eura, affinchè rimanga vigore , nè $` arresti innanzi tempo, o per so di rimedi caldi, o vietando il largo bere i tenue birra o d'altro simile liquore. E sic- ome suol essa nel suo corso ordinario inco- inciare coll’ eruzione, diminuire in undecima iornata, nè se non uno o due di dopo, in- eramente cessare: se avvenga all opposto, nnanzi quella arrestarsi ecco sorgere gravissi- no pericolo. Imperocchè mentre la intume- cenza della faccia, per la quale si evacua cuna cosa della materia morbifica, sempre compare in quello stesso di; ove si soltragga un tempo anche la salivazione, il malato irovasi infetto dalla materia vajuolosa già fatta putrida, come fosse veleno ; nè più v avendo porta ond esca , è spinto sul liminare del. se- polcro ; tranne ( che talora avviene ) la intu- mescenza delle mani, la quale suole soprav- venire più tardi, e più tardi scomparire , sia tale, e tanta da strappar lo ‘infelice dalle fauci di morte. La salivazione cosa di tanto mo- mento; e si necessaria verrà grandemente pro- mossa bevendo abbondantemente di tenue birra o di simile altro liquore, che non riscaldi, nè provochi sudore . Oltracciò onde calmare quella veemente bullizione del sangue ben quì maggiore che aon sia nel discreto, e sostenere insieme lo tialismo sì necessaria cosa, convengono sopra utto 1 narcotici, che quantunque per la fa- solta loro incrassante sembrino contrar} alla 14A salivazione già tale pregiudizio revole, Pies bertà . [mpe hè non. Dale > tanta ( chè in tutto t ordinario. assai be di ferito arrecan il conciliare un mi soverchia ebullizione del sangue, e p quindi la frenitide; la ‘intumescenza « | e delle mani, SUSA cotant nt per essi assai bene: di più, lo che PR è rin Ti molto , mentre non si migo innanzi empo si. $ detumefa il viso con tristissimo augurio, i nar- cotici protrag sgono il tumore al dovuto termine; chè mitigato. “il fervore del sangue le particelle. | infiammate recansi alle mani, alla faccia, e a tutta la superficie del corpo giusta il. genio della ‘malattia: infine favoriscono la. saliva- zione , la quale quantunque per la forza in- crassante loro arrestisi talvolta in qualcuno , tosto nuovamente riconfortata la natura , sì risveglia ; e felicemente compiesi ogni cosa . Anzi mi venne fatto d’ osservare che la sali- vazione, la quale intorno all undecimo giorno, e talora più presto con gran pericolo del ma- lato suole diminuire somministrati. più d'una volta i narcotici si ristabiliva , nè cessava cu a pa — alcuni fin anco proś lo q ordinario 1h circa, o un oncia di fior di pri Ò faccia presso | piena eruzione al ! ¿non sorga no 16 PILE l'altre malattie , bambini avvi sempre la diarrea, a par, che ne. gli adulti lo ftialismo ; ciò volendo la natura, onde eliminare la materia «morbifica ; 10 credo ugualmente nocevole il volerla qui, ‘arrestare p i come lo era l arrestare la salivazione | Per la qual cosa v.ggonsi infinite vittime dall’impru-. denza delle donnicciuole § che riputando la; diarrea pericolosa in questa specie di vajuolo,. come nel distinto, accingonsi a fermarla , none sapendo la nuocer essa 3 ove compiesi | eva- cuazione per mezzo delle pustole, non dove è scelta dalla natura qual mezzo all uscita della materia morbifica. Abbandonata dunque la diar- rea per seguir la natura, giusta il precetto del divino Ippocrate io proseguo la cura così come Tom. 1. 7 10 | t46 incominciai: io voglio, che i bambini, ora giaċ- | ciano nelle culle, ora ne sieno tolti, e se già 1 più non sono di latte concedo loro l' ugual | „dieta che agli adulti. pi O Negli ultimi giorni irrigidita la faccia per le pustole crostose , e dure ed aride, prescrivo la si unga sovente con olio d’ amandole „dolci e si mitiga di tal guisa il dolore, che insorge è dalla distensione ye si procura una più libera | esalazione agli efiluvj ‘soverchiamente caldi. | Nulla intraprendo, onde non si deformi il viso, | mentre gli olj, i lenimenti null'altro fanno che | ritenere più a lungo quelle bianche squame | furfuracee , le quali cadendo e ripullulando a vicenda già convalescente il malato , sono ce gione di quelle turpi cicatrici. Ma ciò non di | molto iemeremo quando siasi serbato un dolce regime , e la materia quindi non abbia con- tratta nissuna qualità caustica . | Ora quantunque questo metodo. adoprato cautamente , e con prudenza giusta. le parti- tolari circostanze, soglia premunirci contro que’ terribili sintomi già annoverati, e rendere sicura e benigna la malattia: pure per qua- lunque motivo sieno essi insorti innanzi ch'io | venga chiamato , gli è mestieri, in alcune cose | che cangi modo onde debellarli, ed opero | n questa guisa. i 4 | Primamente: dunque se nel discreto in virtù del regime caldo, e de’ continui sudori la faccia al giorno ottavo non intumidisca , mentre escono a un tempo abbastanza in copia fj! i g p 147 le pustole, ma diventi invece flaccida, e pal- lidi sieno gli interstiz) io fo di tutto, perchè si calmi la troppa effervescenza del sangue, e tempero il regime, ed ordino un qualche nar- cotico, che conciliando un blando sonno ( trana ‘ine olire il dovere fosse riscaldato il cervello e quindi mitigando lo sfrenato impeto del san- gue determina appunto a recarsi alla faccia come richiede la malattia. Che se cotanto pro- cedette la cosa, che veggasi per se stesso a mancare il sudore, il quale fin quì abbondan- | temente scorreva, sopravverrà la frenitide, avravvi male infinito, poche e frequenti saran- no le orine. Essendo quasi di presente la morte, in nissun altro modo io posso soccor= rere al malato, che o col somministrare in copia narcotici, o col trarre largamente sau- gue, ed esporre il corpo all’ aria. Certamente non parrà assurdo e temerario ciò ch'io pro- pongo, quando si consideri; come molti mer- cè larghe epistassi scampassero dalle branche di morte. E vuolsi avvertire non sovrastare qui morte, perchè rientrino le pustole ‘( chè sono esse e rilevate e rosse fino anche all’ e- tremo momento ), ma perchè non gonfia la faccia. Però a promuoverne la intumescenza tutto ciò che tempera il fervore del sangue ( nè per tale oggetto potrassi opporre io credo cosa alcuna all'emissione di saugue, e al me- todo moderatamente refrigerante ) di necessità come l'uso de’ narcotici, e ‘per le stesse ra- gioni debbe essere convenevole, LI di 148 o ; Non vorrei, che tali cose così fossero | intese, come se consigliassi io tosto il salasso | in qualunque frenitide, che sopravvenga nel | vajuolo, sintoma in questa malattia sovra ogni F altro frequente; ma in quella soltanto lo con= ` siglio, che avviene pel non inturgidir della faccia, nel discreto cioè , e già in copia ba- stevole apparse le pustole; oppure lo consiglio | dove pel regime caldo, e pe’ cardiaci tale è il bollore del sangue, che non può attendere F azione de’ narcotici o d altro che valga a temperarlo. In simile circostanza il medico più alla propria coscienza risguardando; che a un’ incerta fama o dee trarre sangue, od esporre il malato all’ aria aperta. A me ciò parve fare assai volte, e molti liberai da imminente fato; e moltissimi altri ch'io non vidì poterono di al guisa scampare; imperocchè alcuni frenetici ngannando chi li guardava, chè usano i fre- netici arti maravigliose , e fuggiti da letto si esposero al freddo aere anche di notte tempo: altri o per caso, o per prieghi, o. per forza bevvero acqua fredda, e mercè un felice er- yore conseguirono una gia disperata sanità , Piacemi qui addurre in proposito una sola storia a me riferita appunto da colui che ne “fu il soggetto. Recatosi giovane ancora, e flo- rido per età a Bristol, intorno a mezza state ammalò di vajuolo, ed eccolo sorpreso da fre- nesia, La nutrice ita per poco a Londra il raccomando ad altri. Ma mentre ella ritardava parve agli astanti, morisse il malato, Quindi —.-—_=———_—__—_ tea ]dcoooÒmummoÒ _ S O ae pi SE | di e pel caldo grande della stagiorie; e be»: grasso era e corpulento volendo essi eppori alla puzza, il tolsero da letto, e collocaron!a su una tavola coperto appena da un lenzuolo; ritorna finalmente la nutrice, le si dà la no» vella, corre piangendo ov’ egli giace, e discos ` pertolo e riguardatolo le parve ravvisarvi ir- filo di vita, onde tosto il ripose a letto; e ci presente fe’ sì, che in lui tornarono gli smar- riti spiriti, e infra pochi giorni risanò . Ma volendo ritornare alla cosa’ dico che se nel vajuolo confluente cotanto. inspessisca la saliva, e sì diventi viscida da temerne fino soffocazione, lo che non è. difficile intervenga all undecimo giorno come si è detto, gli è assolutamente mestieri d'un gargarisma, e vuolsi spessissime volte di dì e di notte con una si- ringa tra le fauci injettarlo 3 egli potrà composto o di tente birra; o d'acqua d'o con miel rosato. Oppure potrà essere il se- | guente. A. Cort. ulm. drac. sex, rad. Glyeyr- rhiz. unc. sem. Passular. enucleat. num. viginti, ros. rubr. pug. duos coq. `s. g. aq. ad. libr. un. œt sem. colat. dissoly. oxymel. simpl -et mel. ros: ana unc. duas. f. Gargarism.; che se . x . . . | sl sara Istituito convenevole trattamento sì an= drà la cosa rispetto allo ftialismo , che pur quando incominci à diminuire, non vw avrà uopo nissuno di rimedi, E certo poi là ‘dove si troveremo sì male, che ad ogni. istante corra pericolo il malato di soffocazione, e sia pres o da stupore, e omai più non possa re~ 150 spirare , non è questo ; rimedio che m affidi Quindi in tali estremità io somministrai più volte, e con vantaggio un emetico d’infusione di croco de’ metalli, ma in dose non ordinaria e] . ail si . a un oncla e mezzo cioe; mentre a minore per lo stupore profondo del malato non si- avrebbe effetto , e intanto coll’ agitar gli umo- ri, che non sa espellere produrrebbe mag- giore pericolo. Ma nè questo rimedio ci affida ` pure abbastanza, e sventuratamente finora non altro per noi si conosce più efficace, ond’ è. da questo terribile sintoma morirne quasi tutti. coloro che perone nel vajuolo confluente in undecima giornata . Tutti gli altri sintomi, che occorrono m questa malattia in quella guisa che vengono prevenuti dal regime moderato, così dallo stesso. vengono in gran parte tolti: p. e. la frenesia suddetta nata dal soverchio riscalda- mento del cervello si cura rinfrescando di qua- lunque modo il sangue, e collo stesso metodo si ripara al coma, contraria affezione alla pre- cedente, e che trae origine dall ostruzione della sostanza corticale cerebrale, allora quando vi si spingono vapori accesi e con forza, e in copia dal sangue attenuato da’ medicamenti caldi., e dal regime. E così temperando il sangue ho. veduto scomparire eziandio le macchie purpuree. Ma nè di questa guisa, nè di altra non fu mai ch'io riparassi alle orine sanguigne, o alla violenta emoftisì ; però ambe l emorragie per : 151 quanto mi fu dato osservare annunziano cera tissima morte. Nella soppressione delle orine, che avviene s j talora nelle persone giovani, e robuste , l ori- | gine della quale sta nella confusione , e tur= bamento degli spiriti destinati a tale escrezione io ebbi ricorso a lutti quanti i diuretici; ma nulla sì bene mi riuscì, come l obbligare il malato ad uscire ‘di letto; e dopo avere scorso dne tre volte la stanza appoggiato à qualcuno tosto vi si muovevano abbondanti le orine., e il sollievo era infinito. E potrei qui addurve în testimonio di ciò alcuni medici miei amici, che in pari circostanze da me a ciò consigliati n ebbero pari effetto. rota Que’ sintomi poi che provengono dalla ri- ercussione della materia vajuolosa in virtù o hi gran freddo, o di evacuazioni inopportune sì fugano coll’ uso ‘de’ cardiaci; e con un re- ` | gime conforme, da non continuarsi però più in là della durata di quelli. Fra’ principali sono nel discreto la depressione delle. pustole, e la diarrea; imperocchè nel confluente la prima nulla ci sorprende , che è della natura del male; ne’ fanciulli è la seconda salutare. In tali circostanze sarà appropriata una qual- che pozione cardiaca di acque distillate con diascordio, o laudano liquido ec. nè varranno simili rimedi a rimuovere soltanto que’ sinto- mi; chè saranno pure convenevoli grandemente In qualunque tempo’, ove il malato si lagni di dolore di cuore, @ angoscia. Però a dir 152 i i vero sono ben più rara cosa i sintomi proves | nienti da simili cagioni , che non ‘sieno que’. per altre opposte . Io penso, un cotanto ru-_ moreggiare di frequente depressione di pustole. veuire dal non osservare la naturale loro de- pressione nel confluente, e quindi ciò ch'è d indole della malattia lo si attribuisce a fred- f do. Nè minore è l'inganno nel discreto ; pe- rocchè attendesi innanzi tempo l'eruzione delle pustole, il loro aumento, non risguardando al tempo che per ciò vuolsi ‘necessariamente 3 impiegare. Già convalescente il malato, e mentre cadono le pustole, e già permesse da qualche giorno le carni cioè verso il ventunesimo gior- no, ove la malattia sia stata violenta io pre- scrivo un emissione di sangue. L infiamma- zione che al sangue impresse il vajuolo, © adulto fosse il malato, o fanciullo la richiede, comè la massa di lordure ìn esso adunate ri- chiede il purgativo. Ciò chiaro apparisce, e dal colore del sangue tratto dietro veememe vajuolo, colore simile a quello de’ pleùritici, e dalle ottalmie che si vanno succedendo, e da altri effetti d'un sangue stranamente riscal- dato. E veggonsi pure persone le quali per lo innanzi godeano la miglior salute, correre È è. il resto di. loro vita in continui guai; pei caldi umori, ed acri, che si gittarono su’ polmoni o su altre parti. Se la malattia era lieve non è d’ uopo di salasso. Dopo il salasso io purgo ire o quattro volte. \ --—_ __rT_—r_T—rr-;tutecmcmtto\[M|à|\|vYMAemeee co .1:.re ATO so n 153 Alle dette cose vogliamo aggiungere come talora ne’risanati già da lungo tempo di vajuolo. confluente sopravviene una molesta. intume- scenza delle gambe, che per altro dopo il sa- lasso, e i pnrgativi o suole per se dissiparsi , o di leggieri si fuga mercè gli emollienti , e è discuzienti, come le foglie di malva , di ver- basco, di sambuco, di lauro; i fiori di camo+ milla , di meliloto ec. cotti nel latte . Ecco ia storia; e la cura del vajuolo, che per due anni dominò, cui a distinguere dall altre spe~ cie che il seguirono piacemi appellare legittimo. CAPO TL Febbre continua degli annî 1667, 68 È e parte del 1669. A favellare di quella febbre, che durante la | costituzione vajuolosa. dominò, e col vajuolo venuta, con lui stette, e con lui cadde, ve’ come andar le eose: manifestavasi, un dolore allo scrobicolo del cuore , nè il malato vi po- tea sostenere la compressione della mano, sintoma ch’ io non: ricordo, d'aver osservato in altra malattia, tranne questa febbre e questa specie di vajuolo. Dolore di capo: calore uni- versale, e chiare pur ‘anco apparivano le pe- tecchie: però non gran sete: la lingua assai volte non dissimile da quello che suol essere | in sanità, se non che talora bianchiccia, di 154 48 rado affatto secca, non mai nera. Il malato fin dapprincipio scioglievasi in ispontanei su- dori, e profusissimi; ma nullo ne era il sol- lievo ; chè anzi provocati da regime: caldo, e. É da caldi medicamenti correa tosto pericolo di ` frenitide ; ed aumentavansi le petecchie, e in- | ferocivano tutti gli altri sintomi. Le orine fin anco da principio promettevano assai, nè per= | ciò avveniva, il malato trarne vantaggio più che da sudori. Non convenevolmente trattata | protraevasi la malattia lunghissimamente ; nè | er crisi veruna, nè spontaneamente come le altre febbri cessava, però con violenti sintomi ti tormentava per lo spazio di sei od otto set- timane, se pure non giungeva morte innanzi. Taluna fiata sul fine aggiugnevasi copiosa sa- livazione, quando cioè non fosse preceduta evacuazione nissuna considerabile, e il malato avesse preso giulebbi refrigeranti. Se tale ftia- lismo o con evacuazioni o ‘on rimedi. caldi non era intercetto. fuori d'ogni speme si dissi» ava la malattia. Poichè questa febbre dipen- | deva dalla stessa costituzione dell’ aria, da cui dipendeva il vajuolo , così se nom era piena- mente la stessa cosa v’ assomigliava pure assai | e in natura, e in carattere , eccetto solo ciò ch'era effetto’ dell eruzione : ambe a un modo incominciavano , e in ambe. la compressione allo serobicolo del cuore risvegliava dolore, e e pari era la lingua, pari le orine. Nell’ una e nell’ altro spontanei sudori profusi dall’ inco- miuciamento: ove la malattia fosse forte uguale 155 propensione allo ftialismo come nel vajuole confluente. Oltracciò siccome ella ebbe in ispee cie a infierire alloraquando più infuriava il va- juolo, non ro ‘cadere dubbio, non fosse una tale febbre dello stesso genere. Di certo io so dietro accuratissime osservazioni che uguali in tutto erano i fenomeni pratici, eccettuato come abbiamo detto quello che potea dipendere dall’ eruzione, Laonde mi si vorrà perdonare, che non per affettare nuovi nomi, cosa che ab- borro quanto altri il può, ma solo per distin- guere questa dall’ altre febbri la chiami dalla rassomiglianza febbre vajuolosa . i Ma per quanto sella assomigliasse al va- juolo nissuno ch’ abbia senno potrà credere, in (essa convenisse «quel metodo, che a questo sconveniva . Nell uno eliminavansi le particelle infiammate per que’ tanti piccoli ascessi all'in- torno del corpo; nell'altra in nissun modo veniano espulse, che colla salivazione. Impe- rocchè non critici ma solo sintomatici doveansi estimare i profusi sudori, che aveano luogo in prineipio. La salivazione era qui veramente la destinata dalla natura, Non è perciò che talora non venisse dalla natura ‘stessa pervertita, o per mezzo “luna diarrea prodotta dalle parti- celle infiammatorie, che recate per le artérie - mesenteriche alle intestina le sollecitano all e- screzione, come avviene nella pleuritide , e in altre infiammazioni, o per immensi sudori, che come nel vajuolo, accompagnavano in tutto il corso la malattia, Essi poichè soltanto 156 j sintomatici derivavano altrove la salivazione; &' che. sarebbe stata critica, e se l’arte non vi provvedeva altrimenti, durava il male alcune. settimane, nè eravi cozione come nell altre febbri. i Ma volendo progredire dico come a ben f comprendere la natura di questa febbre, e a È stabilirne fermamente le indicazioni curative 1 wuolsi considerare, che in quella febbre vi- 1f ente sotto la costituzione d'intermittenti epi- che la materia da separarsi dal sangue È era di tanta crassezza, a non pervenirne senza È previa digestione, e quindi voleasi spazio di | tempo determinato ; poscia compievasi il tutto | o per abbondante traspirazione, o per critiche 1 dejezioni, sicchè solo al medico spettava acco- | modarsi al genio della malattia, di modo che 1 da un lato non insorgessero sintomi pericolosi | per soverchia ebullizione, dall'altro non sì lieve | fosse leffervescenza a render vano lo sforzo della natura, che muoveva qual suo stromento la febbre, onde eliminare la materia morbifica. E nella peste pure eravi una materia da se~- pararsi, ma siccome composta di parti sotti- lissime, e infiammabilissime ( che quando più | erano tali percorrevano a guisa di folgore il sangue , nè sapevano pure eccitare in esso ebullizione ) trapassatolo a un istante non $’ ar- restava che in una ghiandola o in qualche parte esterna, dove indotta infiammazione nelle carni circonvicine produceva quindi l' ascesso . Egli è l'ascesso lo siromento della natura a 157 imuovere! dalle carni ciò che loro è infesto ; ione lo è la febbre a cacciare dal sangue ciò he lui mal conviene. Im tale circostanza è overe del medico governare rettamente l'eva- nazione della materia pestilenziale, che si fa er questi ascessi, salvo credesse sostituirvene n’ altra cui. valess’ egli meglio dirigere , che a naturale. D’ugual modo .procede la natura n espellere la materia vajuolosa , benchè sia i specie più crassa, siccome quella che vo- asi per pustole dovunque sparse, anzichè per arbonch}, e per buboni ec. e le indicazioni urative quì pure sono le stesse, far sì che ene proceda la naturale evacuazione . Ora on essendovi nel genere di febbre, di che parliamo una simile materia crassa, che per essere evacuata abbisogni di previa digestione arebbe vano secondare l ebullizione del san- gue, anzi ne potrebbe sorgere grave pericolo; nerocchè aggiugneremmo stimoli in una ma- attia già per se stessa ď indole violentemente infiammatoria, E poichè dalla natura non fu ata a questa febbre eruzione nissuna, come ll opposto vedesi nella peste, e nel vajuolo , per qualunque rassomiglianza vi sia tra detta febbre e questo, noi dovremo necessariamente sedare la infiammazione coll’ evacnazioni e co’ ‘temperanti. Ecco lo scopo ch'io mi proposi in curarla, nè mi fu malagevole riuscire nell ‘intento . | Recatomi presso un malato, io tosto fa- cea trar sangue da un braccio, ove però o la | | DI 158 soverchia debolezza, o soprattutto l'avanzata età nol vietassero. Ripeteva il salasso due volte ancora a giorni alterni, salvo altro ne. consigliassero indizj sicuri di vegnente salute . Ne' dì di mezzo un clistere di latte e zuccaro, cd il seguente giulebbe, o simile da prendersi. frequentemente in tutto il corso della malattia. R. Aq. Portul. lactuc. flor. Paralys. ana unc. quatuor , svrup. de limon, unc. unam et sem. syrup. violac. unc, unam. Ne prenda il malato tre once, quatiro , cinque volte al giorno, e àa suo grado. Concedeva per bevanda comune del siero di latte, dell’acqua d'orzo o cose analoghe ; erano vitto brodi di orzo, d'avena, panatelle, pome cotte ec. proibiti però i brodi di pollo , o, d' altro. Soprattutto io voleva, che il malato non. rimanesse di continuo a letto, ma stesse al- zato ogni giorno per buono spazio di tempo ; mentre ebbi ad osservare in questa febbre, come pure nella pleuritide , nel reumatismo , e in tutte le malattie infiammatorie, a domar Je quali sommamente convengono i salassi , e il freddo; nulla giovare e refrigeranti, e ripe- tute emissioni di sangue quando il malato osti- natamente fitto a letto di troppo si riscalda, specialmente in estate. Laonde non me ne rimuoveano neppure i sudori abbondanti , che tratto tratto sopravvenivano, e prescriveva re- frigeranti, e vietava la continua dimora a letto. Vero è, che veduto, come essi le più volte giovano, altri non a torto potea promeltersì + . 159 da’ sudori grandi vantaggi; pure opponevasi la sperienza, dalla quale imparai non solo trar- sene vantaggio veruno, ma all opposto gran- demente riscaldarsi il malato, e la frenesia, e le petecchie, ed altri malaugurati sintomi te- nervi presso, che non tanto doveansi alla ma- | lignità della malattia come al tristo regime nella cura . Se mi si dica interamente opporsi un tale metodo di curar le febbri alla teoria degli au- tori i quali annunziano tutti a una voce esserne i sudori la via migliore, e più naturale, oltre il testimonio di una certissima e costante spe- i rienza che sempre ebbi in favore, ecco quali cose. adduco in difesa: io suppongo innanzi tutto, que dotti uomini, i quali domandano a torre la febbre sudori, intendano que’ sudori' che si escernono dietro digestione di un qual- che umore soggiornante. nel sangue, cui la natura elaborò per un certo tempo, affine di eliminarlo in via di traspirazione. Ma quì la cosa è ben altrimenti; perocchè fing da prin- cipio appariscono copiosissimi i sudori, e soli costituiscono gram parte del male; e se da tutti i fenomeni vuolsi dedurre qualche cosa, sembra piuttosto provenire la malattia da sem plice calore, ed effervescenza del. sangue , an- zichè da qualche umore nascosto che dopo dovuta concozione debba essere cacciato per sudori. Ma concediamo , abbiasi ella pure que- sta febbre a guisa delle altre un umore da maturare , perchè mai, dico io, noi che dob- td w + sig re Eo s 1260 i | | biamo regolare elfico i esaltati della matura; mato ice, che allora esercitava la medicina iñ Lon dra con lode molta, adesso la esercita a Pet- vorth.. Era egli preso da tal febbre, e i sudori erano profusissimi, e numerose erano! le petecchie . Di consentimento d’ alcuni’ altri: medici comuni amici nostri gli fu tratto San- gue, e detersogli il sudore :s’ alzò di letto , e la dieta, e i rimed] furono refrigeranti: n’ebbe ‘sollievo prontissimo, dissipossi ogni tristo sin- toma pericoloso; nè passarono giorni assai,’ che insistendo su tale metodo sì trovò intera- mente guarito. Es t Ma ritornando alla cosa; ła diarrea’ che soventi volte accompagnava questa febbre non mi facea per nulla dipartire dal mio metodo; che anzi io conobbi per esperienza, nissuna cosa meglio. arrestarla come 1 emissione di sangue , l acqua d orzo, il siero di latte, e gli. altri refrigeranti. Imperocchè un tale flusso dipende dalle particelle infiammate recatesì mercè le arterie mesenteriche nelle intestina , le quali velicate non può non venirne diarrea . ‘Ecco il metodo che nella cura di questa malattia ottimamente mi riuscì. Esso sari ì presso un uomo dottissimo il Dott. Mor- tI il w È, o. 161 îl più convenevole distuttivo Vero èy éd io ne fui testimonio, anche ‘con un metodo contrario ottenersi spesse volte ‘guarigione z-eo cardiaci voglio dire, ‘e col regime caldoz;-ima egli ë vero eziamidio ; corrersi in cotal modo un noti lieve pericolo , senza che vi ci astringa veruna necessità. Le petecchie dianzi scarse faceansi numerosissime; la ‘sete dappria lieve diveniva afdentissima ; la lingua che soleva essere mi> da, nè guari diversa dallo stato : di salute 3 tranne come dicemmo il biancheggiare un po- chetto”, inaridiva, e non. di rado mostravasi nera infine’ quegli stessi sudori cui tanto si studiavamo promuovere: co’ cardiaci, veniano per mezzo loro interamente a mancare. Impe= rocchè dissipatasi una grande quantità di siero, egia spogliatone oltremodo il sangue più non | Re potendo somministrare inaridia la cute, si eosiringeva’, contro quello, che soleva acca- dere ‘in questa febbre; finchè poi nuovamente ficuiperatone da ciò che il malato prendeva, parte pe medicamenti; parte anche per la forza stessa della febbre cacciavasi il nuovo siero e con. esso Cacciavasi il malore. Crisi ‘per verità sforzata: e grandemente pericolosa, e quel ch'è peggio rarissime volte. pur anco avveniva . =» Scioglievasi poi la febbre spesse fiate , come già di. sopra avvertimmo ‘a guisa del . va]juolo confluente per salivazione. Questa fu sempre salutare, e vid'io co’ miei occhi, quan- to più ella abbondava scomparire e macchie purpuree , e febbre. Vigente essa nissuna eya- Ton II Lair. cuazione era all'uopo, nè salassi quindi, nè clisteri poichè eravi pericolo divertire altrove l'umore. Ma convenivano bene, e promuo- veano quest esito il siero di latte, e gli altri refrigeranti, come all'opposto i cardiaci, e i calefacenti vi nuocevano inspessendo di so- verchio la materia . = Non era ancora pienamente scomparsa questa febbre che si vide sorgere una diarrea epidemica senza indizio manifesto febbrile : ciò sovrattutto ebbe luogo I anno 1668, e già la costituzione piegava alla dissenteria che nell anno seguente, come diremo apertamente. si- gnoreggiò . Pure io credetti, foss ella una stessa cosa che la febbre di che abbiamo par= lato, e solo ne differisse di forma producen= dosi sotto altro sintoma . Rigore, orrore so- leano pure precedere questa diarrea, e da pari cagione. proveniva . Quindi pare verisimile 4, traesse origine da particelle infiammatorie nà; volte alle intestina cui sollecitassero a tale espulsicne, mentre la massa del sangue mercè: una simile diversione rimaneva libera, e non, producevasi manifesto segno di febbre. Àg- giugni il già memorato sintoma e nel vajuolo ,, e nella febbre, cioè il non tollerare la com-: pressione allo scrobicolo del cuore . Pari do-: lore, e certa sensibilità $’ estendeva di spesso; alla regione esterna epigastrica; e talora videsii la infiammazione, che terminava in ascesso e: in morte. Dalle quali cose tutte appariva più chiaro della luce, fosse una simile diarrea di 163 uguale natura, ď ugual essenza della febbre allora dominante ; e la mia opinione era con- fermata dal felice evento che otteneano l’emis- sioni’ di sangue, i rimedj, la dieta refrigeranti ‘come avveniva nella febbre vajuolosa. Però tale diarrea altrimenti trattata, col rabarbaro Cioè co catartici lenitivi, onde cacciar que’ succhi, che dicevasi, irritando promovessero le scariche, anche cogli astringenti, da lieve cosa faceasi grave assai, e micidiale come si può vedere dal catalogo degli estinti di quell anno. Tali cose io aveva a dire sulle malattie epidemiche dipendenti da questa costituzione .. i n a SEZIONE ‘QUARTA * CADO LT Costituzione cpidemica di parte dell’anno 1669, e degli interi 1670, 1671, 1672 a Londra, iii} ipa = DY Ài cominciar d Agosto nel 1669 cominciarono; a manifestarsi una Colera ( Cholera morbus:)} de tormini gravissimi di ventre senza dejezio+ ni, come pure una dissenteria , la quale già da dieci anni era ben di rado apparsa. La Colera ch'io non avea giammai veduto co- tanto epidemica, come suol ella sempre, si tenne pure in quest anno fra i limiti d Ago- sto; appena appena toccò le prime settimane di settembre. 1 tormini di ventre senza deje- zioni continuarono sino al finir d’ autunno, e accompagnavano la dissenteria, e diffondevansi eziandio più di essa. L'inverno affatto li di- sirusse, nè più ve w ebbe negli anni conse- cutivi, in cui regnava questa costituzione ; bensì perseverarono grandemente epidemiche le dissenterie. Della qual cosa io penso, ne fosse cagione, non essere la costituzione an- cora sì bene dissenterica , che producesse in ciascuno tutti que’ sintomi propr} a simile ma- lattia. Smperocchè nel consecutivo autunno rincominciando-i tormini, rincominciò la dis- 165 senteria, e venné circondata da’ suoi propr} sintomi patognomonici. Infra questi tormini senza dejezioni, e le ricordate dissenterie chè discorrevano epidemiche , ecco sorgere un no- vello genere di febbre d'ambe le malattie com- pagua. Ella assaliva non solo gli affetti dà quelle, ma pur anco coloro, che ne erano esenti; tranne talora, e pur questo di rado, risentivano qualche tormine lievissimo, ed ora sciolto era l’alvo, ed ora costipato. Poichè tal febbre assomigliavasi d’assai a quella, che solea bene spesso apparire colle due mento» vate malattie, onde distinguerla dall'altra chia- meremola febbre dissenterica ; e ciò tanto più perchè come vedremo, in nissuna cosa distava dalla dissenteria se non per le nissune scari- che, continue e imolestissime in quest ultima, e per le cose che da tale evacuazione doveano necessariamente dipendere. All approssimarsi del freddo si tolse per qualche tempo la dis- senteria; però la febbre dissenterica infierì maggiormente: mostrossi pure in qualche luo- go il vajuolo , mitissimo a dir vero, e debole assai . Al principio del seguente anno 1670 cioè nello stesso Gennajo apparvero i morbilli, che di giorno in giorno aumentando non lascia- rono intatta veruna famiglia, assalendo almeno 1 fanciulli. Crebbero essi fino all’equinozio di primavera, quindi a pari passo a poco a poco scemarono , ‘nè più eravene in Luglio , nè più furono veduti per tutti quegli anni in che do- 166 minò questa costituzione, se non che l'anno vegnente alla stessa stagione ne colsero qual- cuno quà, là. i l Questi morbilli erano forieri d'un genere di vajuolo finallora a me sconosciuto, il quale siccome ‘irregolare ne’ suoi fenomeni affatto insoliti, e differentissimi da quelli della costi» tuzione precedente piacemi denominare ya]uolo anomalo della costituzione dissenterica. Simile vajuolo benchè infinitamente diffuso meno de’ morbilli, pure assali non pochi sino a Luglio, nel quale presero a dominare le febbri dissen- teriche ; però all avvicinarsi d'autunno cioè. in Agosto ritornarono le dissenterie, e fecero strage grande , maggiore che nell’anno addie- tro : fuggirono come per lo innanzi al venire dell’ inverno, ma vi rimasero e la febbre dis- senterica, e il vajuolo . Intorno al principio di Febbra]o 1671 so- pravvenute intermittenti terzane e l vajuolo , e la dissenterica fecersi rare. Cotali intermit- tenti non erano gran fatta epidemiche , però non mi ricorda d averne giammai vedute più, dacchè cessava quella costituzione tanto loro favorevole di sopra rammentata. Flleno giusta il costume delle vernali appena al di là del solstizio di state interamente scomparvero. In- cominciò Luglio e rinnovellaronsi le febbri. dissenteriche degli anni passati; procedeva l'au- tunno e per la terza volta manifestossi la dis- senteria meno violenta in vero che l’anno ad- dietro nel quale pareva giunta al più alto grado. 167 Arrivò poscia l inverno , ed ella per la terza volta fuggi; la febbre dissenterica e il vajuolo di nuovo funestarono il resto della stagione, . Però siccome abbiamo avvertito essendovi stata allo incominciar de due anni precedenti una qualche malattia fortemente epidemica , cioè i morbilli nel 1670, le terzane nel 1671, e sì avendo dominato, che impedivano al va- juolo d’estendersi grandemente, poichè al prin- cipio del 1672 quelle rimosse, videsi questo padrone assoluto d'ogni cosa, eccolo farsi sommamente epidemico, e rimaner tale fino a Luglio, in cui nuovamente mostraronsi le feb- bri dissenteriche: queste poi cedettero in Ago» sto alle dissenterie per la quarta volta venienti , le quali non solo furono meno numerose che negli anni andati, ma furono pur anco più miti, In verità era difficile decidere quale più potesse , imperocchè vedeasi quà e là sparso a un tempo il vajuolo. Io per me stimo che la costituzione non di molto favorevole alla dissenteria permettesse al vajuolo procedere pari passo, mentre ciò non avveniva in ad- dietro forte infierendo in Agosto le dissenterie. AI solito sparivano queste all'inverno, non però la febbre, e il vajuolo. Anzi costui allo- ra giusta suo costume riprendeva vigore, e regnava per tutta la fredda stagione. Si tenne pure in primavera, ed al principio di state, per altro più benigno d’assai di quello che non suole fare, Ma io quando dico, che l'una malattia isenteriche, e il vajuolo ; e il vajuolo non sol maneva, e la state. sino a Luglio, chè n'era 168 $ epidemica ‘è cacciata dall'altra come un chiodo da un chiodo non intendo, tosto questa inte= ramente si sperda, vo’ dire , solo divenir più. rara . Imperocchè in questa costituzione ritro- vavasi luna e laltra malattia, anche in tempo | loro meno conveniente , p- e> la» dissenteria, la cui stagione propriamente è l’ autunno”, non lasciava pure d’assalire or l'uno or l altro anche in primavera. Pertanto abbastanza mostrammo, come per tutta questa costituzione al venir :di Lu- | glio epoca sicura delle. autunnali» come Feb brajo delle: vernali , regnavano les febbri. dist senteriche; allo avvicinarsi maggiormente d’'au tunno sottentravano le dissenterie ; malattia ta dir vero veracemente autunnale ; queste dall inverno discacciate apparivano Je febbri dis+ tanto l'inverno ma la seguente primavera per- cacciato quindi, dalle febbri dissenteriche : talè era il giro delle cose durante questa costituzione. Vuolsi soltracciò osservare, che siccome ogni malattia epidemica serba presso i soggetti particolari suoi periodi, di aumento , di stato», di declinazione, li serba» altresì qualunque. co- stituzione generale producitrice dell'una o. dell’ altra malattia, e va. via via di dì in di cre- scendo; finchè tocchi ilpiù alto grado, e quasi pari. passo va quinci diminuendo finchè, inte- ramente ceda, altra sottentrandone , Rispetto «a: sintomi, tutti sono più atroci quando prima- | 169 sente ella apparisee;-s' anmmansano: a poco á poco , e sul fine diventano sì benigni, quanto il comporta la natura della rispettiva malattia. Giò sarà, che abbastanza il dimostrino la dis- senteria e il vajuolo-di questa costituzione To imprendo a trattare delle malattie, che in essa regnarono con quell’ ordine che. elleno natu- ralmente hanno serbato. sto str DA: C ARO fecero Colera: dell’anno ‘1669. NJ uesta malattia, che. come. già dicemmo,, grandemente erasi diffusa nel 1669. e più ‘che per- me in altro tempo fosse mai veduto.) S0- | pravviene in quella parte dell’anno posta tra | l'estate già fuggenie, e il sovrastante autun- i no; e ciò fa quasi con, quella fede, con. cui | ritorna la Rondinella a principio; di primavera, e il Cucco nel mezzo della: state. D'altro «genere. è quella Colera , che, accade in qua- lunque. tempo per: crapola -e «per ebbrezza, quantunque non dissimile di sintomi , quan | dunque non rifiuti un uguale metodo di euvra . | Facile è la conoscenza di questo male : sfre- nato vomito, e dejezioni d’ umori corrotti, con angustia gravissima, e difficoltà; dolore vee- mente d' intestina ; tumore di ventre e. disten- sione; eardialgia , sete, polso celere, e fre- quente , non di rado piccolo; e inuguale; ar- 170 i i dore, ansietà; oltracciò e nausee molestissime, talora sudori colliquativi, e contrazioni nelle gambe , nelle braccia, ed estremità fredde ed altri simili sintomi, che spaventando oltre- modo gli astanti infra sole ventiquattr’ ore traggono talvolta il malato. a morte. Avvi eziandio una colera secca proveniente da flati che per di sopra e per di sotto escono senza . vomito, e senza secesso. Non mi ricorda d’ averne mai più veduto, che una fiata sul principiare cioè dell'autunno di tale anno quan- do appunto era frequentissima P altra specie . Attentamente riflettendo, e dalla sperienza illuminato io venni a conoscere come voler cacciare co’ catartici quegli acri umori fomite della. malattia era lo stesso , che gittare olio sul fuoco . Il catartico quantunque dolcissimo perturbava ogni cosa, eccitava novelli tumulti. E se all opposto co’ narcotici, e cogli altri astringenti, io arrestava subitamente l impeto primo degli umori, opponendomi alla naturale evacuazione d'un umore, che pur doveva usci- re, chiudeva il nemico fra le viscere, e certa» mente avrebbe morto il malato. Per lo che io reputai convenevole attenermi a una via di mezzo, e in parte evacuar gli umori, e m parte diluirli. Di tal modo io già da molti annì impresi a felicemente curare questa malattia . Si faccia bollire un pollo tenerissimo mm circa tre cong] d acqua (1), sicchè il liquore Mea $ TER = PR E — ———_———————————————————— (1) Circa a ra pinte di Francia, 171 itenga appena gusto di carne: di questa de- ozione, o in sua mancanza, di birra con atte , tepidi entrambi ne bèva il malato co- iosissimamente : a un tempo introducasene grande quantità per clisteri sicchè ‘per intero e venga preso e venga restituito per secesso , e per vomito. Si potrà aggiungere e al cli- steri, e alle bevande di tratto in tratto un oncia di siroppo di lattuca, di viola, di por- tulaca, di ninfea o di qualcuno di essi, quan- tunque per se basii veramente la semplice decozione. Una sì grande quantità di liquore, o voterà gli umori acri, o li addolcirà. Dopo un sì solenne lavamento che dura tre o quattro ore un qualche calmante compie la cura. So- vente io fo uso del seguente. R. Ag. paralys. unc. unam , mirab. drac. duas laud. lig. gut. sexdecim ; e vi si può sostituire qualunque altro narcotico , Un cotal metodo di diluir gli umori parmi e più sicuro e più spedito, di quello non sia cpporsi a sì pericoloso male cogli evacuanti, o cogli astringenti; perocchè svegliasi pe primi ferocissimo tumulto, e si rovescia ogni cosa; chivdesi pe secondi il ne- mico in mezzo alle viscere : cltracciò si pro- trae la malattia, v ha sempre pericolo, e si può temere non gli vmori conteminino la mas- sa del sangue, e si accenda una febbre d in- dole trista. Però vuolsi avvertire, che se tu arrivi tardi , e dopo melte ore di vomito , e di de- Jezioni poniamo 10 0 12, sicchè il malato 172 trovisi sommamente esausto; é già gli estremi sieno freddi, ommessa ogni altra cosa’ vorrai tosto ricorrere all’ ancora sacra in questo male cioè ‘al laudano; nè sarà che sì presto ten ri». tiri; chè cessati pure e vomito, e diarrea vin-. sisterai mattina e sera ognidì sino a perfetto. ristauramento di forze, ed a ricuperata sanità, Questa malattia sebbene grandemente epi- demica egli è di rado che sorpassi Agosto. E qui ammireremo il sottilissimo artificio della natura nella produzione delle malattie epide- | miche ; chè sussistendo pur anco sul fine di Settembre le stesse cagioni producitrici Sei Colera, cioè-l soverchio uso de’ frutti nondi- meno ella non appare. Pertanto ove’tu‘vogli ben bene considerare i fenomeni della legittima colera di cui ora parliamo dovrai confessare differir essa grandemente da quella, che av~- viene in qualunque altro tempo dell’anno, quantunque nata da una stessa cagione, € accompagnata da molti stessi sintomi. È parrà, siavi particolarmente nell'aria del mese d Ago- sto un principio speciale atto a risvegliare una simile malatiia . 173 CAPO IL Diani di. parte dell’anno 1669, e degli interi 1670 ;713 ]2- } È) primi dì d’ Agosto 1669 ebbero: comin- iamento, come dicemmo i tormiui di ventre enza dejezioni,, e scorrendo l'autunno ugua> liavano in numero anzi sorpassavano le: dis- enterie, che con ‘esso loro eransi manifestate: r febbre, or nissuna: assomigliavano a tor- ini delle dissenterie regnanti allora, ed erano atroci-assai, e veniano ad intervalli; però de- jezione ‘veruna -o .di sterco fosse, o di muco . Procedevano. di pari. passo colle dissenterie ‘per tutto questo Autunno, ma mon così, come lo si disse, negli anni che vennero, nè più furono in tale costituzione epidemici . Ma poi- chè cotali tormini, nè per natura loro, nè pel metodo col quale prontissimamente cedevano non differivano gran fatta dalle dissenterie, io penso venirne a queste . Abbiam osservato, essere costumanza del- la dissenteria invadere quasi sempre al. prin- cipio d'autunno, e' scomparire. all’ avvicinar dell’ inverno. Però quando soverchiamente la costituzione la favorisca può sorprendere ora Y uno , ora l'altro. in. qualunque tempo; anzi mtorno al nascere;della primavera, ed anche prima, quando improvvisamente sopravvengà $ a forte gelo calda temperatura , può sorpren- dere moltissimi. Onde e- sieno pur pochi i. malati, se ciò avviene, abbastanza comprendo, che la costituzione grandemente la seconda. Così fu la cosa in quegli ami, e la dissente- ria immersamente dominò, e la si vide pure. quà là sul fine dell'inverno, e sul priricipio. di primavera . i Prende ella talora con rigore, con orrore; e vi succede universal calore, come nelle feb- bri, indi vengono torminì di ventre, e dietro questi le dejezioni. Spesse fiate nissuna feb- bre precede, e tosto appajono i tormini e se- guono le dejezioni. Avvi però sempre tor- mento, e depressione d’intestina e dolore allo scaricare, e frequenti sono le dejezioni, e un senso molestissimo quasi di discesa di tutti i visceri. Le materie sono mucose, talora sol- tanto vi si frammette sterco, nè ciò con molto dolore. Hannovi striscie sanguigne , qualche volta non se ne vede veruna; però purchè sieno frequenti le dejezioni. con tormini, e mucosità ella non sarà meno dissenteria. Se il malato sia giovane, o riscaldato pe’ cardiaci ha febbre, la lingna coperta di denso muco bianchiccio, e se il riscaldamento è grave nera anco e secca, abbattute lé forze , dissipati gli spiriti, indiz) molti di febbre trista. Nè solo ella è questa malattia dolorosa forte, e ripiena d’ affanno, ma meno drittamente trattata ha seco gravissimo pericolo; chè dalle frequenti dejezioni si esauriscono le forze vitali innanzi 175 gue. Raffreddansi l'estremità; e sopraggiunge ‘anche in breve tempo morte. Che se avverrà per ora scamparne attendono lo infelice mia- lato sintomi di diverso genere: p. e. talvolta a malattia inoltrata invece .de’ filamenti san- guigni che soleano dapprincipio mescersi alle dejezioni, mandasi ad ogni scarica sincero sangue, nè misto a muco pure, e in larga quantità, lo che siccome indizio di corrosione a grossi vasi sanguigni minaccia estremo fato. Non di rado per sì grande incendio eccitato dall’ acre materia e calda viene gangrena inte stinale insanabile. Oltracciò sul fine della ma- lattia appajoùo spesse volte afte all’interno della bocca, alle fauci specialmente, quando siasi riscaldato a lungo il corpo, e impedita l'evacuazione della materia peccante cogli astrin- genti, non cacciato innanzi tutto co'icatartici il fomite della malattia. Tali cose annunciano d ordinario morte imminente. Che se il ma- lato duri, e traggasi la malattia in lungo, sembra che le. intestina, ne vengano prese l uno dopo l’altro e con ordine, finchè intto cade sul retto e finisce in tenesmo. Allora ben altrimenti di quello , che soleva avvenire nella dissenteria, fannosi le dejezioni sterco- rose dolorose assai, che radono le fecce di- scendenti il troppo sensibile intestino ; mentre le dejezioni mucose nella dissenteria non ge- neravano molestia che al solo retto, poichè la solo radunavasi la materia, e quindi erane possa separarsi la materia morbifica dal san- 876 ‘€ E cacciata: Questa malattia» aticorachè > soventi fiate mortale agli: adalti vin (ispecie ai vecchi riesce, a’ bambini ‘benignissimà . Essi dla “sopa portano talora «de mesi senza incomodo tae purcliè: ogni cosa:sòabbandoni alla matura. | ance Qual rassomiglianza vistabbia strà ila ot descritta dissenteria; e labendemica presso gli Irlandesi rio \ veramente nol iso!direj poichè non mi vennesfattosvederla: giammai: Nè . so dire. pure. quab rapporti «serbi œssa colle dissenterie} che :regnarono nels nostro: paese negli anmivada. dietro» perocchè spotrebb! essere, ‘nascesserò varie specie di «lissenterie, sa «guisa dellewarie specie ‘di vajuolo; e.d'altre’malattie epidemiche nelle:.varie costituzioni pesche richieggono in. qualche cosa differenza nel método divcurarle: Nè. sarà. perciò;; che noivrimanghiamo sorpresi degli..scherzi della. naturas Ognuno sa; che quanto pi penetriamo. nell’opere di lei, -tanto più ine; sir appalesa ‘quell’: immensa varietà , quell’ artificio. divino «che avanza» di gran hunga il nostro;intelletto. Onde vano? sarebbe il cre- dere poter uomo comprenderne c'indagarire tutte le operazioni. Clie.se altri puriàlcuna cosa vie- - ne a conoscere per quanto utile scoperta possa essere. s atterida «oltraggi;»e per ciò solo che n’ era; primo conoscitore.» ip: pilot Dobbiamo «inoltre osservare, che tutti 1 mali. epidemici..come primanescono dal ‘seno della natura , per: quello» che: possiamo dedurre da loro fenomeni sembrano forniti d un prin- cipio; più spiritoso., e .sottile:; essi assar ne per- Ur) “ly è i77 perdono crescendo, e volgendosiva fine diven= gono d indole ben più: crassa.. Imperocchè qualuuque cosa sieno esse tali particelle nocive frammiste all’ aria, ‘che cerediamo:; formino la costituzione epidemica; noi possiamo ben ve dere essere dotate di maggiore virtà al primo nascere che non dopo infrante loro» le forze. Di tal modo: ne’ primi mesi: in cui dominò cla peste vedeasi quasi 'ogni»giorno; cader per" le strade subitamente ‘estinto ; chi per do innanzi non aveasi provato ‘alcun-male: mentre invecs chiando la malattia: nissuno: mai’ cadde, se non preso prima da febbre, e dagli altri sine tomi. Onde si comprende, la peste essere stata ne suoi principji'bem più violenta, ed acuta che non dappoi; quantunque meno mo mini uccidesse di quello non facesse in seguis to, perchè allora meno estesa... I Od inner Del pari nelle dissenterie di che parliama | tutti i sintomi apparivano più» atroci nell’ in- | Gominciamento ; minore è vero il numero de malati, che di dì in: dì aùmentando!«è giunta la' malattia a suo“ stato! fattosi:»grandissimo5 più in conseguenza ne» morivano; che non dapprincipio ; però eglivè certo che :dapprinci+ io erano ì sintomi assolutamente più atroci’, di quello fossero nello stato, nonche nella declinazione , e se risguardi il picciol numero de malati di que primi. tempi senza dubbio! era ld mortalità ‘maggiore. Aggiungi che più la malattia “durava ;0 e più pareva divenisse umorale p. e. nell'autunno in cui. ella prima= Tom. 1. 12 ? i 178 gi mente apparve maniféstavasi presso moltissimi. senza dejeZioni, ma i tormni, ma la febbre, ma la subita prostrazione di forze, ed altri sintomi, terribili cose «tutte , e di gran lunga maggiori che negli anni venuti dappoi. E le prime dissenterie con dejezioni parevano for- nite di principj più spiritosi, più sottili, men= tre i conati, le irritazioni a scaricare e mag=- giori erano e più frequenti, e meno dejezioni, sovrattutto stercoracee . Ma in seguito dimi- nuirono gradatamente: i tormini, meno mucose | si fecero, le ¿scariche , sicchè. sul: fine quelli appena vi aveano,, queste appena erano tali. s197 Ora;per procedere alle indicazioni curative dico, che dopo diligenti, e longhe- considera- zioni sui; sintomi. di- questa malattia parvemi non foss ella>niun’ altral cosa , che ‘una febbre particolare rivolta all intestina col. cui favore attraverso. le atterie meseraiche ivi deponeansi i caldi umonis ed acri contenuti nella massa del sangue; € che l'agitavano. Per lo che forzati dall'impeto. gli orific] de vasi si aveano dejezionisamguigne . Intanto. per» l importung sforzo delle ‘intestina onde cacciare tali umori acri or più ‘or meno mandavasi di quel muco , che natnralmente le' riveste. Quindi parevami ; queste. fossero le indicazioni, rivellere tosto mercè: nd salasso ‘tali umori acri; temperare la massa del sangue, evacuare quelli co purgativi, Ecco il:mio metodo : come prima mi re- cava presso un malato + prescriveva un’ emis- sione di sangue al braccio; la sera sommuni» 179 strava un calmante, e la mattina ‘(del dì ve- gnente una pozione catartica, lenitiva. R. Ta- marind. unc sem: fol.sen. drac. duas , Rhei drac. un. etsem. cog s: 9: aq. Colatur. unc. tribus dissolv. mann: et syr. Ros. solut-ana unc. unam. Prendasi di buon mattino . Io soglio preferire questa pozione a qua- lunque elettuario ove. siavi poca quanuta di Rabarbaro ; perocchè quantunque egli sia de- stinato ad evacuare la bile, e gli altri umori acri, pure se non è misto.a manna, 0 a sci- roppo di rose, o ad altro, onde innalzarne la virtù purgativa è poco conveniente nelle dis- senterie. E-siccome ‘poi»sì sa che i catartici anche lenissimi, e solo eccoprotici accrescono i tormini, apportano abbattimento se disordine universale pel tumulto che svegliano nel san- | gue, e negli umori, è mio costume però som ministrare il calmante un po prima di quello soglia farsi d’ ordinario» dietro i catartici, a qualunque ora: cioè dopo mezzodì ; purchè sia. cessata l’azione del purgante. Purgo due altre Volte ugualmente a giorni alterni, ed ugual- mente appresto il calmante. Anzi ne’ giorni in cui non cade il purgare prescrivo il. calmante mattina e sera onde debellare la ferocia de’ sintomi ed ottenere tregue, affine di poter cac- ciare per intero l umor peccante. To mi ser- vivà principalmente del laudano liquido a 16 o 18 gocce in qualunque acqua cardiaca, e ciò per una dose. Dopo il salasso, e dopo aver purgato una 180 volta concedeva per tutto il corso della maa lattia un qualche dolce cardiaco; come l’acqua. epidemica, l'acqua di scordio composta e simili | ; p. e. R. Aq. Ceras. nigr et Frag:aña unc. tres aq epidem. scord. comp. et cinnam: hordeat, | l ana unc. unam , margarit. praeparat. drac un. LA et sem. sacch. chrystal. qs: adde ag. ros. da- Eo - masc. unc: sem. m. fi lulap. Di questo prenda | i? malato 4 o 5 cucchiai a piacere in caso di languori. Tali cose soleva io ‘usare sovrattutto presso le persone “d'età avanzata e di tempe- ramento flemmatico: onde ‘rialzare gli spiriti, dalla forza delle dejezioni soverchiamente ab- i k battuti. La bevanda era latte bollito con un triplo d' acqua‘, oppure era la decozione bian- ca, come dicono, che si prepara facendo bol- | lire in tre libbre d’acqua due once di corno e di cervo e due di mica di pane bianco da ridursi a due libbre y indi si aggiunge zuccaro q. d. onde: farla piacevole; e dava -pure del latte con birra, e quando molta era.la debo- lezza facea bollire insieme due libbre d' acqua e mezza libbra di vino delle canarie ; beveasi freddo . Per vitto talora una panatella , talora de brodi di carne di pecora magra. 1. vecchi volea, stessero a letto, e bevessero acqua cardiaca più che i giovani, e i fanciulli . Tale è il metodo che sopra gli altri mi riuscì feli- cissimo nel trattamento di questa malattia . Dopo il terzo catartico era ben raro non ce- desse tosto ogni cosa. Che se mai persisteva il male , io som- RA RE TT 181 miuistrava il paregarico, suddetto mattina sera , finchè interamente non» risanasse il malato 5 anzi a maggiore certezza non dubitai ripeterlo ogni otto ore, cioè tre volte in un giorno naturale , ed a maggior dose fino a xxv. gocce quando la prima non era sufficiente. Oltracciò prescriveva ogni giorno un clistere d'una lib- bra e mezzo di latte vaccino e mezz oncia di triaca d' Andromaco , eccellente in ogni flusso di corpo. Nè mai da sì frequente uso di nar- cotici mi tornò male, comechè cotanto ne temano gli inesperti; e vidi alcuni malati insi- stervi continuamente per alcune settimane , Però vogliamo avvertire, che se il flusso non sarà, che semplice diarrea, ommessi il salas- $0, e i forti purganti sarà bastevole una mezza dramma di rabarbaro più o meno, giusta le forze. del malato con sufficiente quantità di diascordio fattone un bolo aggiugnendovi due gocce d'olio essenziale di canella; e nelle notti consecutive si appresterà un calmante di xiv gocce di laudano in un’oncia d'acqua di ca- nella orzata. Dieta pari alla già descritta, e se sarà mestieri, ogni giorno quel già lodato clistere. Ma ciò sia detto di passaggio, To non volendo annojare. il lettore stimo addurre un ‘solo esempio in proposito. Tom- maso Belke Prof. in Teologia uomo di pietà ‘somma, di somma erudizione Elemosiniere «del Conte di S. Albano durante questa costi» tuzione preso, da acutissima dissenteria fu da me trattato in tal guisa e perfettamente risanò, 182 I bambini richieggono lo stesso metodo; solo avvertendo all’ età loro trarremo meno sangue, minore sarà la dose de rimedj sì de” purganti come del paregorico . Due gocce di laudano basteranno per un bambino d un an= no. Il laudano di che mi serviva -era ridotto a questa semplice composizione: R. Vin. Hisp. lib. unam , opii unc. duas , croc. une. unam , pulv. cinnam. et Caryophil. ana ‘drac. unam . Jnfund. simul in B. M. per duos wel tres dies 4 donec liquor debitam consistentiam acquirat . l f i $ Colatura servetur. pro usu. lo credo doversi anteporre questa nostra preparazione al lauda- no solido delle officine‘, non per ispeciali virtù proprie, ma per la forma più comoda di som= ininistrarlo , e maggiore certezza di dose, po- tendolo mescere al vino, all’ acque distillate, o a qualunque altro liquore. E qui pieno di gioja io non ` posso mon considerare, come l Onnipossente fonte verace d'ogni bene nis- sun altro rimedio nè pari in debellar malori’, nè più efficace in estirparli abbia agli uomini conceduto degli oppiati; medicamenti cioè tratti da una qualche specie di papavero. E con iutto che sienvi taluni i quali estimano per> suadere ai creduli , tutta la virtù de’ narcotici: in ispecie dell oppio dipendere da arte pro- pria, soltanto ad essi loro conosciuta ; non v avrà persona la quale giudicando per la spe- rienza, e sovente adoperando e il semplice oppio quale cel dà la natura, e i suci pre- parati, non comprenda esistere fra essi diffe- | 183 nza veruna , e tutti doversi suoi effetti am- nirandi a propria bontà natia, anzichè ad arte uomo straordinaria. Che anzi egli è l oppio in mano di prudente sì necessaria cosa in me- e potresti dire, zoppicasse. Chi. però saprà maneggiarlo a dovere opererà cose maggiori d'assai di quello, possa mai altri da un. solo rimedio aspettare. E incolto mostrerassi gran- demente colui il quale creda l’oppio soltanto convenevole a conciliar sonno, a sedare do- lori, ad arrestare diarrea. Egli a guisa della spada delfica, è rimedio prestantissimo, a in- finite altre cose appropriato; vo’ dire quasi l’unico cardiaco finora nella natura delle cose discoperto . Tale era il metodo generale di trattare le | dissenterie. Osserveremo però , che. siccome rà al primo anno di natura più sottile e più spiritosa non obbedivano sì prontamente al catartici, come piuttosto:a que’ rimedj che e diluivano e temperavano , il: sangue e gli acri umori separati nelle intestina . «Per. la qual cosa in quel autunno quando primamente ap- parvero i tormini secchi; e le dissenterie io m' appigliai sempre al seguente metodo ad en- trambe le malattie convenevole, e n’ ebbi do- vunque snccesso. Ma venne l'inverno, e mi accorsi com’ egli diveniva meno efficace; e negli anni consecutivi tanto più; allontanan- dosi la malattia dalla ‘primiera sottilità erasi fatto al iutto inutile; _ dicina, che senza esso male ella n’ andrebbe. E o oa Y 184 Ecco dunque il mio metodo: se giovane. era il malato; e con febbre ordinava un sa= lasso al braccio; dopo una o. due ore dovea bere una sì grande quantità di liquore come nella colera. Non era però brodo di pollo nè Jatte con birra, ma siero di latte, e freddo ; ‘solo voleva lo si introducesse tepido per cli. stere e senza zuccaro ‘od altra cosa. Renduto il quarto clistere io osservai sempre dissiparsi i tormini, nè più le dejezioni essere frammiste a sangue. Dopo simile: operazione; ehe potea durare due o tre ore, tosto collocava a letto il malato, e in brieve. tempo mercè il siero di latte misto al sangue ecco lui coprirsi di madore; che per 24 ore lasciava per se stesso continuare. Nulla intanto io concedeva che latte appena tiepido; anzi già da tre o quattro giorni sorto il malato null’ altra cosa ei doveva prendere che latte. Se o per troppo presta uscita da letto ,,0 per. immaturo abbandonare tale nudrimento rinnovellavasi la malattia , rin- cominciavasi del pari la cura. Se questo me- todo sarà sicuro e pronto, io spero nissun uom prudente vorrà ripudiarlo, perchè ignudo del pomposo apparato de rimed) . Che uma cotal febbre , accompagnata da cotali sintomi si riscontri in que’ tempi, e là dove regna epidemica la ‘dissenteria, e che vi corrisponda eccellentemente il metodo sudde- scritto io vo provarlo icol testimonio: q un uom probo;. ed: erudito, il Dott. Butler. Seguiva egli il nobilissimo Signore Enrico Howard Amba- 185 ciadore del Re d'Inghilterra a Marocco e vide vi discorrere allora, come sempre, epidemica a dissenteria, e una febbre ad essa congiunta guale alla febbre da noi descritta . Egli, e in Tanger, e altrove, o fossero nostri, o fossero Mori pose sempre in opera il suddetto meto- do, e sempre con esito felice. Certo è che ned egli l' avea da me; ned io da lui, e di- stantissimi c’incontrammo fortuitamente in uno stesso modo di medicare . Però ei mivriferiva tosto cedere: le dissenterie , quando impiega- vasi un'immensa quantità di acqua: Ed io estimo ciò tanto più dover riuscire in quelle regioni caldissime, che nella nostra Brettagna. In quell autunno quando per la prima ‘volta manifestossi questa costituzione Daniele Coxe Dott. in Medicina, e per ingegno e per ‘sapere commendabilissimo assalito da acutissi- ma dissenteria mi consultò : io lui proposi un tal metodo, e presto, e sicuramente, e pia- ‘cevolmente fu risanato; dopo il terzo o quarto clistere , mentre io ancora gli sedeva presso svanirono i tormini, nè più v avea sangue nelle dejezioni : rimase a letto, visse di latte, e in brevissimo tempo senza più ricuperò la salute. Alla stessa guisa guarì ei medesimo sul finir dell autunno moltissimi dissenterici, ma nel vegnente anno a lui pure un tale me- todo fallì. Gia noi dicemmo come spesse volte que- ‘sta malattia, se. protraesi a. lungo, attacca successivamente tutte le intestina discendendo , 186 iti, e giunta alla fine sal retto genera infinita voglia. di scaricare, ned altro (esce. che poco muco sanguinolento . In tale caso io credo mutile. affatto qualunque de’ metodi già detti e «inutili; 1 clisteri detergenti; agglutinanti, od astrin=. genti che sogliono adoprarsi. in varj tempi data presenza .di ulcere; e così pure inutili le | fomenta i suffumig}; e le: supposte . Imperoc=, chè egli è chiaro; anzichè per ulcere del retto! ciò avvenire In quanto, a misura, PIERA ReR forze le intestina sospingono gli avanzi della. materia morbifica al retto} quindi di continuo | irritato trovasi astretto espellere quel muco di che provvidamente la natura vestì simili parti. Vnolsi dunque ; per quanto si può, corroborarlo. ad esempio degli altri intestini onde valga eli- minare gli scarsi avanzi del male. Al proposito converrà soltanto fortificare l universale; un topico qualunque come corpo estraneo appur- terà mercè il molesto contatto più di debo- lezza che di vigore. Per la qual cosa attenda ‘paziente il malato, che una dieta nutritiva, un qualche piacevole liquore cardiaco :di cui beva a volontà gli ritornino le smarrite forze, e per se stesso torrassi a poco a poco un tale tenesmo, Avviene qualche volta comechè rado as» sai, che una dissenteria: non bene trattata a principio, perseveri per alcuni anni acquistata quasi la intera massa del sangue un tempera- mento dissenterico ; d'onde piovono sempre alle intestina acri nmori, e caldi; però il ma- lato attende mediocremente a sue domestich” pe 189 »isogna..Di ciò;, non è gran tempo passato, mi s$ offerse! un» esempio in una donna mia icina : ella già. dabtre anni nera afflitta gine ano. aVea sperimentata infinità di rimedi : a me- viene, ommnetto : tutto, prescrivo un sa- asso ; e il ‘colore pleuritico del sangue , e il ollievo evidente. che ne procedeva. fanno, shio lo-ripeta! più volte, però a lunghi inter- valli; senz’ altro. guarì. val Innanzi che: ponga fine è da osservare, che quantunque in. questi anni in cui regna- vano .cotanto le dissenterie epidemiche» pria di discendere al laudano fosse assolutamente ne- cessario attenersi a quelle già ricordate eva- cuazioni; in altra circostanza però , quando meno la costituzione sia loro favorevole si ‘possono senza tema ommettere , tosto venire al laudano , che adoprato nella maniera. sud- detta prestissimamente compie la cura. Tali cose voleansi dire sulla dissenteria . Gi Ar Pair e dV: i Febbre continua di parte dell’ anno 1669, e degli interi 1670, 71; 72. IR quel medesimo tempo che infieriva. la dissenteria nacque una febbre a quella . simi- lissima, che soleva prendere i dissenterici: ella ‘però assaliva que’ pure che non erano tali, tranne talora e di rado, a vestir tormini però ‘spesso. non veion era missuno. I sudori che 188 È mon ‘gravi, edora con dejezioni, ed ora senza, | Le cause manifeste ed apparenti dovunque eraz no le stesse che quelle della dissenteria ; nè avea ‘sintomi differenti dai sintomi della febbre de’ dissenterici. Per verità toltene le evacua=! zioni ; e ciò che da loro dipendeva essa sem- brava somigliasse alla dissenteria assai, e pari ne avesse la natura. Subì in tutto il corso della costituzione uguale alterazione ‘di sinto mi, uguali differenze, cioè rispetto all aumen to, allo stato, alla declinazione . Per lo che ‘me parve chiamarla febbre dissenterica . | Invadeva ella come abbiamo detto, e spe cialmente ne primi anni, talora con. tormini x ma lievi, talora questi appariano dappoi; più! nella febbre della precedente costituzione erano | copiosissimi , in questa rare .volte. vedeansi , el scarsissimi; mail dolor di ‘capo ben più cro- dele che in quella; quì pure la lingua umida, e bianca, ma;coperta oltracciò d'una crassa pellicola. Di rado assai vi ponea fine lo ftia- lismo ; sopra qualunque altra febbre inclinava piuttosto alle afte; mentre: era ad esso comu- nissimo siccome lo era alla» febbre che accom- pagnava propriamente la dissenteria, la depo- sizione di materia acre alla bocca, alle fauci ciò» principalmente avvenendo presso. chi più lungo malore ‘avea macerato, o un regime più. caldo del convenevole affievolito . Nella stessa guisa generavansi quelle afte che tuttodi so- ‘pravvenivano nelle dissenterie ostinate e con i 189 kbbre, e soprattutto ‘quand’ oltre il regime baldo frenavansi cogli astringeuti le dejezioni Innanzi che’ e (col salasso } e co purganti si bacciasse il fomite della malattia” ona vesti erano ‘i certissimi Criterj. di- tale febbre . Gli altri sintomi variavano : ogni anno per le manifeste qualità dell’aria giusta i Hiversi tempi, e ‘pel’ progresso ‘in “generale fella dissenteria, come anche‘ pel vario suo tato. Ma affinchè questo apparisca più chia amente mentre si è appunto per un tale ar= ificio , che la natura trionfa nella produzione elle malattie epidemiche, prendiamo la cosa a più alto. Fgli è da osservare pertanto, ‘che quantunque le manifeste qualità dell’aria non anto influiscono sulle costituzioni, che vaglia- no propriamente a produrre le malattie epide- miche, riconoscendo queste una cagione: asco- sa, inesplicabile : pure hanno sovr esse giusta à diversi tempi certa podestà, e nè promuo- vono lo sviluppo, e le vanno rattenendo se- condo che sieno loro favorevoli, o avverse, Ma la costituzione universale rimane ad ogni modo interamente la stessa; Onde avviene, che quando cadono ‘sotto una ‘medesima costi- tuzione varie malattie epidemiche , le une si sviluppano piuttostò a una stagione , le altre particolarmente a un’ altra’ seguendo le qualità dell aria loro più confacenti. Perciò la febbre stazionaria qualunque ella sia, che spetta ` all epidemie di quell’anno, infierisce specialmente in Luglio, al cui principio assale infinità d’uo- a è GIRA 190 ; 3 mini; però avvicinandosi. l'autunno «dà luogo $ nuovamente alla.principale malattia dell’ anno. Imperocchéè riscaldati i corpisdalla state. ven- gono facilmente invasi da quelle febbri proprie | alla costituzione generale, le quali tosto scom- pajono al, ricomparire idella malattia epidemica allora predominante... Siccome però egli è..dalle qualità sensibili - dell’aria che tali, febbri stazionarie nascono in Luglio ; da quelle stesse qualità proprie a quel mese nascono «varj: sintomi. ad esse» affatto stranieti,, inquanto. dipendono esse febbri dalla generale costituzione... Quindi in quegli anni che mostransi in gtan numero nel sud- | detto mese, vengono. accompagnate, da varj È sintomi nuovi, oltre que’ dipendenti dalla co- | stituzione generale ; pure. rimangono le. stesse tuttochéè.il volgo, per la diversità de’ fenomeni le chiami nuove... Ma non durano . che. poche settimane questi particolari sintomi. non -rite- nendo pel resto dell’anno, che que’ proprj loro ins quanto sono (febbri stazioniarie. di una data costituzione fin Tali cose se. apparivano chiare mell’ altre febbri,.tanto più le apparivano nelle dissente- riche di Luglio del 71r, e 72. Grande affanno nella prima, vomito di- bile eruginosa,, pro- pensione sul fine alla diarrea: nella seconda dolori muscolari sovrattutto agli arti. a guisa di reumatismo, infiammazione di fauci, più mite però. che. nell’ angina. Ambo cotai sinto- mi ritrovavansi nella medesima febbre speci- LS ki ror fica; ed ambo ‘erano vinti da un medesimo metodo di cura 5 differivamo soltanto’ rispetto alle qualità dell’aria nelle quali aveano luogo. Lia improvvisa e subitanea comparsa di queste febbri. ‘al, principio» di Luglio, e 1 nuovi sinto- mi che per qualche tempo le accompagnavano ( che non differivano però» nè: per ispecie'; nè per. metodo di cura ‘dalla febbre di tutto vl’an- no ) apertamenterci mostrano quanto: sia dif- ficile indurre iw“ogni tempo dai fenoñieni la specie della febbre. Però la potrà” abbastanza riconoscere coluivche esaminerà con attenzione T altre malattie "correnti in quell’ anno ed’ os- serveràè inoltre i sintomi propr) della “febbre i quali risguardano "oil unono l'altro modo di evacuazione. Nè contribuisce poco al ritrova- mento della specie il considerare quale metodo quale rimedio più facilmente la vinca . 'L altre ditferenze: ne’ sintomi che accompagnano le stazionarie risguardano solo i varj tempi della costituzione ; e o° più intensi, 0 più rimessi li vedi secondochè-i' sintomi ‘dell’ altre malattie epidemiche cui appartengono sono appunto o | più intensi o più rimessi. Ma ritornando alla cosa ; questa febbre che: venne colle: dissenterie , stette di pari passo ' con esse; se non che scemò qualche cosa quando gli altri epidemici di questi anni prevalevano però o più o ‘meno vigorosa per- sisteva durante intera la costituzione . Rispetto alla ‘cura di questa febbre sic- come aveva osservato la grandissima rassomi- E x 192 > li x glianza.tra i sintomi di lei, ei sintomi della febbre de’ dissenterici mi parea. cosa ragione- vole „iche ove avessi in qualche parte imitato quella evacuazione con cui la natura suole. cacciare-la materia acre e- corrosiva cagione prossima e della dissenteria. e della febbre, 10 avrei potuto risanare chi perciò giaceva: Onde mi posi a combatterla collo stesso metodo , in. quanto però a' salassi, ed a’ purgativi ;»mentrei | in quanto a' paregorici frammessi ai purganti , anzichè giovare qui nuocevano' ritenendosi di . tal guisa quelle materie; le quali doveano eva- cuarsi. Poltiglie. d’avena,;»di orzo, panatelle e' simili.erano il cibo, che io permetteva»su' | primi di; tenue birra intiépidita per:bevanda . Dopo (aver purgato: una 0.due volte., niente proibiva. T uso delle carni «di pollo , e simili alimenti facili a, digestione. Tre: purganti posto sempre fra essi un giorno scioglievano. d’ordi- nario ogni cosa; però talora se ne chiedevano iù. Sergià cacciata la febbre fosse ancor nel malato . abbattimento di forze, e tardasse' lo ristabilimento, come avviene sovente-nelle don- ne isteriche, poca dose di laudano: tutto ripa- rava, chè tosto faceano ritorno gli smarriti spiriti ; di rado fu mestieri ripeterlo; nè mai lo prescrissi che due o tre.giorni dopo Pulti- mo purgativo. Nulla però più valeva a ristau- rare le forze che a la febbre il libero uso dell’ aperto aere. 1 Ve ciò che m’ indusse primamente al metodo ora esposto. Era. il. principio della j costi- gi la i Y A. j t z I tuzione; io stava indagando quale fosse la matura di questa febbre; sono chiesto pressa una giovinetta mia vicina che giaceva per feb- bre con grandissimo dolore al sincipite, e con altri sintomi propr} della dissenterica. Inter- rogata e del come n'era ella stata presa, e da quanto tempo, rispose, già da quattordici giorni essersi liberata dalla dissenteria allora epidemica, e tosto questa o per se stessa partita, o in virtù de medicamenti, essere sopravvenuta la febbre col dolore di capo . Io congetturai poter benissimo riparare a tali cose promuovendo un evacuazione similissima a quel- la che arrestata produsse la febbre; perciò m appigliai al suddetto metodo e in breve tempo guarì, e in breve tempo cedevano pur di tal guisa tutte le febbri di questa costitu- zione . Imperocchè io fui sempre d’ avviso non essere bastevole a comprovare l'eccellenza d'un metodo nelle acute la felice riuscita, mentre ciò avviene talora anche per temerità di don- nicciuole ignorantissime; ma volersi anco, ceda la malattia quasi di propria volontà, e simuli, vorremo dire quasi spontanea partita. Ma que- sto sia detto di passaggio . . Al cominciare di Giugno 1672 il nobilis- simo uomo, e prudentissimo il Conte di Sa- lisbury ammalò di questa febbre con tormini, senza dejezioni; venne chiamato, e il mio me- todo tosto il ritornò in salute. Nè fu mestieri mai d'altra cosa; finchè durò questa specie di malattia . Tom. x. 13 Sd 194 i Ne giovani e talora anche nelle persone d'età un po’ avanzata prendeva qualche volta. il capo, onde avveniva delirassero, non come. nell altre febbri a guisa di frenetici, ma erano presi da stupore vicinissimo al Caro. Questa sovrattutto avea luogo quando a principio erasi in ogni modo tentata, e male a proposito la; mossa de’ sudori. Non mi fu mai possibile in tale circostanza salvarne alcuno, benchè ten tassi premuroso ogni mezzo finora conosciuto 1} Ciò basti sulla febbre di questa costituzione » | CrP O: Na Morbilli dell anno 1670. ; "intern loro costume prontissimi apparvero. ì morbilli al principio di Gennajo 1670, e. di dì in dì aumentando intorno all’ equinozio di Primavera erano giunti al più alto grado? indi passo passo diedero volta, e in Lu- glio erano pienamente estinti. Poichè sovra. quanti ne vidi questi pareanmi in loro genere perfettissimi io ho in pensiero descriverne la. storia, secondochè meglio ho potuto allora. osservare, esatta. i Nasce questa malattia, e si spegne ne tempi or detti. D’`ordinario assale i fanciulli e tutti affatto nel paese ov ella è. Al primo dì freddo , calore si vanno mutuamente succe- deudo ; aperta febbre al secondo con male as; È 195 sal, sete, inappetenza, lingua biahca, ma non secca, poca tosse, peso al capo , agli occhi, sonnolenza continua. Per lo più stilla dagli occhi, e dal naso un umore abbondantissimo lo che è indizio certissimo di morbilli. Ag- giungeremo un non men certo segno l'apparir essi in faccia sotto specie di pustole , e\sul petto piuttosto come larghe macchie rosse niente rilevanti sulla cute, sternutazione come da raffreddore, un po’ innanzi. l eruzione in- tumidiscono le palpebre, vomito , più sovente diarrea e dejezioni verdastri , cosa che massi- mamente avviene ne bambini che mettono i denti. Essi sono più del solito tristi. Tutto cresce d ordinario fino al quarto giorno ; allo- ra, talvolta anche al quinto, escono sulla fronte, e sul resto della faccia piccole mac- chie rosse similissime ai morsi delle pulci, le quali e più numerose fattesi, e più larghe si radunano a grappolo, e pingono il volto a varie macchie rosse di varia figura. Tali mac- ‘chie sono composte di piccole pustolette vici- nissime , un po’ rilevate sulla cute di che più della vista s'accorge il tatto. Dalla faccia, che occupano la prima passano a poco a poco al petto, al ventre, alle coscie alle gambe, ben- chè agli arti, al tronco non mostrinsi le mac- chie rosse senza veruna eminenza sensibile.. Ne morbilli non calmansi i sintomi all eru- zione come nel vajuolo; non mi venne però mai fatto d’ osservare dopo essa vomito ; la tosse, la febbre aumentano, e il difiicile re- ` 196 i spiro , e la lagrimazione, e la debolezza d’oc- chi, e il sonno perpetuo, e la inappetenza! perseverano tuttavia. In sesta giornata, (0) cira ca, la fronte, la faccia si fanno aspre, chè scompajono le pustole, si rompe la cuticola, @ larghissime si fanno allora le macchie pel cor po, e rossissime. In ottava più non veggonsi macchie in’ faccia, e nelle altre parti appena sì conoscono ; in nona più niuna affatto ; li faccia invece, e gli arti, e talora tutto il cor po sono cospersi quasi di farina, chè la cud ticola rotta, e un po elevata, si stacca if pezzi, e cade come a squame. Scompajona adunque i morbilli d'ordinario all’ ottavo gior no , e il volgo ingannato dalla durata del va=f juolo , crede , rientrino, quantunque abbiano veramente compiuto il loro corso, e i sintomi che sopravvengono a tale epoca, pensa, pro “i cedano da simile reingresso. Diffatto cresce. 4y allora la difficoltà di respiro, fassi più impor=. tuna la tosse sicchè nè di dr, nè di notte pud i il malato prender sonno. Inchinevoli a ciò! sono sovrattutto i bambini, che onde promuo=, vere l eruzione soggiacquero a regime caldo ,, a’ medicamenti caldi. Questo avviene sul finir del male e termina in peripneumonia per cut. più ne muojono, che pel vajuolo stesso, o per qualunque altro rispettivo sintoma. Però 1 morbilli ove sieno rettamente curati non sono riputati niente pericolosi. Non di rado evvi pure ne bambini diarrea, la quale o pre sto scompare dietro la malattia, o persiste. 197 anche più settimane dopo, già fugata questa y fugato ogni suo sintoma; e qui il pericolo Hel malato non è lieve pel grande dissipamento di spiriti che ne segue. Talora anche dopo fun regime fortemente caldo le pustole illivi- discono , indi si fanno nere : ciò specialmente addiviene agli adulti, e tosto gridisi morie , Se emissioni di sangue, e un regime refrige- rante subitamente non vi soccorrano . I morbilli siccome per natura somiglievoli molto al. vajuolo richieggono un somiglievole metodo di cura. Cosa piena di pericolo è il regime caldo; comechè frequentemente ado- prato dalle ignoranti donnicciuole sotto prete- sto di allontanare la malattia dal cuore . Infra tutti i metodi ve quello che più mi riuscì. Non riteneva a letto il malato , che due o tre giorni dopo ľ eruzione ; e ciò onde le parti- celle infiammate che facilmente poteansi sepa- ‘rare dal sangue uscissero dolcemente pet tra- spirazione giusta l'indole della malattia ; nè vw era mestieri di coltri, e di caldo più dell’. ‘ordinario. Lungi le carni al tutto; brodi d’a- vena, d'orzo; talora concedeva un qualche pomo cotto, la bevanda era tenue birra o latte misto a triplice quantità di acqua. Tem- perava la tosse continua in questa malattia con un qualche decotto pettorale, o con un qual- che £clegma di simile natura. Soprattutto somministrava ogni notte il sciroppo Diacodio . p- e. R. Decoct. pector. lib. unam et sem. syrup. Violar. et Capil. Vener. ana unc. unam et sem: mi 198 m. f. Apozema. Ne prenda tre o quattr oncé tre o quattro volte al giorno . `> R. ol. amygd. dulc. unc. duas , syr. piot et cap. pener. ana ime. unam , sacch. cand. q. s. m. f. Eclegma. Di questo faccia uso s0- 0 vente il malato, principalmente quando più | incalza la tosse . “3 R. ag. ceras. nigr. unc. tres , syr. de me-%ì con. unc: unam m. f. haust. da prendersi cia- % scuna nette. Se il malato però era un bam- di bino diminuvivasi la dose e del narcotico e de’ © pettorali a misura dell età. Rarissime volte avviene morire con un | tale regime ; nè sopraggiungono ai necessary, | e inevitabili, nuovi sintomi, e terribili : la più ` molesta è la tosse , però non ha pericolo nis- suno, che finita la malattia; e quantunque poi persista qualche settimana dopo, cacciasi fa- cilmente esponendosi all’arià aperta, facendo uso di rimed) pettorali, che anzi diminuisce a poco a poco per se, e infine scompare in- teramente , Che se per inopportuno uso di cardiaci , e del regime caldo avviene, che il malato ab- bia inseguito e febbre violenta é dispnea, ed altri sintomi proprj alla peripneumonia, sicchè ne sorga pericolo , io tosto ricorro al salasso anche ne più teneri bambini avuto sempre ri- guardo all'età, alle forze, e n’ ebbi ognora esito felicissimo. Né all uopo incalzando la cosa temetti ripeterlo. Senza dubbio io trassi di tal modo a salvamento moltissimi fanciulli 199 già presso a morte. Sì tristo caso avviene soventissimo dietro il morbillo e muojono dalla peripneumonia più fanciulli, che non dal var juolo stesso; nè finora io so che altri v' abbia riparato con altro metodo, che col salasso, Oltracciò anche la diarrea, che abbiamo detto susseguir i morbilli è vinta dall’ emissione di sangue, Perocchè nasce ella dalle particelle del sangue infiammato che gittansi sulle inte- stina (lo che ha luogo pure nella pleuritide , nella pneumonia, e nell’ altre infiammazioni ) onde ne viene maggior escrezione, e il sa- lasso rivellendo gli acri umori, e temperando il sangue arreca grandissimo vantaggio. Nè farà meraviglia nissuna ch'io proponga il sa- lasso ne teneri bambini; ciò si può benissimo e con tutta sicurezza eseguire a paro che ne- . gli adulti, ed è sì necessario, che non è pos- sibile riparare altrimenti, ed ai suddetti, e ad altri sintomi, che sogliono sopravvenire ai bambini. p. e. come si opporremo noi alle convulsioni, di che sono presi i bambini all età di nove o dieci mesi, mentre mettono i denti, e v'ha dolore e gonfiamento di gengive onde compressi i nervi avvengono tali convul- sioni? Il salasso la vince di gran lunga su tutti gli specifici finora conosciuti, de’ quali qualcuno apertamente nuoce riscaldando ; e mentre credesi arrecare ajuto mercè un’ ascosa Virtù, mercè un manifesto calore traggonsi moltissimi a morte. Io taccio .la somma utili- tà, che ne viene in quella grande tosse de 200 bambini (tosse ferina ) nella quale avanza il salasso qualunque rimedio pettorale. i Quello che abbiamo ora detto sulla cura de sintomi sopravvenienti alla partita de’ mor- billi vuolsi pur loro appropriare quando nel | mezzo dell'eruzione appariscono in virtù di un | regime calefacente. Io visitava in quell'anno | 1670 una serveute della Signora Anna Raring- | ton; giaceva ella per morbilli con febbre mol- | ta, e dispnea, e macchie purpuree sparse per | tutto il corpo, ed altri sintomi assai, grande- | mente pericolosi. Frasi posto in opra il regi- me caldo, aveasi tranguggiati medicamenti cal- dissimi, ed io a ciò tutto attribuendo pre- scrissi tosto un salasso al braccio, e una tisana pettorale a bere soventissime volte. A poco a poco e le macchie ed ogni tristo sintoma con tale metodo scomparirono . Questa malattia nata in Gennajo crebbe di giorno in giorno sino all’ equinozio di Pri- mavera; da quel punto gradatamente scemò ed era al intto spenta al consecutivo Luglio ; nè più fece ritorno per tutta questa costituzione tranne, la primavera che seguì, quà là mostra- vasi, ma rara affatto. Ciò de’ morbilli. 20% C-A POVE Yajuolo anomalo degli anni 1670, 71, 72. í] predetti morbilli, come già per noi si è avvertito, aprirono la strada a una specie di vajuolo ben diversa da quella della precedente costituzione. Apparve con essi al principio di Gennajo e ancorachè non com essi tanto epidemico non cessò per altro giammai di accompagnarli per tutto quel tempo, che do- minarono, e perseverò poscia il resto della costituzione . In autunno però era minore alle dissenterie, stagione a queste sì favorevole, ma nell inverno compresse le dissenterie novella- mente esacerbò. F un cotal ordine serbossi in tutti gli anni della costituzione, se non che nell ultimo autunno, voglio dire nel 72 già la costituzione mancando, e fatte languide le dis- senterie il vajuolo fuor del solito discorse, e sì procedeva di passo colle dissenterie, che per verità non era sì facil cosa decidere chi prevalesse . A mio avviso però le dissenterie ancora avanzarono. Questo va]uolo poi alla guisa di qualsivoglia altra malattia epidemica era sul principio più atroce, e di giorno in giorno aumentava, finchè giungeva allo stato, indi e in quanto alla veemenza de’ sintomi, e in quanto al numero de’malati a poco a poco diminuiva . 502 È Ma volendo riferirne i particolari fenome- ni a me venne dapprincipio meraviglia non poca quando m’ avvidi differirne questa specie per moltissimi e grandi dalla specie precedente a quale reputava avere attentamente osserva- ta. Io quì tratterò solo di questi particolari fenomeni tralasciando quelli che aveano in co- mune di cui sì a lungo ne favellammo di sopra . Il genere discreto differiva dal discreto dell’ altra costituzione in primo luogo perchè, mentre nel precedente aveasi l’ eruzione d’ or- dinario al quarto giorno, in questo la si aveva al terzo , lo che è costume pure del confluente. In secondo luogo le pustole non giungevano alla grossezza di quelle, ma più esacerbate, e ne’ giorni di maturanza apparivano di color nero. Oltracciò qualche volta benchè di rado avveniva anche infra pochissime pustole lo ftialismo non altramenti che nel genere con- fluente. Dalle quali cose si conchiude , il di- stinto di questa costituzione accostarsi alla natura del confluente , ed essere d’ indole più infiammatoria di quello d’ ordinario non soglia essere . Il genere confluente poi in più cose assai. differiva dal confluente degli anni scorsi, e noi le addurremo . Mostravasi esso or al secondo or al terzo giorno a guisa di tumore rosso, ed uniforme che tutto copriva il volto, più elevato della resipola, ma non si travedeva pustola veruna. Il rimanente del corpo era 203 variegato da una infinità di pustole rosse, ina= . sprite, appressate, fra le queli vedevansi spe- cialmente sulle coscie certe vescichette distese da limpida sierosità , cui rotte mandavano in copia , e rimaneva la sottoposta carne nera, quasi sfacellata. Sì tristo sintoma per altro avvenne di rado, e solo ne primi mesi. In tale tempo al principio di Gennajo 1670 io venni chiamato da un buon uomo per nome Collins fabbricatore di birra nella parrocchia di S. Egidio, lo cui figlio ancora bambino avea sulle coscie vesciche della grandezza di una noce, ripiene di limpidissimo siero. Rotte simili vesciche mostravasi la carne al di sotto quasi interamente sfacellata, dopo breve tempo mori, come ognuno moriva sorpreso da sì terribile sintoma . Circa all’ undecima giornata una pellicola bianca, risplendente, qua e là sulla faccia si sovrapponeva al tumore rosso , indi a poco a poco per intero la copriva; e tosto uscivane una certa materia crostosa ri- splendente, non gialla, non bruna ,.colori, che nell’ altre specie di vajuolo si riscontrano, ma di un rosso intenso come sangue concre- to, e che di giorno in giorno a misura ma- turava il tumore assumeva il nero , sicchè nera infine ne venia tutta la faccia come tinta di fuligine . Però mentre nell’ altra specie di confluente l’ undecimo giorno era il tremendo e i più morivano in tal dì , in questa, tranne il caso di smodato regime caldo , lo era il quattordicesimo , e talora fino il decimo setti- 204 mo, dopo cui ti chiamavi salvo. Ma vuolsi avvertire che ove apparivano le fatali vesciche | rammemorate, e la gangrena, come avvenne | ad alcuni nel primo mese, non ritardaya il morire che pochi giorni dopo l eruzione, 7 E la febbre, e i sintomi tutti che prece- devano od accompagnavano questo genere di va]uolo , erano più gravi che nell’ anteriore e scorgevansi manifesti segni di più grande in- fiammazione; propensione maggiore alla sali- vazione , più inasprite le pustole, e per mole assai minori; sicchè non era lieve cosa al loro primo apparire discernerle dalla resipola, e dai morbilli. Però questi e pel giorno dell’ eru- zione, e per altri sintomi loro proprj. fannosi chiaramente manifesit, Cadute le pustole ri- manevano più a lungo le furfure, e segnavano la cute di macchie più sconce. Io non posso non aggiungere come in tutta questa. cosutu- zione nella quale cotanto infierivano le dis- senterie, il vajuolo inopportunamente trattato con regime caldo finiva talora in dissenteria , lo che non mi venne mai vednto per lo innanzi. Conviene in oltre osservare ,. non aver sempre ritenuto la medesima ferocia; perocchè corsi due anni incominciò nel terzo, cioè nel 1672 a mitigarsi e deposto il nero colore vestì a poco a poco quel giallo più proprio al va- juolo legittimo in maturanza; onde fu che nell’ ultimo anno della costituzione, erasi omai fatto benigno, e di buona indole avuto riguardo al suo genere. Ad onta di ciò chiaro appariva e 205 ‘per la piccolezza delle pustole, e per la dispo- sizione al salivare, e per altre cose doversi ‘annoverare in altra classe, anzichè nel vajuolo | regolare. Benchè nulla noi sapendo delle cagioni producitrici di qualunque specifica differenza non è possibile, per noi si comprenda la ra- gione formale perchè distingnevasi questo va- juolo da quello della preceduta costituzione , a me pure faceasi manifesto per ciascun sin- toma, esistere quivi una ben maggiore infiam- mazione, che nel primo, e in conseguenza la starsi la somma delle cose che più possente- mente si frenasse la smoderata ebullizione del sangue. È ciò soprattutto si eseguiva dopo dati gli ipnotici nella maniera succennata, mer- cè un regime temperato, concedendo cioè lar- go uso di un qualche liquore non calefacente, ma proprio piuttosto a mitigare l ardore infi- Dito, di che sono tormentati gli infelici in ispecie in tempo che maturano le pustole. Gio- ‘vava la detta decozione bianca fatta di pane e poca quantità di corno di cervo bolliti in mol? ‘acqua, con zuccaro, e meglio corrispondeva l acqua mista a un terzo di latte bolliti insie= me, ed era più gradita al gusto de’ malati. Nè solo di ciò bevendo abbondantemente mi- tigavasi il grandissimo calore in particolare nel tempo della suppurazione ; ma riuscivasi pure a promuovere lo sftialismo , e protrarlo più a lungo di quello non sarebbe avvenuto ove il calore fosse stato soverchio. Oltracciò io os- 206 servai spesse volte mercè l’uso abbondantissi» | mo di tali bevande quel vajuolo che usciva co segni più tristi di confluenza farsi in pro~- | cesso di tempo distinto, quelle pustole che maturando avrebbero vomitato una materia dappria rossa indi negra, apparire giallissime, e invece di infiammate, e di minute divenir | pari alle benigne, e dď indole eccellente. Nè il flusso menstruo che sopravviene non di rado | alle donne prese da vajuolo sarà che interdica ` l'uso copiosissimo di simili bevande. Anzi es- so conviene quando fuor di tempo apparisca. | Imperocchè da ciò appunto corrono pericolo | le donne, che il sangue di troppo attenuato | pel calor grande della malattia sfugge per | quella parte che più gli torna agevole, special- mente se per la temerità delle femmine cura- trici siasi fatto uso di regime caldo e della decozione di corno di cervo co’ fiori di calen- dola accendendo di tal guisa vieppiù Ja fiamma. Tutto ciò dunque che vale a diluire a tempe- rare possentemente il sangue; benchè non. im- mediatamente, in quanto contribuisce di ne- cessità a mantenere in loro stato le pustole), ne arresta il flusso e il tumore della faccia, e delle mani; mentre all opposito i rimed} caldi, quantunque ne seinbrino più convenevoli, pro- muovendo vieppiù l’emorraggia, male affatto riescono. Ed 10 tengo per fermo moltissime donne essere perciò morte, quando cioè gli assistenti temendo, non le pustole s'appianas- sero pel flusso di sangue tosto ricorsero al 20 cardiaci, ed al regime caldo , onde le infelici più sicuramente rovinarono ; ancorachè sì stu» diassero mescendo gli astringenti ai cardiaci frenare l'emorragia, e serbare l'elevazione delle pustole, e del tumore. H l Non è gran tempo passato, ch'io ebbi a curare una Signora, e per virtù, e per stirpe nobilissima, malata di vajuolo nero e maligno: con tutto che fino dapprincipio le avessi vie- tato ogni cosa, la quale agitasse il sangue, pure grandemente sanguigna di temperamento, e giovane e robusta, e la stagione essendo caldissima, ecco al terzo giorno dall eruzione sopravvenirle repente un sì abbondante flusso i di mesi, e fuor di tempo, che le donne astanti credevano avess ella abortito. Perseverò un tale flusso per molti giorni, ned io perciò esti- mai rimanermi dall uso del latte, e dell’acqua già prescritti; che anzi lo reputava più neces- sario, e il continuai in tutto. il corso della malattia sovrattutto verso il tempo della ma- turazione. Allora invitossi a compagno il dot- tissimo medico, ed onestissimo il Sig. Milling- ton già mio grande amico, e socio a me una volta di collegio , il quale considerando come rispetto al genio della malattia tutto piegava in bene aderì volonteroso, che la malata pren- desse in copia di tale bevanda, cui ella stessa affermava essere graditissima , e sommamente acconcia a promuovere la salivazione. Quan do poi incominciò a farsi dura la faccia e coprirsi di croste temendo noi, non rientrassero nel a68 i sangue que’ vapori putridi, che in questo pesi. simo genere di vajuolo suole tramandare la ‘materia purulenta, le permettemmo una volta al giorno, o quando pure. risentisse sac allo stomaco pochi cucchiai di vino delle ca- narie. E con ciò, e col narcotico, che pren. deva ogni sera, felicemente guarì. Non favvi delirio, non vi fu altro grave sintoma perico- | loso salvo la predetta emorragia. La faccia, e le mani erano bastevolmente tumide, le pu- stole per quanto comportava la specie della. malattia bastevolmente grandi, copiosa la sa- livazione, e facile sino alla fine; per ultimo benchè le pustole della faccia sembr ma- turando inchinassero al nero, pure in molte. parti vi si scorgevano di color giallo . | Quantunque questa specie di vajuolo fosse. sovra l'altre d' altre costituzioni di gran lunga più infiammatoria, pure quand era discreto , o poche erano le pustole, ne mostrò la spe- rienza come non fosse mestieri tranguggiare una sì grande quantità di' liquore, e bastava bevesse il malato a volontà tenue birra; brodi d'avena, panatelle, pome cotte gli erano cibo; e se avea passata la pubertà un paregorico di sciroppo diacodio , quando o fosse inquieto , o per soverchie veglie incominciasse a delirare . Ned altro io facea quand’ erano poche le pu- stole, solo il riteneva a letto. E con questo solo metodo io potei restituire in salute un mio carissimo figlio affetto da tale vajuolo di- stinto nel Dicembre 1670 Guglielmo nil “de t ul- | A 200 Nulla più dirò sul vajuolo di questa co- ituzione essendomi già altamente diffuso nell ltra specie dalla quale questo non differiva che per natura più calda, più infiammatoria . lonvenia perciò insistere in esso più intensa- mente sul metodo refrigerante, onde tempe- rare il calore bruciante a lui sì naturale , e che al malato minacciava rovinoso incendio . CAPO VII. Colica biliosa degli anni 1670, 71, 72. severò sempre il sangue in essere oltre modo disposto a deporre entro le viscere umori cole- rici e caldi: quindi oltre T usato regnarono coliche biliose. Essa veramente vorrebb’ essere annoverata fra le malattie croniche, e perciò ora fuori di proposito. Siccome però dipendeva ella pure dalla stessa alterazione del sangue, onde moltissime delle malattie epidemiche di que’ dì dipendevano : io deliberai favellarne e tanto più in quanto la vidi essere preceduta da medesimi sintomi febbrili, da cui lo soleva essere la dissenteria ; e talora eziandio come dicemmo di sopra, veniva di seguito a questa quando dopo lunga durata pareva in fine sì fosse dipartita. Però ove non succedesse alla dissenteria incominciava d’ ordinario ‘dalla feb- bre, che dopo poche ore cessando dava luogo Tom. 1, 14 A- Í er tutti gli anni di questa costituzione per- 210 allı manifesta malatiia. Assale più di sovente i giovani di temperamento caldo , e bilioso, e soprattutto in estate. Atrocissimo è. il dolore, delle intestine, e più d’ogn’altro. che T pesi tormenti intollerabile. Stringe talora l'intestin come per fascia, e talora fisso a un punto il va perforando quasi come si farebbe con un trivellino ; di, tempo in tempo rimette, e tosto; riesacerba , lo che avvertendo il malato non è a dirsi quanto affanno ʻil prenda, e ne vedi l aspetto miserabile , e tristo, e nodi le voci. lamentevoli, e dolorose. Dapprincipio non èg sì certo, che ‘si determini a un punto solo. come in progresso, nè sì frequente MR iurizione, nè sì pertinace l alvo elude la forza de purganti. Però più aumenta il dolore, e più si fissa a un punto, e l’ incitamento al vomito è maggiore e maggiore la. costipazione di corpo ; finchè poi dall indomabile forza de’ sintomi ne viene la totale inversione del moto peristaltico e la passione iliaca, se non v’ ar- rechi pronto soccorso. Allora ogni purgante, fassi emetico : gli stessi clisteri, insieme alle, fecce ascendono il tubo intestinale, e vengono rimessi per vomito. La materia che n° esce quando pura e senza miscuglio, è talora verde talora gialla, e talora di- qualsivoglia colore non ordinario . Poichè tutti i sintomi di questa affezione ci fanno pienamenie manifesto essa procedere da un qualche acre o sia umore o sia vapore deposto dal sangue nellintestine, la prima 211 indicazione sarà procurarne la sortita, e di quello che ancora sta nelle vene, e di quello che è già a contatto delle intestine stesse; e ne sarà nna seconda frenare l impeto degli ‘umori che là volgono , coll’ uso degli anodini, e insieme mitigare l acerbissimo dolore . Per la qual cosa fo tosto trarre abbon- dantemente sangue dal braccio, e dopo tre o quattr ore prescrivo un anodino. Al dì ve- goente ordino un qualche catartico lenitivo, da ripetersi. frapposto un giorno, e talora vengo anche al terzo, secondo che mi pare più o meno rimanere di umore. Avvertiremò però; che se la malattia nasce dall’ aver man- giate troppe frutta, od altra cosa indigesta d onde primamente si trasmettevano succhi pravi e corrotti nel sangue , indi deponevansi nelle viscere, converrà allora innanzi tutto depurare lo stomaco bevendo in copia latte con birra, e rimettendolo pel vomito, iadi somministreremo l’ anodino ; poscia al dì se- guente sì trarrà sangue, e nel resto si proce» derà nell’ ordine suindicato . Ma quando e la veemenza del: dolore , e la vomiturizione inducendo la inversione delle intestine oppongonsi all'operazione. de’ catartici, sarà mestieri ricorrere a’ più forti; perocchè - invano ti. atterresti a'miti salvo fosse il malato di corpo facilmente solubile, cosa che vuolsi attentamente ricercare. E dato un purgativo incapace d’ aprirsi strada pel tubo, ne viene anzichè vantaggio, nocumento, producendo inef- 212 ficace agitazione; e quindi aumento del vomito, e del dolore. L’infuso di tamarindo, di foglie di senna, e di rabarbaro , aggiuntivi manna ,` e siroppo di rose è pozione catartica lenitiva ad ogni altra preferibile, perchè meno d'ogni altra commove, ed agita gli umori. Ma sic come o per avversione del malato alla forma liquida, o per la vomiturizione difficilmente vien ritenuta: è uopo assai volte venire alle pillole, fra le quali io sempre ho prescelto le cochie, che e in questo caso, e in molti altri agiscono eccellentemente . Ove però tanta sia la debolezza del ventricolo, o la vomiturizione che nè le pillole pure si possano ritenere, ivi tosto ordino il calmante e dopo poche ore il catartico. postovi tanto intervallo onde quello non tolga affatto l azione di questo, ma però sì il ritenga nello stomaco che cessata l’azione narcotica disp'eghi l altro la sua forza purga- tiva. Quando le circostanze il permettono sarà bene in vero somministrare il catartico lungo tempo dopo l anodino, mentre anche oltre dodici ore il purgativo non agisce che a stento. Siccome poi e qui e in altre malattie ove sono indicati 1 narcotici, il purgante sempre aumenta il dolore ( almeno finita l operazione, di rado, e lievemente prima ), io soglio per- ciò, tosto dopo cessatane l azione, apprestare un narcotico , e lo prescrivo mattina e sera ogni giorno d'intervallo, onde più sicuramente calmare il dolore , finchè per intero il malato sia purgato . Finito il purgare nulla più rima- E rrr.PrPPrrPPPTrrrTTTrrrrrr11tl1—_—_—————— ll N oreerr'r«rea Ae OOOO OAOT TTT OOOO OOT aT e rr... .i..é;é;.;é.Ò..E..ELwwwww———P E rs 213 ne, che frenare I orgasmo degli umori, lo che io mi studio fare dando a lungo mattina e sera un qualche anodino. Talora è pur uopo som- ministrarlo più sovente, e mi avvenne non poter sedare in modo veruno i dolori, che con dosi larghe, di tali rimedi, e ripetute; mentre ciò ch'era soverchio in altri casi, qui in tanta violenza di dolori non era sufliciente . Sicuramente dunque potrannosi ripetere i nar- cotici durante il dolore: non così ove sia ces- sato; e dietro simile guida io li prescrivo, fino all'intera cessazione, o almeno a gran» dissima calma, avvertendo frapporre un tale spazio di tempo, sicchè comprenda appieno , che debba sperare dalla dose precedente in- nanzi di aggiungere la novella. D’ ordinario , tranne ove il dolore sia veernentissimo; basterà somministrarlo mattina e sera. H laudano li- quido è l anodino mio famigliare, che lo si mesce a qualche acqua cardiaca in dose di sedici gocce, o più giusta la grandezza del dolore . Un cotal modo semplicissimo, d'evacuare prima l umor peccante e col salasso, e col purgare, quindi mercè i narcotici > conciliar quiete mi riuscì sempre felicemente sopra qua- lunque altro a me noto. I clisteri carminativi a onde esterminare gli acri umori non producono , che irritazione, ed eccitando tu- multo negli umori fanno la malattia più lunga. Ma io quì voglio, si consideri, che quantunque dica doversi premettere il salasso , e i pur «il Barone Annesly ammalò di colica biliosa : era egli al Castello di Belvoir; e dopo alcuni | 214 ganti, pure v ha de' casi in cui vuolsi inco- | minciar dai narcotici. P. e. dove per qualche | preceduta malattia, non molto innanzi la colica © siasi purgato abbondantemente (e non è raro vedersene preso chi è convalescente @ altra | malattia per la debolezza d intestini, massi- | mamente se vi si aggiunga un maggior grado | di calore o per vino smodatamente bevuto, od | altro liquore spiritoso ) in questo caso io re- | puto non solo non necessario l aggiungere ca- | tartici,, ma anzi nocevole eccitando novello | tumulto , ed ogni cosa perturbando. E taccio come talora il malato innanzi di consultare il medico , abbastanza purgò l intestine con ri- | petuti clisteri, cosicchè e per questo, e per | la longa data della malattia sembra non do- | versi impiegare che i narcotici . Nell Agosto 1671 il nobilissimo Signore giorni di tormento incredibile , e» di frequente incitamento al vomito fattomi chiamare , ve- dendo io come, erasi tentato ogni genere di. clistere, ed altri rimedi molti da’ medici dot- tissimi, e sperimentatissimi di que’ luoghi, proposi senz’ altro l’uso ripetuto de’ narcotici ella guisa succennata, e in brevissimo tempo guarì, e meco ritornò sano a Londra. Ma siccome questa colica è sovra ogn'al- tra inchinevole alla recidiva vorrassi ciò pre- | venire dando per qualche tempo due volte al | gicrno un narcotico. Che se sospeso tale ri- | 215 medio il dolore rinnovella, io non ho finora ritrovato di meglio che il cavalcare a lungo e il molto movimento in cocchio, non om- messo però mattina e sera il narcotico, TImpe- rocchè mercè tali esercizj riducesi alla cute la materia morbifica ; e si dissipa, e il sangue quasi nuovamente si depura, e gli stessi inte- "stini eccitato il natio calore non poco vengono corroborati . Nè vergogno confessare, aver io potuto con tal mezzo vincere più d’ una volta questa malattia, che invano aveva combattuta ‘in tutt altro modo. Però ciò non vuolsi fare, che dopo le dovute evacuazioni, nè rimanerse- ne che dopo molti giorni. Un uomo mio vicino e povera persona, ancor vivente, ammalò a que tempi di colica ‘biliosa veementissima. Invano aweva egli ten- tati e purganti, e clisteri e palle di piombo. To ebbi ricorso ai narcotici, nè avea di che pentirmi, mentre finchè di quelli usò frequente, ogni cosa era queta ; ma il male era palliato, non tolto da radice, e come prima cessava l’azione del narcotico eccoti sopravvenire i. dolori. Compassionai il miser uomo e per la malattia, e per sue fortune oltremodo addolo- rato, e gli prestai uno de’ miei cavalli all og- getto di che parlammo. Tnfra pochi giorni sue intestine ricuperarono sì loro forze, che pote- rono cacciare ogni avanzo di male, e senza l ajuto degli anodini perfettamente risanò . Nè solamente in questa malattia, ma in molte altre croniche una tal sorta d’ esercizio pa i io vidi di. grandissimo effetto, purchè vi perseverasse con costanza. E diffatto ove noi consideriamo, essere perciò massimamente scos- so il basso ventre e gli organi secretorj con- tenuti venirne mille volte in un giorno agitati, di leggieri comprenderemo, come varranno sbarazzarsi dagli umori in essi stagnanti, quel che è più, mercè l’ eccitare maggiormente il calor naturale corroborarsi di guisa, che compiano a dovere la funzione , a cui la na- tura Ji destinò cioè la depurazione del sangue . Rispetto alla dieta se il malato.è giovane, e di caldo temperamento vuol essere refrige- rante, Iimcrassante p. e. crema d orzo, pana- telle ec. ed ogni tre dì ove, abbia fame con- cedo un pollo tenero, o un Merlano. La be- f vanda nullalyo che tenue birra dolce, o latte 1 bollito con acqua; nè accondiscendo a più tranne l'equitazione richiegga un vitto più pie- | no, e più generosa bevanda, onde compen- 1 sare l esaurimento prodotto da simile eserci- | zio. E consta anzi dall’ osservazione, che -ove | per men convenevole trattamento la malattia avesse a lungo durata, sicchè le viscere gran- demente illanguidissero , e il malato si ridu- | cesse a quasi estrema macie, e debolezza, il | largo uso o dell’acqua epidemica, o della ‘mirabile, o di qualunque altra bevanda di che più dilettavasi in sanità, era oltre ogni cre- dere di giovamento : imperocchè rianimavasi di tal modo. il calor nativo, eccitavansi gli spiriti, e si dissipava quel fermento non na- [j | 217 turale fomite a nuovi parosismi. La tenue ieta poi vorrà essere per qualche tempo con- kinuata oltre la guarigione. Imperocchè una malattia facile tanto a recidiva, e che ha sua sede ne’ principali organi di digestione può lessere richiamata dal più lieve disordine di uesta sorta. Per la qual cosa, e in questa, in qualunque altra affezione delle viscere ad- idominali si eviterà come veleno ogni cibo in- Idigesto, nè del conceduto si vorrà prendere oltre il necessario a mantenere la vita . Egli è poscia a sapere come vengono al- cune donne sorprese da certa affezione isteri- ea, che e per la ferocia del dolore, e per la situazione di lui, e per gli umori vomitati di icolore giallo, e verde somiglia grandissima mente la colica biliosa: io però onde non av- venga confusione, ho ‘deliberato di brevemente favellarne . Le donne che sono d'un abito lasso , e crudo, quelle, che già dappria soffrirono d’ iste- rismo , quelle che appena scamparono da un parto difficile per grossezza del feto onde esau- rironsi le forze materne, cotali donne ne sono sovra l altre travagliate. Coglie primamente il dolore la regione dello stomaco, talora è un po più in basso, ned egli è meno veemente che nella colica, e nella passione iliaca: se- gnevi immenso vomito or di verde materia or di gialla, ed osservai sovente sopravvenire ab- battimento grandissimo di spirito, dispera- zione più assai che in altra malattia non ay- e 218 venga . Dopo uno o due di scompare il dolo- re, che in capo a qualche settimana fa ritorno, Y né meno crudo, che per lo innanzi. Talna fiata vi-si. associa itterizia e ragguardevole , la quale infra pochi giorni è dissipata. Dà luogo Ẹ ogni cosa, la malata si crede in sufficiente! salute; ma ecco come alla più lieve commo- zione d'animo, o per ira, o per dolore a cuii specialmente sono tali donne inchinevoli, ecc come ogni cosa si risveglia; e ciò avviene pur 1 anco o per cammino o per altro esercizio fuor 4 di tempo, e soverchj elevandosi per tai. ca-. gioni in simile corpo fievole e lasso vapori 4 Dico vapori col volgo , perocchè poco rileva. alla spiegazione de'fenomeni se sieno tali, op- | pure convulsioni di certe parti. Questi vapori, o queste convulsioni presa o l una, o l'altra parte vi generano sintomi. proporzionati, e comechè non costituiscano che una malattia, pure ne vanno simulando assai diverse. Così _ prese le parti adjacenti al colon producono un’ affeziune somiglievole alla colica biliosa, eosì preso uno de’ reni vi. cagionano dolore acerbissimo , onde vomito immane; e sovente attaccando l uretere fingono un calcolo, cui mentre vuolsi eliminare co’ clisteri, e con altri litontritici avviene esacerbarsi il vero male, e si rotrae a lungo assai, e in seguito anco fuor di quello che suole avvenire, mentre non evvi pericolo, la donna è tratta a morte. Lo vidi pure simulare di tal guisa perfettamente un calcolo di vescica. Venni non è molto chia- 219 ato di notte tempo presso certa contessa mia icina cui repente erasi svegliato atrocissimo olore alla vescica ed eransi soppresse le ori= e. To sapeva lei essere soggetta a varie affe- ioni isteriche, ed estimai. perciò, non fosse ra quella malattia ch ella credeva . Quindi on volli, vi si applicassero clisterì , che già a servente preparava, e in luogo degli emol- ienti, come il sciroppo d’altea che lo spe- isle arrecava., somminisirai un narcotico . utto subitamente sparì. Nè parte veruna del corpo può credersi esente , o interna sia, od esterna, come le fauci, le coscie le gambe, e svegliasi dappertutto intollerabile dolore, e vi lascia quindi una tale sensibilità a non sof- frirsi il contatto, come se le carni fossero state ammaccale per lunghe battiture . Ora in quella guisa che io per accidente ho detto qualche cosa sulla storia della colica isterica, perchè non la si confonda colla. bi- liosa dirò pur qualche cosa sulla cura’ del sintoma, che l accompagna. cioè il dolore ; mentre della cura radicale , che toglie la ma- lattia togliendone la causa non è di questo luogo il parlarne . Il salasso; i ripetuti purgativi apertamente indicati allo incominciar della biliosa qui non si convengono punto, salvo nel caso che dire- mo sotto, Perocchè ne mostra la sperienza inasprirsi il dolore, aumentarsi tutti i sintomi in virtù del tumulto indotto da essi, e più d'una fiata ehbi a vedere da’ ripetuti clisteri, 220 tuttochè dolcissimi sopravvenirne una infinità. gli‘ uni agli aliri succedentisi in serie conti» nuata. Alla sperienza si aggiunge anco la ram gione ; poichè considerando tutte le circostanze. che danno origine a questa malattia veniamo. a comprendere, anzichè da vizio d'umori di- $ pender essa da disordine, e da moto srego=. lato degli spiriti. Tali cause sono e grandi f perdite di sangue inopportune e patemi d'ani=. mo, e movimenti di corpo violentissimi, ed altre cose di simil geuere. Lo che tutto do- manda proscrivansi que rimedj, che, possono | eccitare un maggiore perturbamento , e vuole! piuttosto gli anodini. Vero è, che il colori verde, pravo della materia rigettata per vo- mito pare, indichi l'opposto; ma ella è ben la misera cosa attenersi a tali minutezze, quan- do pel fatto si fa manifesto il danno dalle eva- cuazioni ; ed io non dubito, come questa ma- lattia, la quale tuttochè dolorosissima non ha seco pericolo veruno , diventa non di rado per tal modo mortale. Aggiungi che se oggi tu somministri un emetico anche de più forti, onde eliminare per intero il creduto fomite della malattia, domani la malata vomita ma- teria e verde, e prava a paro di prima . Egli è però da osservare, riscontrarsi ta- lora una tale copia ď umori, e di sangue che opponsi grandemente all operazione del nar- cotico, e comechè spesse volte ripetuto non vale a frenare l'orgasmo se non venga prima tratto sangue, o somministrato qualche pur- ` 221 ativo: lo che interviene principalmente alle onne di temperamento sanguigno, e vigorose assai. In simile circostanza vuolsi aprire la trada ai narcotici, o coll emissione di sangue, co’ purganti, od anche ĉon entrambe insie- e. Dopo di che quel narcotico che dappria enché ad alta dose nulla operava, ora anche mediocre otterrà grandissimo. effetto ~- Raro il caso, nè avvenendo , si. vorranno poi ri- etere o il salasso, o i purganti. Rispetto agli nodini userai del metodo proposto perla iliosa, e più o meno di spesso somministran- oli giusta lo scemar del dolore. Un tale me- odo è diretto soltanto a calmare il dolore eementissimo come sintoma ; chè io quì non ntendo parlare di che modo opporsi alle ca- ioni. Siccome poi questa malattia tanto pres- 50 gli uomini ipocondriaci, che presso le donne steriche. ( imperocchè in entrambi, come si irà è la stessa cosa ), suole spessissime volte terminare in itterizia e a misura, che questa avanza, quella si toglie : convien sapere nella cura di tale itterizia, o doversi in tutto om- mettere i catarlici; o solo ove sieno necessar] attenersi al rabarbaro o a qualche altro dolcissi- mo medicamento; mentre egli è a temersi non sveglinsi di tal guisa novelli tumulti, e quindi si riproducano i sintomi. Pertanto in simile cir- costanza nulla intraprenderemo, poichè questa itterizia per se stessa suole dissiparsi in breve tempo. Che se poi indugi ella assai, nè sein- bri dipartirne , che malgrado, ricorreremo ai 222 medi. Uso d’ ordinario i seguenti. R. Road | Rub. tinct. et curcum. ana unc. unam, chelidi . maj: cum toto, et summit. centaur. min. ana. man. unum, coque in aequal part. vin. Rhea. nani et aq. font. ad lib. duas. Colat. dissolø syrup. de quinque radic. unc. duas m. f.> apo- zema. Ne prenda una mezza libbra calda mattina , e sera , fino a guarigione . l Ma ove l'itterizia per se venga, non pre. ceduta colica veruna convien ricorrere ino Led a que rimedi, che vuotano la bile, e il ma-, lato ne farà uso uno o due volte innanzi che prenda l apozema or addotto, e quindi insie= me a questo una volta ogni settimana il se- gnente bolo. R. Elect. e succo Rosar. drac duas, Rhabarb. subtil. pulp. drac. sem. crem. tart. scrup. unum, cum s. q. syrup. cum Rheo f. bolus. Si prenda di buon mattino, e vi si beva presso un bicchiero di vino del Reno . Se ad onta di tai rimedi a lungo continuati la malattia sussiste, vadasi all’ acque ferrugmose. come quelle di Tunbrige, che si berranno alla sorgente ciascun mattino fino a guarigione. Nè più dico delle malattie di questa costituzione . I il 4 DD 293 SEZIONE QUINTA CAPO. I Costituzione epidemica di parte dell’ anno 1673 e degli interi 1674; 1675. Hai fu verso il principio di Luglio 1673, che apparve un'altra specie di febbre, la quale veramente non, fu epidemica assai, siccome quella che non era poi di tanto favorita dalla | costituzione, onde non rimanessero affatto ma- lattie della precedente. E non era ancora al utto cessata quella specie di vajuolo apparsa primamente nel 1670, sebbene per altro e più rado, e più mite; e procedevano queste due | malattie quasi. di pari passo missuna estesa molto, perocchè l’ antica costituzione non era ancora a tal punto, che più non valesse a produrre malattie. proprie ( vedevasi qualche | dissenteria ) nè la nuova era così confermata | che tali ne producesse valevoli a dissipar le altre . | L'autunno, e P inverno tutto, vajuolo e febbre trascorrevano pari passo nissuno infe- rocendo gran fatta; le dissenterie intanto s'an- davano, spegnendo. Ma in Novembre inseguito ad asprissimo freddo di qualche dì, soprag- giunto improvviso un calore, che non mi ri- 224 corda giammai ayer veduto a tal tempo, si sparsero quà la un po innanzi Natale, e in- torno a tal festa alcune dissenterie. Ma erano quasi sforzi di morente face, chè tosto, almeno questa specie, per se cadde.‘ ; recoci assai nell’ anno consecutivo, cioè in Gennajo vennero i morbilli, nè meno epi- demici di que’ che furono ad uguale stagione nel 1670. Non lasciarono quasi famiglia ve- runa intatta 'assalendo ‘specialmente i bambini . Però nè sì regolari; nè sì serbavano loro tipo come i sopraddetti. Ma di cotali differenze avverrà lungamente parlarne, ove in partico- lare tratteremo di simile malattia. Crebbero di giorno in giorno semipreppiù sino all’ equinozio di Primavera, dal qual tempo gradatamente scemarono finchè poco dopo il solstizio ď e- state pienamente scomparvero . E in quella guisa poi che nel 1670 1 morbilli erano stati forieri di vajuolo nero , questi non meno epidemici li furouo pure d’ altra specie di vajuolo a quella somiglievole . Imperocchè mentre, siccome vedemmo , dopo i primi due anni della precedente costituzione erano fatte le pustole meno nere, e meno minute e sempre meno, finchè sul fine del 1673; avuto riguardo alla specie, mite poteasi chiamare tal vajuolo e benigno , ripigliata la pristina fierezza ritornò circondato da’ più tristi sintomi. Fu possente in tutto l autunno, e sl protrasse in là molto nell inverno, che es- sendo più caldo, che non suole a 0 225 lo favoriva. Però venne il freddo e diminuì , cedendo luogo a una febbre, che già s° anda- va diffondendo . . Questa febbre la quale perseverò tutto l anno , a Luglio 1675 altamente infuriò ; ma in autunno prese a volgersi sull intestine or apparendo co’ sintomi di dissenteria, ora di diarrea, comechè talora altra forma vestisse avventandosi specialmente al capo, e produ- cendo grandissima stupidità . Intanto il vajuo- lo, che erasi fatto rarissimo , sotto l equino- zio autunnale pienamente svanì; e la febbre vincendo ogni altra malattia epidemica, as- . sunse il dominio dell’anno. Vuolsi osservare però , che essendo ella proclive molto a de- porre la materia morbifica alle intestine or la dissenteria , più spesso la diarrea generando , estimava il volgo doversi ogni male a’ tormini di ventre, mentre di tutto era cagione la feb- bre. Ma nissun medico, ch'ebbe a trattar malati in que tempi non sa, quanto questa febbre inasprisse , sicchè e la dissenteria, e la diarrea aveansi a reputare sintomi, anzichè malattie essenziali, e primarie .- Per tutto autunno sino allo spirar d'otto- bre serbò ugual tenore or al capo recandosi or all intestine, dovunque infierendo sotto for- ma di sintomi appropriati; e siccome fino al- lora era stata tepida stagione, e a guisa di state, e di repente cangiò, umida facendosi e fredda sopravvennero e catarri, e tossi più che in altro tempo mi avvenisse giammal ve- dom. x. 15 296 dere. Ma ciò che più importava si era, che la febbre stazionaria di questa costituzione soleva sopravvenire a queste tossi, e faceasi perciò più violenta e variava eziandio di sin- tomi. Imperocchè per lo innanzi, come ab- biamo detto , assaliva d' ordinario le parti ram- mentate ; ora volgevasi ai polmoni, alla pleu- ta, e la peripneumonia quindi, e la pleuritide . Però ella era la stessa febbre che cominciata ` in Luglio 1673 progredi senza alterazione ve- runa di sintomi finchè apparvero tai catarri, Le tossi, e i catarri continwarono sino al finir di novembre ; indi a un tratto diminui- rono . Rimase la febbre, e qual era appieno innanzi essi; quantunque non fosse stata nè sì epidemica, nè accompagnata da’ medesimi sintomi, mentre entrambe tali cose proveni- vano per avventura da’ catarri. Il vajuolo al- lora riprese forza, e si diffuse quà là, ed era lo stesso, che quello dell’ anno precedente ; ma siccome avea durato già due anni si ebbero sintomi meno atroci. Fino a quando abbia a durare questa costituzione io nol saprei dire; so benissimo esser questa stata finora irrego- lare assai ed aver generate malattie d' indole in ciò al tutto uguale. Di tali malattie, e co- me naturalmente si succedettero ora io vo' trattare . P bic 227 Ci APOE . Febbre continua degli anni 1673, 74, gia À pari che Taltre malattie epidemiche in- cominciò questa febbre con sintomi, che mo- stravano apertamente una maggiore infiamma- zione, di quello non fosse dappoi. Imperocchè al primo anno , ed alla primavera seguente vi sopravvenivano sintomi pleuritici e il sangue estratto , almeno per la prima e seconda volta, assomigliava il sangue de’ pleuritici ; negli anni avvenuti poi, cessarono i segni d' intensa in- fiammazione. Oltre a’ sintomi ad ogni febbre comuni eranvi i seguenti: dolore al capo, ed al dorso atroce molto ; stupidità ; dolor tensivo all ar- ticolazioni, agli arti, e dì pure di tutto il corpo, men feroce alquanto che nel reuma- tismo. A' primi dì il calore, e il freddo si succedevano a vicenda, e talora anco eravi propensione a lievi sudori. La lingua ove la febbre abbandonavasi a se , nè secca ; nè di- stante forte dal color naturale, tranne un po più biancheggiava , nè v era sete molta, Che se ti attenevi a un metodo calefacente , ecco aumeutarsi il calor della febbre ; farsi aridis- sima la lingua, e di fosco color giallo, e mol- tissima la sete, e le orine che altrimenti so- leano serbare il colorito naturale divenire in- 228 tensamente rosse. Se non v'era altra cosa, ben trattata al quattordicesimo giorno scom- pariva ; al più, al ventunesimo . | Frà i sintomi di questa febbre distingue- ‘Yasi sovrattutto un’affezione soporosa non dissi- mile dal coma, per cui stupido e deliranie era il malato, e talora durava nel sonno per qual- che settimana , nè si destava che a forti gri- da; allora a stento apriva gli occhi, e preso o medicamento o bevanda tosto ricadeva in suo stupore qualche volta sì profondo che terminava in piena afonia. Quei che preso da cotale affezione risa- nava , incominciava a star meglio al ventotte- simo , od al trigesimo giorno, e ne era un primo segnale la voglia smisurata di. qualche insolita e straordinaria sorta di cibo o di be- vanda : Per alcuni giorni rimaneva debole il capo, e pendeva or. dall uno, ov dall altro lato; e per altri segni mostrava averne sof- ferto assai. Però a misurà che restituivansi le forze scompariva un simile sintoma . i Talora più che sonnachioso, il malato era quetamente delirante ; dicea tratto tratto cose incoerenti come uom irato, e fuor di senno, ma non il corruccio, e il furore de’ frenetici per vajuolo o per altre febbri. Distinguevasi pur da loro in quanto addormentavasi repente ad intervalli, e più altamente roncheggiava . Ma se men violento era questo delirio , era ben più lungo; avveniva esso d’ ordinario ai fan- ciulli, e a que’ non pervenuti ancora a puber- 229 tà ; gli adulti cadevano piuttosto nel furioso + E nve fanciulli però, e negli adulti, ove sì nsassero rimedj caldi, e si sollecitassero i su» dori , di leggieri n’ era colto il capo d'onde veniano i suddetti sintomi. Quando poi nè er se, nè per forza de medicamenti avea luogo tale delirio la malattia finiva d ordinario fra quattordici giorni, e qualche volta la vidi anco finire fra tre o quattro . i Nell’ autunno 1675, come sopra dicemmo , o una dissenteria , o una diarrea poneano ta- lora fine a questa febbre. La diarrea princi» palmente avveniva di spesso mentre durava tuttavia lo stupore. Entrambe però per quanto diligentemente osservassi , non erano che sin» tomi della medesima febbre . Rispetto alla cura, al primo suo apparire; cioè in Luglio 1673, e per varj fenomeni di~ versi molto da que che accompagnavano la febbre precedente, e perchè resisteva a’ catartici mentre nella passata costituzione felicemente riuscivano, io ebbi ad apprendere essere co- testa febbre d'altro genere; e più che non soleva altre fiate stetti sull’ investigarne la na- tura ; quindi dubbioso quale scopo mi propo- nessi nella cnra. Imperocchè non eravi a que’ primi tempi altra malattia epidemica, dal ge- nio della quale potessi trarre congetture sul genio di questa; mentre il vajuolo , che I ac- compaguava , assomigliava a quello nero che apparve nel 1670 e già ‘era mitissimo , e- ape pena rimaneva. Pertanto io non scorgeva al- 230 iro: mezzo, che colla maggiore attenzione con- siderare la malattia in se stessa, e dall altre separata, e posto mente a ciò che nuoceva o giovava tentare a guisa d'esploratore an cam- mino. Il fiero dolor di capo, la propensione a' dolori laterali, il sangue che emulava il sangue de’ pleuritici annunciavanmi non lieve infiammazione ; però non. si. sosleneano que’ larghi salassi alla plenritide convenienti; e dopo il primo, o il secondo più non appariva co- tenna , nè ripeterne novellamente alleviava il malore tranne si manifestasse vera pleuritide, come avveniva non di rado dietro inopportuno regime caldo, sovrattutto nella primavera del 1674. Essa. allora e pel calor della stagione , e perchè essendo dapprincipio proveniva da sostanza più. spiritosa, sembrava s` accostasse maggiormente alla peripneumonia . Pertanto indotto 10 dalla sperienza, e dall esempio ri- maneami dal ripetere l’\emissione di sangue , comechè chiaro fosse, questa febbre. special- mente. sullo incominciare essere stata d'indole non: poco infiammatoria; ora niun’ altra cosa ny avanzava, onde temperare un tanto calore che P usonde clisteri, e de rimedj refrigeranti. Ma, oltre questi aperti segni d’ infiammazione lo stupore 5 da cui più sovente , che dagli: al- tri sintomi era tal febbre accompagnata addo- mandava i. clisteri, affinchè si divertisse la materia morbifica dal capo, al quale sì pron- tamente arrecavasi. Più, potevano essi sosti- tuire ai ripetuti salassi che male sofferiva la ~ 231 natura del male e ne compensavano il difetto, dolcemente temperando il fervore del sangue , ed eliminando la materia morbifica. E repuiava oi conveniente più che in altra febbre l applicare E vescicatorj alla nuca; imperocchè mercè s il dolore, e il calore che si genera per essi alla parte cui sono posti, si viene a derivare la materia , la quale si portava al capo. Con questi, e con un regime refrigerante per se quasi, e naturalmente cedeva la malattia, e forte incrudeliva trattata con altro metodo co- I me per moltissime sperienze mi venne fatto largamente manifesto . ` - Pertanto tenni questo modo . Facea trar sahgue dal braceio innanzi tutto in quella quan- tità che credeva conveniente alle forze del ma- ‘ lato all'età o ad altro; a un tempo prescri- veva un largo vescicatorio alla nuca: al di vegnente un clistere lenitivo; e lo si doveva applicare in ora, che avanti notte fosse ogni cosa queta, cioè a due o tre ore dopo mez- zodi. Il clistere si ripeteva ogni giorno sinchè non scemasse . di forza la malattia. Allora io lo sospendeva, e più presto anche se la feb- bre oltrepassava il giorno quattordicesimo, ed invecchiava ; nel qual caso quantunque non vinta dai precedenti clisteri conobbi inutile Y applicarne più; poichè già l ebullizione av- venuta avea rintuzzata la forza della malattia, e il malato era fuor di pericolo , e sicuro da’ sintomi violenti; quindi era miglior senno ab- bandonar il male a se stesso , purchè a poco | 232 a poco venisse interamente a cessare. Questo modo sempre mi riuscì assai meglio che il tentare in tal tempo qualunque violenta eva- cuazione . Intanto vietava le carni, concedeva a volontà tenue birra. Nè debbo tralasciar altra pratica , l'eccel- lenza della quale mi. venne fatto. conu mille sperimenti comprovare ,.e vo’ dire, che ogni giorno s’alzasse il malato almeno per qualche ora, o se debolezza molta il vietasse vestitosi giacesse sul, letto colla testa un po’ elevata . Imperocchè veggendo io l impeto grande con cui la febbre recavasi a tal parte; e cono- scendo la disposizione infiammatoria del san- gue mi venne in mente potersi ottenere alcun vantaggio da. simile positura; poichè nulla d intorno aumenterebbe il calore , lo che non può non avvenire stando a letto, nulla pro- muoverebbe l’impeto del sangue verso il capo, d onde il cervello maggiormente si riscaldi, e si agitin gli spiriti animali, e quindi vibra- zione più veemente del cuore, e la febbre accresciuta. Ma quantunque sia convenevol cosa in ogni febbre, accompagnata da intensa infiam- mazione non sempre rimanere a letto, vuolsi però considerare, che ove sen faccia abuso e fuor dimori tempo maggiore, che non si do- veva ogni volta , particolarmente -sul declinar della malattia, sopravvengono talora dolori va- ghi, che terminano in reumatismo , e talora sopravviene anco l itterizia. Allora ti colloche-. 233 rai a letto, onde aperti i pori della cute sfug- gano le particelle producitrici dell'una, e dell altra malattia ; non però vi starai più di uno o due di, nè provocherai sudore. In vero tali accidenti sono rari molto, nè hanno luogo che sul declinar della malattia: allora essendo le cose ben più miti puossi permettere con ben maggior sicurezza la continua dimora in letto, e più, conviene anzi in tal tempo all attenua- mento della materia febbrile, che inasprisce, e s'incende quando ciò all opposto facciasi troppo presto . i Che se altri qui opponga essere bensi un tale metodo acconcio assai a rimuovere l’ im~= peto del sangue dal capo, a ristaurare il ma- lato, ma essere però a un tempo meno con- ‘venevole, come quello che nuoce a’ sudori, modo con che la materia febbrile già concotta si elimina ; io rispondo, chi sì pensa nulla fare, quando innanzi non provi doversi ad ogni febbre un simile modo dď evacuazione; lo che certamente non sarà per riuscirgli sì lieve. Insegna la sperienza, non la ragione , quali febbri debbansi vincere co’ diaforetici, quali co’ purgativi ec. Anzi v'ha pure onde pensare, esservi certe specie. di febbri, che la natura dissipa con un metodo particolare, e senza visibile evacuazione riducendo cioè ed assimi- lando al sangue quella materia. morbifica già dappria sì nemica. Su tale fondamento io non di rado e in questa specie di febbre , e in altre, purchè non intermittenti io indussi tosto 334 guarigione sin da loro principio, e quando ancora non: era infetta tutta la massa del san- gue, solo col prescrivere tenuissima birra, @ in quella quantità, che più desiderassero, vie- tato qualunque nudrimento o di brodi o @ al~ i tro di qualunque genere; e intanto permetteva. l’uso de’ consueti esercizj, e l aria libera, nè imprendeva evacuazione di sorta veruna, Cer- ‘tamente con una tale pienissima astinenza di soli due o tre dì io curai miei figliuoli, e alcuni - de miei più stretti amici: però di tal guisa non procederai che ne’ giovani e forniti di sanguigno temperamento . E conceduto, che la natura non altra- menti, che pe sudori possa vincere la malat- tia non sono essi que sudori prescelti che avvengono sul fine, e compiuta la cozione, anzichè quelli de’ primi di, effetto della tur- bata economia? lo penso non doversi pro- muover questi penso anzi doversi calmare il tumulto d'onde nascono. Quegli altri poi so- gliono accompagnare molte specie di febbri, benchè non tutte; ed io so bene esservene talune le quali addomandano sul declinare una tal crisi, come i particolari parosismi delle intermittenti, come quella ragguardevole feb- bre, e frequentissima dipendente dalla costitu- zione producitrice delle intermittenti epidemi- che. Quivi appoggiandoti a tutt altro metodo che a digerir pria la materia motbifica, indi ad eliminarla per sudori aumenterà il male . Per lo che non avrà luogo evacuazione nis- 235 suna, salvo fosse ne’ primi tempi, onde fre- nare l impeto della malattia; in altro caso conviene astenersene, chè potrebbe il malato di presente. morirne. Che anzi la sperienza ci mostra come la stessa. materia della febbre pestilenziale tenue al sommo e sottile può es- sere dissipata ne'primi giorni in via di sudori, Ma in coteste febbri nelle quali abban- donate a ‘se stesse; e dietro il corso ordinario de’ sintomi non ‘vediamo giammai la natura evacuare dopo certo tempo la materia morbi- fica già preparata, sarebbe pur grandissima temeritàvinsistere sul provocar sudori e volere ad ogni, modo fugare con tale metodo la m.a- lattia mentre come dice il Divino Ippocrate Ogni cosa inutile quando è contraria la natura. Così io la penso risguardo a questa febbre particolare, e so per moltiplici sperienze po- tersi. essa ‘dissipare senza sudori, e quando vuolsi inopportunamente sollecitarli gittasi so- vente il malato in manifesto: pericolo di vita ; chè ascende la materia morbifica al capo. Ciò non ‘ostante nè in questa febbre, nè in qualsivoglia -altra non solita a giudicarsi per sudori, ove per avventura, diminuita già la malattia, per se apparisca , cui dalla remis- sione de’ sintomi si comprenda essere figlio della dovuta cozione , nissun medico prudente vorrà dispregiare un tal sudore. Ma laddove non esce per se spontaneo , che sappiam noi non farsi micidiali sforzandoci promuoverlo merce un regime caldo, mercè fortissimi car- 236 diaci ? Scemo è colui, che abbattuttosi in wr tesoro nol tragga dal suolo; ma è stoltò ques gli, che su tale speranza espone a pericolo la vita. Came che sia io sono certissitno, il solo calore della febbre essere. sufficiente a preparare la materia febbrile alla cozione, nè debbesi procurarne un più ‘intenso mercè il. regime caldo. | Il metodo de'salassi, e de’ clisteri in que- sta febbre ebbe sempre il più felice successo ; ogni qualvolta impiegaronsi i diaforetici non solo sopravvennero irregolari sintomi e tristi, ma ne fu l'esito mai sempre dubbioso. Di- stinguevasi sovra gli altri quel delirio, in. cui il malato anzichè loquace stupido diveniva, e quasi comatoso, frequente sintoma, come di- cemmo in questa febbre . Egli sebbene» talora er se nascesse, era provocato d' ordinario dalla soverchia diligenza di ochi assisteva al tutto intenti a provocar sudori : poichè di ‘tal modo la materia morbifica, la quale in questa specie non evacuavasi per sudori veniva for- temente agitata, e trasportavasi con infinito pericolo alla testa. Già per lo innanzi avvertii nella cura di febbre ď altra costituzione , come un somiglie- vole stupore negli ultimi anni assaliva special- mente i fanciulli, e coloro, che appena aveano oltrepassata I epoca della pubertà ; ma nè sì profondo, nè cotanto epidemico qual era lo accompagnante questa febbre; nè quello. poter vincere benchè inferiore, meno questo sul pri~ | 237 mo apparire del male, con tutto che facessi di tutto, e ripotessi il salasso al braccio non solo; ma al collo, ed anco a’ piedi, e ricor- ressi a vescicanti, a coppette, a clisteri, a diaforetici d'ogni genere ec. Finalmente deli- berai dopo una cacciata di sangue al braccio ne primi dì, applicare tosto un vescicatorio alla nuca, e m'atteneva a ‘due o tre clisteri di laite e zuccaro , ned altro faceva, solo proi- biva le carni ed ogni liquor spiritoso . Intanto io stava intento al metodo della natura, onde calcando sue vestigia imparassi a vincere tale sintoma. Ma la malattia che stava guardando , sicuramente, benchè tardi, ritirandosi in fine del tutto svanì. Pertanto credetti dover in avvenire insistere su questo metodo, che ve- duta la grandezza de sintomi, veduto l esito mai sempre favorevole parvemi cosa di non lieve momento . E per certo che a me talora cadde in pensiero, noi soverchiamente affrettarci nella cura delle malattie, doversi anzi procedere , più lentamente, e più alla natura soventi volte commettere di quello non si faccia oggidì. Estimare che la natura abbisogni sempre d’ a- juto egli è ben da poco assennato,.ed ella avrebbe in tal caso non abbastanza provveduto alla specie umana, nissuna proporzione essen- dovi tra la moltitudine de’ mali, e i mezzi onde fugarli, e ciò pur anco ne’ secoli in cui la medicina ebbe maggior lustro, e maggior- F i teke] mente fu coltivata. Ignoro io, nell’ altre ma- 238 lattie che abbia prodotto un tal modo; so bene però, e per accurate osservazioni ; che nella febbre della quale parliamo dopo le ges nerali evacuazioni, cioè il salasso e i clisteri il tempo solo felicemente vinceva il suddetto. sintoma , lo stupore. Dicemmo già come in caso di ragguar- devole stupore non soleano mostrarsi segni di convalescenza , che al trentesimo giorno, e il malato era SOprappreso talora anche da afonia. Dopo tal tempo chiedeva egli importunamente un qualche:cibos:.o bevanda ‘men convenevoli e strani viziato dalla lunga malattia il lievito del: ventiicolors:iIn sibile (cirvosri mante end mestieri riparare le forze esauste io concedeva pure ciò che pareva, fosse meno acconcio , purchè al gusto del malato aggradisse . In Settembre 1674 curava un fanciullo di nove anni, figlio d'un librajo mio vicino per nome Not; aveva egli questa febbre, aveva lo stupore. Trattogli sangne dal braccio, ap- plicatigli a principio per alcuni giorni di se- guito 1 clisteri Opponevami alla madre di lui che importunissima mi sollecitava , affrettarmi più di quello credeva io, convenisse alla sal- vezza del malato. Indugiando pertanto, nè dat» altro rimedio che un giulebbe comune e ciò per acquetare la madre, intorno al tren- tesimo giorno incominciò a star meglio. Ebbe de bizzarri appe'iti cni in parte io soddisfacea senz altro oggetto che di compiacerlo , final- mente al tutto guarì. 239 Ma quantunque l'affezione soporosa a pre- ferenza d'altro sintoma sopravvenisse sovente in questa febbre, talora pure benchè di rado videsi la frenesia. Non mai eravi sonno, né di dì, nè di notte; niun senno affatto, ed al- tri sintomi somiglievoli a quelli che soleano vedersi ne frenetici. per altre febbri, o per vajuolo. Quì non toleravasi indugio, nè aspet- tava tale sintoma la digestione della materia morbifica come l affezione soporosa; in pochi dì il malato moriva , salvo si fosse arrestata } infiammazione. Nulla più valeva in tal casò, ehe dopo un salasso, ed uno o due clisteri lo spirito di vitriolo misto in gocce a tenue i birra per bevanda ordinaria: infra pochi giorni egli induceva sonno e superata ogni cosa ar- \ recava sanita. Di vero che nulla più di esso | riusciva; nè ciò affermo che dietro assai re- plicati esperimenti. A questa febbre succedettero nell autunno 1675 dissenterie, e talora diarree. M avvisai tosto esser queste sintomi anzichè malaitie idiopatiche , come nella precedente costituzio- ne. Ma pure racchiudendosi la cagione del male nel sangue volevasi il salasso; dopo cui se somministravi due volte un marcotico la malattia era vinta . Nel Settembre 1675 venni chiamato dalla Signora Conysby che abitava presso le scu» derie reali. Già avea sofferta questa febbre, e fu tutt a un tratto sorpresa da tormini, cui seguirono dejezioni sanguigne, e mucose. Quan- stati nni ______ _. 340 tunque abbattutte avesse le forze già da alcuni | giorni, e per la longhezza della malattia, e più. per le frequenti dejezioni, che la notte scorsa. aveanla grandemente spossata le feci tosto trar sangue dal braccio, e poco dopo somministrai. ün narcotico ; la notte vegnente le dejezioni si ebbero stercoracee: ordinai nuovamente mat- tina e sera il suddetto rimedio, e v'aggiunsi a rialzare gli spiriti un moderato cardiaco . Immantinenti di tal guisa guarì . f Rispetto alla diarrea, la cosa era ancor meno malagevole; e siccome parèvami, nè giovasse, nè nuocesse, fosse o non vi fosse stupore io non ne traeva indicazione veruna , urchè stando fra limiti non arrecasse perico- Tra In tal caso voleansi senza dubbio i narco- tici, caso che solo in tutto il corso della ma- lattia addomandava tal sorta di rimedj. Impe- rocchè quella grande propensione allo stupore, che abbiamo notato manifestarsi in questa feb- bre veniva da’ narcotici aumentata, nè senza incalzante necessità doveansi quindi adoperare. E poi mestieri avvertire come non di rado avveniva, i convalescenti da questa od altra febbre, que’ specialmente statine a lungo ma- cerati, nè da essa liberati che dopo larghe evacuazioni, 6 sovrattutto que’ d'abito di corpo delicato , sudare grandemente di notte tempo stando a letto, tosto dopo aver conceputo certo grado di calore, d'onde debolezza molta, e tardi assai ricuperavansi le forze, e alcuni eziandio intabidivano. Poichè un tale sintoma io ha io estimava provenisse da ciò, che il. sangue in virtù della lunga malattia depauperato , € indebolito più non sapesse assimilare i succhi di recente acquistati, e li cacciasse per sudori :. io perciò, ogni mattina, ed ogni sera prescri- Ț veva cinque. o sei cucchiai di vecchio vino di Malaga. Di tal guisa i malati acquistavano forze, e i sudori svanivano. Ciò io diceva sulla febbre di questa costituzione, febbre che per lo insigne stupore; che l accompagnava piacemi appellare Comatosa . CAPO ILD. Morbilli dell anno 1674. =- ic si Panno 1674, era cioè Gennajo ; ed ecco apparire certa specie di morbilli di- versa da quella che regnava già allo stesso mese nel 1670. Non furono questi morbilli. meno epidemici de’ primi, ma però ned erano sì regolari, ne serbavano ‘sì costante il tipo ; imperocchè or più tosto, or più tardi usciva- no, che non avvenisse in quelli, la cui eru- zione era sempre al quarto dì dall'invasione . Oltracciò, mostravansi innanzi tutto sugli omeri e sul resto del tronco , mentre que primi era- no subitamente alla faccia, e di là a poco a poco spargevansi dovunque. Nè in questa spe-. cie avvenne, osservassimo se non rade volte assai quelle desquamazioni farinacee sul finire Tom. 1. 16 242 : del male, che nell’ altra non mancavano giam- mai, come suol avvenire nella scarlattina. Piit persone morirono dietro men convenevole trat- tamento che non ne m»rissero ne’ morbilli preceduti, e la febbre, e la dispnea sul fine erano più veementi, e più accostavansi alla pneumonia , che nella suddetta prima specie. Ma per quanto, rispetto a ricordati sintomi fos- sero cotai morbilli irregolari, ne'principali però accordavansi con quelli di cui già abbiamo dato la storia nelle malattie del 1670, per lo che non occorre si ripeta. Crebbero com essi sino all’ equinozio di Primavera, indi mai sempre decrescendo al sopravvenire del solsti- zio estivo 0 poco più in là interamente si dissiparono . Della cura siccome quella che in nissuna cosa differiva dalla già addotta ne’ morbilli del 1630 vogliamo quindi non parlarne. Arrecherò soltanto giusta mio costume un esempio del metodo, cui m' appigliai. | In febbràjo 1674 la contessa di Salisbury donna di grandissima virtù mi fe’ chiamare, chè avea ‘uno de suoi figlj preso da morbilli ; tostò ne furono colti gli altri in numero di 5 o 6; ed io tatti trattai a un modo. Li astrinsi a léto due 0 tre giorni innanzi l eruzione, onde si evacuassero per la cute quelle parti- celle morbifiche facilmente separabili dal san- gue: Nè volli più fossero coperti, e riscaldati di ‘quello ‘che solessero in istato di salute ; lungi le carni; concedeva brodi d'avena, d'or- 243. zo, un qualche pomo cotto, e tenue birra © latte bollito con un triplo d’acqua. Incalzando la tosse com'è d ordinario, prescriveva una tisana pettorale. Mercè un tale modo risana- rono appieno, e nel breve tempo che suol durare questa malattia ; nè mai apparve o nel decorso , o nel fine sintoma veruno che non fosse ordinario . Ne due primi mesi eravi pure una febbre morbillosa quà e là sparsa, nella quale ap- parivano. pel tronco, sovrattutto alla parte posteriore del collo, e sugli omeri alcune pu- stole rassomiglianti a quelle de morbilli, da eui soltanto differivano pel non estendersi’ in tutto il corpo. La febbre, comeché dello stesso genere, era più. forte, e protraevasi fino al quattordicesimo giorno, e talora anche più. Nè soffriva salassi, nè elisteri, la irritavano : cedea però volentieri al metodo di sopra ac- cennato: pe morbilli. Nè di questi più. CAPO TV. Vajuolo anomalo degli anni 1674, 75. L quella guisa, che i morbilli epidemici del 1670 condussero il già descritto vajuolo nero, quest pure nel 1674, nè meno di quelli epi- demici ce ne condussero una specie così ‘ alla prima uguale che parea ropriamente , essa rivivesse. E come già dicemmo, dopo due „bhg anni allora si fecero le pustole nere meno, e più grandi, sicchè sul fine del 1673 già rispet- | to al genere appariva la malattia mite, e benigna ; quando tutt a un tratto retrocede e mostrasi novellamente feroce, e d’atri sintomi accompagnata. Le pustole vedeansi nere come fuligine, e quando erano confluenti, e quando a un tempo il malato non moriva innanzi la maturanza; perocchè immature teneano il color fisco. Piccolissime se numerose ; poche non | erano men grandi, che negli altri generi di vajuolo, rarissime volte nere. Assomigliava insomma d assai al vajuolo del nilo DIA non in tutto. affatto, ed aveavi alcune diffe- „renze 3 e qui appariva putredine maggiore, e. una materia più crassa, e di più difficile co- zione. Imperocchè tramandavano le pustole più gran puzza mature, e appena poteasi reg- gere presso i malati. Oltracciò avea più lento periodo e più d'altra specie ch'io mi cono- scessi durava . E vrolsi intanto notare, che quanto più è mite il vajuolo tanto più presto pervengono le pistole a maturità, e la malattia al fine. Così nel vajuolo confluente regolare del 1667 era il giorno undecimo il più pericoloso, dopo cui d ordinario più non temevasi della vita: nel consecutivo anomalo del 1670 era il peri- colo maggiore al decimo quarto al più al de- cimo settimo, dopo i quali solitamente pro- mettevamo salvezza, ned io vidi persona mo- rirne dappoi. Ma in questa specie, quand'era 245 confluente, anche oltre al vigesimo giorno il malato moriva. Non di rado a chi ne scampa- va (per verità sorte di pochi ) non solo avve- niva, intumidirsi le gambe, facil cosa nel va juolo confluente, ma e le braccia intumidivano, e gli omeri, e le coscie, ed ogni parte, lo che avea principio da un dolore intollerabile somi- gliantissimo al dolore del reumatismo. Sovente venivane suppurazione, e quindi ascessi nelle parti muscolari, e seni grandissimi, e peri- colo di vita anche dopo molti giorni svanito il vajuolo . To potei di tal modo: chiaramente vedere i gradi, co' quali questa malattia sì. produsse nelle tre costituzioni: la posteriore’ superava sempre l anteriore , e in quanto alla maggiore putrescenza į e in quanto alla mate- ria morbifica di più difficile cozione . Per verità a me pare, la specie di che tratto esserne una nuova nata dalla prima che invecchiava. E quantunque -questa prima già fosse giunta a suo declinamento ; pure di nuovo la materia morbifica fermentando, e di nuovo favorendo la costituzione dell’ aria si riprodusse violenta e ringiovenì. Però era un tale vajuolo tanto più irregolare, e tanto più era il corrompimento, quanto la mate- ria che lo generava era più crassa, e più feculenta che non fosse nel vajuolo precedu- to. Lo che onde meglio apparisca vuolsi cre- dere non esistere ‘propriamente entro l aria una tale disposizione, che generi in un luo- o go una malattia, ed alira ne generi in altro 246 non di molto lontano: se ciò fosse ogni mo- | vimento di venti potrebbe dissipare la costi- tuzione. Sembrami più simile al vero, ché. questo o quell'altro tratto d atmosfera. riem- piasi di effluv;} provenienti da qualche fer- mentazione minerale: tali effluvj contaminando l aria nella quale nuotano particelle all'una specie, o all’ altra d’ animali infeste danno ori- gine a malattie appropriate ai varj cangiamenti che hanno luogo nelle viscere della terra, e ciò finchè non sia esausta quella soiterranea mi- niera. Però dagli avanzi puossi suscitare nuova | fermentazione come nel caso ora ricordato. À me però, che non agogno sapere oltre quello che la cosa per se stessa rappresenta, poco rileva se questa, \o se altra ipotesi sciolga meglio il fenomeno. Ciò almeno io tengo per certo , che questo vajuolo era similissimò al vajuolo della precedente costituzione, tranne la più crassa natura, e il corrompimento di gran lunga maggiore. Per le quali cose quando era forte confluente arrecava maggiore strage, che non facesse altra specie, e pel numero de’ malati, parmi uguagliasse la stessa peste. Ma quand’ era discreto non. avea seco maggior pericolo, e per la grandezza delle pustole , e pel colore, e per altre circostanze mostrava d’ essere a pari d’ altro benigno . Rispetto alla cura recavami già \da molti anni meraviglia, il vedere le contrarie indica- zioni, che pareva accennasse questa malattia . Imperocchè da un lato era manifesta cosa 247 come dal caldo regime tosto produceansi que’ ‘sintomi provenienti da infiammazione soverchia , così la febbre, la frenesia, le macchie purpu- ree, a cui inchina in ispecie il vajuolo; dall ‘altro scorgevasi chiaro, sun regime oltre il dovere freddo, impedire la intumescenza della faccia , e delle mani, cosa tanto necessaria, ed «appianare le pustole. Dopo lunghissime ‘considerazioni venni in fine a comprendere, di qual modo potessi a questo doppio incon- veniente ,a -un tempo medesimo riparare; e frenava l'interno orgasmo del sangue mercè copiosa bevanda di acqua bollita con latte, di tenue birra o di simile altro liquore; e pro- muoveva l'elevazione. delle pustole, l intume- scenza delle mani, e della faccia mercè lo stare continuamente a letto nè le braccia pure discoperte. Nulla sembra abbia questo metodo di contraddicente; imperocchè compiuta leru- zione, egli è a credere, sienosi dal sangue tutte deposte le particelle infiammate alla su- perficie del corpo, nè abbisognar .d’ altri sti- moli ad ulteriore secrezione di materia morbi- fica. Ora non trattandosi, che della suppura- zione, rispetto al sangue ciò solo vuolsi fare, non rientrino in esso le già separate particelle; rispetto alle. pustole, si conducano a.matu- ranza mantenendo un blando calore alle parti esterne. Ma benchè un tale metodo mi riu- scisse nell altre specie di vajuolo confluente, in questa non corrispose, sicchè il più di coloro, che forte n’ammalavano, perivano, e IZZO Se PET SE i ZOOI 248 in questa guisa si trattassero, o col regime caldo , e co più forti cardiaci. Compresi dun- que volersi oltre que’ mezzi convenevoli a fre- nare l'ebullizione del sangue, a promuovere. I elevazione delle pustole e la intumescenza del viso , e delle mani, volersi qualche cosa. che fosse atta a vincere il corrompimento. che sì soverchio avveniva in questa specie d vajuolo. Ed ecco appresentarmisi alla mente ‘lo spirito di vitriolo , cui reputai acconcio 2 ad opporsi alla putrescenza, e a domare Ja ferocia del calore. Per la qual cosa nulla in- ‘traprendendo finchè e il dolore , e la vomita- rizione che sogliono precedere l eruzione per se cessassero, e già uscissero tutte le pustole, al quinto o sesto giorno concedeva per be- vanda ordinaria tenue birra alla quale erasi misto spirito di vitriuolo a lieve acidità ; e prendeyane il malato a volere, e amava io prendessene più all avvicinarsi della febbre di suppurazione . Tale bevanda era la comune d'ogni dì sino a perfetta salute . Questo rimedio come verace specifico ar- restava mirabilmente tutti i sintomi: la faccia e più presto, e più assai intumidiva : gli in- terstizj tra le pustole erano più rossi, e mag- siormente imitavano il colore delle rose da- mascene: le pustole anche le più minute in- srossavano per quanto almeno comportava la specie; non nere apparivano e mandavano una materia. gialla, e del colore del miele; e la faccia invece di nera vedevasi intensamente | i 249 gialla: presto giungeva la suppurazione, e tutto il resto prestissimamente nello spazio di uno o due dì si compieva. Tali cose però avveni- vano bevendo largamente del liquore nomina- to ; ed io perciò ove scorgeva il malato rifiu- tarne la dovuta quantità, ne compensava il difetto somministrando tratto tratto tale spi- rito in un cucchiajo misto a siroppo o ad acqua distillata . . To addussi il bene che ne torna da questo medicamento , di male non ne vidi giammai . Poichè quantunque soglia arrestare la saliva- zione nel decimo, o undecimo giorno: vi si sostituiscono alcune dejezioni, da cui minor pericolo ridonda al malato , che dalla prima . i Mentre egli è nel vajuolo confluente, come più volte abbiamo detto, il pericolo maggiore in ciò appunto che intorno a tai dì fattasi la saliva viscidissima minaccia soffocazione; e qui viene in soccorso la diarrea che o per se cede, o almeno tolto ogni pericolo da lato del vajuolo frenasi di leggieri con latte ed acqua, e co narcotici . Intanto giaceva a letto il malato, e quan- tunque non volessi vi si addoppiassero le col- tri, dovea ritener coperte sino le braccia; per- metteva pure il trasferirsi dall'una parte all al- tra del letto, onde allontanare i sudori a cui inclinava moltissimo ad onta dello Spirito di vitriole . Erangli cibo brodi d'avena e d’ OTZO , talora qualche pomo cotto. Negli ultimi giorni se sopravyeniya languore, o male di stomace 250 accondiscendeva a tre o. quattro cucchiai d vino delle canarie. Però fin dal quinto o sest giorno io prescriveva la sera di buon ora un calmante, agli adulti veramente, chè non wer mestieri al bambini, quattordici gocce di lau dano liquido nell’ acqua de’ fiori di primavera... In decima quarta lasciava, che il malato s'alzasse; alla vigesima: prima faceagli trar sangue dal braccio, indi due o tre volte ill purgava; dopo che e più. colorito ‘apparivane» ľ aspetto e più vivo di quello non soleva essere: in chi aveva avuto violento, un tale vajuolo .. Oltracciò appena con questo metodo rimaneano; cicatrici come quelle che provengono da caldi umori corrodenti la cuticola . =- — Å ventisei Luglio 1675 il nobile Sig. Hel- liot. gentiluomo. della camera del re e mio amico mi affidò in cura un suo domestico in cui.già tutto annunziava questo terribile vajuolo confluente. Era l'età intorno a diciott anni, il temperamento, sanguigno assai, ed era ca- duto in questa malattia. per soverchio bere. Le pustole mostraronsi sì confluenti, ch'io non. le vidi mai tanto, ed erano sì serrate, che non poteansi le une dalle altre distinguere. Confidando forte sull efficacia di questo rime- dio non trassi sangue; quantunque ne fossi in tempo , anzi dovessi farlo invitata la. malattia dall eccessivo vino. Compiuta l'eruzione, cioè al quinto o sesto giorno feci mescere dello spirito di vetriuolo a tenue birra, e volli , questa fosse bevanda ordinaria da prendersi a | 251 piacimento .' Nell’ ottavo dì venne tanta quantità di sangue dal naso; che chi assisteva atterri- tone estimò dovermisi tosto ricercare : giunto, e scorgendo ciò procedere, da smodato calore del. sangue, e da impeto inusitato ordinai, bevesse in maggior copia assai della birra sun- nominata, dopo che più presto che nol dica l'emorragia s arrestò. La malattia ebbe felice successo, chè era copiosa molto la salivazione, ragguardevole la intumescenza della faccia, e delle mani, discreta la grossezza delle pustole. Se non che negli ultimi giorni. sopravvennero alcune dejezioni mucose, sanguinolenti, che forse non avrebbero prodotto imbarazzo , se a principio avessi prescritto il salasso. Pure non somministrai che il narcotico, il quale anche senza ciò sarebbesi preso ogni notte: le si vinsero ; scomparvero le. pustole; indi tratta dal braccio una ben larga quantità di sangue e coll’ uso copioso di acqua e latie in breve tempo risanò . E fu pur allora , che un mio vicino per nome Clenck confidommi due de suoi figli, l'uno. de quali avea quattr anni, F altro lat- tante ancora non avea compiuti sei. mesi. Mi- nutissime ad entrambi erano le pustole oltre- modo confluenti, ed uscivano a foggia di resi- pola e mostravansi del suddetto genere nero. Feci mescere ad ogni bevanda spirito di vi- triolo, che ad onta della poca età per nulla rifiutarono , e senza verun sintoma considere- vole prestamente guarireno . Videli meco il 253 mio amico il Dott. Mapletoft , e il primo era gia convalescente , e il secondo stava ancor malato nella sua culla. _ Rifletteremo però, che essendo il vajuolo discreto di questa costituzione d'indole beni- gna non abbisognava di tal rimedio, ed era per esso sufficiente metodo il già esposto pel discreto di sopra arrecato. _ Accogli o Lettore, ciò tutto ‘ch'io poteva dire sul vajuolo.. Altri forse giusta il genio del secolo sarà che ne faccia poco conto. Io pure ben so, quanto mi costava di fatica, di sollecitudine, d’industria, e per anni assai. Però se non spingevami l'amor pe’miei simili, a quali vorrei pur esser utile a prezzo anche della mia fama, che ben veggo come per la novità sia per soffrire; io avea meco stesso proposto nulla pubblicare. Nè comprendo poi il perchè sì male suoni presso taluno un nuovo metodo di curare una malattia, della quale non trovasi vestigio presso Ippocrate, o presso Galeno tranne vogliasi dar la tortura ad alcuni passi difficilissimi; mentre altri pure istituendo me- ‘todi come avviene tuttodì non tratti da que’ grandi luminari della Medicina , può a buon dritto magnificarli, siccome a buon dritto pos- sono da altri essere rifiutati . Per la siessa ragione a nissuno dee recar meraviglia, se io avrò introdotte novità nel metodo ‘di curare le febbri dipendenti dalle costituzioni producitrici del vajuolo epidemico. Imperocchè se ne’ primi secoli del mondo non 255 aveavi questo esantema, certamente non aveavi pur tale febbre. E pare cosa similissima, al vero allora non esistesse il vajuolo, perocchè se in quegli antichi tempi egli avesse regnato come presso noi, non è possibile, si fosse ascoso al sagacissimo Ippocrate, il quale come colui, che e conobbe, e descrisse meglio le malattie di quelli che vennero dappoi, ne avreb- be tramandato al suo solito una semplicissima istoria. Siami lecito perciò il pensare, aver le malattie certi periodi, giusta le occulte alte- razioni, che hanno luogo nelle viscere della terra, varie secondo la varietà de’ tempi; e in quella guisa che malattie le quali già furo» no, adesso o appieno sono spente o invec- ‘chiate illanguidirono d’ assai, e compajono radissime volte, come la lepra, e qualche altra: così quelle, che ora regnano avran- no purea finire, e cederanno a nuove spe- cie, di cui al presente non cade per avven- tura sospetto veruno. Ciò può ben essere che- chè a noi paja in proposito; a noi di tanto breve vita; nè ciò che delle malattie traman- daronci gli autori anche i più antichi può es- sere di età rimota assai ove la si voglia para- gonare colle vetustissime: età del Mondo. 254 CAPO Yy, a Tossi epidemiche dell’anno 1675, con Pleuritide ue Peripneumonia sintomatiche . Ba: oltremodo era l autunno del 1675, e placido e caldo; similissimo alla. state. conti- nuò fuor del solito sino agli ultimi, giorni di Ottobre: quand’eccò répente mutarsi; e si fe’ umido subitamente e freddo ; indi. sopravven- nero, le. tossi, che giammai io non ebbi a: vederne le più. Nissuno!quasi eranen esente; di qualunque età «si fosse; di qualunque tém- peramento , ed. assaliva a ud. tempo antere fa miglie... Però -non pel numero soltanto erano esse ragguardevoli, mentre ogni inverno ne adduce assai; ma dle erano piuttosto‘ pel peri- colo in che per ‘avventura ponevano al malato: Imperocchè siccome già da tutto autunno in- fieriva violentemente la febbre suddescritta, nè v.era altra malattia epidemica, che bilan- ciando la domasse, queste tossi conducevano a lei, e volonterose in. lei. trapassavano . In- tanto nella guisa che le: tossi àjutavano la pro- duzione delle ‘febbri, queste. presa ‘occasione, da quelle assalivano e pleura, e polmoni, non altramenti che poco innanzi invadevano il capo. Una sì improvvisa mutazione di sintomi fe credere ad alcuni, che non aveanvi posto ba- stevole attenzione , tale pleuritide , tale peri- r e!” °*w*wo©oGceou_—_ n M-+},rr—_—‘—‘ III! ; s 255 pneumonia fossero essenziali, mentre nọn erano altra cosa che la febbre dominante della co- stituzione; e incominciava come. per lo innanzi da dolore al capo, al dorso , agli arti , sinto- mi che convenivano in tutto ad essa, solo la materia febbrile deponendosi in copia mercè lo stimolo della tosse alla pleura ai polmoni ec- citava que’ sintomi proprj a tali parti. Però la febbre era la stessa per quanto io osservassi, che avea regnato sino a quel giorno, che ap- parvero le tossi; e i rimedj , a quali pronts- simamente cedeva, apertamente il mostravano , Il dolor pungitivo a lato, la difficoltà di re- spiro , il colore del sangue tratto ed altri. se- gni pareva indicassero una. verace pleuritide essenziale : pure la malattia non volle altro metodo che quello già convenevole alla febbre della costituzione, abborrendo affatto lo accon- cio alla pleuritide come vedremo. Aggiungasi . che la pleuritide quand’ è primaria suo) venire d' ordinario in quel tempo posto tra la prima- vera , e la state : questa nata ad altro tempo vuolsi considerare come sintoma della febbre dominante, e prodotto della tosse per acci- dente avvenuta . Onde procedere rettamente a quel metodo che ne mostrò la sperienza convenevele alle tossi di quest’ anno, come di qualunque altro tempo purchè nascenti da pari cagione , gli è d uopo innanzi tutto osservare, che gli eftluvj 1 quali, sogliono separarsi dal sangue per in- sensibile traspirazione, ove per freddo contrag- a56 gansi 1 pori della cute, rientrano, e depon- gonsi sul polmone , cui irritando tosto muo- vono la tosse. E mentre così sono ritenute. particelle calde del sangue, ed escrementizie , accendesi facilmente la febbre, quando cioé tanta siane la copia, che mal possa il pol- mone eliminarla interamente, o quando mercè il regime, e i rimedj caldi aumentasi il calore, e si determina la febbre in chi già per se eravi forte inclinato . Ma però qualunque pur sia la febbre stazionaria. dominatrice a quel tempo , tosto la nuova febbre ne acquista e il nome, e il carattere, e ne segue appieno il enio , ancorachè ritenga certi sintomi, dipen- da dalla tosse, che la produsse. Perciò chiaro apparisce doversi in simili circostanze , non solo provvedere a tale tosse ma pur anco alla febbre , che tanto pronta vi si associa . A questi princip) appoggiato ve’ come. sfor- zavami soccorrere a chi mi chiedeva d ajuto. Se la tosse non aveva ancora svegliata febbre, e gli altri sintomi di che parlammo io reputava sufficiente vietar le carni, ed ogni liquore spiritoso ; permetteva un moderato esercizio , e l aria libera, bevendo però tratto tratto di una tisana petiorale refrigerante . Bastavano sì poche cose, e a domare la tosse, e a pre- venire la febbre , e gli altri sintomi che ľ ac- compagnavano . Perocchè siccome astenendosi dalle carni, e da’ liquori spiritosi, e coll’ uso ‘pure de’refrigeranti temperavasi il sangue, sic- chè mal era atto all impressione della febbre : mer- 257 mercè l'esercizio, que’ caldi vapori, che retro- ceduti pel freddo eccitavano la tosse, uscivano per la naturale loro via, e felicemente dissi- pavansi, i : : Rispetto alla tosse eran eglino pericolosi i narcotici, e gli anodini nè lo eran meno i liquori spiritosi, e i caldi medicamenti; mentre per simili maniere indurando la materia della tosse, que vapori che per questo mezzo usci- vano ritenuti nella massa del sangue accende- vano la febbre. E ciò soleva pur le spesse fiate avvenire a non pochi infra 1 volgo ; che avvisandosi domare la tosse con ispirito di vino bruciato , o con altri rimedj caldi procacciavano la pleuritide, e la pneumonia, e un lieve ma- lore, e facilmente sanabile trasmutavano sovente in un gravissimo, e mortale. Nè meno ingan- navansi coloro , quantunque vi apparisse una qualche ragione i quali pensavano eliminar ogni cosa co’ sudori. Io non vo’ negare, come talora una spontanea diaforesi valga più di tutto a cacciare la materia morbifica; però il volerla promuovere a forza infiamma sovente il san- gue, e si corre rischio dare a morte, chi pur volevamo da morte salvare . Talora poi non solo in caso di men op- portuno trattamento, ma anche per se soprat- tutto ne'più delicati, e ne’piccoli bambini, tosto o dopo uno o due dì sopravveniva alla tosst un alternativa di calore, e di freddo, indi un dolore al capo, al dorso, agli arti; non di rado eravi propensione a’ sudori in ispecie di - Tomo I. 17 4 256 notte, sintomi che accoñpagnavano d' ordina= rio la febbre di questa costituzione; e vi si aggiugneva di spesso dolore a lato, e qualche volta una costrizione a’ polmoni per cui faceasi | difficile il respiro , s' impediva la tosse, si ec- citava veemente la febbre. © Dietro accurate osservazioni conobbi po- tersi benissimo combattere, e la febbre, e suoi sintomi mercè un salasso al braccio, e un ve- scicatorio alla nuca, e un clistere ogni dì. Voleva che il malato stesse sempre qualche ora alzato , nè prendesse carni, bevendo or te- nue birra, or latte misto ad acqua; ora qual- che tisana refrigerante. Dopo due o tre giorni se non diminuiva il dolore a lato, e forte an- cora sussistesse , ricorreva a novello salasso, e raccomandava sempre più l’uso de clisteri , Rispetto a' clisteri vuolsi avvertire , e ciò tanto in questa, che in altre febbri, abbattute le forze della malattia, non doversi a lungo, e conti- nuamente ripeterli massimamente nelle donne isteriche , e negli ipocondriaci, lo cui sangue, ‘li cui umori agitansi tosto, e si accendono, d'onde turbamento dell’ economia animale e protraggonsi oltre il solito i sintomi febbrili . Ma ritornando alla cosa concedendo di tal guisa alla materia morbifica gettata sulla pleu- ra, e su polmoni il tempo di dissiparsi a poco a poco, soleano placidamente scomparire tutti i sintomi: mentre coloro; che combattevano con forza la malattia, e con grande apparato di rimedj, o perdevano i malati, od erano # 259 astretti salvarli con ripetute cacciate di sangue, le quali o non richiedeva il genio della malat- tia, od anche mal si sopportavano. Nella vera pleuritide propriamente è sovra ogni cosa la cacciata di sangue; quindi la si vuol ripetere più volte, e senza tema, e quante bastino a vincere l'affezione; ella certamente riesce, pur- chè a un tempo caldo regime, caldi medica- menti non ne rendano nulla l’azione. Quì una sola emissione, al più due bastavano , sorgesse però di letto il malato, facesse uso di bevanda refrigerante. Nè a ben vedere gli era mestieri replicarne più, tranne s'incendesse maggiormente il malore per caldo regime, ned eziandio in in questo caso era vuota di pericolo . Io voglio appunto in proposito far poche parole su ciò che comunemente si dice, essere talora la pleuritide di natura sì maligna che non ammette salassi, o tanti almeno come d’ordinario ne richiede. Io penso certamente, che la vera pleuritide ed essenziale, la quale come diremo , può avvenire in tutti gli anni, e in tutte le costituzioni , sempre domandi in- differentemente ripetuti salassi: ma penso pure succedere talora, che una febbre qualunque epidemica dietro repentina alterazione delle ma- nifeste qualità dell’aria, deponga volentieri la materia morbifica o alla pleura , od ai polmoni rimanendo però ella al tutto qual era. In que- sto caso comechè permettasi la cacciata di sangue, onde opporsi a tale sintoma quando infierisca; in genere vuolsi essere cauti assai 5 260 4 nè più aver rispetto al sintoma, che alla feb- bre. E se questa ammetta per avventura i ripetuti salassi, noi non dubiteremo ciò fare ` anche nella pleuritide da questa dipendente; se li ricusi, noi se n’asterremo pure in tale affezione, che starà ,, e cadrà con quella. Ciò secondo me avveravasi nella pleuritide sinto- matica, che accompagnava la febbre dominante, quando appunto apparvero le iossi, nell’inver- no cioè 1675. Ned io potei rimanermi dall’av- vertirlo ; perocchè estimo , quegli corra grave pericolo d' errare , ove nella cura delle febbri non risguardi sempre la costituzione dell’anno, in quanto producendo le varie malattie epide- miche inspira un medesimo genio a tutte quelle che con esse loro avvengono , e vi dà la so- miglianza, e la forma. Nel Novembre del: 1675 era appunto per tal febbre in mia cura il Signor Tomaso figlio maggiore del Cavaliere Francesco Windham . Lagnavasi del dolore a lato, e degli altri ordi- narj sintomi. Gli feci trar sangue non più d'una volta, applicare un vescicante alla nuca, ed ogni giorno clisteri; ora prescrissi tisane, ed emul- sioni refrigeranti, ora latte misto ad acqua, ora tenue birra, e volli rimanesse qualche ora fuor del letto: in pochi giorni e dietro un pur- gativo interamente guari. Ma comechè tai sintomi sovente si mo- strassero in quell’inverno, la semplice tosse pur grandemente dominò. Nè vi si voleva salasso, nè clisteri, quando per regime, e rimed} caldi 261 non si fosse suscitata la febbre. Bastavano alla guarigione l aria libera, l'astinenza dalle carni, dal vino e d ogni liquore spiritoso. Però di spesso prescrissi le seguenti tavolette eccellenti sopra quante ne conoscessi per simili tossi. R. Sacchar.-cand. lib. duas et sem. cog. $. q. aq. commun. usque dum adhaerescat extremis digi- torum ; tum adde puly. Liquirit. Enul. campan. semin. anis. et semins angelic. ana unc. sem. pulp. Trid. , et flor. sulph. ana drac: duasi, ol. semin. anis. scrup. duos , f. s: a tabellae. Di queste ne abbia sempre seco il malato, e ne prenda sovente. Innanzi ponga fine al mio dire sulle ma- lattie epidemiche jo pur debbo prevenire una obbiezione, che mi si farà: ciò non bastare ad opporsi alla malignità, che in molte di queste malattie si manifesta. Io non sono tale, che possa, o che voglia distruggere l'opinione rice= vuta da Uomini dottissimi e di questo secolo, e de passati sulla malignità, mentre è per se chiara in molte malattie epidemiche.. Solo siami permesso addurre ciò che sento intorno la na- tura di esse, onde meno paja allontanarsi dalla ragione la mia pratica. Imperocchè come dice- va l eruditissimo Scaligero Non seguo me: la ragion seguo, o quello Che ragion pare; e pur altri mi morda ` pio o Ch io son sicuro (1). ——_—_———r——————_rrrrvrrrTesnnnnutr e eo (1) Non mihi, sed Rationi, aut quae Ratio esse videtur Milito; securus quid mordicus hic tenst, aut hic. kag re——rer- 262 To penso pertanto consista, e si risolva tutta la malignità nelle malattie epidemiche, qualunque ne possa essere la natura specifica, in particelle caldissime, spiritosissime, più o me- no nemiche agli umori del corpo umano. Esse sole possono con tanta prestezza alterarli come vediamo avvenire nelle malattie maligne. E penso anche agiscano specialmente assimilan- doli, essendo legge di natura, che qualunque principio attivo intenda a procreare un suo si- mile, e a volgere tutto ciò che resiste al pro- prio temperamento. Così il fuoco genera fuoco, e un infetto da male contagioso infetta altri per mezzo de’ vapori che tosto s'assimilan gli umo- ri, e li contraggono nella propria natura . Le quali cose premesse sembra egli do- versi innanzi tutto eliminare per sudori simili articelle morbifiche ; imperocchè di tal guisa s'estirperebbe tosto da radice la malattia : ed ecco quì la sperienza reclamare, e mostrarne non in ogni sorta di malignità ciò potersi ese- guire, E quantunque nella peste essendo le particelle e sottilissime e unite alle parti più spiritose del sangue possansi quindi dissipare, e in via di sudore continuato essere evacuate : in altre febbri, ove meno-avvi di tale sottilità , e le particelle sono aderenti ad umori più cras- si, non solo ciò non è possibile avvenga, ma s'accresce di sovente il malore. Poichè quanto più si attivano queste calde particelle ,, e spi- ritose coll’ uso de’ calefacenti, tanto più s au- menta in esse la facoltà assimilatrice, e quanto 263 più gli umori su cui agiscono vengono riscal- dati tanto più volentieri sl assimilano tosto cedendo alla impressione di quelle. D’ alironde ‘sembra ; la ragione ne’ detti, che que medica- ‘menti dotati di natura contraria, e frenino la ‘forza delle calde particelle, ed acri, c conden- ‘sino; e fortifichino gli umori onde meglio so- ‘stenerne l impeto ed anche infrangerlo. Quivi ‘io m' appello alla sperienza ; m' insegnò dessa , ‘come le macchie purpuree nelle febbri , e le pustole nere nel vajuolo:erescono a misura che si riscalda il malato) e diminuiscono allora- quando si ‘atteniamo a regime temperato. Mi sï Chiederà: onde avvenga; che standa la malignità in tali particelle calde , e spiritose, di spesso appajano ‘sì pochi segni di febbre, «anche nelle malattie» più maligne. To rispon- derò : primo che nella ‘principale ‘malattia ma~- ligna nella peste sono le particelle sì sottili, ‘sì acute, specialmente dapprincipio, che pene- ‘trano il sangue a guisa di lampo, e assiderati quasi gli spiriti, sicchè non possono elevarsi in eballizione, il malato muore senza febbre. Ma in malattie epidemiche di minore malignità la confusione eccitata nel sangue, e negli umori dalle particelle nemiche è causa perchè talora si veggano sì pochi segni di febbre. Trovasi la natura in tal caso come oppressa, e non può risvegliare que’ sintomi regolari e proprj alla malattia. Allorà quella febbre, che altrimenti sarebbe venuta, si sopprime .*Qualche volta poi anche ciò accade per metastasi della! ma~ | > 264 È teria morbifica o al sistema nervoso, o in altre parti del corpo , od anche negli umori, che È sono fuori della circolazione del sangue. Comunque sia la cosa io non veggo qual altro metodo si possa impiegare contro la ma- lignità che il conveniente alla malattia epidemi- _ ca in cui si trova. Per lo che o sia questa malattia di quelle, la cui materia morbifica ab- bisogna prima di concozione, indi viene ad evacuarsi per sudori; o di quelle che finiscono per eruzione, o di quelle che attendono dall’ar- le una via di evacuazione: in tutti questi casi la malignità compagna della malattia; starà con (Questa , con. questa verrà a mancare, soggetta in tutto ad. uguale fortuna. Quindi tutte le evacuazioni che šieno per convenire in genere alla febbre, non saranno.a quella disdicevoli, comechè infra loro a.vicenda contrarie. Di tal guisa i sudori conseguenza della cozione rime- dieranno alla malignità delle febbri autunnali intermittenti, 0 della continua d’ugual natura; la giusta maturanza delle pustole rimedierà alla malignità del vajuolo , e così dicasi dell’ altre malattie. Il metodo diretto contro queste è pur diretto ottimamente contro quella. Ciò s'io pur non m'inganno mi detta la ragione e mi conferma le lunga sperienza. | 266 CAPO VL Recapitolazione . QI dunque volendo recapitolare, noi vediamo come in quella serie d’ anni, che abbiamo no- tata. per le precedenti osservazioni v` ebbero cinque. costituzioni, ossia cinque particolari disposizioni dell’aria che produssero altrettante malattie \epidemiche , singolarmente le febbri. (La prima febbre che regnava in quegli anni, ne’ quali infestavano le intermittenti autunnali parmisla sola, per quanto abbia osservato, in cui; la/watura così moderava i sintomi , che \ da materia febbrile dopo la dovuta cozione uscis- se o per sudori pieni o per abbondante traspi- razione, onde iola chiamo febbre depuratoria . E sto per. credere diffatto, questa essere la principale, la primaria febbre della natura , sì pel modo regolare con che prepara , e digerisce dietro certo tempo la materia morbifica , sì per- chè sopra ogni altra febbre avvien ella di so- vente. Mentre se noi vogliamo credere ai tanti autori, che scrissero ne tempi addietro sulle intermittenti , sono esse sopra qualunque ma+ lattia più di spesso epidemiche; con tutto che qualunque siane la cagione rade apparissero dopo la peste, che devastò Londra. Questa febbre pestilenziale si facea capo di tutte le infiammatorie, che vennero dappoi. Alla feb- 266 bre primaria di cui abbiamo parlato conven- ‘gono se non m inganno,- que’ celebri assiomi tramandatici da Ippocrate, e da altri Medici antichi ; e noi vorremo attenervisi nella cura, onde preparare convenevolmente la materia febbrile alla crisi per sudori. Ma non veggo però come possansi accomodare ‘all’ altre specie di febbri che susseguirono; le quali erano d’in- dole diversissima e voleano tutt’ altro metodo. Però che che ne sia, io credo degna cosa da osservarsi , questa febbre la quale dipendeva dalla costituzione delle intermittenti, ove a lungo avesse persistito o si fosse infievolito il malato con soverchie evacuazioni , di leggieri passava alle intermittenti; all'opposto’ le febbri venute dappoi comechè durassero lunghissima- mente, di rado assai divenivano tali . indizio ben sicuro, che quella continua, e quelle in- termittenti assomigliavano in natura, o non molto ne discostavano . Ora se per avventura mi si chiegga come distinguere le specie delle febbri continue. pe segni addotti nelle descrizioni, mentre le più hanno sintomi, che convengono in genere a tutte le febbri il calore p. e. la sete, l inquie- tudine ec. io rispondo ciò essere certamente malagevele , però non impossibile, quando si voglia con accuratezza esaminare, tutte quelle circostanze, che annoverammo nella storia pre- cedente; soprattutto se siasi in una città, o in altro luogo popolato assai: supponiamo che un Medico si rechi presso taluno che giaccia 267 per febbre continua, il primo mezzo onde giu- dicare sanamente della malattia si è il sapere o per proprie osservazioni , 0 per osservazioni altrui, quali altri mali oltre questa febbre re- gnino allora epidemici in tale luogo, e di qual genere; lo che conosciuto non cadrà più dub- bio sul genere della febbre che si associa all’ al- tra malattia dominante . | Perocchè quantunque possa avvenire, che la febbre si manifesti solo pe sintomi comuni a tutte, particolarmente, se avvi disordine e confusione per metodo di cura non convenevole: pure non sarà che non si riconoscano apertamente de’ segni propr), e particolari alla natura della malattia epidemica . Chi p. e. vegga un malato da vajuolo, cono- scendo esattamente la storia di questa ma- lattia, o dal giorno dell’ eruzione, o dalla gran- dezza delle pustole, e dal calore ec. potrà congetturare di leggieri a qual genere debbasi una tale specie riferire: e quando conoscerà appunto quale specie regni in quell’anno, in quel luogo, verrà pure a trarre nozioni su qualunque febbre regni allora in simile luogo. Senza dubbio s'io conoscessi perfettamente la storia delle malattie, lode che per niuna guisa w attribuisco , in quella guisa che, vista una qualunque malattia. epidemica non dubiterei pronunciare sul genere della febbre allora re- gnante benchè non Y avessi ancor veduta; così da una qualunque febbre potrei dedurre la ma- lattia epidemica che 1 accompagnasse, o va- juolo, 0 morbillo, o dissenteria ec. poichè e . 268 un particolar genere di questi, e una particolar | febbre sogliono associarsi sempre a qualsivoglia. particolare costituzione . 5 pi «Ma oltre gli indizj, che ne presta la con- siderazione delle malattie epidemiche dello stes- so tempo, giovano pur non poco a svelarne la specie gli stessi sintomi di qualunque febbre .. Perocchè quantunque come dicemmo di sopra. abbiano le febbri tra loro certi sintomi comumi : tutta volta sonovi in ciascuna specie alcune distinzioni, che siccome sottili molto, e poco manifeste non lasciansi travedere, che da’ più avveduti. Fra’ segni distintivi io reputai sem- pre essere de’ principali il sudore, e l aridità in questo o in quello stadio della malattia, purchè in vero non siasi arrecato sconcerto con un metodo men convenevole. La: qual cosa io conobbi chiaramente in tutte le malattie epide- miche che finora osservai. P. e. in quella feb- bre vigente al decader delle intermittenti au- tunnali inaridia la cute , nè ‘avanti la cozione della materia febbrile , che compievasi d’ ordi- nario al quattordicesimo giorno appariva segno veruno di sudore. E non era lecito promuo- verlo senza grave pericolo del malato, cui so- pravvenivano tosto la frenesia, ed altri fune- stissimi sintomi. A questa. succedette la pesti- lenziale capo di tutte le infiammatorie che ven- nero dappoi; nè in essa apparivario spontanei i sudori, che però poteansi eccitare anche ne’ primi giorni, d'onde subitamente sollievo gran- dissimo al malato. Venne in seguito quella 269 che accompagnava il vajuolo regolare; e qui furono profusissimi i sudori fin anco dapprin- cipio; ma anzichè mitigar i sintomi inaspriva- no. Nelle due febbri delle due specie di va- juolo irregolare, e delle dissenterie, irregolari pure erano i sudori, od uscivano solo d’ ordi- nario ai primi giorni. Però nella prima un po’ più abbondanti che nella seconda; in entrambe poi di nissun vantaggio, come quelli che non provenivano da fatta ecozione , bensi da movi- mento confuso della materia morbifica . Ma ciò che a me pare malagevole assai si è lo indagare la specie ď una nuova febbre allo incominciare d’ una costituzione, perocchè al- lora nè abbiam esempi, nè si sa quali malat- tie epidemiche possano seguire , cui suole d’ or- dinario la febbre precedere. Sarebbe cosa di soverchio molesta l addurre tutto ciò che av- veniva in tali anni, onde mostrare come la natura ne presta non lievi ajuti in proposito , e votîrassi perciò attentamente considerare qual- sivoglia circostanza. Ma e sia pure una tale conoscenza sommamente difficile suppongasi anzi impossibile affatto distinguere allo inco- minciamento una febbre, ne rimane sempre rispetto alla cura da prendere nostre indicazioni da ciò che giova, da ciò che nuoce. Di tal guisa tentando a poco a poco una via, purchè. di troppo non vogliamo affrettarci porremo il malato in sicuro. Io penso nulla esservi di più micidiale dello affrettarci nelle febbri; e confesso schiettamente aver ie in tai casi più # l l | f f 270 d'una fiata provveduto eccellentemente e alla mia riputazione, ed. al malato col far nulla, quando cioè non ancor comprendeva che avessi | a fare. Imperocchè mentre stava vegliando sulla malattia onde poter combatterla opportunamen- te, la febbre per se stessa avveniva a poco a poco si dissipasse , o si volgeva in tipo per cui mi si mostrava chiaro con quali armi de- bellarla. Però quello di che vuolsi grandemente dolere si è che il più de malati ignorando essere ugualmente d'un Medico esperto, il nulla fare talora, come l’ adoprare all’ uopo efficacissimi rimedj, imputano a negligenza, o ad ignoranza ciò che è frutto di fede, e di probità . Egli è di qualunque empirico, e del più tristo lľ accumulare rimedj sopra rimedj, e il fa ben più che nol soglia un Medico prudente . Ecco a un di presso ciò che m avvenne. d'osservare ciò almeno che mi fu possibile ri- durre a metodo intorno le specie delle malattie epidemiche e giusta l'ordine che tennero dall an- no 1661 al fine del 1675. Il vajuolo , e le feb- bri continue compagne di esso, che già per due anni dominarono fatti più miti sembrano presti a cessare. Quali malattie sieno per venire dap- poi selo il sa colui che tutto sa. IMI SEZIONE VI Gi BOs Febbri intercorrenti . (Be osservazioni degli anni passati mostrano abbastanza come sienovi delle febbri, che a ragione si possono chiamare stazionarie, E in- tendo io per tali, febbri che dipendono da certa particolare, e finora sconosciuta costituzione o delľ uno, o dell’ altro anno; e cresce ciascuna a suo tempo, e si diffonde assai dominando sull’ altre per quella serie continua di anni. O sienvi altre specie oltre le già dette; o dopo certo corso di anni le une alle altre succedano con ordine costante, od altramenti vada la cosa io nol seppi ancora ravvisare. V' hanno però altre febbri continue , le quali, comechè or sieno più miti or più triste usano mescersi indifferentemente nello stesso anno con qual- sivoglia stazionaria ed a vicenda anco fra loro. Tali febbri le chiamo perciò intercorrenti. Cosa siami riuscito finora d osservare, e rispetto alla loro natura , e rispetto al metodo di trattarle io l esporrò ne seguenti capi. Sono la febbre scarlattina, la pleuritide, la peripneumonia no- tha, il reumatismo , la febbre resipelatosa, l an- gina e forse qualche altra. o al il de 272 Ora siccome queste malattie sono accom- pagnate dalla febbre, e ciò almeno finchè si scarishi o sull’ una o sull'altra parte la ma- teria febbrile ; non dubito punto doversi essa tenere per malattia primaria, e laltre cose da cui ď ordinario trae nome il male non es- sere che sintomi, i quali o risguardano un particolar modo di crisi o risguardano princi- palmente la parte in cui si volge la forza della malattia. Conveniamo però sulle cose, ned io muovo questione veruna su’ nomi, e mi sarà lecito o l uno o l’altro adoprare a grado mio . Vuolsi considerare come ,.di quella guisa. che le febbri stazionarie sono più o meno epi- demiche (lo dicemmo ) secondo che le favori- sce la costituzione , ignota cosa e segreta che stà in una inesplicabile disposizione dell’aria : così le intercorrenti, benchè più di rado, si | fanno talvolta epidemiche . Perocchè quantun- que nascano d’ ordinario da qualche. vizio del sangue, e degli umori mercè particolari ano- malie de’ corpi particolari; traggono pur talora origine da alcuna causa generale consistente nell’ aria, la quale colle manifeste qualità sue può disporre i corpi degli uomini di mode, a generarsi 0 l uno , o l'altro vizio ael sangue , e negli umori cagione immediata di tali epide- miche intercorrenti. Così alloraquando protraesi acuto il freddo a lungo, e già in primavera, ed ecco repente succedere il caldo , sogliono venire le pleuritidi , le angine, e simili altre malattie, qualunque sia la costituzione generale å dell PI 1 ‘293 dell’anno. E poichè talora discorrono elle pure epidemiche, e avvengono indifferentemente in tutti i tempi, onde distinguerle dalle febbri determinate a una certa serie d'anni, piacemi chiamarle intercorrenti . Con tutto che però differiscano di tanto infra loro questi due generi di febbre rispetto alle cagioni inerenti all’ aria, rispetto all esterne e procatartiche ben di sovente convengono. E lasciando il contagio cagione tal fiata di febbri stazionarie, e lasciando la crapola madre d'en- trambe, una cagione evidente di moltissime febbri vuolsi trarre dal deporre troppo presto gli abiti ď inverno o dall esporsi incautamente al freddo riscaldati. 1 pori della - cute subita- mente otturandosi avviene sì ritengano quei vapori , che la traspirazione doveva eliminare, e si accende o l'una o l’altra specie di febbre determinata o dalla generale costituzione do- minante, o da un vizio particolare degli umo- ri. To per me estimo, più ne muojano per tal modo, che per la peste, per la guerra, e per la fame presi insieme; ed ogni Medico, che voglia in simili acute informarsi della pri- ma occasione vedrà quasi sempre esse prove- nire dalle cagioni succennate. Per la qual cosa è mio costume avvertire gli amici non depon- gano vesti se non un mese avanti il solstizio estivo, e guardinsi dal freddo mentre trovansi riscaldati per qualche esercizio . Ma quì vogliamo considerare che quan- tunque queste intercorrenti sieno la più parte , Tom. 1. 18 5 274 l se non tutte, malattie essenziali; sopravvengone sovente eerte affezioni alle febbri stazionarie , che ne hanno affatto l aspetto , e ne hanno il nome, mentre non sono che sintomi di queste. Allora male si atterremmo ad altro metodo, che al richiesto dalla febbre; solo vorrassi ri- spetto a tai sintomi una qualche lieve diffe- renza. In genere attenderemo seriamente alla febbre dell’ anno; e investigheremo di qual mo- do possa più facilmente esser vinta, ‘se col salasso, o co sudori o aliramenti. La qual cosa trascurata ne avverrà di spesso ingannarci con danno gravissimo del malato. Se taluno dica essere diffatto simili affezioni ch’ io chia- mo essenziali, null’ altra cosa che sintomi, rispondo, ciò forse non potersi negare rispetto alla febbre da cui propriamente dipendono; ma sono almeno sintomi di febbri, che sempre, e necessariamente li producono. P, e. nella pleu- ritide essenziale la febbre è di cotal indole, che è usa deporre mai sempre la materia morbifica alla pleura, mnell’angina alle fauci, e così di- ‘casi dell’ altre. Per accidente soltanto ciò av- viene nelle febbri costituzionali, nè mai di necessità. Per lo che differiscono fra loro gran- demente . Però onde bene si distingua e quando sono essenziali, e quando di puro sintoma gio- verà molto l’ osservare, che in quest ultimo caso è l'incominciamento uguale in tutto all im- cominciamento della febbre stazionaria; cosa che apertamente appariva nella pleuritide sin- 275 tomatica sopravvenuta alla febbre iemale del 1675 della quale abbiamo parlato . Imperocché uanti ne venivano presi, aveano a prima giun- ta dolore al capo, al dorso, agli arti, sintomi certissimi, e vulgatissimi di quelle febbri, che e innanzi le pleuritidi erano, e dopo queste perseverarono. Quando la intercorrente è ma~ lattia essenziale assale indifferentemente in qua- lunque anno nulla avendo di comune colla feb- f bre stazionaria dominante. Oltracciò tutti i sin- tomi sono più evidenti nè si confondono me- | scendosi con fenomeni di diversa natura e spettanti ad altra febbre. Ne è poi eziandio non di rado indizio la stagione, nella quale sogliono | regnare la più parte delle intercorrenti essen- ziali. Ma e riguardo a queste e riguardo a tutte l altre malattie saprà colui meglio giungerne a conoscenza il quale mercè l assidua osserva- zione meglio abbia investigato i loro fenomeni sicché valga a primo vederle distinguerle; quan- tunque esistano forse certe differenze caratte- ristiche sì sottili e sì delicate, che invano vor- remo esprimere con parole. Poichè queste varie specie di febbri , per quanto abbia potuto trarre, e dalla considera- zione de sintomi , e dal metodo di cura na- scono da una particolare e propria infiamma- zione del sangue; tutta io fo consistere la cura in refrigerarlo, in temperarlo ; e procuro a un tempo eliminare la materia morbifica variando il metodo giusta il genio della malattia, e giu- sta quello, che la sperienza più mostrommi 576 - convenevole . Senza dubbio nella cura di qual- sivoglia febbre ella è la somma delle cose co- noscere per dove cacciare la materia febbrile ; Se vi vorrà piuttosto il salasso, o vi vorranno 1 sudori, 0 i purgativi, o se cadrà più in ac- concio altra via. CAP; IL Febbre Scarlattina . <” i febbre. scarlattina ancorachè possa in qualunque tempo avvenire mostrasi per l or- dinario al. finir. della state; e assale intere famiglie singolarmente i fanciulli . Rigore, or- rore dapprincipio come nell’ altre febbri; nè v'ha gran male; la ‘cute quindi è tutta mac- chiata in rosso, e sono le macchie più spesse, più larghe, più rosse, però meno uniformi che non sieno nel morbillo. Durano due o tre di; poscia scomparendo ,; e cadendo la sottoposta cuticola rimangono alcune squamette furfura- cee farinose sparse pel corpo ,,che due o tre volte si dissipano ed appajono . Siccome questa ‘malattia non parmi essere che una mediocre effervescenza del sangue proveniente dal calore della preceduta state o in qualche altra guisa promossa nulla intra- prendo , e lascio, che per se stesso si depuri il sangue, ed esca la; materia morbifica pei pori della cute. Per la qual cosa io men ri- RIY mango e dai salassi, e dai clisteri, rimedj che credo facciano rivulsione, e mescansi in cotal gwisa vieppiù le particelle nocive col sangue, e impediscasi il moto più convenevole della natura; e men rimango pure dai cardiaci da cui agitarebbesi soverchiamente il sangue, e più di quello non comporti per una paca- ta, e dolce separazione a cui tutto è in- tento. Oltracciò potrebbe aumentarsi la febbre, Basta, che il malato s’ astenga dalle carni, e dai liquori spiritosi di qualunque sorta, ned esca di casa, nè sia fitto sempre a letto. Già desquamata la pelle, già cessati i sintomi io stimo utile cosa purgar dolcemente il malato , e secondo le forze e l'età. Con tale metodo semplice e naturale questa malattia, che non ne ha quasi che il nome, senza molestia, senza pericolo facilissimamente sen passa. All oppo- sito ove di troppo premurosi conficchiamo il malato a letto, e somministriamo cardiaci od altri rimedj inopportuni aumentasi la malattia, inferocisce , e non di rado per soverchia dili- genza del Medico si muore. Però vorremo por mente che se in prin- cipio dell'eruzione manifestinsi convulsioni epi- lettiche, o sopravvenga il coma, lo che av- viene talora ne fanciulli e ne giovani, è me- stieri applicare un largo vescicatorio alla parte posteriore del collo, e somministrar tosto un . calmante, il siroppo diacodio da ripetersi ogni notte sino a guarigione, e bevasi latte bollito con triplo d’acqua, e si vietino le carni, 278 CAPO HI. Pleuritide . DES: malattia della quale niuna forse più frequente sebbene avvenga in qualunque tempo ama principalmente la stagione tra la prima- vera, e la state. Perocchè pe novelli calori ascende il sangue a straordinaria effervescenza, viene in movimenti disordinatissimi. Assale a. preferenza le persone dotate di temperamento sanguigno , e di spesso pure gli agricoltori, e i soggetti a dure fatiche. Incomincia per lo più da freddo, e vien calore, e sete e inquietudine e vengono tutti gli altri sintomi soverchiamente noti delle febbri. Dopo poche ore, talvolta assai più tardi, sopraggiunge un dolore vee- mentė , e pungitivo o dall'uno o dall'altro lato del torace, e che si va propagando or all’ omo- plata, or alla spina, or allo sterno: avvi tosse frequente la quale distraendo parti infiammate. arreca tormento grandissimo , ond’ avviene ad evitarlo il malato ritenga tratto tratto il respi- ro. La materia dello sputo è dapprincipio scar- sa e tenue strisciata non di rado di sangue ; in processo di tempo si fa più copiosa e più concotta, € frammista pure al sangue. Cresce intanto di pari passo la febbre e prende forze da que sintomi medesimi, che traggono da essa nascimento; e insieme alla tosse, poi allo sputo , 2 ‘sanguigno, al dolore ec. va grado ‘grado dimi- nuendo a misura che diventa più facile la spet- torazione. Però non sempre la materia morbi- fica può giungere alla dovuta concozione; sic- chè talora lo sputo è sempre scarso e tenue come dappria, e la febbre quindi, e gli altri sintomi non scemano punto e il malato muore, L alvo ora è troppo costipato, ora di troppo sciolto , e le dejezioni frequenti , e liquidissi- me. À malattia violentissima e in caso siasi trascurato il salasso vedesi qualche volta im- pedito il tossire , ed è massima la dispnea, e appena non avviene soffocazione; mentre tanto è infiammato il petto, che non può in modo veruno essere disteso senza vivissimo dolore . Altra fiata poi dietro grande infiammazione om- messe a principio le cacciate di sangue ne vie- ne la suppurazione, e riempiesi il torace di pus; allora ceda pure la febbre primaria, e il pe- ricolo non è minore, chè in virtù dell empie- ma ne hai la febbre etica, e muori di tabe. Ora quantunque la pleuritide quando primaria nasca da una propria, e specifica infiamma- zione del sangue, sopravviene eziandio per accidente in tutt’ altra febbre , quando si de- ponga la materia febbrile sulla pleura, o sui muscoli intercostali. La qual cosa ha luogo d'ordinario in principio allora quando è cruda ancora la materia febbrile ned ha subìto grado di cozione e non trovasi presta alla dovuta separazione pe luoghi opportuni. Avviene ciò spessissime yolte per medicamenti caldi som- 280 x ministrati fuor di proposito , lo che sogliono fare certe nobili donne la cui carità sarebbe 2% assai meglio impiegata in alimentar i poveri anzichè in medicarli. E loro disegno, se pu- re ne hanno alcuno, di eccitare tosto il su- ‘dore non pensando quanto sconsigliatamente, ciò intraprendano. Perocchè sconvolta di tal guisa la natura, è forzata cacciar gli umori ancora crudi per qualunque parte le si pre- senta , ed ora ne sono prese le meningi del cervello, onde la frenitide, ed ora n’ è pre- sa la pleura onde la pleuritide. I’ età, il temperamento , la stagione tra la primavera e la state grandissimamente vi contribuiscono; e v'ha in tale tempo nelle febbri tendenza mol- tissima ad esito tale. i Che questa pleuritide abbia origine da de- posta materia febbrile. Sembra lo indichi il colore del sangue che si estrae. Esso, almeno dopo la prima cacciata , a discreta spessezza assomiglia a sego fuso, ed alla superficie as- sembra il pus. Pure è ben diversa cosa; con- testo strettamente di fibre come il rimanente del sangue; ned è fluido come il pus e stac- catane questa parte d'altro colore ci presenta una pellicola tenace ripiena di fibre e non è forse altro che fibre del sangue le quali in virtù della deposizione spogliaronsi del naturale loro colorito rosso e mercè il freddo dell’ ambiente si coagularono in una tale membrana bianchic- cia. Ma vogliamo considerare di passaggio che se il sangue alľ uscire dalla vena non balzi 281 orizzontalmente ma strisciando sulla cute cada perpendicolare quantunque venga con celerità manca spesse volte della suddetta pellicola. i Gli è ben il vero che non sen ha gran fatta di vantaggio; e o sia forse l’angusta aper- tura, od altro ostacolo, per cui il sangue non: esce a larghi gorghi, non vedesi allora del solito colore pleuritico, e il malato non ne trae molta utilità. Osservai pura che di qualunque maniera esca il sangue ove appena estratto lo si agiti con un dito, presenta la superficie e rossa e florida come nell’ altre malattie. Ma che che ne sia del sangue, e quantunque di sua natura le pleuritide avanzi in pericolo mol- tissime affezioni, quando -sia convenevolmente trattata ne riesce facilmente vincerla nè con minore certezza di quello ci avvenga in altri casi . Considerata attentamente ogni cosa parmi non essere la pleuritide , che una febbre in- dotta da certa particolare infiammazione del sangue, per la quale si depone la materia mor- bifica sulla pleura , e talora sui polmoni onde la peripneumonia , la quale io credo differisca dalla prima se non per gradi e per maggiore intensità di cause, e per maggiore estensione. Mio scopo è pertanto di reprimere l in- fiammazione del sangue , rivellere per mezzo delle dovute evacuazioni le accese particelle, che fecero forza sulla pleura e tutto posero sossopra. Per la qual cosa ogni speme ponen- do ne’ salassi subitamente fo trarre sangue dal braccio della parte affetta a circa dieci once e | prescrivo tosto in seguito la seguente bevanda. R. Aq. Papaver. Rhaead. unc. quatuor, sal Prunel. drac. unam , Syrup. violar. unc. unam m. f. haustus. Ordino a un tempo un emul- sione R. Amygd. dulc. num. vir. semin. me- lon. et Pepon. ana unc. semis , semin. Papaper. alb. drac. duas , contundantur simul in morta- rio marmoreo sensim affundendo aq. hord. lib. unam et semis aq. Rosar. drac. duas sacch. cand. unc. semis m. f. emulsio. Ne prenda quattr once ogni quattr ore. E vo pure che si prendano sovente de’ pettorali p. e. R. Decoct. pectoral. libr. duas , syrup. viol. et capil. vener. ana unc. unam et sem. m. f. Apozema di que- sto prenda mezza libbra tre volte al giorno . R. Olei Amygd. dulc. unc. duas , syrup. piol. et capil. vener. ana unc. unam , sacch. cand. drac. semis. M. f. s.a. Eclegma, di cui faccia uso sovente . E giova pure grandemente assai volte il semplice olio ď amandole, o quello di semi di lino, purchè recente. , Per ciò che spetta alla dieta, vieto inte- ramente le carni, e ne vieto financo il brodo comechè tehuissimo . Piaccionmi più i brodi d’ orzo e d'avena, le panatelle, e per bevanda ordinaria concedo una tisana d'orzo, di radice ď acetosa, e di liquirizia, talora tenue birra lupolata. Ordino pure l unguento che segue R. OIL Amygd. dule. uno. duas, ung. Pomat. et altheae ana unc. unam. M. f. linim. E si ungerà di questo la parte affetta mattina è sera soprapponendovi una foglia di cavolo . Persistasi nell’ uso di questi rimed) per tutto il decorso della malattia . In quel medesimo giorno ove il dolore sia veemente rimmovello il salasso, e fo lo stesso al secondo al terzo giorno, posto non cedano i sintomi. Però quando la poca intensità del male permetta andar più lenti o le forze del soggetto non soffrano emissioni di sangue sì vicine, dopo le due prime pongo sempre fra l altre l'intervallo d'un giorno. Nel che 10 soglio considerare da un lato la violenza della malattia, dall’ altra la debolezza del malato e quaniunque più o meno tragga di sangue giu- sta il bisogno, ho per altro di rado osservato volersene non meno di quarant once in una pleuritide confermata presso gli adulti; ma ne' fanciulli si atteniamo dď' ordinario ad un salasso o a due, Nulla poi osta a ripetere tai . salassi la sopravvegnente diarrea, chè cede ella pure in breve di simil guisa, senza astringenti. Ri- spetto ai clisteri o li tralascio al tutto, o vo- glio si applichino più lungi che sia possibile dalle caeciate di sangue , e sono semplicissimi; di latte cioè con zuccaro. Nocevole è somma- mente il calore; permetto quindi esca il ma- lato ogni giorno di letto per qualche ora giusta sue forze. Lo che è di tanto rilievo in questa malattia, che ove facciasi strettamente in con- trario, nè le larghe cacciate di sangue, nè altri rimedj anche d assai refrigeranti valgono a domarla. 584 Tosto dopo l'ultimo salasso, se non anche più presto diminuiscono tutti i sintomi , nè ritardano a venire le forze quantunque debbasi per qualche giorno ancora astenere e dalle carni, e da’ liquori spiritosi; nè sarà male tenere aperto l alvo con qualche purgativo . Che se altri per avventura si meraviglii come appena tocchi la spettorazione, nè favelli delle ragioni che ne spingono giusta i varj tempi della malattia a promuoverla, sappia ciò essersi da me espressamente fatto come colui che stimo d'infinito pericolo affidarvisi . Perocchè ommessa la noja grandissima di tale metodo , avvenendo’ non di rado, che una parte della materia morbifica sia già concotta e forse anco eliminata per sputo, e parte rimanendo ancor cruda ad onta de più efficaci rimed) in proposito, diversamente procede la spettora- zione, ora libera abbastanza ora appieno sop- pressa; quindi il più grande pericolo sovrasta al malato da quella dipendendone il destino, sulla quale però nulla è la possanza del Me- dico. All opposito il salasso mi dà pieno arbi- trio sulla materia morbifica e l apertura della vena fa le veci della trachea. Dirò di più: questa malattia, che trattata col metodo che condanniamo è a ragione annoverata tra le più micidiali, viene sicuramente debellata al pari d'altra malattia col metodo da me prescritto e taccio poi in quanto breve tempo. Ned io so, da sì larga sottrazione di sangue , siane giammai tornato danno come potrebbe sem- brare agli imperiti : f FI uil ian MSM TA 285 Soventi volte io m accinsi a ricercar il modo «li trattar questa malattia senza spargere tanto sangue mercè la risoluzione cioè o la | spettorazione dell’ umore morbifico ; ma non m avvenne giammai riscontrarne un tale , che pareggiasse il salasso. Egli recommi sempre 1 maggiori servigi, nè attendo la spettorazione; comechè male pronostichi Ippocrate della pleu- ritide secca; e dalla stessa apertura di vena fugge la malattia, e rientra la sanità. Poichè dunque pressochè tutta la cura sta nelle replicate emissioni di sangue avvenendo di spesso ne’ paesi poco abitati e lungi dalle città, che ignoranti chirurghi, o certi medica- stri pungano un qualche tendine onde pericolo grave al malato e di perdere il braccio ed anco la vita: io non reputo fuor di proposito aggiun- gere quì il modo di riparare a un cotale infor- tunio . E prima vuolsi avvertire non risentirsene d ordinario dolore, che dopo dodici ore ; ol- tracciò egli è ben più ragguardevole verso ľ a- scella che nel sito dell’ apertura e là si fissa, e là sorge veemente allo stendere sovrattutto del braccio. Il tumore alla parte offesa. non è che di poco maggiore di una noce; ma esce di continuo un umor acqued , segno, che vuolsi considerare come diagnostico della puntura del tendine. Eccone il modo di ripararvi, come vidi più volte co’ miei occhi. R. Rad. lilior. alb. unc. quatuor. Cog. ad teneritudinem in laet. paccin. lb. duas. Deinde R. farin. lini et avenae ana unc. tres; coquantur farinae ad catapla- —rePe-_ mr —__—_or n ec 286 $matis consistentiam in s. ĝ. last a radio. prae- dict. colat. et radicib. contus. misceantur f. ca- | taplasma . Lo si applicherà caldo mattina e sera alla parte affetta . i Cr Aci Quei Peripneumonia notha . Oai anno al venir d'inverno, e più sovente al suo finire, verso lo incominciare di prima- vera sopravviene una febbre accompagnata da non pochi sintomi peripneumonici. Assale a preferenza le persone grasse e corpulenti d'età virile ød anco più in là, dediti fuor di. modo a liquori spiritosi singolarmente all acquavite . Perocchè presso cotali uomini caricandosi in tempo del freddo il sangue di pituita , e posta in movimento da’ primi calori della stagione , subentrata la tosse , viene spinta ai polmoni. Allora se il malato prosegue a vivere sconsi- gliatamente, bevendo liquori spiritosi, $ ispes- sisce la materia che eccitava la tosse e s' ar- resta lo sputo , ed accendesi la febbre . Inco- mincia ella con vicende di caldo e di freddo . Vengono vertigini; avvi lancinante dolor di capo; si rigetta per vomito il cibo talor anche non tossendo ; torbida I orina, intensamente rossa; il sangue estratto assomiglia quello de’ leuritici, il respiro aneloso e frequente . Muo- vendo la tosse risvegliasi un tale dolore al capo 287 l come se venisse spaccato, così esprimonsi d' ordinario i malati; e duole pure il torace, e si ode uno strepito ne polmoni indizio ma- nifesto di loro ingorgamento; e d'impedite vie aeree. Perlochè intercetta la circolazione non v'ha quasi segnale di febbre in ispecie ne’ più | obesi, cosa per altro che può avvenire per la | soverchia pituita ond’è ripieno il sangue , la quale ad esso vieta il fermentare. La cura vuol essere diretta a rivellere dal polmone il sangue, lo che si fa col salasso , a sbarazzarlo dalla pituita, e ti servono 1 petto- rali, a temperare il calore del; corpo, e poni in uso il regime refrigerante. Parrebbe che la molta pituita contenuta nel sangue e fomite dell’ infiammazione volesse salassi molti; però l'osservazione mostrommi tornarne soventi volte danno ne’ corpulenti in ispecie presso chi avea passato il fiore dell'età; quindi mi atteneva più volentieri ai purgativi, che soglionsi pure sostituire con frutto in coloro che mal si pre- stano alle ripetute cacciate di sangue . Pertanto posto a letto il malato fo trargli sangue dal braccio, nè voglio si alzi che dopo due o tre ore , onde meglio tolleri la sottra- zione di questo fluido ; perocchè egli è certo sostenersene meglio di tal guisa la perdita di dieci once che quella di sei o sette alzato . Al mattino seguente prescrivo la pozione. che segue . R. Cass. extract. unc. unam , Glycyrrhiz. drac. duas, ficus pingues nun. 1v. fol. sen. drac. duas et sem. Agaric. trochiscat. drac. unam , 288 609. s. gq. aquae eolat. une. quatuor dissolve Mannae unc. unam syr. Ros. solut. unc. sem. m. f. potio. | Il giorno dopo soglio ripetere il salasso , e passato un altro giorno rinnovo il purgativo, lo che fo sino a totale guarigione e con simile intervallo : Nelle giornate intermedie consiglio la decozione pettorale, l'olio d’amandole dolci, ed altre cose di questo genere. Lungi affatto ə le carni e il brodo lore, e più lungi ogni sorta di liquori spiritosi: la tisana d'orzo e di liquirizia, tenue birra a chi lama eccone la bevanda ordinaria . Con questo metodo vincesi la peripneu- monia notha originata da copia di pituita rac- colta nel sangue pel freddo dell’ inverno , e gittata al polmone. In essa oltre il salasso ripetuto vuolsi il purgativo a differenza della vera peripneumonia ch'io credo d'indole uguale alla pleuritide tranne vedi nella prima affetti più largamente i polmoni. Quindi egli è d' at- tenersi a pari metodo, e il salasso è innanzi tutto , e richieggonsi 1 refrigeranti . La peripneumonia notha e per la difficoltà di respirare, e per altri sintomi parrebbe as- somigliarsi all asma secco: ma la febbre che in quella apparisce mai sempre, in questo giammai, abbastanza la distingue. Tale febbre però è di gran lunga minore, e meno mani- festa che nella vera peripneumonta . Sarà qui bene l avvertire, che ove sieno i malati già da lungo tempo abituati all'acqua- vite \ 289 vite, e ad altri liquori spiritosi non vorrassi sull'istante interamente staccarneli. Simile can- giamento repentino ha seco pericolo d' idrope, e dovremo ciò insensibilmente operare. Lo che si applichi a tutte sorta di malattie provenienti da uguale cagione. E poichè rammentamo ac- quavite io vo dire di passaggio essere deside- revole ne fosse pienamente sbandito l’uso’, o almeno impiegata a ristaurare le forze anzichè a spegnerle o meglio forse la si.potrebbe ser- bare al solo uso esterno mescendola alle fo- mentazioni atte a digerire le ulceri, e ado- prandola per le scottature. In quest ultimo caso nulla avvi certamente di più efficace; chè opponsi eccellentemente, ad ogni corruzione e in brieve scioglie ogni cosa non attendendo la suppurazione che trae tanto in lungo. O venga dunque il male da acqua bollente, o venga da polvere di schioppo, o da altro applichinsi tosto alle parti affette pannolini inzuppati nel liquore suddetto, e si ripetano di tratto in «tratto sino alla cessazione del dolore; in se- guito basterà ciò fare due volte al giorno. Ci A.P. O. XV. Reumatismo . È qualunque tempo può avvenire il Reu- matismo , ma sovrattutto in autunno e assale a preferenza i fiorenti per età , e per tempe- Tom. x. i 19 PA 290 ramento . Nasce d’ ordinario dall esporsi a re- pentino freddo, mentre o per esercizio, o per altra cosa si troviamo fortemente riscaldati . Incomincia con freddo, e tosto sviluppasi ca- lore, e inquietudine , e sete e tutti gli altri sintomi appariscono, che sogliono essere com- pagni della febbre. Dopo uno o due dì € ta- lora più presto ecco all infelice malato soprag- giungere or dall’ una or dall’ altra parte atro- cissimo dolore ai carpi, agli omeri, in ispecie a’ ginocchi. Però mutà luogo , ed a vicenda or quà or là si ritrova lasciando nella parte ul- tima affetta certo rossore, certo tumore. Ne’ primi giorni avvi con esso lui la febbre, ma la febbre a poco a poco scompare, e rimane il dolore. Anzi avvien talora esacerbare assai trasferitasi la materia febbrile negli arti; lo che abbastanza dimostra la febbre stessa, la quale spesse fiate ritorna quando fu ripercossa la materia morbifica da uso intempestivo di rimed} esterni. Se non v ha febbre chiamasi di so- vente artritide, comechè a dir vero in essenza vi differisca. Ciascuno che abbia a fondo con- siderata e luna, e l altra malattia ciò potrà ‘di leggieri conoscere; e gli è forse dall’ averle confuse, che trovasi tanto poco sul reumatismo presso gli scrittori se non fosse mai un nuovo male aggiunto agli antichi, Comunque sia la cosa, ora è malattia frequentissima; e benchè di rado assai toltane una volta la febbre , uc- cida; e per la veemenza del dolore , e per la diuturnità non merita d'esser posto in non 291 cale. Perocche ove ‘sia malamente curato per- siste non per mesi soltanto, ma per anni, e talora anco la intera vita venendo a parosismi periodicamente a guisa di artritide . Talvolta dopo lunghissima durata arrestansi spontanea- mente i dolori, ma succede nelle membra state affette privazione di moto, e ciò sino alla morte del malato; e si rovesciano quasi le articola- zioni delle dita, e nasconvi alle parti interne protuberanze nodose come nell’ artritide. Però in nissun altra cosa avvi male. Ma evvi un altra specie di reumatismo , che ordinariamente non è creduto dello stesso genere, e che puossi acconciamente denomi- nare lombagine reumatica: sentesi dolore atro- cissimo , e fisso alla regione de lombi, e che s estende talora sino ‘al sacro. Rassembra un | parosismo nefritico tranne il non esservi vo- mito ; perocchè avvi dolure oltremodo crudele e appena tollerabile intorno a’ reni, e lo si ha pure qualche volta lungo gli ureteri sino alla vescica però meno feroce. Ne venni io pure ingannato, e lo credetti provenire da materia calcolosa, mentre tutto si doveva alla materia reumatica infiammata, che lasciato il resto del corpo tormentava sole tali parti. Un consimile dolore incredibile , ove alla guisa che T altro nol si cacci persevera ugualmente a lungo , e d uguale violenza. Lo infelice malato più non può giacere ; balza dal letto, o sovr esso sie- de , ed è perpetua l’ agitazione, or da un lato volgendosi or da un altro, or gittandosi allo “nanzi, or all indietro. 202 Poichè entrambe queste specie nascono da infiammazione siccome ne mostrano i sin- tomi, e sovrattutto ne mostra il sangue estrat- to similissimo al sangue de’ pleuritici ; reputo niuna cosa essere più convenevole del salasso e de rimedi, e del regime refrigerante. To quindi a prima giunta fo trarre dieci once di sangue dal braccio della parte affetta, e pre- scrivo un giulebbe refrigerante incrassante a un di presso come segue: R. Ag. Nymph. Por- tulac. et Lactuc. ana unc. quatuor, syrup. e limon. unc. unam et sem. syrup. viol. unc. unam . M. f. Iulapium. Ne berrà il malato a piaci- mento. O prescrivo l emulsione già addotta nella cura della pleuritide . Al luogo del dolore fo applicare un, cataplasma di mica di pane bianco con latte, e saffrano, o foglie di bras- ‘sica da rinnovarsi. sovente. Vietate le carni affatto e il loro brodo tuttochè tenuissimo; solo ‘‘permettonsi brodi d'avena, d'orzo, panatelle e cose simili. Concedo per bevanda lieve birra, amo meglio però una tisana d'orzo, di liqui- rizia, e d acetosa bolliti in acqua. E voglio inoltre esca per qualche ora da letto ; chè il dimorarvi di continuo pel soverchio calore, che sen contrae mal converrebbe . Al dì vegnente rinnovo un uguale cacciata di sangue; e dopo l intervallo di uno, o due altri dì giusta le forze del malato ne prescrivo una terza, e una quarta dopo tre o quattro giorni ancora secondo le circostanze, la quale è d’ordinario l’ultima. Rado è mestieri di maggiori, eccetto abbiasì 293 fatto uso di regime; e di medicamenti caldi, „oppur anco de’ narcotici. Gli è perciò ch' io ad ogni modo religiosamente men astengo 10 tali circostanze . I narcotici fissano vieppiù la malattia, che resistendo allora fortemente ai salassi ne astringe a maggior numero di quello sarebbe altrimenti convenuto. Essi poi nel vi- ‘gore del male non sanno per nulla calmare i dolori. Intanto ine’ giorni di mezzo fo applicare un clistere di latte con zuccaro, .e per otto giorni almeno dall'ultimo salasso, voglio si pro- segua esattamente di tal modo; indi prescrivo di mattino una pozione catartica lenitiva, e la sera che segue una dose un po’ larga di si- ropps diacodio nell’ acqua di fiori di primavera. E ciò onde reprimere l orgasmo del sangue, e . togliere ogni. pericolo di recidiva. Dopo che restituiscasi pure il malato a poco a poco al primiero tenore di vita. Guardisi però dal vino, e da qualsivoglia liquore spiritoso, come da cibi con sale soverchio, o con aromi, od anco di non facile digestione. Dietro tal numero di salassi diminuiscono ď assai i dolori, non in vero al tutto si dissipano; ma ristaurando le forze, e più, se viene in seguito stagione più favorevole di quella non fosse prima, scompa- rirà ogni cosa, e godrà l’uomo di perfetta sanità . Questo metodo od altro somiglievole , purchè tosto vi si dia di piglio a principio di malattia , riesce d’ ordinario assai bene. Ma se per disavventura ne viene adottato un contra- e 204; rio, durano i dolori la intera vita, che vagan- ‘do or quà or là or più miti er più crudi tor- mentano in perpetuo il malato. Allora i meno avveduti ne sono facilmente ingannati, e re- putano facilmente vizio scorbutico.. Veramente lo quì dirò schietto : credo bene che nelle no- stre regioni settentrionali trovisi lo scorbuto ; ma non credo lo si riscontri eotanto frequente, com'è volgare opinione, e che moltissime affe- . zioni, che noi tali denominiamo non sieno al- iro, che incominciamento di malattie non ancor sviluppate, nè ‘ancor di tipo sicuro : oppure. avanzi infelici di qualche male non interamente vinto , da cui vengono contaminati e il sangue, e gli altri umori. P. e; allorchè si va generando nel corpo una materia atta a produrre l artri- tide, la qual materia ‘per altro non siasi an- cora trasportata agli arti si presentano sintomi, che fanno sospettare di scorbuto: ma appare in fine aperta T artritide, ed ecco tolto. ogni dubbio . Ben so come non pochi sintomi che mentono scorbuto , assalgono coloro recente- mente liberati da un parosismo artritico. Però ciò avviene dal non ‘aver la natura deposta tutta la materia nociva sugli arti perchè inter- rotta o dall'uso inopportuno degli evacuanti, o dall età soverchia, o da qualunque altra cagione. Una tal materia ritenuta nel sangue, ne corrompe la massa e produce un infinità di tristissimi sintomi. Dicasi lo stesso dell’ idrope incipiente. Dove finisce lo scorbuto incomincia l idrope ; ecco detto volgare. Ma non vuol es-. 295. sere ciò le più volte altrimenti inteso, che quan- do mostrasi manifesta l’ idrope viene meno l opinione conceputa dello scorbuto. Le quali cose si possono benissimo estendere a molte altre malattie croniche nascenti nè ancor di tipo certo, o fugate in parte, non però piena- mente debellate. E per verità se. ciò non si ammette, avverrà estendersi il nome dello scorbuto all'infinito, e comprenderà quasi tutte le malattie. Ma se attenderai diligentemente a penetrare nel fondo di ciascuna, tu le scorge- rai attraverso il velo de sintomi irregolari, che le ricoprono, e le collocherai nel luogo loro proprio. E il metodo, come intendi, anzichè a cotali sintomi ingannevoli sarà diretto alla ‘verace malattia come di già interamente formata. ~ Però si avverta, che ove per lunghezza di tempo, come durando anni, abbia il reu- matismo gittate radici profonde non è prudente cosa trarre sangue a sì brevi intervalli a guisa che faceasi dapprincipio. Si vorrà frappore lo spazio di alcune settimane, ‘e rimuoverassi di tal modo al tutto la materia morbifica o almeno saremo in istato di espellerne in seguito ogni avanzo aprendo un fonticolo a una gamba, e, somministrando mattina, e sera qualche goc- cia di spirito volatile nel vino delle Canarie. Ma comechè passi reale differenza tra il reumatismo vero, e lo.scorbuto , egli è pure a confessare esservene una specie , che allo scorbuto oltremodo s’ avvicina, come quella, che ne imita i principali sintomi, e ne richiede 206 “i rimedi, ondďd'io non temerò denominarla reu- matismo scorbutico . Avvi dolore or quà or là; di rado v ha tumore, nè vi si associa febbre giammai; oltracciò non è sì fisso, va errando, è incostante, accompagnato da irregolari sin- tomi. Or s’affigge a questo o a quell’ arto, or si getta alie parti interne, e queste lascia ri- tornando allo infuori :‘e con simili ‘alternative tormenta a lungo assai il malato a guisa di qualunque altra più cronica malattia. Assale a preferenza le donne, come anco gli uomini di debole temperamento . Ed io inclinerei a so- spettare d'isterismo, se la sperienza non mi avesse più volte dimostrato l’ inutilità de'rimedi ‘antisterici. Ne sono piu talora comprese quelle persone, le quali fecero lungo uso della cor- teccia peruviana; ed è ciò solo ch'io ny abbia veduto di male da tal rimedio. Ma da qualun- que cagione ei si venga colla maggiore facilità del mondo io lo vinco co’ seguenti rimedi. Questi io dovrei pur tacerli, quando al pub- blico bene preferissi il mio privato interesse ; perocchè mi venne fatto con essi risanare per- sone assai; trattate invano co’ ripetuti salassi , co’ catartici, colla dieta lattea, colle polveri assorbenti ec. ecco quali sono R. Corserv. Co- chlear. une. duas , Lujul. unc. unam , pulv. Ari comp. drac. sex cum s. q. syrup. aurant. f. Ele- ctuar. Se ne prendano due dramme tre volte al giorno per un mese intero, e vi si bevano presso tre once dell aequa seguente . R. Cochlear. M. octo Beccabung. Nasturt. t ds l i 207 aquat. Saly. Menth. ana M. quatuor Cort. Au- rant. n. sex Nuc. Moschat. contus. unc. semis. Infindantur in Cerepisiae Brunspicensis libris duodecim, ac distillentur organis communibus, et eliciantur tantum modo aquae librae sex pro usu. Converrà attenersi alla dose esatta della” polvere di Arum composta, `o almeno non diminuirla . Chio cP Oa Vik Febbre Resipelatosa . L. resipola può prendere ogni parte del corpo; e il può in ogni tempo: però ama ella meglio la faccia, e viene più sovente al finir della state . Allora ti sorprende spesse volte mentre stai a cielo aperto; e all’ improvviso si gonfia il viso e arrossa fortemente e addo- lora assai, avvi un infinità di minime pusto- lette che crescendo vieppiù l infiammazione si cangiano poscia in piccole vesciche ; quindi si estende il malore alla fronte, al capo, e gli occhi ne rimangono dalla gonfiezza interamente coperti; nè la cosa differisce molto , tranne l esservi le pustole , da’ que’ sintomi che pro- ducono le ferite delle api, e delle vespe. Tale è la resipola la più conosciuta, e comune. . Ma venga ella in qualunque parte, e venga in qualunque tempo, rigore, orrore sogliono accompagnarla, se aneo non precederla, come Enan 298 talor accade da uno o due dì, indi vengono e sete e inquietàdine, e gli altri segni della feb- bre. In seguito siccome primamente la febbre avea. .generato e il dolore; e il tumore e gli altri sintomi, che qualche volta sempre più crescendo terminan in gangrena; così a vi- cenda questi sintomi contribuiscono da loro lato non poco ad aumentar la febbre, finchè ogni cosa cogli opportuni rimedi non si vinca. E yha poscia un’altra specie di resipola, ben- chè occorra più di rado. Vien ella in ogni tempo , e riconosce d ordinario per cagione l’uso eccessivo di vini sottili, o di simili li- quori spiritosi. Apparisce prima la febbre, cui segue una generale eruzione su quasi tutto il corpo di pustole somiglievoli alle punture delle ortiche. Esse talora s’innalzano ‘in vescichette, che tosto scomparendo a guisa di tubercoli $ ascondono: sotto la cute risvegliando vivis- simo prurito, intollerabile, e nuovamente ri- compajono al più lieve soffregamento . To qui penso debbasi evacuare di modo convenevole la materia nociva unita al sangue, debbasi temperare l effervescenza del sangue con rimedi rifrescativi , debbasi infine richia- mare e risolvere quella materia già spinta alle parti. A tale oggetto come prima io giungo prescrivo una ben larga emissione di sangue dal braccio , che sempre ritrovo simile al san- gue de’ pleuritici. Al dì vegnente soglio ordi- nare una blanda pozione catartica, e se sa- ranne venuto qualche abbattimento di forze fo 299 prendere all’ ora del sonno un narcotico, come siroppo diacodio nell’ acqua di fiori di prima- vera od altro simile. Dopo il purgativo pre- scrivo fomentazioni del decotto seguente. A. Rad. Alth. et Lil ana unc. duas, folior. Maly. samb. Verbasc. ana M. duos flor. Melilot. sum- i mit. Hyper. et Centaur: min. ana M. unum , | semin. lin. et Foenugr. ana unc. sem. coqu. in s. g. aq. ad lib. tres. Si coli il liquore, e all'atto dell’ adoprarlo. vi si aggiungano due once di spirito di vino sopra ogni libbra di decozione . inzuppatane poscia filacce d un panno di lana di sottil tessuto l’ applicherai caldo alla parte due volte al giorno. Dopo che farai pure uso della seguente mistura R. Spirit. vin. lib. sem. T'heriac. Androm: unc. duas puly. Piper. long. Caryophil. ana drac. duas m. Impregnatane ‘carta asciugante se ne vesta la parte. Per cibo niun’altra cosa che brodi d'orzo, e d'avena e pome cotte ; non niego tenue birra ed amo si alzi il malato per qualche ora dal letto. Di tal guisa fugasi d` ordinario prestissi- mamente e febbre ed ogni altro sintoma. Se il male resiste prescrivo un nuovo salasso, che pur talora è mestieri ripetere perla terza volta frappostovi sempre un giorno. E ne giorni di mezzo appunto fo applicare un clistere di latte con siroppo di viole ed ogni ora dee prendere il malato de giulebbi refrigeranti, che abbiamo prescritto nella cura del reumatismo. Però le più volte una sola emissione di sangue , e un catartico adoprati in tempo, compiono il tutto . 300 Quella specie poi, che assomiglia alle punture dell’ ortiche richiede egual trattamento, tranne l abbisognar meno di rimedj esterni. To quì dirò passando, che quantunque, non solo la resipola ma la più parte delle malattie le quali prendono la cute e che hanno per com- pagna una qualche eruzione, cedono purchè non croniche, di leggieri al metodo suindicato ,, co' salassi, cioè , e co’ purgativi: pure avvene taluna, che se ne mostra affatto restia, e in essi le evacuazioni, le polveri assorbenti desti- nate ad addolcire il sangue non recano utilità veruna. Qui sta infitta nella cute una materia escrementizia d' indole prava assai, che. in niuna guisa puossi rimuovere, e debellare, se non che cogli appropriati rimedj corroborando il sangue, e aprendo di tal modo i pori della cute. To però con grande successo feci uso del me- todo seguente in pruriti ferocissimi, e in anti che eruzioni di tal genere. R. Theriac. Androm. drac. sem. Electuar. de ovo scrup. unum , rad. Serpent. Virgin. subtiliss. pulverat. gr. quindecim, lapid. Bezoard. orient. gr. quinque cum s. q. syrup. e conditura Citri f. bolus: da prendersi di mattino e di sera per giorni 21 bevendovisi presso sei cucchiai del seguente giulebbe . R. Aq. Card. Benedict. unc. sex Ag. epidem. et Theriacal. stillat. ana unc. duas Syrup. Ca- ryophyl. unc. unam m. f. iulapium.. j Ogni mattina dopo aver preso il medica- mento sudi il malato per lo spazio di una o due ore; o piuttosto coperto più che non so~ 301 leva si procuri un lieve madore . In seguito ove non sieno svanite le pustole, si ungano le parti con questo linimento. R. Unguent. ex oaylapatho unc. duas , ung. pomat. unc. unam flor. sulph. drac. tres olei Rhodi scrup. sem. J. linimentum . Invero vuolsi premettere il sa- lasso e il purgativo , che quantunque non ba- stino alla. guarigione servono a prevenire la febbre cui potrebbero indurre i medicamenti caldi. Ma vogliamo annoverare in’ altra specie d eruzione comechè meno frequente, la quale | ricusa affatto ogni evacuazione . Ella quantun- | que possa apparire in altre parti predilige d’ ordinario il petto , e vi si fissa in qualche lato; ha l'aspetto d'una larga macchia, che appena s’ eleva sopra la cute, però vedesi al- quanto furfuracea , e dà squamette di color gialliccio . Finchè sussiste, il malato sta bene, solo allo scomparire di essa prova leggieri in- comodi. Le orine sono più torbide, e di un rosso tendente al giallo. Qui vuolsi interamente il metodo raccomandato nel prurito suddetto tranne le evacuazioni, e permetteremo il vino, e le carni, essendo i refrigeranti più di danno che di vantaggio. Pure non si può vincere tal- voita, che coll’ uso lunghissimo dell’ acque ferruginose . 302 CAPO: VII |] Angina . fano l angina ama principalmente quel tratto di stagione tra la primavera, e la state; tuttavia può benissimo apparire in qualunque. altro tempo. Assale a preferenza i giovani, e le persone di temperamento sanguigno , ed os- servai più ‘d'una volta que’ di color rosso so- vra gli altri. Vi dà cominciamento il freddo, segue la febbre, poco dopo nasce dolore, e infiammazione alle fauci, a cui se presto non. soccorri più non può il malato deglutire , nè respirar per le nari; e tanta è l'infiammazione, e il tumore dell ugola, delle tonsille, della. laringe che appena non avviene soffocamento . Infinito è il pericolo, perocchè talvolta in po- che ore n'è l uom ucciso; alloraquando cioè si getta sulle fauci quantità grande di ‘materia febbrile , nè corriam tosto a riparo co’ rimedi convenevoli. Io tosto fo trarre abbondante- mente sangue dal braccio, e da. entrambe le ranine : indi voglio tocchinsi le parti infiam- mate con miele rosato misto a spirito di solfo a forte acidità; e prescrivo in seguito il se- guente gargarisma da ritenersi in bocca senza punto agitarlo finchè si riscaldi, poscia lo si rimetta, e ripetasi tratto tratto. R. Ag. Plantag. Rosar. rubr. et sperm. Ranar. ana une. quatuor | 205 album overum in aquam agitando redact. num. r11. sacchi cand. alb. drac. tres f. gargarisma. Il malato prenda pure dell'emulsione prescritta nella pleuritide . AI mattino vegnente, se e la febbre, e il dolore in deglutire nulla diminuirono rinnovo T ernissione di sangue, rimettendo il purgativo al giorno dopo. Che se ritrovo una qualche calma prescrivo tosto un dolce catartico , cui la moltiplice sperienza mostrommi utilissimo dopo il salasso. Se ad onta di ciò non dimi- muisce il malore, cosa per altro rara assai, vuolsi ripetere come pria la cacciata di sangue, ed applicare alla parte posteriore del collo un largo e forte vescicatorio. In tutto il corso della malattia, ogni mattina, tranne i giorni de purganti, sarà util cosa un clistere refri- gerante , emolliente. Nissune carni, o loro brodi; permetto solo al solito brodi di biada, e d'orzo, poma cotte, o simili; per bevanda una tisana d'orzo, o tenuissima birra. Si alzi il malato per qualche ora da letto; poichè n'è dannoso ìl calore. E però g avvertire, che alloraquando sia l’ angina sintoma della febbre stazionaria vuol essere trattata come la febbre da cui dipende o eccitando sudore, o in altra guisa giusta quello che questa richiede; la qual osa vuol essere attentamente osservata . Hannovi altre febbri, che a ragione si possono collocare fra le intercorienti. Esse non sono d'ordinario reputate febbri perchè termi- nano diversamente in uno, o in un altro sin- 204 toma. Però le sono veraci, e quell affezione , che da loro il nome non è che un sintoma, col quale finiscono . Io ora non favellerò che di due dell emorragia cioè di naso, e dell emoftoe . L’ emorragia di naso succede in qualunque stagione e sopravviene in ispéecie a que’ che hanno sangue bollente, ma a un tempo sono di temperamento debole, e più sull inclinar dell’ età, che sulla. giovanezza. Solitamente manifestansi dapprincipio indizj di febbre che tosto scompajono al venir del sangue rimanen- do al sincipite e dolore e calore : fluisce il san- gue per qualche ora, indi s’ arresta per poco, e nuovamente scorre, ed a vicenda, finchè poi o mercè i rimedj, o per la soverchia perdita s' arresta interamente per se. Però ogni anno avvene a temere la recidiva, se o per liquori spiritosi o per altra occasione accade riscaldarsi . E mio scopo frenare con. ogni mezzo il soverchio bollore del sangue cagione di ciò, e volgerne altrove l’impeto. Per la qual cosa io ricorro a più cacciate di sangue dal braccio ed abbondanti, e nè è il colore somiglievole a quello de’ pleuritici. Dieta refrigerante, e in- crassante: p. e. tre parti d’acqua, una di latte bollite insieme da bersi freddo, e poma cotte, e decozioni d'orzo, e simili, vietate le carni. Prescrivo de’ giulebbi refrigeranti, delle emul- sioni, come le già descritte, e stiasi alzato ogni giorno qualche tempo, da letto . Voglio pure ogni giorno un clistere refrigerante, e vyo- Men 305 voglio ogni sera si appresti un paregorieo di siroppo Diacodio, onde frenisi il furore del sangue. Ma poichè spesse fiate associasi a tale emorragia una linfa acre, la quale mista al sangue ne lo agita maggiormente rinserrando l orificio delle vene, io soglio oltre il rivellere, e il refrigerare, somministrare un catartico blan- do anche nel vivo della malattia. Finitane l operazione piacemi dare un narcotico di certa forza, e cessata ogni cosa ripeto insieme un catartico . Rispetto all’esterno io fo applicare alla nuca, e al collo de’ pannilini inzuppati d'acqua fredda nella quale siasi sciolto del sal prunelle avvertendo di leggermente spremerli. Così ol- tre l'evacuazioni generali si faccia uso del seguente liquore. R. Vitriol. Hungar. et Alum. ana unc. unam , Phlegmatis Vitrioli lib. sem. coque tamdiu donec omnia fuerint dissoluta . Liquorem frigefact. filtra, et a chrystallis sub- inde nactis separa. Liquori residuo adde ole. vitriol. duodecimam partem. Se ne impregni convenevolmente una toronda fatta di sdru- scito pannilino e la s introduca nella narice onde stilla il sangue, e vi rimanga per due giorni. Da qualunque parte esteriore esca il san- gue ben giova l'applicazione di pannilini imbe- vuti di questo liquore . | Anche l emoftoe avviene tra i confini della | Primavera, e della state, ed è propria delle | persone di caldo temperamento, ma non forte, | Tom. x. i 30 306 5 a e che hanno, deboli polmoni. I giovani ne vanno più de’ vecchi soggetti. Parmi ella della- stessa indole, che l emorragia del naso , ed è pars una febbre , che ne perde e il nome, e ‘essenza sciogliendosi, di. tal guisa. La sola differenza è, che nella prima il sangue agitato aprivasi una strada per le vene del naso, nella seconda fa impeto ne polmoni; e come in quella avvi dolore lancinante , e calore al sincipite, in questa e dolore e calore si risente al petto con certa debolezza. Vuolsi a un di presso. uguale metodo tranne il soffrirsi meno i pur- gativi, da cui ove specialmente ripetuti, ne viene di leggieri tabe. Ma le frequenti. emis- sioni di sangue, 1 clisteri, il siroppo diacodio allora del sonno, la dieta e i rimed) refrige- ranti riparano eccellentemente ad ogni cosa. Ed ecco ciò, che finora mi venne fatto d’ osservare intorno alle numerose specie delle febbri, intorno a’ loro sintomi. Io mi. studiai far sì che non miei pensamenti, non mie fan- tasie esponessi: sciolto da tutte ipotesi con ischiettezza , e candore impresi a farne la sto- ria, e fedelmente ne riportai il metodo di cura. Che se la brama ardente di ritrovare, e di «stabilire un metodo alla conservazione degli uomini più acconcio me. per avventura trasse in parte » Che da nissun sentiero era segnata«. vo’ credere nissuno infra i dotti, sia per. rim- proverarmene. Seguii è vero il mio anziché l altrui parere, c meditai nuove cose; ma me ’ n 307 ne porse cuore la felice riuscita; e le spe- rienze de’ posteri ne comproveranno senza dub- bio la verità. Certo è doversi vigorosamente ‘combattere ‘questa pestifera genia quali sono le febbri che fanno guerra continua al genere umano , e guerra atrocissima . Per esse cag- giono due terzi almeno degli uomini, trattine | pure que’ che muojono all improvviso; e il | vederne io appunto vittima i più vigorosi e fiorenti per età mi generò dapprima nell'animo | fortissimo sospetto sull efficacia de mezzi con tanta fiducia arrecati ne libri de’ speculativi, e compresi poscia non essere cotali metodi che vano parto ď immaginazione, e l affidarsi loro essere lo stesso che nulla fare, e abbandonarsi in tutto alla natura. Se pertanto io avrò mai fatto qualche cosa, onde tolgansi in parte e i pericoli, e le difficoltà che occorrono nella cura delle febbri (lo che parmi senza presunzione potermi promettere ) eccomi giunto al mio scopo , ed eccone il frutto dolcissimo di co- tanta fatica il bene de’ miei simili. Queste sono le cose principali ch'io scoprii o che al- meno ridussi a qualche metodo delle febbri, e de loro sintomi sino a questo giorno 3o di- cembre in cui scrivo 1675. - . dine del Tomo primo. a... E TE Me I S ‘i rag tra We i bi: cao La 24s piis RI sare INDICE. Wi dedicatoria del Traduttore. pag. 113 Lettera dedicatoria dell’ Autore . v Prefazione dell’ Auiore . Xi SEZIONE PRIMA. Cap. I. . Delle malattie in genere. x Cap. II. Delle malattie epidemiche : 5 Cap. HI. Costituzione epidemica degli annî 1661-64 a Londra. 16 Cap. IV. Febbre continua degli anni 1661-64 19 Cap. V. Febbri intermittenti degli anni 1661-64. 5a SEZIONE SECONDA. Cap. I Costituzione epidemica degli an= nî 1665, 66. 84 Cap. II. Febbre pestilenziale e peste degli anni 1665, 66, . 85 * SEZIONE TERZA: Cap. I Costituzione epidemica degli an- ni 1667, 68 e parte del 69 a Londra. \ ih per?” C ap. À III. Cep. Cap. Cap. Cap apy D J IE T G IE Vajuolo regolare degli anni 1667 , 68 e di parte del 69. Febbre continua degli anni 1667, 68° e parte del 69. pag. SEZIONE, QUARTA. Costituzione epidemica di ‘parte dell’anno 1669,.e. degli interi tore Si, I Londra. Colera dell'anno 1669. Dissenteria di parte dell’ anno 1669 e degli interi 1670, 71, 72. Febbre continua’ di parte dell’ anno 1669', e degli interi 1690, 31, 72. Morbilli dell'anno 1670. . Yajuolo ‘anomalo degli arini 1070 7, . Colica, biliosa a anni 1670 , eS SEZIONE QUINTA’ © Costinizione epidèniica di parte dell'anno: 1673 e he interi Ti 1079 rel om ded degt A ‘anni a di Sig aio TAN Vajuolo anomalo ` degli anni 1674 75. 0 ROERO & > A / 311 Cap. V. Tossi epidemiche dell’anno 1676 con Pleuritide e Peripneumo- nie sintomatiche . pag. 254 Cap. V. Recapitolazione. SEZIONE, SESTA. Cap. I. Febbri writercorrenti. Cap. II. Febbre scarlattina. Cap. II. P/euritide . Cap. IV. Peripneumonia avra; Cap. V. Reumatismo. Cap. VI. Febbre Resipelatosa . | Cap. VII. Angina . 265 6 eamin là scie nei a Pa en O MS ET O mita Pag. 9 e 26 invece di Ghalija morbus si deve leggere Colera. Pag. 5 lin. penult. sopravvengono 15 13 17 8 30 17 11-13 15 2 29 27-28 16 16 24 10 28 28 18 32 12 6 21 Correzioni . o degli umori e dicon essi finora, secerninto autunnali pure umori ; che diminisce nuo-ve carni permettendo differivamo venne mac-chie rosse longa TA ad putrescenza ; e in dare a morte, chi scrup. duos ch'io son sicuro, esaminare, tutte febbrile. Sembra duas dediti refrigerante frappore | sopravvengano - diminuisce e degli nmori e dicon essi, finora secernano autunnali; pure umori, che nuo-vo carni, permettendo differivano venni mac-chie se non rosse lunga putrescenza , e in «dare a morte chi scrup. duo ch'io non men curo esaminare tutte febbrile, sembra duabus dedite refrigeranti frapporre A ta vano x vo 2 +4 dn GE, p: Ar l A ra ` |, OPERE MEDICHE x DI "TOMMASO SYDENHAM VOLGARIZZATE — ur l Opinionum commenta delet dies, naturae dudicia confirmat, Cic. de nat. Deor. PAVIA PRESSO GIOVANNI CAPELLI SIMININININ 1809. + Redi LETTERA DEL DOTTOR BRADY A SYDENHAM. si i infra è Medici fin qui ebbe cura di esaminare con attenzione Ë influenza dell aria- sul corpo umano ; niuno considerò abbastanza ciò ch ella fa a nostra conservazione; niuno pose mente alla possanza che dispiega sul san- gue, e su tutti i movimenti animali. E meno poi fuvvi chi ne risguardasse la natura, le alterazioni moltiplici e i cangiamenti, lo che voî chiamate costituzioni; e medici, e scrittori di storia naturale , non che istituirne ricerche, non ne fecero cenno giammai. Per verità & non può essere , che insinuandosi ella in tutte de parti del corpo pur anco le più nascoste noñ comunichi al sangue , ed agli umori quelle al- terazioni, que’ cangiamenti impressile dalle so- stanze di che è pregna; ed ecco da ciò assais- sime volte venirne le prape disposizioni nel sangue. Fu egli adunque ottimo consiglio il po- stro allorchè vi accingeste darne osservazioni sulla storia , e sulla cura delle malattie acute, giusta le varie costituzioni degli anni, e delle 4 stagioni mentre veggonsi in esse l’azione dell a- ria sul sangue, sugli umori, e sugli spiriti ani- 4 mali principaimente ; se ella stessa non forma pure di essi spiriti la materia. Nè dubito io punto, che osservare la natura delle febbri die- tro il genio dell’anno in cui regnano sia mezzo utilissimo, se non unico di stabilire un giusto metodo di trattarle . Proseguite pertanto , e se rimangonvi ancora osservazioni sulle febbri degli anni ultimamente scorsi fatele palesi, e provve- derete singolarmente alla salute dell’uman genere. Nella sezione prima capo quinto della vo- stra opera faceste poche parole sull'uso della ‘corteccia peruviana , e sul modo di sommini- strarla. lo so pure come alcuni medici di grido la prescrivono a grandi dosi, e ripetute; altri ne fanno estratti, ed infusioni, e da queste in- fusioni dei giulebbi, e delle emulsioni e di tal guisa asseverano guarire ma anche cerie febbri con è gran rimedio nelle prime , ed io l adoprai in varie forme già da circa vent anni con sus- cesso maraviglioso. Voi però se ne conoscete qualche ulteriore particolarità, o se altro mo- strovvi la sperienza di meglio, ciò non vi gravi è appalesare . Nella cura del reumatismo voi avete pro- posio come necessaria la frequente, e larga emissione di sangue. Io chieggo se ommesso un sì severo metodo e sì crudele, altro sen possa rinvenire men prodigo di questo prezioso liquo- ye, e a un tempo non meno Sicuro . Ccriamente vi avrà malevoli assai, ed in- vidi, i quali come sogliono , tesseranno calunnie, 5 strazieranno la vostra fama; ma sono eglino mai sempre l esecrazione de’ buoni. Però se costoro sarà pur che vogliano informarsi sulla storia verace delle febbri, loro natura, lore | cause, e differenze, e metodo curativo non po- | tranno non seguirvi qual duce ; perocchè nissun | altro mezzo avvi forse a tali cose più :conpe- nevole. Su via dunque , dispregiate il motteggiar de saccenti ; risvegliate l'ingegno degli uomini sinceri : voi ne mostraste la via, se loro non piace ne aprano una novella migliore. Però sì facendo siate certo dell’ amore, della stima di tutti i Medici probi fra quali vi piaccia an- Roperare Cambrige 30 Dicembre 1679. A S 7 rai & amico vostro strettissimo Roberto Brady . LETTERA DI SYDENHAM IN RISPOSTA AL DOTTOR BRADY Sulle malattia epidemiche dal nr al 1680. pitt, se sarà -ch'io abbia di cosa veruna approfittato rispetto -al trattamento delle malattie, egli è ben giusto ch'io sia sovra ogni altro presto a farne parte a chiunque men domandi. Perocchè, odio non so più che altri sappia, e non perciò sarammi danno il pebbli- care cose gia conosciute, od io giunsi al disco- primento di cosa, che sia forse per tornare in vantaggio della pratica medica, e non vorrassi darmene tanta lode , quanta per avventura ad altri si darebbe: mentre tormentato da intorno trent'anni dalla podagra, e da tempo assai dal calcolo, vo spesse fiate immaginando come pure m'allegrerei ove per suggerimento altrui m'av- venisse essere alleviato ne’ miei mali. Di vero che a pochissimi fu conceduto il poter ciò ; e volendosi ingegni elevati assai, a me più si addice desiderarlo, che nella mancanza di forze mandarlo ad effetto. Lo desidero perchè ebbi sempre un tal pensiero, ben essere felice colui al quale venne fatto procurare a suoi simili un metodo certo alla guarigione di qualunque ben~ chè lieve malattia, e ben più felice di gran lunga che non possa essere chiva accumulando ricchezze smisurate. Anzi io il dirò ed ottimo, ‘e sapiente, mentre qual saggio maggiore di sa- pienza e di bontà, che il concedere al pubblico vantaggio quello che si potrebbe volgere al proprio privato ? »Imperocchè , siccome ( così dice Cicerone filosofo grande non meno che oratore , raro genio del suo secolo, anzi della intera umana generazione) siccome le leggi an- tepongono la salvezza di tutti alla- salvezza de’ particolari , di tal guisa l uomo-buono e sag- gio , ed obbediente alle leggi, nè ignaro de do- veri sociali ama piuttosto provvedere alla utilità di tutti, che a quella di un solo, od alla pro- pria (1)«. Ed egli apparisce chiaro, come es- sendo da facinoroso recare morte altrui, debba essere all opposto da buono recarvi salute , e diffondere istruzioni onde debellare le infeste malattie; nè ciò solo fare, finchè tu vivi, ma tramandarne l'utile insegnamento alla posterità, chè inumani per certo sono, e scellerati quelli, i quali protestano rifiutarsi ad ogni modo in cosa che. possa impedire la distruzione del mondo dopo lor morte . Ma lasciamo žali cose; e deggio ora io soddisfare a ciò che mi domandate comechè nol possa quanto si vor- rebbe ampiamente; e il deggio a voi degnissie 1 (1) Cic. de fin, bon. et mal, An āo ge IL 8 mo della carica luminosa che coprite e dotto oltremodo , e di singolare -probità onde siete da ciascun vostro pari grandemente celebrato. Ned io dico poi quale obbligazione vi professi per lo schietto interessamento che di me pren- dete , sicchè amaramente vi duole de’ mali di- scorsi che contro me si fanno da taluni, ch'io per altro in niuna guisa non offesi giammai, Ma cotali discorsi si fanno a torto, e tali spero si faranno mai sempre ; non io quindi affanne- rommi de'trascorsi altrui, studiandomi solo com- piere le parti d’ uom probo, e di buon Medico in quanto almeno la tenuità mia il comporta. Ora dunque eccomi alle osservazioni su quelle malattie, di che mi chiedevate, e par- lerò innanzi tutto delle intermittenti, le quali appunto regnano, adesso epidemiche infra noi. A tale oggetto però io non credo fuor di pro- posito lo scorrere brevemente per ordine gli anni che succedettero a quello in cui posi fine alla storia delle acute che aveano regnato ne’ quindici addietro; nè rispetto al trattamento vi graverà ch'io di passaggio dica cose già dette . Per tal modo apparirà meglio e quando, e per quai gradi siane sopraggiunta la presente co- stituzione . Nel 1676 furonvi quelle stesse malattie , che già rammentammo nella costituzione inco- minciata all’ autunno del 1673, e che prose- guiva nel 74, e 75. Al suo cadere però le malattie che rinascevano, ed erano miti più di quello non sieno di loro natura, e meno epi- e d demiche , tuttochè quell’ anno avesse un genio particolare rispetto alle manifeste qualità dell’ a- ria, ed ardentissima aveasi avuta la state e freddo oltre misura l’ inverno , sicchè non sa- peva io rammentarne uguali. Però qui veggasi come in tanta differenza di stagioni avessero | luogo affezioni somiglianti, e veggasi quindi i come anzichè dal manifesto stato dell’aria sieno ‘favorite dall’ occulto. Non vuolsi negare a dir vero dipendere talora in quanto a certi sintomi | di quest anno ne fanno fede. Io parlerò bre- | vemente di ciascuno . «Ml morbillo nato all’incominciar dell’anno, quantunque non fosse gran fatta epidemico, ciò per altro avea di singolare protrarsi più a lungo di quello comunemente non soglia fare». Perocchè mentre secondo suole, mostrandosi in ‘Gennajo crescè sino all equinozio di Prima- vera e quindi a poco a poco diminuendo al ‘solstizio estivo trovasi per intero spento. in quest’ anno giunse sino all’ equinozio d' Au- tunno, avvalorato, credo io. onde più resistes- se, dal calore della state. Tuttavia non richie- deva metodo diverso . AI finir della state eccoti la colera. Ella esaltata dal non solito calore avea seco atro- cissime convulsioni, e di durata assai e tali ch'io. non ne avea giammai vedute pari; nè limitavansi , co p addiviene , all'addome; ne erano presi tutti i muscoli, e que’ delle brac- cia, e que’ delle gambe in ispecial modo, e dalle sensibili qualità, e il morbillo, e la colera 10 terribile, sicché talora balzava da tetto il ması lato tentando, in tutte guise deluderne la forza.. Il trattamento non differiva dal comune in sif- fatta malattia, era però mestieri, e di più forti! anodini , e più spesse volte ripetuti, Eccone) un esempio. Di que tempi appunto in compa- gnia del Dott; Cario Goodall, la cui schiettez=. za, e probità somma e calda amicizia e valore nell'arte tosto vengonmi in mente ricordandolo , mi recai presso un uomo assalito da. ferocis- sima colera» Egli appena non era morto: enor- me il vomito, violentissimi gli spasmi, sudori freddi, polso omai impercettibile. Prescrissi tosto venticinque gocce di laud. liq. in un solo cucchiajo d’acqua di canella spiritosa, perocchè temeva non maggior quantità di veicolo venisse rigettata, come soventi volte in simili casi in- terviene. Io là mi stetti circa a mezz ora, e scorgendo nulla operare il rimedio, sicchè e la vomiturizione, e gli spasmi persistevano tutta via, dovetti ripeterlo più volte ed aumentarne la dose, avvertendo però frapporvi tale spazio di tempo, che mi facesse accorto , di che avessi a sperare dalla dose precedente: vinsi alla fine, Ma poichè al più lieve movimento se ne mi- nacciava il ritorno, volli, e per qualche ‘giorno «rimanesse il malato in perfettissima quiete, e non trascurasse il medicamento del quale pren- deva tratto tratto bensì a dose minore, e fin anco dopo ricuperata salute a prevenirne le recidive. Così n’ ebbi felicissimo evento . Niuno sia che me tacci di temerità, per- 13 chè non dubitassi. somministrare una sì larga dose di laudano. Farà chiaro la sperienza co- me in quelle affezioni ov è mestieri degli op- piati (e sono tre, dolori violenti, vomito e de- jezioni smodate , insigne turbamento degli spi- riti animali ) vuolsi adattarne le dosi, e loro numero alla grandezza del sintoma. E quella dose che a un più lieve sarà bastevole ,, diverrà inetta a sintoma maggiore, e quella che altra fiata ci avrebbe sospinto a grave pericolo -di vita, potrà in diversa circostanza sirapparne dalle branche di morte. Queste sono le malattie, che dominarono nel 1676, le stesse cioè degli anni addietro . Rispetto a quella del 1677 per me nulla puossi dire. Ebbi a principio dell’anno un mo- lestissimo flusso sanguigno dalle vie : orinarie, che al più lieve moto rinnovellava. M? attaccò indi a poco ferocissima la podagra, di cui non sono a dirsi i dolorosi effetti, e più che gli arti mi straziava le viscere. Avea perduto inol- tre l appetito , grande era la prosirazione di forze, nè mancava’ gonfiezza alle gambe, nè mancavano altri sintomi non meno pericolosi . io .non abborriva morte, come quella la quale certamente più che da’ buoni m’ avrebbe diviso dai tristi. Pertanto stetti tre mesi in casa, € îre altri a ristabilir mia salute in camma GE feci ritorno in autunno, e seppi come eranvi quà , là sparse febbri intermittenti, le quali per altro aveano incominciato fuori di città. Ma poichè non permetieami ancora la salute di a2 visitar malati, intorno a quest'anno ho delibe~ rato pienamente tacere, ` Cangiossi affatto la costituzione nel 1678; perocchè le intermittenti di cui quasi non erasi veduta alcuna in Londra dal 1664, cioè da tredici anni, salvo una qualche sporadica, o una qualche altra trattavi dalla campagna, si fecero epidemiche ; e di presente vanno sempre aumentando, e $’ estenderanno sempre più fin- chè arrivino al più alto grado. Poche assai erano veramente in primavera, ma crebbero di molto sul finir della state, e al venir d’ autun- no, sicchè soffocarono ogni altra malattia epi- demica; scemarono qualche cosa in inverno e dieder luogo al vajuolo, e ad altre malattie epidemiche le quali ebbero dominazione fino al ritorno della stagione opportuna a quelle . Ma perchè io esponga ciò che m avvenne d’ osservare intorno alla natura ed alle cagioni di queste febbri dico primamente, che mentre per lo innanzi erano le più frequenti le-quar- tane, adesso eran le terzane ‘e le quotidiane , seppure non ami queste denominare terzane doppie. Parimenti in quegli anni addietro quan- do ven era, le terzane, e le quotidiane termi- navano foro parosismo in piena apiressia , il uale rinnovellavasi a periodo stabilito . Ora però dopo il terzo o quarto accesso più non aveasi intermissione, sovrattutto ove tu astrin- gessi il malato a letto, e lui somministrassi cardiaci vigorosi, lo che era propriamente git- tar olio sul fuoco. Non eravi che xemissione; 13 avvicinavasi la febbre di giorno in giorno mag- giormente a continuità; alla fine preso il cer- vello, assai ne morivano . Rispetto alla cura già da lungo tempo co- nobbi, di quanto pericolo sia in quelle terzane , e quotidiane, che recenti non assunsero ancora un tipo sicuro , e s' avvicinano alle continue, il far uso de’ sudoriferi. Emmi ben noto come al prorompere del sudore scompare l’inquietu- dine , e scompajono gli altri sintomi, -e suc- cede l’ apiressia , vuolsi quindi qualche poco secondarlo sul fine del parosismo, non oppor- visi almeno: ma emmi noto pur anco, che die- tro smodato sudore fassi. la febbre da intermit- tente continua, ed avvi pericolo, nè a tutti è dato scamparne. E parmene ragione, se male non avviso, che un cotale sudore essendo so- verchio rispetto alla quantità di materia feb- brile atta ad essere eliminata, uscita quella porzione che corrisponde a un solo parosismo, ampiegasi il resto ad infiammare il sangue. Per la qual cosa considerando meco stesso la inefficacia di questo metodo, come pure delle altre evacuazioni, del salasso p. e., de purga- tivi, che abbattendo il tono del sangue pro- traggono la malattia, collocai tutte speranze nella corteccia peruviana. Ed io veramente posso asseverare che ad onta del pregiudizio del vol- go, ed anco di alcuni trai dotti, nulla io vidi giammai intervenire di male, nè potei pure ragionevolmente sospettarne. Solo dal lunghis- simo uso ne venne talora una cerla specie di t4 | Reumatismo scorbutico , di cui parlammo nel capitolo in proposito. Però nasce egli questo. male ben rado assai, e facilmente è vinto da’ rimedj là descritti. ~ i Certamente se io come ne conosco lin- nocenza ne ravvisassi la durata negli effetti, non temerei riporla alla testa di quanti rimed} sienci noti; perocchè nè solo ella è valorosissima in questa malattia, ma dispiega pure grande virtù in affezioni d utero, e di stomaco. Tanto è lontana dall’ essere malefica. Ma io voglio addurre le ragioni, per le quali credo principalmente che venga male ac- colta. Primo presa una sóla volta vi si attri- buiscono molti di que sintomi terribili che so- gliono accompagnare le lunghe intermittenti , e. quand’ anche non siasene tranguggiato punto . Secondo poichè per una virtù occulta vince la malattia, non per alcuna sensibile evacuazione, credono i più, essa colla sua forza astringente racchiudere il nemico nel corpo, e quindi male estimarsi sanati. Ma non avverton eglino, che i sudori i quali pongon fine al parosismo tutto hanno eliminato ciò, che accumulavasi in tem- po della intermissione , rimaner solo un fomite da maturare , cui. la corteccia ‘somministrata tosto dietro l’accesso spegne interamente; ned ella è però da reputarsi colpevole d ingorghi, e d’ostruzioni, come ordinariamente si suol fare . ARRE Ma di qual modo conosceremo noi, che la corteccia fughi la febbre per sua virtù astrin- 15 gente ? sarebbe mestieri, che ciò pur facessero altri rimedj forniti parimenti di simile virtù. To però comechè ne tentassi i più forti non ne vidi giammai effetto. Che più ? ella talora muove l’alvo a guisa di purgante; eppure non lascia di risanare ugualmente. Ma quale infra gli uomini il saprebbe ? lungi da ‘noi la sma- nia di penetrare gli arcani della natura. È spetta al medico, ed'è pur cosa degna di lui lo in- vestigare la storia delle malattie, ed impiegare ‘que rimedj, che ‘la sperienza ci fe’ conoscere ‘migliori attenendosi a un metodo cui la ragione appoggi, non vana ipotesi. Dirò dunque bre- vemente quello che la pratica mi mostrava rispetto al metodo di somministrarla . La corteccia peruviana denominata volgar= mente la polvere de’ padri egli è intorno a ven- ticinque anni, se ben mi ricorda , che comin- ciò a farsi celebre presso noi contro le febbri quartane . E ciò fu a buon dritto, mentre per lo innanzi venivan elle rarissime volte espu- gnate, qualunque rimedio , qualunque metodo s'adoprasse, perla qual cosa appellavansi giu- stamente l obbrobrio de’ Medici. Ma indi a poco tempo cadde in obblio,:e ciò per due non lievi -cagioni. La prima, che sommini- strandosi allora poche ore innanzi il parosismo apportava qualche volta morte; lo che avvenne a un cittadino di Londra, e Senatore per nome Underwood, e a un certo Potter Speziale abi- tante nella contrada detta Bach fryars. Raro certo al sommo è tale evento; pure i medici ci 16 prudenti a ragione amavano astenersene: Íl secondo motivo fu che troncato il parosismo come d ordinario avveniva, soventi volte ve- devasene la recidiva tra quattordici giorni, re- cente cioè la malattia nè dal tempo, nè per se stessa vinta. Per tali cose il più delle genti perdettero le concepute speranze sulla corteccia non frpotar da sa rc esporre a pericolo la vita solo pel ritardo ď un parosismo. Non io però sì la pensava; e già da lungo tempo meditando seriamente sul valore straordinario di questo rimedio avvisava , nulla avervi con- tro le intermittenti di più efficace, purchè la si somministrasse colle dovute cautele. Onde meco stesso andava lungamente volgendo , e come si togliesse ogni pericolo, e come non avvenisse recidiva. In primo luogo io credeva che il pericolo non più dalla corteccia prove- nisse quanto dal modo di somministrarla. Im- perocchè aumentandosi ne’ giorni intermedj una grande quantità di materia febbrile, ove si dia immediatamente avanti al parosismo la cor- teccia; fa che quella non possa essere elimi- nata col metodo della natura, col calore cioè del parosismo, e racchiusa ecco sorgere peri- colo. Estimai adunque potermi opporre a ciò; e a un tempo impedire la rigenerazione della febbre, se come prima cessava ‘il parosismo tosto avessi apprestato il rimedio , onde tron- care l accesso vegnente, e se ne’ giorni d in- termissione tratto tratto l avessi ripetuto . E così à poco a poco e sicuramente ne avessi impregnato il sangue della virtù salutifera . I i. Inisecondo luggorsiccome la: recidiva che d’ ordinario accadeva.tra quattordici giorni, mi parea, nascesse da ciò, che non fosse il sangue abbastanza saturato della virtù del febbrifugo, il quale comechè efficace, non è da tanto, che a una sola. fiata valesse distruggere interamente la malattia ; estimai quindi, mulla -essere più convenevole , quanto. ripetere il rimedio vinta anche la malattia, postovi sempre un ginsto intervallo, sicchè l una.dose succedesse allal- tra in tempo, che non. fosse aneora spenta in tutto la forza della precedente. Su tai princip). basai il mio metodo. Re- candomi presso chi giace per febbre quartaha (sia p. e. in lunedì ) s'egli è giorno. di paro- sismo io nulla fo; animo solo il malato a spe~- rare, più non sia per venirne . Poscia ne due giorni d intermissione prescrivo la corteccia nel modo seguente. R. Cort. Peruv. subtilis. pulverisat. unc- unam, cum. s. q; syrup. Ca- ryophil. vel de'Rosis siccis f. electuarium . Ne prenda una dodicesima parte ogni quatir ore, incominciando tosto dopo il parosismo e soprab- devendovi un. bicchiero di vino. Che se più aggradi. la, forma pillolare. do le seguenti. R. Cort. Peru. unc. unam: cum s.q- syrup. Ca- ayophil. fiant Pilulae mediocris. magnitudinis. Ne prenda sei ogni quattr ore . Ma altra ma- niera comodissima, nè meno efficace si è me scere un’ oncia di corteccia polverizzata a due libbre di vino detto Clare, di cui se ne pren- derà otto o noye cucchiai nell’iutervallo di Tomo 2, | 2 18 tempo suddetto. Al giovedì giorno nel quale. si teme il ritorno del parosismo prescrivo nul- | la, perocchè d’ ordinario non appare, dissipati gli avanzi della materia febbrile per mezzo de’ soliti sudori del precedente accesso, e tron- cata la via a nuovo accumulamento mercè l’uso ripetuto della corteccia . Ma perchè non accada recidiva, l ottavo giorno precisamente dall'ultima dose ne ripeto un’uguale quantità da prendersi alla stessa gui- sa. Però quantunque le più volte di‘ tal modo spengasi il malore, non vuolsi a dir vero so- verchiamente affidarvisi, e gli è bene la terza, o la quarta volta ritornare all’uso della cor- teccia, massimamente là dove sieno precedute evacuazioni; o incauto il malato si sia esposto a freddo. Ma sebbene la corteccia propriamente non abbia forza veruna purgativa ; avvien pur sovente presso alcuni o per certo temperamento particolare, o per idiosincrasia vedersene ef- fetti come da forte catartico. Allora gli è me- stieri assolutamente rieorrere insieme al lau- dano, onde opporsi ad un'operazione contraria alla natura del rimedio, ed alla malattia, e perchè non esca il rimedio innanzi d'aver agi- to. In tal caso fo bere dieci gocce di landano miste a vino dietro ogni due dosi , quando la diarrea persista. Di pari modo io soglio pro- cedere nelle altre intermittenti, o sieno terza- ne, o sieno quotidiane. Le assalgo cioè subi- tamente dopo il parosismo e ripeto il rimedio negli intervalli, colla differenza che ove nella quartana se ne richiede assolutamente un’ on- cia, le altre possono. esser vinte con sei dram- me, o almeno ne abbiamo tregua. .. Ma le terzane, e le quotidiane quantunque, sembri veramente, dopo uno o due parosismi intermettano , avvien non di rado, e già il dicemmo., piegare alle continue, ed avvi solo remissione, sovrattutto alloraquando siasi con~ finato il malato a letto, ed abbiasi fatto uso di rimedj troppo calefacenti, e di sudoriferi. In simile circostanza colgo il tempo della remis- sione quantunque brevissimo; e dò la cortec- cia tosto dopo il parosismo per quanto. posso congetturare, e proseguo al modo solito ogni ‘quattr.ore, non pure badando all accesso: so- pravvegnente; perocchè in sì breve spazio d'in- tervallo non. avrebbe tempo il rimedio d' ope- rare. Però siccome le febbri d'oggidì ad onta che dopo il secondo o terzo. parosismo incli- nino alle continue, si possono pure riferire alle intermittenti; non dubito punto. prescrivere la corteccia; anche nelle più continue; ed ella certamente vincerà ogui cosa, purchè il perpe- tuo rimaner a letto o l’uso intempestivo de’ cardiaci non sieno cagione di tale continuità. In simile caso io vidi più d'una fiata rendersi la corteccia inutile. Nè si creda che il vino, che serve di veicole a questo rimedio possa arrecare nocumento; a me non avvenne giam- mai osservarne danno; anzi e calore e sete, e gli altri sintomi febbrili tosto scomparivano d’ordinario preso il medicamento in sufficiente 20 dose. Vorrassi qui per altro osservare che quanto più la febbre 0 per se, o pel regime calefacente . s` accosta alla continuità richiede dose maggiore di china; e vidi talora non ce- dere che a un’ oncia e mezzo, o a due once. Ma poichè v'ha taluno che mal soffre que- sta corteccia sotto qualunque forma o di pole vere, o di elettuario, o di pillole, io allora ricorro all infuso fatto a freddo; due once di corteccia grossamente polverata.rimangano qual- che tempo in due libbre di vino del Reno. Passo più volte il liquore per la manica d’ Ippo- crate , e il vedi sì limpido ed è tale, che non offende il gusto’ de’ più delicati. Quattr' once valgono a un di presso una sola dramma in polvere ; e siccome, ned è ingrato , nè pesa allo stomaco, potrai somministrarne le dosi doppie in frequenza, che non faresti in al- tra formola, e ciò fino allo spegnersi affatto de’ parosismi . i Talvolta accade che non essendo ancora la febbre ridotta a tipo ‘regolare, per la con- tinua tendenza al vomito non può il malato ritenere la corteccia sotto qualunqne forma ella sia. Allora riparo prima a quella, e pre- scrivo al proposito sette od otto volte nello spazio di due ore un cucchiajo di succo di li- mone con uno scrupolo di sale d' assenzio: indi fo prendere sedici gocce di laudano liquido in un cucchiajo d’acqua di canella spiritosa ; e poco dopo, se cede il vomito, si dia di pi~ glio alla china. Nic Pe bambini, la cui tenera età non per- mette altra forma che la liquida, almeno in dose sufficiente, mi volgo al seguente giulebbe. R. Aq. Ceras. nigr. et Vin. Rhen. ana uno. duas Cort. Peruv. subtilis. pulver. drac. tres Syrup. Caryoph. unc. unam m. f. Julap.: ne prenda il malato uno o due cucchiai giusta l'età ogni quattr’ ore, finchè sia vinta la febbre; che se avravvi diarrea, aggiugnerai ad ogni dose una o due gocce di laudano liquido. Oltraccio osserveremo che essendo nelle terzane e quotidiane gli intervalli tra. i paro- sismi troppo brevi, non v ha tempo bastevole perchè il sangue si saturi della virtù febbrifu- ga. Quindi non puossi assicurare, troncarsi il prossimo accesso come avveniva nella quarta- na, e spesse volte non opera il rimedio che dopo due giorni . Che. se ad onta di tutte le suddette cau- tele avvenisse pure recidiva, più difficile per ` altro nella stessa quartana , che nelle terzane e quotidiane, egli è da Medico prudente, non ostinarsi. sull'uso della corteccia; ma vuolsi tentare altri mezzi, e icommendano grande- mente in. proposito la così detta decozione amara. | Rispetto alla dieta, ed al.resto del regime non si rimuova il malato da tutto ciò che vale a corroborare lo stomaco.. Voglia piuttosto rimanersi dalle frutta; e da’ liquori freddi come: quelli che affievoliscono il sangue e richiamano di leggieri la febbre. Sieno dunque carpi suck y t bio) cose, e facilmente digeribili; si faccia mode- rato uso divino, e di simile guisa potei financo talora risanare chi in virtù de’ moltissimi paro- sismi indurato resisteva ‘alla china. Guarde- remci poi cautissimamente dall’aria fredda fin- chè il sangue non abbia ricuperato suo pristi- no vigore. Però debbo ‘avvertire che siccome favellando delle intermittenti dissi, doversi ac- curatamente purgare il malato finita ogni cosa ; ciò pure vorrassi intendere delle sole febbri o per se stesse vinte o per qualche altro metodo, non dalla corteccia peruviana; mentre in que- sto caso non è d uopo di purganti, aùzi rie- scono di nocumento. Agisce poi la corteccia sì possentemente senza l’ajuto de'catartici, che mon solo tronca i parosismi delle intermittenti , ma opponsi pure alle discrasie che da essi ne vengono. Eviteremo dunque ogni evacuazione tuttochè blandissima, e sì asterremo persino da un clistere di latte con zuccaro, che può riac- cendere la malattia. Ma qui piacemi ricordare un singolare sintoma che ne’ primi anni di que- sta costituzione soleva talora sopravvenire nelle intermittenti. Invadeva cioè il parosismo non con freddo , cui succedesse calore, ma il ma- lato era preso come da apoplessia. Però non era che la stessa febbre recatasi alla testa; e che foss’ ella appariva chiaro come dagli altri segni, dal colore dell’ orina. I orina nelle in- termittenti è d’ ordinario d'un rosso carico un po meno di quello che suol essere nell’itterizia e depone un sedimento, che assomiglia alla i 23 olvere .de’ mattoni. Ora in questo caso tutto» chè sembrino indicate tutte quelle evacuazioni e di vario genere, che soglionsi impiegare nell’ apoplessia primaria onde rivellere gli umori dal cervello, pure debbonsi al tutto intralasciare come quelle, che nulla potrebbero contro la ca- gione primitiva, cioè contro l intermittente, e vidi io stesso procurare anzi morte. Attenderai dunque, che per se ceda il parosismo, e tosto darai di piglio alla china, quando pure tu nol possa fare anche prima, e la ripeterai negli in= | tervalli sino a perfetta guarigione ,' Avvien talvolta, quantunque rado assai, che vecchi da lungo tempo travagliati da in- termittenti , e infievoliti da inopportune cac+ Giate di sangue, e da’ catartici cadono in dia- bete fugata anche pienamente la febbre; peroc+ chè inetto il sangue ad assimilare i succhi arrecativi escon eglino crudi, e inconcotti per le vie orinarie. Ora snervansi insensibilmente le forze del corpo, perdendosene quasi per simil guisa la sostanza. In questo diabete come in ogni altro da qualunque cagione, è indicazione rinvigorire il sangue, e frenare lo smaderato flusso d'orina: Eccone rimedj in proposito. R. Theriac. Androm. unc. unam et sem. conserv, Flaved. aurant. unc. unam, Diascord. unc. sem. zinziber condit. et nuc. moschat. condit. ana dracm. tres, pulp: e chelis cancr. compos. drac. unam et sem. cort. exterioris Granat. rad. Ana gelic. Hispan. coral. rubr. praep. et trochisc. de terra Lemnia ana drac. unam boli armen. scrup. 24 duo Gum. arabi drac. sem. cum $ q: syrup. de. rosis siccis f. Electuar.: di questo prenda il malato alla quantità d'una grossa noce mo® scata di mattina , o alle cinque pomerid. e di. notte, continuando per un mese intero e vi beva presso sei cucchiai della ‘seguente infusione: | R. rad. Enul. campan. Imperator. Angelic: et Gentian’ ana uno. sem» fol. absynthi roman. marrub. alb. Centaur minor. et Calamenth. am manip. unum, Baccar. duniper. uno. unam. Si incidano in pezzi minutissimi, e pongansi ad. infuso in cinque libbre di vino dellerCanarie è ciò si faccia a freddo, nè si coli il liquore che al tempo di berne. Il cibo vorrà essere di fas cile digestione, cioè carne di vitello ; di mon tone ec. lungi le frutta d’ ogni sorta, e berrà ad ogni pasto vino di Spagna. Con metodo a un di presso uguale vincesi quell’ ostinata, e lunga malattia il fluor bianco nelle donne; e quantunque sembrino infra esse differire queste due malattie, le indicazioni sono. pari. Però vuolsi quivi innanzi de'corroboranti trar sangue una volta, e tre volte purgare con due -scrupoli di pillole cochie maggiori; di che veramente non. si farà:più uso in seguito di- straggendo vogni evacuazione l'operazione de’ corroboranti. Ma ciò sia detto pervincidenza . Ecco ciò che spetta sull'uso della cortecccia. peruviana. Non avvi. pompa di-rimed); e l'ag- giungere alla. corteccia qualche cosa oltre il veicolo necessario, parmi:od effetto `d ignoran= za; o di mala fede. Però F uom probo egli è 25 ben lontano da ciò; ed asterrassi mai sempre dalla fraude > Del resto ove si avesse posto mente ‘a quello che diceva quattro anni fa nella ‘storia delle malattie acute , e che è credibile ‘conoscessi anche innanzi un tal tempo, rispetta all amministrare la china negli intervalli tra i parosismi, è ripeterla pur dopo la guarigione, forse altri ch’ or. vgiace sotterra respirerebbe ancora l aure di vita. Ma quantunque nulla stimino gli uomini que miei tenui sforzi diretti al pubblico ‘bene’ e disprezzino miei avvisi; 10 vo pur: rapportare. ciò. che vallora brevemente diceva, mentre ivi contiensi quanto più a lungo di presente ho addotto. »Si dee avvertire primamente di non som- ministrar la corteccia troppo presto , innanzi »voglio dire che da per se stessa la febbre »siasi alquanto affievolita, iranne il grande ab- »battimento del malato altrimenti ne’ consiglii - » Nè dal precoce uso di essa avrassi solo ate- »mere, che rendasi inefficace, e deluda la spe- »me del malato, ma ne temerem pure della »vita arrestando di repente la fermentazione, » per cui il sangue: si sforza depurarsi . In se- »condo luogo. avvertiremo., non sottrarre parte »mssuna della materia febbrile; o con purganti »o molto meno con salassi ad oggetto di ren- »dere più libera la corteccia nella propria azio- ‘»ne; imperocchè. appena questa cessi, sarà al- »lora in virtà del disordine indotto nell’econo- »mia da simili evacuazioni;. che ritornino più »prontt 1 parosismi. E parmi poscia eziandio 26 |» più convenevole somministrarla a poco a poco. »e lungi dall accesso , di. quello che tentare, ai »un solo colpo vincere un già presente paro=. »sismo ; imperocchè e si dà più tempo in que-. »to modo al rimedio , onde meglio operi, e si. »evita qualunque pericolo rispetto al subito , e »intempestivo obice, con cui si sforziamo op- »primere il già crescente accesso. Per ultimo »le dosi vorranno, essere ripetute a tali inter- » valli, che nonsin tutto sia svanita la virtù della » precedente : con questa frequente ripetizione »finalmente sarà vinta interamente la malattia, »e ritornerà la salute. Dalle suddette ragioni »indotto antepongo a tutti gli altri questo me- »todo; un’oncia di corteccia peruviana si me- »sca a due once di sirop. di rose rosse; il ma- »lato ne prenda mattina e sera ne’ giorni liberi »di parosismi la quantità d'una grossa noce »moseata sino all intera consunzione. Si ripe- »tera il rimedio tre altre volte interpostovi »sempre lo spazio di quattordici giorni «. Ma tuttochè la china vinca nella cura delle intermittenti ogn’ altro rimedio finora conosciuto , pure nelle terzane di primavera, e in soggetti di temperamento sanguigno , e fiorenti per età, vidi riuscire ottimamente i seguenti rimedj. Traggasi sangue dal braccio in giorno libero da febbre; e dopo qualche ora diasi un emetico d' infusione di croco de me- talli, avendo riguardo però darlo in tempo che egli abbia compiuto sua operazione, innanzi sopravvenga il parosismo . Dopo questo paro- 2 sismo si discenda immediatamente all aoli seguenti. R. Extract. Gentian: Absynth. et Centaur. min. ana drac. duas. M. et divide in part. novem. Se ne prenderà una dose ogni quattr ore, e vi sù beva presso' tre once di de- cotto amaro senza purganti, e tre di vino bianco. V'ha pure un altro modo spediente per le povere persone. Si prenda uno scrupolo di | serpentaria virginiana sottilmente polverizzata , si mesca a tre once di vind bianco, e si tran- guggi due ore innanzi.l’ accesso ; indi ben co- perti poviamei a letto , e sudiamo per tre ore o quattro. Ripetasi il rimedio due altre fiate se ritorna il parosismo . L'anno che seguì cioè 1679 verso il prin- cipio di Luglio rinnovellarono le stesse febbri, e di giorno in giorno aumentando discorrevano ferocissime in Agosto, ed arrecarono stragi assai. Ma siccome già a lungo ne parlammo, quì non altro diremo, se non che scomparvero in Novembre, cedendo luogo a nuova malattia epidemica , la quale dipendeva da un manifesto stato dell’aria . E vennero cotante tossi, quali non m'ac- cadde giammai osservare più, sicchè ogni. fa- miglia n'era presa ; altre non aveano quasi me- stieri di ajuto medico ; altre agitavano con tale violenza, i polmoni, che n’ era il malato astretto a rimettere quanto conteneva nello stomaco o dallo sforzo gravissimo Sopravvenivangli verti- gini. Ne primi dì la tosse essendo pressochè secca, non aveavi. sputo veruno ; apparivane 28 indi qualche cosa ; in una parola e rispetto alla scarsa spettorazione, e rispetto agli sforzi come per la durata de’ parosismi parevami, s'avvici- nasse di molto ‘alla tosse convulsiva de’ fan- ciulli, ‘tranne l essere. veramente un po più mite, Però in questo l’ avanzava, che-invadeva con febbre, lo che non mi ricorda d’ aver os- servato finora nella convulsiva suddetta . Ogni anno, è vero, al venir d’inverno, Sopraggiungono tossi, ma allora n’ era il nu- mero fmeraviglioso, e penso io provenissero principalmente da ciò , che essendo per av- ventura in Ottobre cadute pioggie assai, riem- piutosi il sangue di crude particelle ed acquo- se, e mal potendo elleno essere eliminate per traspirazione in virtù de’ primi freddi soprav- venuti, la natura si studiava cacciarle. mercè la tosse pe rami della vena arteriosa 0. come altri vogliono , per le ghiandole dell’ aspera arteria . FRA} Allorchè abbisogniò di sussidio medico non temetti adoprare -e il salasso e i. catartici; perocchè nulla v'ha di meglio a scaricare i vasi ripieni, quanto cotali mezzi. E riguardo a’ rimedi pettorali, tranne l andare a grado de’ malati; non veggo che posson mai in togliere la cagione della tosse. Sta l azione loro o in ispessire la materia quando di soverchio tenue elude la forza espellitrice ;, o in attenuarla uando di soverchio viscida mal puossi rimuo- verla. So bene. però come sono essi inutili affatto ; e talora avviene; che ritenute nel san- ; 29 sue simili nemiche particelle ‘sì l’affievoliscono; e a un tempo sì ne sono i polmoni dalla vio+ lenta tosse ‘affaticati, che non di rado ‘vedesi susseguirne la ftisi , cui la celerità nella “cura avrebbe prevenuta . Nè più sicuramente ven- gono impiegati i sudoriferi che accagionano ben di spesso febbre , e*talora fissando alla pleura le particelle del sangue facilmente infiammabili risvegliano pleuritide; lo che videsi in tale cir- costanza assai volte, e con ‘grande pericolo de’ malati. Tratto dunque sangue dal braccio ʻa di~ screta quantità , faceva applicare al di dietro del collo un ben largo vescicátorio e forte , onde rivellere la materia peccante ; dopo ciò somministrava ogni giorno um lene catartico ; come infuso di senna, e di rabarbaro con man- na e siroppo di rose; e ciò finchè o bene stesse il malato, © almeno grandemente sce- massero i sintomi. Che se non voleansi po- zioni, prescriveva due scrupoli di pillole cochie maggiori da prendersi di buon mattino, dopo le quali si dormisse. Di tal guisa, e per questa sola cioè pe catartici, e pe salassi sì vince pure la tosse convulsiva de’ fanciulli, malattia ostinatissima, e quasi indomabile . Cos’ altro valga io vera- mente nol so, so bene d aver indarno tentato ogni altro - genere di rimedj . Però voglionsi lenissimi catartici, e voglionsi somministrare a cucchiai in ragione dell età. Io penso tale dolce evacuazione giovi in questa tosse perciò, 30 mait che, quantunque non ritrovisi ne polmoni grande quantità d umori: pure dalla massa del sangue portandosene tratto. tratto de’ fervidi molto e spiritosi che eccitano ne bambini que‘ violenti parosismi di tosse, nulla avvi di me~- glio ad arrestarne l’ impeto, che promuovere un moto al primo contrario, deviando tali umo- ri per le intestine. Ma ne mali epidemici di qualunque genere sieno, purchè di recente ne: sia stato preso luomo, vogliam guardarci dal purgare innanzi il salasso. Perocchè le malattie, che dipendono da costituzione epidemica dell’aria o sono feb- bri, o facilissimamente divengono tali; e il tumulto suscitato nel sangue da qualunque anche lieve purgativo sveglia appunto agevol- mente una febbre, cui la natura avrebbe pre- venuto cacciando come suole in qualche modo la materia morbifica; e qui a tale oggetto muo- vea p. e. la gravedine, o la tosse, e in altre circostanze la diarrea. Lo stesso puossi affer- mare di qualunque altra costituzione dell aria, la quale inclini il corpo a un qualche genere di febbre. Questa, non è sempre che si mani- festi aperta, ma vien distolta per ottimo prov- vedimento della natura, mercè una qualche acconcia evacuazione, che via trasporta il fo- mite della malattia. Io il dico fermamente, comechè prevalga altra costumanza, e si dieno catartici innanzi il salasso, e ciò ch'è peggio lo si tralasci pur anco. Nè mi si opponga volgersi di tal modo nel sangue le impurità 31 delle prime vie; perocchè egli è certo, che P evacuazione prodotta dal catartico non può riparare a’ danni, che sopraggiungono dal tar multo eccitatone : Non si può negare, agire i purganti dopo il salasso e ben più dolcemente, e senza riscaldare‘, od agitare il sangue, ed io credo dall’ ignorare tale pratica, o dal tras- curarla sieno provenùti infiniti ‘guai, sovrattutto presso i bambini, de’ quali moltissimi forse sì sarebbero salvati da morte. : Ciò emmi noto per lunga e moltiplice spe- rienza, ed ella sola è guida ottima, e maestra {nell arte medica, e senza. lei meglio ‘sarebbe non v'avesse. Diffatto più che le malattie a se stesse abbandonate producono stragi gli empi- rici da un canto, cui e storia e metodo cu- rativo sono cose pienamente estranee, tutto confidando ne loro segreti; e que’ vani saccen- telli dall'altro interamente rivolti a mal basate teorie, facili ad immaginarsi del pari che ne ‘sia facile la caduta. Ella è sola pratica giove- vole quella che trae le indicazioni da fenomeni veraci della malattia , cui poscia la , sperienza ‘conferma . Una tal via tenne il grande Ippo- crate, e Ippocrate è immortale. Per verità se non altro modo si avesse che questo nell’ in- segnare l arte medica , ella non sarebbe arte di volgo, e uomini avveduti e saggi richiederebbe ben più assai, che non voglia oggidi, e avrebbe quindi ben altra estimazione. Perocchè sicco- me si riscontra nelle operazioni della natura , in osservar le quali sta veramente la medicina, 32 ben maggiore! sottigliezza che, in. alcun’arte ap+. poggiata ad ipotesi benchè laminosissima:. così, arte di medicare prescritta dalla natura supe- rerà di gran lunga l ingegno de volgari, che non faccia quella suggerita! da: filosofi |. Lungi quindi. se ne terrebbero i profani, sagra lei a sagri ingegni . Le febbri le quali costituiscono; due terzi delle. malattie che, affliggono il genere, umano faranno fede di ciò .che dico , e ne sia. giudice qualunque uomo avvezzo pur anco di. poco a ragionare. Chi mai, anche tra i più agnoranti empirici si crederà inetto a curare. questa malattia, se a queste due sole indica- zioni hassi a soddisfare, eliminare cioè co’ su- dorifici la materia morbifica , e opporsi a’ sin- tomi , che a tali evacuazioni sopravvengono ? Colla triaca di Andromaco, calla polvere com- posta, coll’acqua epidemica insieme al regime caldo non dubita egli punto muovere i, sudori unico, suo scopo, massimamente ove abbia sen- tito parlare di malignità ; e rispetto al. mitigar i sintomi eccoti il siroppo Diacodio a invitare. il sonno quando siavi veglia, eccoti un clistere, in caso di stiticità, e così dell’ altre cose. Ma. non sa per se conoscere, nè apprendere dalle prescrizioni de'Medici, qual sorta di febbre studisi debellare, se pur crediamo ( almeno forse il crederanno i posteri ) esservi diverse specie di febbri, ciascuna delle quali richiede d ordinario un trattamento differente dell’altre ; anzi una stessa, di qualunque genere sia, ne richiede uno sul principio , il quale vorrà essere m didnt at se bix Ad ww i f 33 in qualche modo, variato successivamente ne’ var] periodi. E come saprà trarre indicazioni curative da sintoma per avventura non molto considerevole , colui il quale è ‘ignaro della storia naturale delle malattie, solo mezzo, che ne può indicare il vero metodo di cura, men- tre non sa giudicare s$’ egli nasca dal metodo impiegato o piuttosto dalla malattia medesima? Infinito sarebbe il mio dire ove mi piacesse enumerare le varie. cose, e minutissime, che vogliono essere osservate nella febbre e negli altri mali, e siccome tante sono e tutte gran- demerte importano alla salute degli uomini, rimarrà quindi sempre materia a’ più tardi nipoti di meditare, e sempre v’ avranno no- velle’ osservazioni sulla varietà incredibile delle operazioni della natura nella' produzione delle malattie , e quindi novelle indicazioni .cura- tive. Non sarà pertanto, che ove appari- scano cotali osservazioni ľ arte degradi , che anzi verrà illustrata, e fatta più difficile non ammetterà che saggi uomini, e giudiziosi. Ciò detto sia per incidenza . | Le, suddette tossi quando non a dovere îrattate, soleano accendere una febbre simile alla cotanto epidemica dell inverno 1675, la storia della quale già adducemmo alla Sezione quinta Capo quinto. Ma poichè non era ella che progenie, ed effetto della tosse m attenni allo stesso metodo con cui debellava questa, col salasso voglio dire, col vescicatorio appli- cate al collo, e col catartico somministrato per Tom. 2. 3 34 tre mattine. Nè fu infelice il successo. Nella semplice tosse a dir vero non v’ avea limite veruno al purgare, perocchè si continuava sino a convalescenza, o sino almeno fossero sce- mati di molto i sintomi. Qui però ogni cosa d ordinario dissipavasi al terzo purgativo , lo che ebbi a vedere sovente nella costituzione di cui parliamo. Questa febbre poi era accompa- gnata sul principio da una quantità di materia serosa, la quale gittavasi sui polmoni con in- comodo gravissimo, e comechè in capo ad uno o due mesi ne venisse separata dal sangue, mostravasi tratto tratto la febbre senza tosse e dell indole uguale, chè esisteva tuttavia nel sangue la trista impressione; però non doman- dava diverso trattamento . Durò tale febbre sino allo incominciare del 1680, tempo in cui scriveva appunto queste cose ; allora riapparvero le intermittenti delle quali abbiamo detto , che persistettero sino al principio del 1635 tempo nel quale vo com- piendo questa seconda edizione. Perocchè quan- tunque in Londra non discorrano tanto epide- miche come ne’ quattro anni primi, e sieno più miti, rimangono tuttavia altrove quali per lo innanzi. E n'è loro sì favorevole la costi- tuzione deli’ aria, che posso dire non aver a questi tempi veduta pur una delle continue,, tranne il mal metodo ne fosse cagione, o fosse una ‘qualche intercorrente, di quelle cioè che vengono ‘indifferentemente in tutto l anno. Nè sarà mai che s' elevano epidemiche le continue 35 che io chiamo depuratorie, finchè non scemi di forza questa costituzione. Nella intermittente la natura sembra invero soverchiamente s’ affretti, e per veemenza scorra più presto del convene- vole gli stadj della concozione, e quindi della evacuazione; altrimenti avviene nella depura- toria, chè non appariscono segni di cozione se non dopo 13 o 14 giorni, poscià o per sudori ‘© piuttosto per traspirazione abbondante ha luo- go l evacuazione della materia febbrile. Le . quali cose ben ponderate io son portato a cre- dere , le depuratorie degli anni 61, 62, 63, 64 altra cosa non fossero per così dire, che resi- dui di certe intermittenti, che già avessero dominato per una serie ď anni innanzi, a me per altro non nota. Perocchè mentre la costi- tuzione delle intermittenti andava declinando , sottentravano febbri più umorali, e terree, onde più lentamente avveniva, depurassero il sangue; mentre ne’ primi anni come veraci intermittenti soleano scorrere loro periodo colla massima celerità . Che se è così, parmi verisimile, questa depuratoria sia per ritornare , quando avrà scemato di forze la costituzione presente, e rimarrà finchè non ricompaja la peste. Re- gnerà ella, ma, yedrannosi pur tratto tratto. intermittenti, ed anco talora forse per breve tempo epidemiche , quando cioè una qualche manifesta qualità dell’ aria sarà loro favorevo- le. Se la corteccia peruviana apporterà in essa guarigione, come in quelle d’oggidì, io pro- priamente nol posso asseverare. Nella peste 36 3 però, e nelle continue epidemiche, che andran- no succedendo, non dobbiamo attenderne effetti differenti da quelli che vediam ora lei produrre nella pleuritide, nella peripneumonia, nell’ an- gina, e in simili febbri infiammatorie, nelle quali non che giovare, apertamente nuoce. Ma comunque ciò possa essere, tale sarà F ordine con cui si succederanno le malattie epidemiche, se pure la natura non ami serbare ordine di- verso da quello che tenne negli ultimamente scorsi 24 anni. Tali cose a un di presso m’avveniva d'os- servare nelle malattie epidemiche de’ recenti tempi. Intorno poi alla cura del reumatismo , di che voi mi ricercavate ben sapete come soventi volte ebbi a dolermi del non poterla compiere che traendo sangue molto, onde non solo un temporaneo abbattimento di forze , ma riscontrandosi in soggetti deboli per natura, e di tempra ‘delicata ne succede una disposizione ad altre malattie ; e puossi anche dopo anni dietro un colpo di freddo gittare la materia del reumatismo sw polmoni, o per altra ca- gione ancor più lieve puossi dischiudere la mala disposizione, che s’ ascondeva nel sangue . Egli è perciò appunto ch'io deliberai tentare, se vi fosse altro metodo in proposito; e conside- rando nascere questa malattia, come già al- trove avvertiva, da vera infiammazione, eui oltre l altre cose prova bastevolmente il san- gue tratto, similissimo al sangue de'pleuritici : venni in pensiero lei potersi debellare con uni 37 regime semplice; e di molto refrigerante , e mediocremente nutritivo, di tal guisa sarebbersi evitati gli inconvenienti. dell’ altro metodo . Però | non m'ingannai sostituendo , al salasso la dieta di siero di latte, , Nella scorsa state. venni chiamato presso uno Speziale mio vicino per nome Malthus , onest uomo, e di non ordinario ingegno , Era egli crudamente tormentato da un reumatismo di cui eccone i sintomi: innanzi tutto ebbe a zoppicare due giorni per dolore alla coscia destra, passò quindi l affezione ai polmoni, ed era il dolore gravativo, ed eravi dispnea, dopo due altri giorni scomparve ogni cosa. Ma co- minciò a dolere grandemente il capo , e tosto ritornò l affezione alla coscia, poi giusta sua indole corse le articolazioni tutte delle braccia, e delle gambe. Siccome era soggetto debole, anzichè no, e di secco temperamento , temet- ‘ti, non le copiose cacciate di sangue abbattes- sero interamente le già meschine forze, prin- cipalmente essendo la stagione di molto avan- zata „ e pareva dovesse sopravvenire l inverno innanzi venissero ristabilite. Perciò m'attenni al solo siero di latte, e volli per quattro giorni di niun’ altra cosa si cibasse che di quello; dopo i quali concedetti vi mescesse pane bianco al pranzo, eioè una sola volta al giorno, e ciò sino a- piena guarigione. Di tal guisa passò diciotto giorni, salvo in ultimo permisi un po’ di pane a cena. Prendeva egli il siero di otto libbre di latte, che preparavasi in casa, e da 38 cui erane bastevolmente nutrito! În seguito calmatasi ogni cosa, e già uscendo all aria aperta , lasciai, che cibasse carni o di pollo o d'altro di facile digestione. Però ogni tre gior- ni dovea passarne uno nel primitivo rigore, ed attenersi al semplice siero sino al perfet- tissimo ristabilimento . ‘In questo modo sfuggì quegli incomodi sunnominati, ne’ quali cadeva appunto dieci anni innanzi in virtù de ripetuti salassi, onde guarire dalla stessa malattia. Se qualcuno dispregiasse questo metodo -come rozzo affatto, e d’arte niuna, sappia ch’ egli non è proprio, che de’ piccoli ingegni lo spregiare qualunque cosa, solo perchè sem- plice, e facile. Io poi.son ben lieto di servire. al ben pubblico a prezzo anco di riputazione ; e dico pure, che se pregiudiz) di volgo non si frammettessero, non dubiterei punto estendere un cotal metodo ad altre malattie, di cui non ora piacemi far menzione. Certamente vorrebbe egli giovare a’ malati ben più, che non quella solenne pompa di rimedj , che mal $’ impiega in persone già presso a morte, come in vitti- me che si coronano ond esser quindi immolate. Che le cose poi credute vilissime , e di nissun pregio possono assai volte essere stro- mento di salute, e sirapparne da morte, pur- chè adoprate da sagace medico, e prudente, io voglio comprovarlo con un esempio, il quale quantunque straniero alla presente malattia, non è tale in vero allo scopo, ch'io mi propongo. Sono ormai due mesi, che un certo del mio 39 vicinato mi richiese; perchè vedessi un suo ser- ro, il quale per melanconia amorosa come poi seppi, avea tranguggiato non lieve dose di sú- blimato corrosivo. Era quasi corsa un ora dac- chè avea bevuto il veleno, quand'io arrivai, e già la bocca e le labbra erano grandemente tumide, e dolore violentissimo al ventricolo, e calore da cui pareva appena non consunto . Prescrissi sull’istante tre congj d'acqua tiepi- da da bersi il più celeremente, che fosse possibile, e quanta se ne vomitasse, altret- tanta nuovamente se ne introducesse ; nè bevendo soltanto, ma come prima i tormini ci avvisassero essere passato ìl veleno alle in- testine, raccomandai se ne introducesse una quantità per clistere. Tutto fe’ lo infelice digià voglioso di vita, e ne bevve ancor più che non ne prescrivessi. Gli amici accorsi in cotal caso seppero da lui, come le prime acque che vomitò , ‘erano grandemente acri saturate di ve- . leno, di mano in mano le furon meno, finchè poi divennero insipide affatto ; i tormini che gia muoveano, si calmarono co’ clisteri della sola acqua tiepida; e in modo sì semplice in- fra poche ore il malato si trovò bene. Erano però gonfie aneora le labbra, ed eranvi esul- cerazioni in bocca in virtà delle particelle ve- lenose di cui era pregna l’acqua che vomitava, le quali cose tutte stomparvero dietro una pura dieta di latte, continuata per quattro dì ..lo preferii l’acqua all olio, che da chi non sa viene stoltamente adoprato, e la preferii ad ogni i j i d ho altro liquore; perchè siccome maggiormente n'era il malato desideroso e bevendone assai mi pareva più atta a disperdere il veleno, ché non altro fluido o più crasso o già pregno di particelle straniere . | Ma ritorniamo al reumatismo . Comechè adunque il siero di latte convenga eccellente- mente a’ giovani, e a coloro, che menarono sobria vita, sarebbe egli da sconsigliato farne uso presso coloro, che sono inoltrati in età, o avvezzi da lungo tempo al vino e agli altri liquori spiritosi; chè soffrirebbe gravernente il loro stomaco e sovverchiamente raffreddato il sangue, aprirebbesi via all’idrope. In simile caso vuolsi attenere al metodo addotto al capo . quinto sezione VI delle malattie acute; quan- tunque per altro abbiami la sperieuza dimo- strato dappoi, essere meglio dopo il secondo o al più il terzo salasso, commettere la cura ai catartici e ripeterne sovente e perseverare in essi sino alla cessazione de sintomi. Basteranno eglino a cacciare la malattia, e non saremo astretti a una cotanta perdita di sangue, e si darà poi luogo a’ narcotici da’ quali altrimenti, comechè incrudelisca il dolore, vuolsi astenere fissando essi il male, sicchè difficilmente cede inseguito ai salassi. Lenitivi però sieno cotali purganti come tamarindo , senna , rabarbaro , manna e siroppo di rose solutivo, mentre nè la scammonea , nè la gialappa riescono i più espedienti eccitando tumulto , ed ‘esasperando il dolore. Ma ogni sera dopo l azione del ca- 4 tartico si appresi un’oncia di siroppo diacodio un po’ prima, che d ordinario non si suole. Piacemi qui però ricordare aver io osser- vato nella presente costituzione una certa affe- zione, che ora assomigliava al reumatismo , or alla colica nefritica riguardo al dolore cru- delissimo , che eccitava alla regione lombare; e siccome soleva essa, succedere alle febbri in- termittenti, parea, nascesse da trasporto di materia febbrile alle parti muscolari. Ruchiedeva. in tutto lo stesso metodo, che tale febbre ; e il salasso ripetuto, e qualunque altra evacua-- zione ľ esacerbavano e inducevano ‘a pericolo la vita. Ciò volli avvertire onde nissuno siane ingannato . Cotali\cose poteva io discoprire sulle ma- lattie di che a voi piacque. domandarmi ; son elle frutto d’ attenta osservazione: che se a voi non ispiaceranno , o potranno essere di giova- mento altrui, saranno compiuti i miei voti. Ad ogni modo sarò sempre lieto d’ avervi di tal guisa, giusta la piccolezza di mie forze, dato un saggio della stima infinita ch'io giustamente nutro per voi, t 42 LETTERA ‘DEL DOTT. ENRICO PAMAN ` A TOMMASO SYDENHAM. P er poi, o Uom chiarissimo, venne alla» Medicina lume grandissimo , grandissima utili- tà; voi ne deste una compiuta storia delle malattie acute, e la verace osservazione, e la fedele sperienza eranvi: guida , è v animava non il desiderio di guadagno , o di fama, ma sic- come onestissimo , siccome umanissimo, eravî sprone soperchio il solo bene de vostri simili . Jo, vo celando quello che desidero ; ma voi forse da lungi il comprendete, e lodando io ciò che fate, emmi pensiero indurvi a fare , onde vi ridondi novella laude. Per verità egli è oltremodo malagevole scrivere sulle malattie acute; e ciò, perchè sì rapidamente elle discor- rendo, ove non vi sù ponga presto freno , preci- pita ogni cosa, e viene irreparabile la morte: Ma vei però ne notaste ogni circostanza, asse- gnaste ciò che puolsi fare in ciascun loro pe- riodo ; opera certamente perfetta, a cui nulla si poteva aggiungere, se una maggiore non ne promettevate: parlo io qui delle malattie croni- che. Queste d altronde ammettono tregue, e puossì istituirne più sicuro esame , recarne più franco giudizio . 45 . Noî parlammo spesse volte insieme di quella infame malattia, la cui origine studiansi a vicenda i popoli Europei da se rimuovere e mandarla , onde meglio occultarla , ai lontanis- simi abitatori delle Indie. La lue venerea ella è il flagello de libertini, e pena degnissima della sfrenata libidine, stata forse a un cotal fine troppo tardi ascosa. Ned altro che senso -d'u- manità ed orrore al peccato, pare spingesse colui il quale desiderava non si potesse più di una volta guarire di questa malattia. Ma sic- come ne cade spesse volte la cura a’ ciarlatani, a’ barbieri ed a simili meschini uomini, i quali ossia per frode, ossia per ignoranza protrag= gono la cosa sì a lungo, e con tale dispendio, e con tale molestia de malati, che rendesi in- tollerabile la pita , e ben peggiore del male ne torna la medicina: io pertanto voglio farvi amica forza, ‘e voglio, manteniate la promessa, e vi priego, se avete qualche cosa compiuta su tale oggetto, volernela comunicare in caparra del restante . Vi piaccia esporre con quale metodo, con quali mezzi si possa meglio risa- nare; perocchè è la malattia per se stessa so- verchia punizione ; perchè il medico non la fac- cia peggiore . Sarà ella opera grata a moltissi- mi, e a me sarà che ne torni parte di gloria come colui alle istanze del quale voi I° avrete pubblicata . Lambeth 12. Febbrajo 1680. Enrico Paman : 44 l RISPOSTA È DI SYDENHAM. io opera voi denominaste il trattato; ch'io di recente pubblicai sulle malattie acute ; però ella è gentilezza vostra, è vostra amore- volezza. Voi dovete sapere chè ben altramenti io ne sento, e cotanto son compreso della mia tenuità, che niun’ altra cosa reputo aver fatto se non dimostrata la via, per la quale chi più di me fornito d ingegno camminando, possa investigare la storia e la cura di simili malattie . »Qual cote io son che fa tagliente il ferro Mentre al tagliar è per se stessa inetta« (1) E certamente ove si consideri la varietà, la incertezza, la delicatezza per così dire, della natura, e lo scherzare in queste malattie, sem- bra non essere da un solò uomo dipingerne i fenomeni, e darne il trattamento appropriato ; ma che dico io d'un sol uomo? dieci, che s'andassero succedendo per altrettanti secoli e d’ ingegno dotati grandissimo , e indefessi, e d’ una pratica immensa, potrebbero esaurire un cotale soggetto ? Tanto ic son lontano d esser giunto a cima dell’arte medica, o dal credere d’ esservi pervenuto . 4 penali fungor vice cotis, acutum Reddere quae valet ferrum , exors ipsa secandi. 45 » Con meco io stommi,e ben mio pocoio veggo (1) ‘ Per ciò che spetta alle‘ malattie croniche, la storia delle quali io vi faeea sperare di de- scrivere, cotanta voglia me n’entrò nell'animo, che non per altra cagione io desidero maggior- mente d’ allungare i miei giorni; ed ardo di potere in ciò arrecare ‘un qualche servigio all’ umanità. Ma ogni dì più m accorgo dell’ ar- dua intrapresa, e ne comprendo il periglio ; e tanto più che trovomi sprovveduto dell'ingegno a simile uopo necessario , e trattone il divino Ippocrate, e trattine pochissimi altri, mal puossi ricorrere per ajuto agli Autori. Im sì difficile «cammino, falso lume ci prestano , e guida fal- lace , onde al precipizio piuttosto ne volgono , anzichè dirigerne al ritrovamento del vero. Tutto è figlio in loro di vane ipotesi, parto di mal diretta fantasia, e sovr esse fabbricano la sto- ria delle malattie più che sopra la verità, e vi adattano quindi, lo che è peste rovinosissima , il metodo curativo . Cotanto regnano le: vane immaginazioni umane, cotanto è obbliata la natura! Pure ad onta di ciò, ove e vita abbia ed ozio, sarà forse che mi provi su tale mate- ria. Ora però onde conosciate di quanto sia . pronto in obbedirvi, ecco offrirvi come saggio dell’opera che vo meditando, questa breve dis- sertazione sulla lue venerea, e che finora sola ho pulita . ripristinare OO, © 0) SPE e C (1) Mecum habito, et novi quam sit mihi curta supellea A 46 E dico primamente, come è parere di non; pochi, non doversi insegnare la cura della lue! venerea; o ciò facciano al fine onesto di ri- muovere dalla colpa col timor della pena, 0 facciano per pompa di castità. Ma io penso al- trimenti, e credo, non vi sarebbe quasi più luogo. a reciprocità, di benefic] quando negassimo ajuto ne mali, che la imprudenza degli uomini richia- mò. A Dio spetta punire i colpevoli, a noi soc- correre gli Ma tormentarli con curiose ricerche sulle.cagioni de’loro mali, non con fa- stose censure, stoltissime, inopportune. Addurrò io dunque quelle cose che l'osservazione, e la sperienza mostraronmi in proposito, e ciò af- finchè non rendansi gli animi degli uomini peg- giori, ma perchè si risanino i loro-corpi, lo che è propriamente istituto mio . La lue venerea venne la prima volta in Europa dall’ Indie occidentali l’anno 1493. In- nanzi un tal tempo non era assolutamente munemente la si crede endemica a quel tratto d'America, dove dappria furono spedite colo- nie Europee. Io però sono d'avviso, lei trarre origine piuttosto da qualche contrada negra ‘ presso noi conosciuta. Egli è perciò, che co- ‘ confinante colla Guinea, mentre io so per mol- , tissimi de’ nostri ` e< degni di fede, abitatori dell’ Isole Caribbe , che schiavi tradotti di recente dalla Guinea, innanzi anco di porre piede a terra, senza che preceda accoppiamento impu- ro, vengono presi da questa malattia, a par di quelli che là vivono, sicchè talora ne ri~ z 47 mane infetta tutta una famiglia uomini cioè, e donne , e figli. Nè differisce ella punto questa lue dalla venerea in quanto ai sintomi, ché hannovi, e dolori, ed ulceri ec. avuto però ri- guardo al diverso clima, quantunque chiaminla con altro nome cioè The Yaws. Nè differisce in quanto al metodo curativo, chè riesce pure in essa a preferenza d'ogni altra cosa la saliva- zione mercuriale, che che ne si dica della straordinaria virtù dispiega e que luoghi loro natii dal guajaco, e dalla salsaparilla, la quale virtù credesi diminuire moltissimo pel lungo ‘viaggio. A me dunque pare verisimile , gli Spagnuoli, che i primi tradussero questa ma- lattia in Europa, abbianla cortratta dai negri comprati in Affrica, perocchè sonovi molti popoli confinanti colla Guinea , presso i quali avvi il barbaro costume di vendere uomini agli Europei, e può essere, che sia in alcuni di tai popoli endemica. Di qualunque modo però sia, ella ebbe a diffondersi in Europa di tal fatta, che se continuava colla stessa cele- rità che dapprincipio, infra pochi secoli sareb- besi distrutto il genere umano , o almeno sa- rebbe rimaso sì mal concio a divenire inetto alle funzioni della civile. società. Ma a guisa di que vegetabili che trasportati in straniera regione deperono, ella mal s’ adatta al clima europeo , e langue di di in dì, ed ha più miti sintomi. Allorchè discorrea novella appo noi tosto contaminava tutta la massa del sangue «i chi assaliva, e manifestavasi con crudelis- 48 simi dolori di capo; e degli arti, e con ulceri in (varie parti del corpo. Ma sono omai cento anni ch'ella apparve la prima volta sotto specie di gonorrea virulenta cercandosi di tal guisa una qualche sortita, e non avvi altro manife- sto sintoma , tranne in pochissimi un’ulceretta alle pudenda , indizio primo della malattia , il di cui virus ove non venga espulso per mezzo della gonorrea, infetta in un baleno tutta la massa del sangue. Propagasi la lue o colla generazione onde di tristi stami vien contesto l infelice bambino ; o col’ contatto di una qualche \parte molle, e s insinua la virulenza e la infiammazione en- tro il corpo, lo che avviene ne’ seguenti modi. Primo in via dell’ allattamento, quando o il bambino infetta la nutrice trasmettendole il malore pei pori delle mamelle, o la nutrice il bambino per la tenera bocca. Secondo, se giac- ‘ciono fanciulli ignudi appo persone contami» nate: perocchè quantunque ‘gli adulti avendo carne più ferma il facciano impunemente, i bambini di lasse carni, mollissime assorbono di leggieri il veleno, e ne vidi più ď una fiata infetti, chè dormivano presso gli infetti loro genitori. Terzo, per commercio impuro, e ve? la maniera più comune. Turgido in cotale cir- costanza il pene beve facilmente il veleno o da un ulcera , o da tina pustola venerea della vagina; e la donna può apparire allora anco sana, ogni cosa nascosa all indentro ; e il virus o viene ritenuto dall’ umore abbondevole di quel- 49 quelle parti, sicchè lentamente penetra il san- gue, e per mezzo de’ coli menstruali viene di spesso diluito, e fin a un certo grado elimi- nato. Io credo, che tosto ne venga presa la sostanza carnosa del pene che si corrompe, e s infiamma; e fassi a poco a poco ulcerosa: quindi distilla nell uretra una sanie quale, ve- diamo nella gonorrea. In tale credenza sono indotto da ciò, che io stesso vidi una simile materia trasudare dai pori del ghiande, e nulla ne usciva dall’ uretra, e non v era ulcere ve- . runo al ghiande, od al prepuzio. Ma penetrando | poscia più addentro investe il virus le ghian- . dole prostate, ed eccoti un'ulcere che le con- suma. Lo che si vede ben sovente ne’ cada- veri di quelli che muojono da questa malaztia: La lue venerea procede nel modo seguente. Il malato più presto o più tardi secondo che la donna era più o meno imbrattata, e secon- do anco la propria maggiore o minore capa- cità a ricevere il veleno, risente innanzi tutto un dolore insolito ai genitali con senso quasi di rotazione de’ testicoli, indi se non è circon= ciso apparisce su qualche parte del ghiande una pustola che assomiglia nella grandezza , e nel colore quelle del morbillo .. Tosto al‘na@ scere di essa stilla lento un certo liquore di somiglianza del seme, che però di dì in dì vi st va allontanando, e pel colore; e per la con- sistenza ; ingiallisce infine, ed è giallo un po’ più diluto, che non quello del torlo d ovo; ma ia caso violento inyerdisce , e si mesce a un Tom. 2. h . Bo | umore acqueo tinto assaissimo di sangue, La pustola diventa ulcere dapprincipio non dissi- mile dalle afte che assalgono la bocca de’ bam- bini, ella si dilata sempre più e fassi profonda s ed ha il dintorno duro -e calloso. Vuolsi poi avvertire siccome tale pustola di rado accom- pagna la gonorrea in coloro che sono circon- cisi; perocchè il loro ghiande e per essere esposto all aria, e pel frequente. attrito. de” pannilini indurendo diventa meno atto allim- pressione del virus. Ora cotali circoncisi di rado.hanno ulcere sul ghiande affetti dalla sola gonorrea , che nasce nel modo sunnominato; Ma sopravvengono , altri sintomi ,. e: svegliasi un grandissimo dolore nel pene all’erezione, ed «yvi un senso di costrizione , che; di notte sovrattutto incalza, appena incomincia il ma- lato a riscaldarsi nel letto; e questa costrizione dolorosa io la risguardo come il segno pato gnomonico di questa. malattia in questo stato b Incurvasi pure il pene contraendosi il freno: che distendendosi nell’ erezione giusta sua na- tura, genera un dolore. acutissimo ; ed avvi un ardore lungo il canale dell uretra ; il quale d’ ordinario appena si sente nell atto, che si evacua l'orina, e tosto dopo si fa intollerabile, la dove specialmente finisce l’uretra nel ghian- .de. Talora pel flusso continuo d'una. maieria acre assai, si corrode, si scoria l’uretra stessa, ed alle parti perdute ne sostituisce tosto la natura altre lasse, e spongiose, che crescendo ogni dì, e a poco a poco indurando chiudono 5i di tal guisa il condotto che n’ è tolta I uscita all’ orina . Queste escrescenze, queste carun- cole sono accerchiate da ulcerette, onde yanno vomitando un certo icore, e ne riesce som- mamente difficile la cura, ed è male più temi- bile della stessa morte. Non di rado poscia avviene, che la sanie in luogo di sortire , 0 sia per violento moto, o sia per uso di astrin- genti deponsi nello scroto, e nasce dolore atro- cissimo, e s accende infiammazione ; grande è il tumore or da un. solo lato, or da amens « due. -Intanto è, lentissimo il flusso, ma non minore l’ ardore all uretra. Questi sono i sin- tomi più comuni di questa malattia in questo stato . l ; Ma ogniqualvolta poi, o sia per diuturnità ‘ di malattia, 6 dimora del contagio nelle dette’ parti, possa questo penetrare nel sangue , @ sia che in virtù di uso inopportuno di rimedi astringenti ritenuta la -materia virulenta ven= gano contaminati gli umori, nasce la vera lue: In essa veggonsi soventi i buboni alle inguini, e ne costituiscono il primo, grado . Risentensi crudeli dolori al capo , agli omeri, alle brac- cia, a piedi tra gli interstiz) delle articolazioni; nè serbano ordine veruno, e vengono ad in- tervalli., Però gli è ben. {raro -che manchino di notte al calore del letto, e si vanno dissi- pando sul mattino , appariscono croste , ‘e furfure in varie parti del corpo, gialle. co- me il favo delle api, pel qual segno si pos- sono distinguere da tutte l'altre: Talora di più 2 larga superficie occupano varj spazj del corpo in quella guisa, che ne vien descritta la leb- bra; e quanto più si dilatano , è minore tor- mento . Tutti i sintomi inaspriscono a poco a poco, e i dolori specialmente fannosi in seguito sì crudeli, che non può il misero rimanere più lungamente a letto, e ne balza fuori, e corre inquietissimo qua, là per la stanza sino al sorgere del giorno. Flevansi tuberosità alle ossa del cranio, delle bràccia, delle gambe dette esostosi, che infine si cariano, e si cor- rompono, e sopravvengono ulceri fagadeniche, che consumano varie parti del corpo, e che incominciando d’ ordinario dalle fauci propa- gansi per la via del palato alle cartilagini del naso le quali distruggono tosto, ed egli cade. Di dì in di crescono le ulcere, cresce il'do- lore, e il malato strascina una vita peggiore d assai di qualsivoglia morte tra i tormenti, il fetore, la vergogna; caggiono infine a pezzi le membra, ed oggetto d orrore, e di pietà muorsi . Rispetto alla intrinseca natura di questa malattia , alla essenza di lei, nulla io ne com- prendo ,' se non per quanto ne possa apparire dai sintomi che arrecammo, come appunto non conosco l'essenza di una pianta, d'un anima- le. Chechè però ne sia, questo io so di certo, che l umore ong ella dipende. è sommamente infiammatorio, dal che un tanto ammasso di mali; e so pure, voler essere un tale. umore evacuato ; e con que mezzi, che la sperienza, 53 vera maestra in medicina, ne additò più con- venevoli ; mentre non ci è noto finora speci- fico veruno , che senza evacuazioni valga ad espugnare la lue. Nè vorrassi dar nome di specifico al mercurio ed a’legni sudoriferi, fiu- chè altri non ne adduca esempi di guarigione senza salivazione per la parte del primo, senza sudori pe’ secondi. E siccome dalla sperienza io. conobbi, qualunque altro sudorifero giovare ugualmente, che la decozione de’ suddetti : non dubito quindi che se si potesse ritrovare qual- che cosa o tra’ vegetabili, o tra gli animali di pari forza al mercurio in eccitar la salivazione, non fosse per valere medesimamente a risanare ľ uomo dalla lue venerea. Poichè questa ma- lattia rattenuta ancora tra i limiti della gonor- rea dista grandemente di quando, il veleno ab- bia contaminato la massa del sangue, appellata allora veramente lue; così altra evacuazione vuolsi, a cacciare la materia della gonorrea , altra, ad eliminare la lue confermata . i Per la qual cosa risguardo alla gonorrea, della quale primamente tratteremo , in quanto l’uso ne fe vedere, tutta sta la cura ne’ catar- tici. Col mezzo loro o si evacua ľ umor pec- cante, o si procura una diversione ne’ succhi naturali, che altrimenti andrebbero a pascolo del nemico. Quantunque però e la ragione, e la sperienza insegninmi, potersi vincere questa malattia con qualunque catartico spesse volte ripetuto ; pure a me pajono preferibili quelli che evacuano ‘la bile, e specialmente quelli TI è 54 che depnrano il sangue dall’ icore sieroso. È diffatto io mi ‘attenni talora ne’poveri, cui mal convengono spese, alla semplice radice di gia- lappa. Quando poi siavi violenza , ‘e infiam- mazione, ei purganti di che dobbiamo servirsi sieno caldi aggiungeremo una severa dieta re- frigerante. Ecco la mia solita prescrizione. R. Mass. pilul. cochiar. maj. drac. tres , extract. Rudii drac, unam , resin. Jalap. et Diagryd. ana drac. sem. cum s.q. Opobalsami fiant. pilul. e singul. drac. sex. Quattro sieno la dose da prendersi ogni mattino alle quattro od alle cin- que ore, sicchè diasi luogo a nuovo sonno, € ciò per dodici, o per quattordici giorni, o più, finché siasi diminuito l ardore d’ orina assai, finchè più ormai non sia gialla la materia che va uscendo . In appresso basterà prenderne la stessa dose a giorni alterni, e dopo quindici giorni potremo limitarsi a due sole volte per settimana, sino all'intera cessazione del colo, cosa che non suole avvenire se non dopo lun- go tempo. Però male estima il volgo credendo effetto di debolezza , e di lassezza di parti per soverchia dimora del contagio quell’ una 0 due gocce d'icore, che già cessato l'ardore di ori-, na e scomparso il giallore della materia, esco- no, sovrattutto di mattino premendo colle dita la sommità. del pene. E ben provano i mal accorti con grave loro detrimento essere avan- zo del contagio non interamente distrutto; men- tre alla più lieve cagione, come eccedendo per poco nel bere, o nel moto, od in altro si su- 55 scitan novelli guai, e ritorna la gonorrea, e ‘nuovamente incrudelisce. Vorrassi però insi- stere tenacemente sw purgativi sino alla com- pleta guarigione . Se dopo tutto ciò la gonorrea non cede , > sarà mestieri sostituire alle pillole un più pos- sente medicamento nelle persone singolarmente - difficili ad essere purgate. La seguente pozio- ne seppe talora sull’istante operare ciò , che invano aspettavasi da leni catartici spesse volte ripetuti. R. Tamarind. unc: sem. fol. sen. drac. duas , Rhei ‘drac. ùnam et sem. coq. s$. q. aq. in colat. unc. tribus dissolv. mann. et syr. Ros. solut. ana unc. unam, syr: de spin. cervin. , et elect: e succ. Rosar. ana drac. duas. m. f. pot. Che se la guarigione ritarda, diasi il turbith minerale ad otto grani, solo due o tre volte, e frappostovi tempo convenevole , perchè non nasca ftialismo. Questo rimedio è commende- vole sovra ogni altro in isradicare ľ ostinata gonorrea. O si potranno anco ` somministrare due volte la settimana le seguenti pillole . R. Pilul. ex duob. drac. sem. mercur. dulc. scrup. unum , cum s. gq. Opobalsami f. pil. quatuor, si prenderanno di buon mattino . . Ma interviene talora che il malato trovasi cotanto disgustato pel lungo uso de’ purganti, che più non può tollerare pur la vista, o l o- dore de’ medicamenti , e interviene anco in virtù di una qualche idiosincrasia resistere sì ostina- tamente a’ catartici, che non: potrebbesi cacciare ad ogni modo una bastevole quantità di mate- ite» pd cda 56 ria morbifica ; e intanto perdendo infruttuosa= mente il tempo si dà luogo alla lue, da cui appunto sono facilmente colti coloro, i corpi de’ quali resistono fortemente ai purgativi.. in tali circostanze vuolsi aver ricorso a’ clisteri e si compiono di tal modo le due indicazioni di evacuare l umore, di derivarlo dalla parte af- fetta. Che anzi egli è questo metodo. non di rado più spedito del primo, però secondo quel- lo che ne credo, non ugualmente sicuro ; men- tre l’altro quantunque per lunghezza nojosis- ‘ simo raechiude ben minore pericolo., non ri- manga una qualche parte. di contagio, che _risveglierebbe novelli tumulti. A ciò si oppor- remo facilmente, somministrando catartici per bocca ne’ giorni, ne’ quali non si dieno clisteri. To dunque tengo questa via :. prescrivo per due o tre mattine di continuo le pillole sunnominate od altre simili: indi ogni giorno di mattino ed alle cinque pomeridiane fo ap- plicare il seguente clistere sino al cessare di tutti i sintomi; però una 0 due volte la setti- mana lo tralascio somministrando un catartico, Ecco la formola del clistere. R. E/ectuar. e. suc. ros. drac. sex Terebinth. Venet- vitel. opi solut. unc. sem. dissolv. in aq. hord. lib. suna. Colai. adde Elect. diacathol. unc: duas . M.: f. Enema. Ciascuna notte poi sull’andare a letto do venticinque gocce di balsamo della. Mecca su un pezzetto di zuccaro . Questo balsamo essendo ‘una. certa specie di terebentina , li- quida d altronde , e pura, ne ha le. facoltà, e 57 e serve eccellentemente alla guarigione delle ulceri alle parti genitali. Però iu mancanza di esso puossi sostituire la terebentina di ‘Cipro da prendersi alla grossezza d’ una noce . Qualunque metodo io segua vieto ogni cibo salato , e di non facile digestione, come le carni di bue, di porco, di pesce, il for- maggio , le radici, gli erbaggi, e vieto le frut- ta, concedendo le carni di castrato, di vitello, di pollo, di coniglio ed altre cose facilmente digeribili. Però vorrassi esserne ben parchi, e. cibarsene solo. per quanto basti al non cader delle forze. Vietato il vino , e qualsivoglia li- quore spiritoso, od acido; atterremci alľ acqua bollita con un terzo di latte; solo puossi per- mettere a pranzo, e a cena poca quantità di tenue birra. Oltracciò onde temperare la in- fiammazione, e mitigare l'ardore di orina som- ministro una qualche emulsione refrigerante da bersi di frequente negli intervalli tra i pur- ganti p.e. R. Semin. melon. pepon. ana. unc. sem. papay. alb. drac. duas , amygd. dulc. ex- cortic: n. octo. Contund. simul in mortar. mar- moreo, sensim affundendo aq. hord. lib. un. et sem. Colatur. adde sacchar. crystallin. TeS- m. f. emuls. s __ Ne'soggetti fortemente sanguigni, e quando sia male ostinato, assai, dopo circa un mese di purgativi fo d’ ordinario trarre otto o nove once di sangue dal braccio destro .. Non amo farlo prima per tema, non il veleno si riyserri 58 nel corpo. Non curo le injezioni nell’ urètra , perchè od acri, od astringenti anzichè giova- re, nuocono: pure sul fine se ne può usare d’acqua di rose. : Sempre ebbe a riuscirmi un tale metodo, ned io finora ne conosco un migliore, special- mente in chi è di leggieri purgato. Nelle per- sone che vengono purgate difficilmente non è men sicuro , però si richiede lungo tempo as- sai. Quř vuolsi ripetere la cacciata di sangue, ed afforzare i catartici, e somministrarne so- vente, e perseverare di molto nell’ uso loro , oppure ricorrere a’ clisteri, come dicemmo. In questa malattia tutto sta nel purgare, e quì puossi asserire con verità, che bene risana chi bene purga. Fuggiremo le acque minerali, che io so di certo rattenere nel corpo le particelle contagiose mercè la forza loro astringente, e fertemente fissarle. Io le vidi spesse fiate pro- durre sul principio di malattia o nello stato de’ tumori allo scroto, sul fine generare sinto- mi peggiori come le caruncole, di che parlam- mo. Ciò dico francamente, quantunque oggidi sia costume prescrivere soventi volte le acque minerali . To non ignoro esservi alcuni pratici, che promettono prestissima guarigione mercè famo- sissimi rimedi; ma non ignoro pure, come. avviene troppo spesso ritenersi nel corpo la materia, che doveva essere eliminata, e ciò m virtù della forza astringente de’ rimedi , onde ne seguono mali assai, e passa il veleno alla 5 massa del sangue; ed eccoti la lue: Nè tn frutto maggiore, bensì con minore pericolo im- piegasi la decozione de’ legni sudoriferi, che hanno fama di specifici, perocchè riscaldasi di tal guisa vie più il corpo , e si fomenta la in» fiammazione , e mi ricorda anzi d'aver veduto ritornare quella gonorrea, che di già erasi dissipata . | Avvertiremo poi, che ove il ghiande sia pienamente ricoperto dal prepuzio, e questo abbia sì tumidi, sì duri, e callosi i bordi per la infiammazione, che in modo veruno dol si possa ricondurre, egli è vana cosa al tutto che altri tratti la gonorrea con purgativi, an- che fortissimi, e ripetuti ogni dì, quando a un tempo non si procuri ritornare la parte allo stato naturale togliendone la durezza , e il tu- more. À tale oggetto io prescrivo la seguente fomentazione. R. Rad. Altheae et lilior. ana unc) unam ct sem. fol. Malv. Verbasc. sam- buc. Hyoseyam. flor. Chamaemel., et Melilot, ana manip. unum , semin. lin. et foenu graec. ana uno. sem. cog. s. q. aq. font. si facciano fomentazioni alla parte affetta per lo spazio di un'ora due o tre volte al giorno. Dopo la fomentazione prescrivo , ungasi la parte con re- cente olio di semi di lino, e fo applicare l’em- piastro di mucilagine disteso su una molle pelle alle labbra tumide del prepuzio. Che se sopra queste o sul glande abbiavi un ulcere, onde a stento si possa ritirare il prepuzio stesso , pre- scrivo inoltre anche il seguente lenimento . R. \ trend -all ulcera dopo il fomento . 60 Unguent. Basilic. drac. sex, unguent. e Nice tian. drac. duas , Praecipitat. ag. Ros. lot. et optime laevigat. drac. sem. m. f. liniment. s ne impregneranno filacce, e si applicherann Ove poi, o sia perchè s’arresti innanzi tem— po la gonorrea , o sia pel soverchio esercizio ,, o per altra cagione venga a gonfiare grande— mente lo scroto, applico due volte al giorno) la suddetta fomentazione, quando non dimi- nuisca col cataplasma conosciutissimo d ossi-. crate, e di farina di fave. Ciò per l esterno... Ma non vuolsi intanto rimanere da’ rimedi in-. terni e si useranno I catartici, e i refrigeranti,, e si atterremo alla dieta prescritta di sopra 5; nè avravvi tema a trar sangue in qualunque» tempo, ove il dolore e la gonfiezza il domandi, , e si farà meglio dal braecio, che corrisponde: al testicolo tumefatto. Tali cose io poteva dire sulla gonorrea . Ma allora quando la malattia sia giunta a tale, che si possa chiamare vera lue venerea, o lue confermata, ecco mestieri d’ altro modo , e. di più possente rimedio. Finora io non ne conosco altro a ciò valevole, che la salivazione indotta dal mercurio, chechè abbiansi detto e dotti, ed indotti d’ altri metodi. La saliva- zione adunque essendo mezzo unico, a me spetta addurre ciò che la ragione, qualunque infine ella sia, e la sperienza mi additarono in pro- muoverla , e in governarla . Primamente io non comprendo punto, che 61 si voglia con que’ tanti avvertimenti di prepa- rare a dovere il corpo co’ purganti, co’ dige- renti p. e. col bagno o con simili cose , e in ispecie col salasso tenuto da alcuni a quest’ og- getto in estimazione grandissima. Qui a dir vero , si riduce tutto a procurare la necessaria salivazione, nè conoscendosi altro finora deesi ricorrere al mercurio. Ora io chieggo se sia meglio ciò fare a piene forze del malato, sic- chè egli sostenga bene l’aziene di questo me- tallo, o quando piuttosto sia egli spossate dalla dieta, e dalle evacuazioni. Certamente ogni uomo assennato crederà meglio, nulla intra- prendere, anzichè sì tristamente ; e ne appari- sce chiaro dall’ esperienza, ben più resistere alla salivazione coloro che non vennero in mo- do nissuno debilitati, di quelli che vennero nell'altra guisa quasi disarmati innanzi la bat- taglia . Ommessa dunque qualsivoglia preparazione come dannosa, prescrivo tosto l unguento mer- curiale composto di due once di grascia di por- co e di un’ oncia di mercurio crudo. Nè vi aggiungo verun olio essenziale ned altra cosa; chè ‘avviene di tal modo scemarsene la forza, o almeno non aumentarne l'efficacia ; e questi così detti correttivi se pure hanno opera, ella è forse la stessa, che spiegano aggiunti ai ca- tartici, chè eccitan tormini, sè oppongono al pronto effetto del medicamento , e lottano con lui. Però voglio che diviso P unguento, in. tre parti per tre sere di continuo il malato con 62 sue proprie mani vada ungendo e braccia, coscie, e gambe, non toccando le ascelle, le inguini, e difendendo anzi da qualunqu contatto il ventre. mercè un sottil panno di lana che ben l’accerchii. Dopo la terza frizion d'ordinario gonfiano le gengive, ed ecco l frialismo . Che se tre giorni dall’ ultima frizion nulla apparisca, prescrivo. otto gr. di turbith minerale nella conserva di rose rosse, e dietro al vomito, e dietro le dejezioni alvine dovrassii bere un bicchiero di siero caldo. Incominciat la salivazione vuolsi dal Medico dar opera x onde non ecceda, e vuolsi diligentemente farlo,; perchè. non avvenga; che uscendo di. limitii corra pericolo la vita. Giunto lo ftialismo all debito grado, ed è tale quando in ventiquattro» ore si mandan circa quattro libbre di fluido,, oppure data anche minore quantità, se vanno) dissipandosi i sintomi, lo che avviene ď' ordi=: ‘nario dopo la quarta giornata della salivazione ,, gli è d uopo cangiar di camiscia e di lenzuo-. la, avvertendo, che e l'una, eT altre deb-. bono aver servito un cotal poco dall ultimo, bucato. Necessario cangiamento egli è questo, mentre que’ panni primi lordi d' unguento fo- menterebbero di soverchio la salivazione, e più a lungo la manterrebbero , che per avventura non convenga. Ove però ella scemi innanzi scompàjano pienamente i sintomi, gli è bene rieccitarla mercè uno scrupolo di mercurio dol- ce dato in una volta. ; E qualche fiata interviene, sovraituito ne 63 corpi facili alle dejezioni, che dopo la prima; o la seconda frizione, quando cioè incomincia il mercurio a penetrare il sangue, voltosi que- sto metallo alle intestine, abbiansi scariche mu- cose, e tormini di ventre come. nella dissen- teria . Ciò è male, perocchè debbesi il tutto operare per salivazione. Allora vuolsi rimanere affatto dall'uso del rimedio ‘ed arrestare le de- jezioni, che d'ordinario avvengono innanzi ben si mostri la salivazione, con laudano liquido o con una dramma e mezzo di diascordio da ripetersi finchè n° è bisogno. Frenata la diar- rea suol avanzare nel debito modo lo ftialismo»- che dapprima appena appariva . i In. seguito dissipato ogni male; tranne rimangano alcune ulcerette in bocca prodotte dal flusso salivale , non vorrassi arrestare que- sto flusso che va di giorno:in giorno scemando o con. purgare o con altra guisa ; perocchè e’ può essere, che anche cessato il dolore, e le ulceri cicatrizzate ascondasi tuttavia entro il corpo parte di veleno presto a riaccender guer- ra, ove non vi si permettesse quest uscita . Ricuperata poi la salute, e già l uomo espo- nendosi all aria libera cessa il lieve flusso in- teramente per se. Per la qual cosa estimo io ‘perigliosa assai la pratica di deviare que’ resi- dui di ftialismo, o co’ purgativi, o colla deco- zione de’ legni sudorifici ; ciò suolsi fare sotto pretesto. di eliminare dal corpo il mercurio, o di correggere la malignità, e ne nascono sen- za dubbio le tante recidive, e dopo tante spe» va {O PN T TT T eglio mantenere lo ftialismo» na volta la settimana unai lolce , anche dopo ricuperatai talora per alcuni mesi . altro io. ciò voglia e può nel vigore della salivazione: vi on ommettere i purgativi; quando) cioè per mala amministrazione elevossi il flusso, a tal grado, che si ha a temere del malato .. Allora sarà mestieri ricorrere a un catartico ;, che vi ponga freno, e pervenuto poscia a punto) che possa essere sostenuto si abbandoni in seguito a se stesso . . Altri forse può domandare, se vogliam: essere contenti della sola salivazione, nè dopo» essa adoperare catartici, od altri rimedi soliti ad usitarsi ; ed io rispondo, che tranne l’anno-. verata circostanza, io non veggo, perchè deb- basi piuttosto purgare dopo la salivazione, che eccitare la salivazione dopo il purgare;; men- tre i purganti, que'sovrattutto tratti dalla scam- monea e da simili specie acri, lasciano nel corpo un non so che di malignità, che abban- doniamo alla natura, e che ella vince infine, ritornando il malato al solito regime di vivere, ai soliti esercizj; ed amerei sapere perchè mai cacciare gli avanzi del mercurio per tal via, e trascurare intanto, anzi impedire la verace , ed unica trascelta dalla natura cioè la saliva- zione? Cotali errori voglionsi attribuire alla miseria umana; nè potendo noi giungere alla ve- verità abbracciamo z F. » >» bbracciamo per le cose e le apparenze, e quindi 1 si confermiamo ne’ preg e nostre chimere voglian dimostrati . Di ciò se no gio bastevole , quello di í Le più volte compiesi | ora enunziata, colle frizioni. o nuate per`'tre noiti, aggiuntovi il t 2 MI nerale, quando la salivazione proceda lenta- mente, e il mercurio dolce quando innanzi tempo ella cessi; ma pure è a considerare es- servi taluni i quali per una certa idiosincrasia e” resistono tanto a’ catartici che difficilissimamen=+ te vengono purgati, e resistono al mercurio , che è grandemente malagevole svegliare salivazio- ne; cosicchè col metodo indicato appena produ- cesi qualche esulcerazione alle gengive, molto meno procurasi il necessario ftialismo. Qui vuolsi dal Medico grandissima circospezione, e sommo guai venne in ostinarsi in cosa cui la natura si ‘oppone, e chi non v'attese uccise malati non pochi. In così fatti corpi addoppiando la dose del medicamento o sia per frizione o sia preso internamente, avrai in vece della salivazione. tormini di ventre, e dejezioni dissenteriche, tentando il mercurio aprirsi una via per di quà; o appariranno dolori allo stomaco, deliquj e sudori freddi, ed altri terribili sintomi, sicchè il malato appena non morranne ; e talora pure sara, che ciò ‘avvenga. Ben può il Medico, \ veggendo dopo quattro o cinque giorni dall’ ul- OM. 2. 5 A lina Ted 66 tima frizione. il nissuno. effetto , ripeterla, € ripetere la dose del turbith minerale frappo- stovi però alcun giorno fra ciascuna frizione ; ma guarderassi poi bene, veduto pur vano un cotale tentativo, rinnovare la lotta: vi si op- pone la natura, e tu ne rispetta il volere. Però a me pare, debbasi tosto appena si risenta male di stomaco , o vengan tormini sospender ogni cosa, sino a che tai sintomi sienosi in-. teramente dissipati; mentre forzando, e vo- lendo ad ogni patto indurre salivazione succe- derà a tormini certissimamente la dissenteria, e dietro il male di stomaco verrà la morte. Al opposito indugiando, e somministrando una o due volte la-settimana uno scrupolo di mer- curio dolce, o solo, o con una dramma di diascordio, ove siavi disposizione alla diarrea, tutto alla fine tornerà in bene. Non sarà forse mai pieno ftialismo, ma il malato sputera ben . più assai, che non soglia e v avrà quel fe- ‘tore, che accompagna il flusso salivale, onde deducesi , e il sangue, e gli umori aver ac- quistato quella qualunque alterazione , o pro- ducitrice della salivazione, o nata con essa. Di tal guisa sarà che tu ogni cosa vinca, dopo però il dovuto spazio di tempo . | Ella è poi cosa degna d'osservazione , che mentre la salivazione avanza tutt altro rimedio nella cura della lue confermata , non ha vigore nissuno sulla gonorrea congiunta alla lue stes- sa, e questa vinta ‘appieno, rimansi quella ; certissimo argomento, non aver il mercurio 67 veruna forza specifica immediata contro questo malore, comechè ne racchiuda una mediata vincendo la malattia con promuovere lo ftia- lismo. Ora ogni qualvolta troveremo lue, e gonorrea insieme, vorrassi imprendere la cura di questà, o innanzi, o dopo la salivazione; e secondo quello che a me pare fia più sicura cosa, e più facile dopo; mentre esistendo an- cora la lue è men agevole a domarsi, e d'altra parte sembra che la preceduta salivazione la renda in certo modo più fievole. Però ti aster- rai assolutamente da’ catartici finchè esistono avanzi, comechè lievissimi, di salivazione. ; vor- rai piuttosto a maggior sicurèézza somministrare una o due volte la settimana una dose di tur- bith minerale, che promuoverà alquanto lo ftialismo , mentre a poco a poco uscirà la materia della gonorrea . Ma se vi avrà in qualche parte quel tu- more di ossa, che chiamasi esostosi, e tanto sia antico , ‘che già l osso venga preso da ca- rie, vana cosa sarà al tutto e la salivazione, e qualunque altro metodo per lue, quando in- sieme non si opponghiamo a questo male e vuolsi propriamente mercè il caustico denu- dare l'osso e procedere all esfogliazione co' rimed) a ciò usitati. Sovente addiviene, la sa- livazione generare ulceri: ove il malato non ne sappia tollerare il dolore, od ove tanta sia l’escoriazione che sorta sangue, vorrassi dila- vare la bocca soventissime volte, e di notte, e di giorno con acqua di rose damascene, o nd e nn nn —_——__ —-- 68 con latte misto ad acqua, o con decòzione d'orzo, di radice ď altea, e di semi di poma cotogne. Ciò è, per quanto io sappia, che solo avviene di : considerevole nel processo della salivazione, quando almeno sia giustamente condotta; e se fosse possibile difendersi in qualche guisa dal dolore, e dall’ esulcerazione , certamente la cura. della lne non sarebbe guari più molesta di qualsivoglia altra men famosa malattia . Rispetto alla dieta, e al rimanente del regime io penso , poter noi attenersi a quello, che, sogliamo fare, quando somministriamo purgativi ; finchè almeno non volga la saliva- zione verso fine. E siccome in tal caso basta che il malato si guardi dal freddo, e si pasca moderatamente di sostanze facilmente digeri- bili, io non veggo, perchè mai, debba qui, essere conficcato a letto, e rimanersi da un vitto discreto, il quale aggiunge forze onde correre l’arringo. E si videro non pochi vinti, e infievoliti da’ sudori , da’ purganti , da inutili digiuni, oltre il male indotto dal mercurio , morirsi infine miseramente di; consunzione; ed altri spesse fiate; cacciato il malore, non po- tendo ristabilire loro forze, caddero di debo- lezza, o scampando menarono giorni sì infe- lici ch’ egli era ben miglior cosa morte . De’ quali un moderno Poeta diceva : tf Più che il male non sia grave è il rimedio , Ne sì la vita ha pregio, che pur valga 69 Vivere ognor morendo (1). Ma qui torna al proposito rispondere ad un'ob- biezione : ond'è mai che alcuni, e nello stato ora detto, veggonsi astretti a passare in Francia a liberarsi da questa malattia ? Secondo quel- lo, che a me pare egli n'è ragione, il crasso aere, ed umido „d Inghilterra; perocchè male confacendosi a ristabilire le perdute loro forze trovansi assai meglio in quel clima, siccome più salubre, e più puro. Nè ciò interviene perchè là abbianvi Medici, i quali comechè per altro esperti, più di noi sieno valenti nella cura della lue, Ma per ritornar alla dieta dico, e l’espe- rienza me l’addita, che oltre i brodi d'avena, le panatelle, il siero di latte, la tenue birra intiepidita ec. si possono e si debbono conce- dere i brodi di vitello, di pollo, e simili a discreta quantità. E come prima ceda il tu- more delle gengive, sicchè si possa masticare si permetteranno, bensì parcamente , carni di coniglio, di pollo ; ‘di agnello .o d altro , pur- chè sieno tenere. Potrà eziandio il malato, o rimanere a letto, o seder presso il fuoco come più gli torna a grado; mentre debellandosi que- sta malattia per salivazione , non per sudori, non so immaginare, perchè senza bisogno deb- basi tormentare il malato con soverchio calore. ”"——tktrtoe Tee tI (x) Graviora morbis patimur remedia ; ‘Nec vita tanti est, viy:re ut possis, mori. r 70 Questo metodo siccome è sovrattutti spe- dito, non’ richiedendo tanti giorni @ inutile preparazione innanzi la salivazione, nè dopo astringendoci alle sì ripetute purghe, ed ai solenni decotti; così io sono certissimo questo essere di gran lunga più facile, e meno peri- coloso , e a un tempo più sicuro di qualunque altro. Amo, se ne facciano sperimenti di con- fronto. Per me il vidi presso moltissimi riusci- re, e pure presso alcuni, i quali ritornati più q una volta alla salivazione erano pur sempre ricaduti in virtù di ciò, che noi di sopra riportammo . Ma non gli è mio, pensiero, come ben po- tete immaginare, allucinarvi con raggiri di pa- role, e carpire di tal modo la wostra appro- vazione; voi da lunga pezza conoscete la mia probità, e vi compiacete farmi lieto della vo- stra estimazione . fo pertanto non dirò più; chè nè mi piacquero, nè giammai. saranno pér piacermi que tali avvolgimenti, onde meglio s'asconda il filo del ragionamento. Qual che si sia poi quest opuscoletto , io prego voi rice- verlo benignamente : spingeami da un lato il pubblico bene , spingeami; dall altro il desio di «larvi pubblica testimonianza della stima in che vi tengo. Vero è per altro,.che voi ne sarete sempre superiore, e l'immenso saper vostro , e gli intatti costumi, e'l dolce animo e schiet- to e tutte l'altre virtù , delle quali siete ab- bondevolmente fornito richiederanno e da me, e da ogn’ uomo che vi conosca laudi sempre ni crescenti, e maggiori. Non io v adulo certa» mente; allorchè affermo aver io riposto fin da’ ‘primi istanti tra le più care cose, e preziose ľ amicizia di cui mi onorate. Perocchè niente avvi al mondo, per quello ch'io m abbia os+ servato , di più esiniio , di più utile dell’ amici- zia dell uom virtuoso. Questo io raccomando caldamente al mio figliuolo , e vo all'opposito, ch’ ei creda nulla esservi di più tristo dell’ ami- cizia de' tristi , Ja quale piuttosto debbesi chia- mare congiura non avendo sua base nella vir- tù. Voi continuate a serbarmivi qual siete . DISSERTAZIONE EPISTOLARE AL sicnor Guorietmo COLE door IN MEDICINA Sopra recenti osservazioni intorno la cura del vajuolo confluente ; e sull affezione Isterica . o Jerrema pr Guerietmo COLE a SYDENHAM. E gli sarà forse, che vi prenda maraviglia , come to venga importuno a interfompervi nelle vostre gravi occupazioni } ‘spero però che voi mi terrete per iscusato , alloraquando intende- rete d'onde particolarmente a ciò fare sia mos- so. lo son mosso da gratitudine; chè tale fu il frutto per me ‘tratto dall eccellente vostra ` 12 f opera süllesmalattie acute, che mon posso non farvene ringraziamenti infiniti. Vostre osserva- zioni sulle varie costituzioni e degli anni, e dell aere sono. st esatte , tanto semplici , e vere le «indicazioni. che rinpeniste , cotanto. ingegno dispiegaste , che a ragione siamo: maravigliati d'una sì grande sagacità congiunta a sù inde- fessa fatica : però e medici, e malati ve ne sapranno eternamente grado . se gl | Comechè poi ogni cosa sia tale, che :vo- glia essere grandemente commendata ; io. deb- bo soprattutto. innalzare il vostro. metodo nella cura del vajuolo. Nè dubiterei punto, che mercè esso, una sì temuta ‘malattia’ fosse. per ispo- gliare sua terribile sembianza, e si collocasse tra le più facili a guarirsi ( eccetto vi si aggiu- gnesse malignità , o qualche insolito accidente anterpenisse ) ove meno: si. confidasse nella tur- ba. infestissima delle donnicciuole,, che. con loro regime caldo, e caldi medicamenti arrecano rovina tanta, e tanti innanzi tempo spediscono all’ orco. Per la qual cosa voi meritamente o uom dottissimo puolsi ascoltare, voi sì bene- merito dell umanità , e scorta fidissima onde ritornare alla pristina salute. Io per me, quan- funque..in. me stesso, nor. gran fatta fidassi , eredeva pure già da lungo tempos «che non essendo l'eruzione spajuolosa , che. crisi della Febbre, visi conveniva quel regime , il- quale conviene. alle alire crisi, in cui procedendo. la sosa bene, per. comune giudizio de Medici tutto si commette alla natura; losche-d' ordinario » 50) 4 qui appiene, salvo. siasi dapprima soverchia- imentevagitato il sangue. Ma poichè ebbi letto vostro aureo scritto; e conobbi y come era pa~ “nico timore quello che mi ratteneva e con meco altri assai, onde fatto più ardito , nulla cu- randove grida di volo y e grida di Medici posi vb». pratica i vostri insegnamenti : vidi tanto vantaggio ridondarne ; ch'io tir estimat felicis- simo d'essere divenuto posseditore di sè grande tesoro.» Incontratomi in vajuolo confluente , lo che a» dir vero m'. avvenne rado , non dubitai seguendo la vostra autorità somministrare © narcotici, contuttochè sembrassero i malati vicinissimi a morte: e n era oltre ogni credere felice l'evento. E tanto in questa parte sembra- mi, abbiate fatto, ch io crederei di leggieri , nè da altri, nè da-woi pure potersi aggiun- gere più, ove recentemente da un mio dottis- simo amico il Dott. Kendrik, che assai com- menda:le gentili vostre maniere, non mi si fosse detto , dot aver accennato, possedere osserva zioni novelle su ciò Da voi fatte non possono essere che utili sommamente, e voi, el uman genere cofffendereste. non pubblicandole : però se pur valgono preghiere d'uomo the non: cono- scete „ïo vi scongiuro ; non. vi sia grave darle a luce». Nè quì m arresto : seppi dallo stesso, che avete osservazioni rare sulle affezioni isteriche. Cotali malattie che stancarono i Medici di tutte, le età, e che per disavventura eludono troppo. sovente tutti î mezzi finora conoseiuti > 74 dano chiaro a divedere y come sia mai sicure) in cose fisiche soverchiamente fidare ne’ nostri raziocij :vuolsi ripetere la certezza dal testi- monio. de sensi. Voi poi. sarete grandemente: benemerito , e degli uomini presenti pe di que” che verranno , quando vi piaccia far noto ciò che in proposito osservaste: Ed io voglio , che crediate , piche il mio proprio bene; quello del pubblico me avere spinto a una cotale in- chiesta, ed amo, mi annoveriate fra que mol- tissimi , che. a voi professano la più ossequiosa amicizia.» vi o i mT Dr TERRY Tommaso SYDENHAM ` aL porr: Guermzmo COLE- SE r ni S. io tanto inchinassi al mio amor sg I che non temessi attribuirmi » laudi, le quali per verità non mi spettano , difficilissimo ora mi riuscirebbe contenermi da certo orgoglio , veggendomi così laudato da un uomo qual siete voi, celebre pur tanto per dotte produ- zioni, nè a me di persona conosciuto +Io però intendo tutto riferire alla vostra gentilezza l'onore che vi piacque compartirmi ; mentre tale suol essere costumanza de grandi uomini , trascorrere discreti sulle cose nelle quali altri scrivendo va errato, e innalzarne volonterosi quelle che riescono mediocri. Di ciò voi ora | 75 ne avete dato manifesta prova magnificando e me e le cose mie, le quali comechè tenui, pur sempre al pubblico bene ho dirette . Però io ve ne serbo gratitudine infinita . Rispetto a ciò che da me aspettate ecco come sta la cosa: parevami ravvisare de vuoti nelle. osservazioni sopra .il vajuolo ; e poichè una maggiore sperienza mi somministrava lumi maggiori, determinai giusta quello che sapeva, ripararvi; l’ affezione isterica poi credetti fosse degna. di. considerazione siccome . quella,- che dopo le febbri parmi essere la più frequente malattia, e sperava io d’ altra parte ,.quali pur fossero mie osservazioni, potersene trarre una qualche utilità , Confesso però, che non la sola speranza di pubblica utilità mi vi spinge- va; era q uopo eziandio ingannare lodevolmen- te il lungo ozio delle nojose notti d'inverno, mentre siccome d'età omai inclinata, non più mi si addicono le gioconde brigate. Ad ‘ogni modo ben m'accorgo, tali non essere mie forze, quali vorrebbersi all’ impresa , poichè omairvec- chio, e. già da lunga pezza podagroso , mal posso reggere a protratta applicazione. Ma giun- temi vostre lettere nmanissime vo’ racchiudere in breve come conviensi a risposta, quello , che già deliberava; diffusamente esporre . . Cominciando dal vajuolo dico primamen- te , che: quelle febbri intermittenti sorte come dicemmo, nel 1677 durarono sempre e dura- no tuttavia il presente anno 1681, e a guisa di tutte le malattie epidemiche' mon lasciarowo 76 giammai d'imasprire nelle stagioni loro’ pi favorevoli ; però ‘al sopravvenire di nemica, to sto: cedevano alle malattie proprie di questa ;; p- e. alle tossi, alle peripneumonie nell’ inver no; siccome anco ab vajuolo; ma al vitornan ;di primavera elle pur ritornavano. Di tal modo nel 1630 poich’ebbero in autunno fieramente signoreggiato , cedettero al ‘venir dell’ inverno» al vajuolo, che fu ben grande e feroce. Quest” anno (1681 apparvero al solito, ma non cotanto) epidemiche , ed erano illanguidite ; onde quà ,, la a un tempo vedeasi sparso il vajuolo : venne: la, state, e questo ogni dì andò crescendo ;; finchè. fattasi sommameute epidemico arrecò: strage immensa . ‘In simile circostanza io ebbi a pienamente: accertarmi di ciò che la ragione altra volta. pareva» mi persuadesse , non doversi voglio, dire astringere a letto di continuo il malato ,, innanzi; dienst ‘a vedere tutte le pustole : pe- rocchè. essendo state fuor di credere asciutte , e la primavera, e la state, sicchè era ogni cosa inaridita, mancava al sangue quell’ umi- dità, che. soleva dall’ aria provenirgli, onde accendevasi. maggiore infiammazione , e tutto oltre. modo inaspriva. Di quì siccome, io pen- so, l'apparire di macchie purpuree soventi volte innanzi il compiersi dell’ eruzione ; ed alteravasi il sangue , ed arrivava morte avanti purê la dovuta espulsione della materia mor- bifica ; A ciò massimamente conduceva il farsi un cotal vajuolo sì di leggiéri tonfluente , av- enendo per sola intemperie dell’ aria, quello, e d ordinario suol avvenire per opera degli ignoranti , e de’ tristi Medici con loro. regime caldo , e co’ cardiaci. Tmperciocchè non v ha dubbio, constando per le migliori osservazioni , il maggiore, o il minor numero di pustole costituire il maggiore o il minor pericolo . In- tanto vuolsi confessare, che e le orine san- guigne , e le macchie purpuree indiz) certissi- mi di morte appariscono talvolta innanzi ogni eruzione, o quando appena comincia, cosicchè talora queste compagne del vajuolo confluente invadono sì precoci, che n'è spento l uomo come già abbiamo detto, avanti si compia l’ eruzione . za | E° agevol cosa secondo quello che a me pare dar ragione d’un simile rapporto tra il pericolo , e il numero delle pustole. Ognuna di queste non è dapprincipio, che un piccolo flemmone, il quale poi diventa ascesso : egli dunque non può non essere, che la febbre secondaria di suppurazione non sia più o meno violenta giusta la quantità di pus. Nel con- fluente più mite avvien ella in undecima gior- nata, in decima quarta nel mediocre, nel più truce, e terribile in decima settima. Perocchè vuolsi notare, che in quella guisa, nella quale il vajuolo confluente supera il distinto, come quello vien superato dalla peste, così in que- ste tre specie di confluente le une adunano maggior pericolo delle altre. Oltracciò vorrasgi por mente all’ età , al sesso; mentre ‘ognuno 78 sa esservi più a temere in giovane nel fior degli anni, che in donna, © in fanciullo. Ma ciò sia detto di passaggio . | Nè sarà credo io, che altri debba mara— vigliare, dipenda un tanto pericolo dal numero» maggiore delle pustole, quando si consideri! quello che accade nell’ ordinario flemmone . Sii suscita mai sempre febbre al tempo della sup-- purazione , riassorbite dalle vene le particelle» purulenti, e recatesi nel sangue. Onde veden- do il Medico ne’ primi giorni la faccia dell malato sparsa tutta quasi di ‘polvere di lima- tura d’acciajo potrà predire morte, la quale: avverrà in qualcuno de’ giorni mentovati, e ini virtù delia febbre secondaria violentissima mercè: la quantità grande di pus, di che il sangue. per le innumerevoli pustole suppuranti viene. impregnato . Ciò sarà facile prevedere, ancora. chè il malato asseveri, se non aver male, e il sembri pure agli astanti, siccome di sì fatte cose inesperti . Pertanto, se non per altro si corra perico- lo, che per cotale copia di pustole ( lasciate le macchie purpuree , e le orine sanguigne ), vuolsi attentamente esaminare per quai cagioni escan elleno sì numerose, e dove lo si possa sicuramente, vuolsi con ogni modo adoperare a impedir tale uscita. In ciò sta la somma delle cose; con ‘ciò recasi il maggior ajuto al malato, ed ha seco periglio infinito ogni in- trapresa dappoi, compiuta l'eruzione, e se avviene, si scampi da morte, nol dessi all’ ar- »” te attribuite, ma piuttosto a qualche larga epi- stassi, o a qualche altro fortuito cangiamento . Parmi poi, che una sì abbondante eruzione provenga dallo assimilarsi troppo repentina- mente la materia vajuolosa; lo che accade massimamente o per temperamento di sover- chio caldo, o per essersi il malato fitto a letto innanzi tempo o per uso inopportuno di car- diaci, di liquori spiritosi. Cotali cose fanno il sangue più capace all impressione della ma- lattia , e abbonda la materia, ed avvi numero non credibile di pustole . | Però niuna cosa forse più vale a far ciò, che l entrar in letto innanzi tempo, innanzi voglio dire al sesto dì dall'invasione, o innanzi al quarto inclusivamente dall’ eruzione. In que- sto tempo ella è compiuta, nè più voglionsi aspettare nuove pustole. E quantunque il ca- lore del letto anche moderato possa pur dopo tali giorni contribuire a destar frenesia, ve- glia, ed altri sintomi , vincesi ogni cosa mer- * cè gli appropriati rimedj ; mentre all incontro vana riesce ogni opera in quel grandissimo pericolo , che sovrasta all’ undecimo giorno nel caso summentovato di numerose pustole . Avvertiremo dunque, non si ponga il ma- lato a Jetto-infra il giorno sino al sesto sulla sera, e proveranne grandissimo bene. In se- guito non potrà a dir vero rimanerne, ove siavi gran copia di pustole, e per la molestia mol- ta, ch elle producono; e perchè mal forse reggerebbesi per la moltissima propensione al da 80 deliquio . La qual cosa meco assai fiate siderando parvemi vedere; che la natura ella stessa ne facesse accorti del tempo convene- vole allo affidarsi a letto. >~ Spaar a Ma, e perchè apparisca se vero sia quello cli dico ; e che reputo di tanta importan scemare il pericolo sovrastante, e perch s abbia una guida nel decorso di questa malat- tia, avviso, non ‘sia per essere fuor di pro + sito farne rithis , esaminarne accuratame nte la natura , onde poscia appoggiati a fedeli os- seryazioni , anzichè a incerte opii ion pre “chi meriche se ne: possa. ‘chiaramente giadicare . E. parmi innanzi’ tutto , l pagar del’ val juolo , per, cre almeno ‘nostra veduta può giungere 1 ssenza de sè: Man ist in una partico í sangue, ove la natura. prim ] ‘trita a prepa- rare le tia > v e'‘‘più agevol- mente i pon Arr r l’intorno del cor- po. Svegliasi allora gran tr ulto‘, e ne avviene per necessità febbre ; anzi discorrendo ' cotali molecole per la massa del sangue generano . mali di stomaco , lancinanti dolori di capo , e gli altri sintomi; che precedono l'eruzione, secondochè all una , o all'altra parte vengan elleno sospinte . Ma poichè alfine tutte furono cacciate alla superficie del corpo } ecco com- piersi alla cute quello che dianzi cominciava nel sangue, e siccome la natura a liberar il sangue ‘da materie estranee suscita mai sempre la febbre , a liberar la cute $ appiglia alla via | degli g 81 ascessi; così ove vi si impianti o spina od altro tu vedi ben presto sopravvenirne all in- torno un ascesso, tranne subitamente non si ‘estragga. Ora coteste particelle vajuolose. fitte alla cute producono primamente de’ piccoli flem- moni, che tosto aumentando ; e vieppiù s’ ac- cendendo generato pus fannosi ascessi. Allora non può non essere che parte di detto pus non venga per le vene assorbito, e trasportato quindi nella massa del sangue. Che però ove ne sia soverchia copia, non che muover feb- bre, alla quale mal può resistere il malato, ogni cosa come per veleno riempiesi di corru- zione. Ma non è qui tutto, e v'ha peggio ; perocchè mercè l intensissimo calore febbrile dal pus suscitato arrestasi innanzi tempo lo ftialismo , ch’ esser debbe compagno indivisi- bile del vajuolo , onde ecco nascerne strozza- mento. Che se ne sarà lieve quantità , lieve fia il vincere la guerra , e di dì in dì disec- cheranno le pustole , e in breve avrai salute. = Se ella è vera ed esatta questa storia del vajuolo ,.gli è mestieri ben esser cieco a non vedere, come tutto dovrà dipendere dal trat- tamento de’ primi di. Perocché, ove si faccia uso di rimed) caldi, e si astringa sovrattutto il malato a rimanersi ostinatamente a letto , inasprirà ogni cosa, e vieppiù infiammerannosi le già infiammate particelle , quindi più preci- pitata assimilazione. Aggiungi, che il sangue, e gli altri umori di soverchio riscaldati cedono più facilmente all’ impressione delle particelle Tom. 2. | 82 morbifiche , ond’ escono pustole più che now era della cosa , onde gravissimo pericolo. All’ opposito egli è da un regime mediocremente refrigerante e dall’ uso libero dell’ aria, che si raffrena la forza, e il fervore delle dette par- ticelle, si condensano, e si fortificano gli umo- ri, perchè meglio resistano alla malattia, e ne sostengano l impeto, quindi n° emerge non maggiore l eruzione, che si convenga all in- dole della malattia. Ma nè ciò solo interviene a chi innanzi tempo si danna a letto ; nasce pur anco spessissime fiate e il flusso di san- gue dalle vie orinarie e nascono le macchie purpuree specialmente in estate, e presso gio- vani vigorosi. Parmi, entrambi tai sintomi provengano dall ardore, dal furore, in che è gittato il sangue, sicchè attenuato sforza i vasi, e produce il flusso suddetto sforzando que’ de reni, e produce le macchie purpuree sforzando le estremità arteriose alla cute ,:na- scendo altrettanti sfacelli laddove il sangue stravasato coagula. A’ primi di ben vi potrai riparare ( ed essi appunto allora appariscono ), mercè un regime refrigerante ; però quando la cosa sia per poco inoltrata, lo. stringere il malato a letto, somministrar cardiaci egli è il medesimo; che aggiunger fuoco a fuoco . Ma a dir il vero, ed altri pur s’ offenda, o sia dogmatico , o sia inesperto , quindi giu- dice insufficiente, non solo è mal sicura ne’ primi dì la dimora a letto, ma talvolta è pur mestieri esporre il malato all aria libera , se 9 83 sia stagione calda cioè; e il soggetto nel fiore dell'età, o avvezzo a’ liquori spiritosi , spe- cialmente ove ne sia cagione il soverchio bere . In questi casi io credo, non abbastanza po- tersi raffrenare l eruzione, col rimanersi dal letto, e da’ cardiaci; perocchè il sangue fervi- do per se stesso di troppo, è d uopo, che violentemente si agiti, ed è sì grande poscia eruzione , che per la ridondante copia di pus, la quale sul fine rientra nel sangue, conviene, il malato muoja . Avvien pure non di rado essere la cosa sì esaltata, che muorsi sino dal cominciamen- to; quando cioè la materia morbifica , e per la quantità smodata , e pel movimento srego- lato e confuso del sangue, non può sbarazzar- si, ed uscire; ed appariscono invece le orine sanguigne , e le macchie purpuree ; la qual cosa occorre talvolta anco ne morbilli, e nella scarlatina volendo eccitarne fortemente, e mal a proposito F eruzione. Nè il salasso per quello che a me sembra, quantunque fatto ne’ primi tempi, sa al pari | | reason srl dentarie dell’ impressione dell’ aria frenare la precipite assimilazione della materia vajuolosa, e sovgąt- tutto , se tosto dopo pongasi il malato .a Left, e faccia uso di caldi medicamenti » mentre di tal guisa il sangue si fa più capace, che dian- zi alla impressione del calore. E dico ceme una giovinetta, la quale di recente era guarita da un reuma mercè reiterate emissioni’ di sangue , venne sorpresa dal più tristo vajuole O 84 E confluente, che io mi vedessi giammai, e ne fu morta all undecimo dì. Allora primamente conobbi contra ciò, che dapprima avvisava , non essere sì valevole il. salasso a ritenere l eruzione fra giusti confini. Vidi però spesse volte i ripetuti purgativi dati sul cominciare del male aver prodotto grandissimo effetto , ap- parendo vajuolo lodevole €. distinto . Ben io so come assai cose mi si potranno opporre, e di assai peso presso il volgo , e. presso coloro, che non sono guari sperimen- tati. A tai persone suole appellarsi la turba, de Medici, onde con tale autorità dar forza ai. mal basati teoremi; e a vero dire son cose alla corta volgare intelligenza ben più acconcia, di quello nol possan essere pensamenti d'’ acri. ingegni, e profondi. Egli è da ciò che, sicco-. me il più degli uomini non giungono a pene». trar delle cose oltre la superficie, e pochissimi; all incontro arrivano addentro ,, e discoprono, la verità, cotesti saccenti ben di leggier? ot-. tengono vittoria; mentre i migliori son fatti segno alla calunnia, alla maldicenza. Però lieti, essi del vero che conoscono , e dell approva- zigne de’ pochi saggi non ne fanno conto ve- ro - Si opporrà primamente’, il rimaner fuor: di letto ne primi di nuocere all’ eruzione, e: protrarsi quindi que’ sintomi che dipendono, dall’ esser essa impedita. Io nol niego , peroc-. «chè la sperienza tutto giorno, cel fa vedere :' ma vuolsi domandare, se siavi maggior peri. colo in reprimere un poco la materia vajuo-. 85 losa, e protrarre intanto per qualche tempo i suddetti sintomi, oppure in fomentare il ma- lore, e procurare di tal modo una sì grande quantità di tale materia, che il malato venga tradotto all orlo del sepolcro in undecima gior- nata per febbre secondaria. Se: avverrà , che bene si consideri apparirà chiaro, io credo, pochissimi morire per più presta ;,,0 più tarda uscita delle pustole, tranne sien persone, lo cui sangue smodatamente riscaldato non per- metta una placida secrezione della materia morbifica ; e ciò appunto a.me giova. Peroc- chè non è a temere che nulla per noi facen- dosi, la materia del vajuolo (la.quale in que- sti primi giorni, quà e là trasportandosi su- scita gravissimi, sintomi ,, e var] ,,, secondo le varie parti che attacca; onde vomiti enormi, e dolori ec. ) non possa essere alla fine debel- lata dalla natura vincitrice, e spinta alla su- perficie del corpo ;.specialmenie quando l’alvo „fino ja quì d'ordinario serbatosi chiuso, ne pro- mette una certa, benchè tarda eruzione. Ma all opposito- che non avvi di, pericolo volendo forzare la natura ? Lungo , sarebbe. percorrerlì tutti cotai pericoli; di già ne accennammo i principali, e sono: primo , la soverchia copia di pustole dal che una corrispondente febbre se- condaria: secondo , le orine sanguigne e le macchie purpuree , e luna cosa e l altra na« scenti da stravaso di sangue che oltre il do- vere attenuato, e bollente rompe i vasi, ed esce per dove meglio può: terzo come dicem- 86 ; mo, la intera soppressione di ciò che appunto intendesi promuovere, cioè l eruzione. E qui non altramenti compiesi nostra veduta che se qualcuno volendo , ordinatamente uscisse gran turba d' uomini racchiusi in larghe stanze, tutti spaventasse con quel rumore , che fa la pol- vere da cannone incesa; n’ avrebbe folla alla porta, e ognuno incalzando ne verrebbe im- pedita la sortita . Che se altri mi chiegga, perchè mai in questi primi giorni non possa farsi la dovuta secrezione di materia morbifica mercè un mo- derato calore del letto, come guardandosene interamente , io domanderò lui se non sia egli cosa per esperienza conosciuta, ben più aversi caldo giacendo a letto d'inverno, in camera senza fuoco, moderatamente coperti, di quello che starne fuori nella stessa stanza, quanto più puossi vestiti. Che se di ciò si- convenga , io ricercherò poi quale de’ due me- todi sia più espediente a reprimere la sover- chia agitazione del lievito vajuoloso, meta alla quale secondo quello che mi pare, debbe il Medico sul cominciamento della malattia vol- gére ogni cura; e più, 0 meno da essa sco- sterassi, e più, o men male sarà per tornarne al malato . i Però una circostanza suole allucinare i meno cauti: veggon essi certa tendenza spon- tanea a’ sudori; questi mercè la dimora a letto scorrendo a lungo, e copiosi scemano di molto il calor febbrile, la qual cosa non avviene 1 87 coloro che non sudano. Ma vuolsi esaminare s’ egli sia poi da doversi cotanto adoperare âà frenare la febbre quand’ ella è stromento tra- scelto dalla natura, onde preparare ed elimi- nare poi qualsivoglia materia morbifica rac-. chiusa entro il sangue.’ Ora ciascun vede, come così facendo si sforza all uscita un umo- re crudo ancora, e inconcotto, a guisa ap- punto di un frutto precoce; e cogli stessi sudori si dà moto in seguito a febbre ben maggiore: perocchè spogliasi di tal modo il sangue di serosità , che e questo diluiva , e le particelle morbifiche ; onde fatte libere più vi- gorose diventano, e feroci. Insomma l' alle- viamento della febbre, e degli altri sintomi in virtù de’ provocati sudori, e della consecutiva sortita immatura delle pustole tornò alla peg- gio a moltissimi, i quali perciò appunto in undecima giornata cangiarono la vita colla morte . E dessi osservare ch'io solo vieto il ri- manere a letto ne primi giorni quando sup- ponga vajuolo confluente; mentre ove di certo il prevegga di genere distinto, lascio a grado del malato lo starne , e l uscirne, chè ad ogni modo il fa sicuro il poco numero di pustole. Pure non io in me stesso sì affido, che pensi, doversi credere ciò che diceva sulla sem- plice autorità del mio giudizio, il quale ben ny accorgo quanto sia scarso, E per verità sempre estimai sì poco ferme, e di sì poco peso le opinioni degli uomini, quali pur fos- 88 sero, che tengo sospette anco le mie ogni qualvolta sieno in opposizione colle altrui : onde ne sospetterei. pure adesso se osserva- zioni pratiche nom. men facessero certo. Da queste sole voglionsi trarre nostre deduzioni ; in altra guisa ciò che ne sembra ragione non ne sarà per avventura, che ombra ; ecco la mera opinione .-E .veggo tuttodì quanto sia pericoloso anche per uomini «d’ingegno acutis- simo forniti l abbandonarsi all’indagini in qua- lunque arie, in. qualunque scienza senza l ap- poggio de’fatti; e cotali magnifici opinanti dirò con Cicerone, nelle controversie puramente spe- culative sono per spazj-infiniti, ed oltre ogni credere lontani dalla verità. AI opposito chi nella sperienza. soltanto affida , quando pure gli av- venga talora ingannarsi , tosto lei consultando si ripone sul dritto sentiero; ch'ella.è la vera pietra del paragone. Quiadunqne non sarammi lecito osservare qual regime faccia vajuolo più mite, o più erudo; e giusta quello che appa- risce determinarmi ? Avesse. altri ‘istituiti me- desimi sperimenti che io! Ma è pur la in- giusta cosa; che coloro i quali non mai pro- varono , se nuocaiz o se. giovi im questa ma- lattia il rimanersi di giorno: dal letto osino siraziarmi come mentitore. Che se tale fosse stato il procedere inaddietro verso quelli che vere cose, benchè nuove comprendevano , niu- no più avrebbe tentate discoperte utili all uma- na generazione. Io poi come vorrei espormi a tante molestie se la quotidiana esperienza nom 89 mi accertasse della grande superiorità del mío metodo sul volgare, nè sono sì stolto , che vo- glia procacciarmi fama combattendo l’ opinione di chi ove io vincessi mi si aggirerebbe d’intor- no rispettoso; nè persona potrà credermi sì maligno, che ami fabbricare insidie alla vita y . . . . 2 . non che degli nomini presenti, ma de’ futuri : | imorridisco a parlarne. Chechè ne sia 10 gua- rii di tal guisa, e miei figli e miei più con- giunti, e qualunque uomo si commise alla mia cura. Se per avventura errai egli fu in cedere talora all’ostinatezza degli oppositori, onde non apparissi irremovibile, del che io chiamo in testimonio chi meco visse famigliarmente . Ma il sommo della sfortuna si fu lo iucolparmi talora del tristo esito presso soggetti, ne’ quali tutt’ altro erasi fatto, che il da me raccoman- dato, e propriamente morivano pel soverchio | riscaldamento, che ad onta di quanto io dice- va, procuravano gli amici, e le donnicciuole assistenti. Onde venne lo estimarmi lietissimo , non essere chiamato presso chi giaceva per vajuolo . Di Non io negherò, che di qualunque modo Jo si tratti riesca talora confluentissimo, quin- di avviene, lui sempre essere pericoloso ad on- ta di tutto quello che per noi puossi fare, onde alleviarlo. Però appoggiato a lunga spe- rienza dico, assai minore rischio corrersi da colui, il quale dimori fuor di letto ne’ primi di, e si astenga dalle carni, ned altra bevanda Sı permetta, che tenuissima . Imperocchè, co- tas ` S me. o me già sopra dicemmo , limita questo metod d'ordinario l eruzione, e limita quindi la febbr secondaria, la quale e per se stessa, ed arrestand subitamente la salivazione di che a lungo nell storia di questa malattia parlammo, arrec l estremo fato : oltracciò prevengonsi le orine» sanguigne , e le macchie purpuree, due sinto mi, che mostransi ne primi dì, e soventi fiate» innanzi ogni indizio di eruzione : ciò suol pur: avvenire ne morbilli, nella scarlatina, e in al- tre malattie acute provenienti da grave infiam- mazione. Ommetto il sollievo grandissimo che; prova il malato ogni qualvolta tolto dal, letto) esponesi all aria, e ogn’ uomo , che io ebbi a trattare liberamente m’ ebbe perciò a rendere: grazie infinite, come se coll’ aria avessi lui, donato la vita . Onde mi venne più fiate il pensiero , ciò che per noi credesi ragione ingannarne più di spesso, che non facciano i sensi, e doversi talora concedere alle intense brame de’ malati, purchè non appieno sconvenevoli e interamente rovinose , più che non si conceda alle incerte regole e fallaci dell’arte medica. P. e. un uomo preso da febbre ardente chiede istantemente gli si permetta in copia di qualche bevanda refrige- rante; invano: perocchè in virtù di sua teoria proponendosi il Medico un tale scopo cui mal conduce simile bevanda, vietala al tutto, e ne prescrive invece una contraria, una cardiaca . Così abborre egli tutte sorta d’ alimento : e il medico, e le donnicciuole sovrattutto assistenti, QI e gli amici vi si oppongono interamente, e vogliono*dar mangiare. Un altro malato som- mamente languido dietro simile cagione do- manda qualche cosa inopportuna, e che ne pare, debba nuocere; eccoci a vietarla tosto incolpandola qual cagione di morte , tranne a fondo si comprenda quel sano aforismo ď Ip- pocrate »un cibo, una bevanda un po’ men convenevoli, ma pure graditi voglionsi ante- porre a miglior cibo , a miglior bevanda, ma disaggradevoli«. In tutte queste apparenti aber- razioni della natura qualunqu’ uomo anche non grandemente versato nella pratica medica, pur- chè vi ponga mente, dovrà di leggieri confes- sare, non pochi meglio essersi trovati, dispre- giato il consiglio del Medico seguir loro in- clinazione . Nè persona vorrà qui di ciò fare maraviglia quando consideri, tutto dal sapien- tissimo facitore supremo di tale guisa essersi ordinato, che siccome in natura la massa de’ mali cospira mirabilmente all’ armonia dell’ in- tera opera; così ciascun male particolare può per certo divino intrinseco artificio essere ri- mosso; lo che apparisce in assai malattie acu- te, le quali per se vanno felicemente a finire ( dico dell acute che le più volte vengonci da Dio, come le croniche da noi medesimi ) ed apparisce anco in queste inclinazioni , le quali sottraggono i malati alla rovina che loro ap- presta l arte quando da stolti esercitata. Ciò ben tornava all’ uman genere, mentre, che ne sarebbe avvenuto allora quando ľ arte medica 2 era racchiusa nella sola Grecia, sì piccola par- te rispetto. al mondo tutto ? e che ne avver-- rebbe ora, tante regioni, e d’ Affrica, e d'À- sia, e d America, e della stessa Europa noni fornite di chi professa Medicina? Ma pure; siccome elegantemente un Poeta Comico di-. stinguendo gli uomini di ragione, e di virtù forniti, da quelli che con indegni atti e brutali disonorano la specie loro diceva oh è pur gra- ziosa cosa un uomo che sia veramente uomo : così il Medico quando sia veramente tale, nè di nome soltanto egli è il massimo de’ doni, e ad ogni altra cosa preferibile come preferi- bile è la vita ad ogni bene che in essa si goda. Ma ritornando al proposito dico, che qua- tunque le più volte giovi ne”primi giorni non rimanere a letto, accade pur talora l'opposto, lo che vuolsi osservare, ed'è forza al tutto dimorarvi. In un fanciullo p. cè. nel quale più non caggia sospetto. di :dentizione sorpreso su~ bitamente da convulsioni io fo pensiero , ciò addivenga forse da uno sforzo della natura intesa a spingere al di fuori il vajuolo, o la scarlatina, o il morbillo comechè nulla ancora apparisca alla cute. Onde pertanto opporsi a sì pericoloso sintoma voglio , ‘tosto si applichi un vescicatorio alla nuca, e tosto ripongasi il malato a letto. Nè tralascio un qualche car- diaco , al quale aggiungo lieve dose di narco- tico, perchè ed elimini meglio la cagione della malattia, ed acqueti il tumulto, da cui nasce la convulsione. A un fanciullo p. e. di tre anni 93 somministro cinque gocce di laudano liquido in un cucchiajo d'acqua epidemica o qualche cosa di simile. E-a dir vero io son portato a credere , e le migliaja di tenera età, e alcuni pure d'età provetta perciò appunto essere mor- ti, che meno era pe Medici avvertito , come cotali convulsioni. null’ altra cosa erano , che forieri delle malattie mentovate . Perocchè non sintomatiche estimate, ricorrendo incautamente a'clisteri, e ad altre evacuazioni ne torna dan- no gravissimo all eruzione., e si protrae il pa- rosismo convulsivo che vuolsi fugare, e che in altra guisa suole dissiparsi spontaneo al pri- mo apparire delle pustole.. Egli è poi di lieto augurio, come. altrove dicemmo, lo invadere del vajuolo ne’ teneri fanciulli per convulsioni ; mentre rarissime volte è allora di molto con- fluente , e si può permettere più, sicuramente la dimora ‘a letto. Non così diremo del so- pore ;.«e il suo precedere annunciò mai sempre vajuolo confluentissimo . Quindi io stommi al vescicatorio ed al narcotico., e volontieri in- terdico ne’ primi giorni il letto. E talora poi ‘mi venne anco..veduto, benchè di rado , le convulsioni precedere le intermittenti, e spesse volte il sopore accompagnarne i parosismi dal principio al fine sì ne’ fanciulli, come negli adulti. Però non richiedesi altro metodo, che quello onde vincesi la febbre, primaria ed es- senziale malattia . L’ attendere specialmente a cotal sintomi, e quindi a vincere l’ affezione comatosa il prescrivere salassi, purgativi, e o OMZAT{UOe co 94 i simili cose accende vie più la febbre , evi più in conseguenza si afforza il sintoma, che vuolsi torre , sicchè non è maraviglia vederne» sopraggiugnere eterno sonno : il volgere all’ in-. contro ogni cura alla febbre tronca ogni cosa troncando questa. Ciò debb’ essere attentamen-. te considerato, mentre sì di spesso; e sì fa-: talmente in ciò appunto suolsi errare. Ma, altrove ne parlammo più a lungo . Qualche volta, anco , come vedrassi inap- presso, quantunque sia bene rimanersi da letto è mestieri accondiscendere al.contrario, quando cioè apparisca male grave, e forte febbre vi sia, e vomito smodato e vertigini vi abbiano, e dolori agli arti come per reumatismo e simili cose. Cotai sintomi tutti ove sieno violenti, e più, in persone sanguigne di temperamento, € fiorenti per età annunciano grande quantità di materia morbifica, e pericolo quindi molto per le pustole che appariranno, confluentissime . Per la qual cosa volendosi con ogni possa allo straordinario fermento porre freno, e contra- stando da un lato il continuo calore del letto, dall’ altro mal potendo il malato starne dungi: pel soverchio male senza almeno. dargli soc- corso ; ne viene di necessità doverglisi. prima trar sangue dal braccio, indi a poche ore pro- muovere il vomito mercè un’infusione di croco de’ metalli, onde non solo caccerassi la materia da che ha origine ogni guai, ma si rinfranca il malato che già pargli potersi torre da letto . Nè qui ci arresteremo, ma' perchè abbiasi più 5 icuro evento, vorrassi mescere alla tenue evanda , della quale farà uso, discreta dose i spirito di vetriolo e ciò sino a compiuta ruzione . Pure ad onta e di queste evacua- ioni, e della bevanda refrigerante, quando ppena lo si possa, non è a permettersi la di- ora a letto se non di notte; poichè tutte este cose valgono assai meno a impedire la roppo presta assimilazione della materia mor- ifica di quello, faccia il respirare novello aere resco, che solo può maravigliosamente sedare osto le torme sintomatiche accennate, come da ripetute sperienze emmi conosciuto . Però questo metodo non ordinario verrà necessa- “lamente in uso ne’ giovani soltanto, lo cui san- gue ossia per Venere, ossia per Bacco tro- visi riscaldato , e in quelli, eccetto sempre 1 bambini, ne’ quali si manifestino veementi que’ sintomi rammentati. Ove nè il sangue si scor- ga grandemente inceso, nè v abbia violenza molta di sintomi, di gran lunga minore avvi il sospetto di rapida assimilazione , e si pos- sono quindi tralasciare e le evacuazioni, e lo spirito di vetriolo . Credetti in sì fatte cose diffondermi, co- me colui, che ben so quanto rilevi all’ esito della cosa il trattamento de’ primi dì. Ma com- piuta l eruzione, lo che dicemmo soler essere al sesto giorno dall’ invasione, e al quarto inclusive dal primo apparir di pustole, rimarrà il malato sempre a letto sino a fine; e il deb- be, che male allora potrebbe altrimenti nella Pi 96 sorta di vajuolo, di che parliamo. Mentre nel distinto poco rileva e puossi fare come torn più a grado , purchè il Medico sia mezzana mente esperto. E dessi sapere come talor avvenne quantunque naturalmente non abbiavi pericolo , non pochi perdere la vita appunt da quelli, che ogui speme ripongono in pro muovere calore . Cominciano poscia ad ingrossare le pu stole, e tutta riscaldano la superficie del cor po , il capo in ispecie, onde il malato, tran— ne sia bambino, soffre di veglia, è inquieto .. Le quali cose voglion essere diligentement avvertite ; perocchè e più il sangue sarà pa cato, e meglio le pustole ingrosseranno ; all’ opposito e più sarà tumultuante, ed esse meno) s eleveranno ; ogni cosa intercetta mal com pierassi la secrezione della materia morbifica ,, e sarà forse, che tu o non abbi suppurazione» veruna , o l abbi tristissima stillando in luogo» di pus, e del consueto liquor gialliccio um umor nero , od altro estraneo alla natura dell vajuolo . Egli è perciò, che parmi essere nell vajuolo confluente indicati i narcotici, come? in altra malattia altro rimedio, ed estimo sieno quasi specifici, a guisa che la corteccia peru. viana nelle febbri intermittenti; quantunque» ben sappia non- veramente ciò essi fare per una singolare specifica virtù , ma secondo apr punto la indicazione calmando il tumulto , ri-. tornando l ordine nel sangue, negli spiriti « Questo disordine compagno indivisibile dell con- > M. confluente presso gli adulti richiede sovrattutto l’uso de narcotici, e ti appalesaresti ben poco ‘conoscitore della natura di questa malattia, quando tu credessi non si dovessero tali ri- medi adoperare che in caso di veglia. Peroc- chè siccome talora è, che l’uomo anche non dormendo“ ha quiete, ‘(la qual cosa soventi volte avviene dopo aver preso laudano ; può esser pure, che la. soverchia ‘agitazione degli spiriti. s’ opponga alla debita eruzione delle pustole , quand’ anco il malato dorma assai. Ciò vuol essere singolarmente ‘avvertito . Ma volendo vio favellare di questi rimedi dico; come quantunque per molti anni mi sia giovato in simili circostanze del laudano li- quido; nondimeno io penso; si possa preferire il siroppo diacodio: pari azione in amendue; però nel laudano maggior forza calefacente . Rispetto alla dose, e sarà mestieri pro- porzionarla all’età ;non solo, ma pure al gra- do de sintomi; e a tale verrà ad essere so- verchia quella che ad altri potrà per avven- tura appena bastare. Ne bambini si avranno riguardi assai; e di vero che i narcotici non sono in essi di molto indicati, avendovi pex tutto il corso della malattia grandissima pro- pensione al sonno, però non estimo dover- mene affatto rimanere, quando li scorga in pericolo. Ma è pur malagevole determinare esattamente una tal dose. Nella forte agita- zione degli spiriti, nel vomito enorme, nel flusso di ventre, come pure in caso di atroci Tom. 2. 7 98 dolori ( circostanze che già dicemamo richiedere i narcotici ) yoglionsi esibire in modo, che se la prima dose non vale, e si ripeta, e si au- menti sino a che s'ottenga il desiderato effetto, nulla riguardando alla quantità ; per altro» si serberà fra ciascima dose un certo spazio di tempo onde non essere indotti a somministrar- ne di soverchio. In seguito la scemerai in pro- porzione continuando per tutto il corso della malattia . : Non mi sarebbe difficile provare la verità di quello che diceva con moltissimi esempi : ma non addurronne che un solo. A’ tredici d' Aprile 1681 certa donna del mio vicinato per nome Crosse a me venne, e fortemente piangendo mi scongiurò volessi ve- dere un suo figliuolo di dieci anni, che già da quattro giorni giaceva, e temeva ella di vajuolo, Male io il potendo perchè tormentato dalla podagra, volli vi si recasse lo Speziale di. cui soglio valermi, e mi riferisse quel che era . Il fa, e portommi: la madre per consiglio di . altra donna aver lui somministrato certa quan- ttà di corteccia peruviana, ed altri medica- menti caldi, tenerlo oltre ogni credere rico- perto onde sudasse ( chè ne sudori ripongono le donne ogni speme ), e aggiugne che gli dava bere -assai di siero di latte caldo, nel quale aveano bollito de’fiori di calendula e del corno: di cervo. Per lo che inasprita alta- mente la febbre era al tutto delirante, e a gran fatica lo si teneva a letto e basso mormorava 4 99 come furibondo , Non appariva ancora l’ esan- tema o almeno era oscurissimo , però trave» devasi sommamente denso: erane l eruzione da regime sì violento impedita. lo vo’, subito esca da letto, e non vi sia riposto che di not- te, e ciò sino dopo al sesto di, e prescrivo una mezz oncia di siroppo Diacodio : niun vantaggio ; però dopo un'ora ne ripeto da dose, e pure invano; continuammo di mezz oncia in mezz oncia a discreto intervallo sino a due once e mezzo innanzi si scorgesse calma ; in tanto furore era entrato il sangue! In se- guito non ne prescrissi che mezz’ oncia ogni notte sino al fine della malattia e ben valea tal dose a mantenere la quiete cui già indu- cevano le frequenti esibizioni, -sicchè intera mente potè risanare . Qui vuolsi ricordare , che ove il tumulto! sia soprammodo grande non verrassene a capo che difficilmente ne’ primi giorni, sieno pur larghe e ripetute le dosi, rimanendosi a letto : perocchè pel calore che vi si contrae aumen- tando la forza della febbre richiederebbesi una tale quantità di narcotico a frenarne l impeto, che la natura forse non saprebbe sopportare . Lo stesso avviene benchè non con tanto peri+ colo, quando nelle intermittenti prendendosi la china il malato sta a letto. La qual cosa, se male non avviso, ha- fatto talora, che si protraesse una febbre, la quale ď altronde prestissimo sarebbesi fugata, e ove fosse re- mittente così esasperasse; che il malato ne venisse morto . Ei 100 i Però lasciati starë i casi straordinar) , né quali può in qualunque tempo essere indicat il narcotico, è mio parere appigliarvisi in sest giornata allpraquando il malato comincia a ri manere a letto, e continuare ogni sera sin alla diciasettesima , o almeno finchè più no si vegga pericolo . Io voglio ciò, perchè al se sto giorno le carni essendo pressocchè infiam mate, riscaldatisi gli umori ne vien turbata di leggieri la testa . Ma si Avrà mente apprestarlo ben più pe tempo, che non si soglia in altre malattie : mentre sulla sera esacerbansi sempre nel va- juolo il calore ;} è l inquietudine ; e intervien talora negli ultimi dì, che non somministrato di buon ora, subitamente il malato cade in cer to stupore , e vien tosto‘ calore, indi nuov querele di mal essere, e sopraggiunge inaspet— tatamente morte. Attonito n'è ognuno, ché ognuno aveva per lo innanzi conceputo le maggiori speranze. Però a sì gran male pote- vasi forse soccorreré con un pronto narcotico. To pertanto a questi giorni, in ispecie all’ un- decimo , \voglio lo si dia alle cinque , o alle sei pomeridiane e voglio sia sempre presto ad ogni uopo . Anzi tengo per certo , alcune per~ sone di mia conoscenza essere appunto morte perchè non soccorse di tal fatta. E qui vera- mente più che in altro luogo evvi l occasione sfuggevole . Laonde se è cosa di cotanto pericolo dare il narcotico o troppo tardi o troppo presto , LIE IOI sicchè siasene svanita la virtù sedante, quan- do appunto sen avrebbe più uopo , egli è mi- glior avviso negli ultimi giorni della malattia pericolosissimi somministrarlo e mattina e se- ra. Un’ oncia non è sempre bastevole in si- mili circostanze, come quella che nella grave infiammazione del sangue, e nel molto disor- dine degli spiriti non fa più che una mezza in male men violento. È conobbi per moliiplice sperienza , ne’ giovani, e ne forniti di temps- ramento sanguigno non volersene meno d un’ oncia, e mezzo per dose; la quale si potrà ripetere mattina e sera non solo con sicurezza, ma con utile assai del malato sino a guarigione. E dirò anzi, come in vajuolo .confluentis= simo agli ultimi dì e’ fu mestieri ch'io ’l1 dessi tre volte nello spazio ď un giorno naturale , cioè ogni otto ore, tanto essendo l'agitazione, p tanto il disordine che non mi si permetteva un più lungo intervallo. Avvertiremo però, che ove il siroppo generi nausea potrassi so- stituire il laudano liquido, del quale sedici gocce equivalgono a un’ oncia di siroppo , quando pur sia preparato nel modo che già recammo nel trattato delle malattie acute , capitolo della dissenteria . Altri d' altra opinione non mancherà cer- tamente d’ opporre da tal dose di narcotico , e sì frequente fissarsi la materia morbifica, e venirne repressa la salivazione, Io rispondo ben esser vero procederne scemamento } non t intera cessazione, sicchè ne’ lunghi inter- — 4 102 valli non ripiglii affatto di vigore; E ci veggo d'altra parte-un duplice vantaggio : il malato sostenuto ‘dal narcotico può meglio: espettora- re ; la saliva comechè meno abbondante è più. concotta . Il difetto poi di ftialismo viene con usura compensato dal tumore della faccia, e delle mani; che in virtù del narcotico , ed è più sicuro, ed è maggiore ne’ giorni appro- priati ; la faccia cioè dall’ ottavo; all undecimo, . e quì incomincia a decrescere; le mani dall’ un- | decimo sino alla maturazione delle pustole di ‘che sono carche. Io dirò francamente cosa che, niuno versato nella cura di questa malattia potrà negare : il non gonfiamento del viso e delle mani a ‘tempo opportuno essere d augu- rio ben più tristo , che''la soppressione dello ftialismo . Ed'io credo ‘assai migliore partito arrischiare questa , che'rimanermi dal narco- tico; mentre egli è quivi il narcotico cotale rimedio , ‘che’ gli è d uopo, o sia inesperto © ben poco osservatore colui che defrauda i suor malati di s? possente ajuto ók Quello che finora io ‘diceva sull uso quo- tidiano e sulla dose del siroppo diacodio ie non vorrei “s estendesse anche a bambini. Ciò non vuolsi fare che in grave pericolo 3 primo perchè non avvi sì gran calore come. negli adulti , ‘secondo ‘perchè mal regge la te- nera età alla forza di continuati narcotici. Ol- iracciò sogliono i bambini passare in un sonno spontaneo! il più della malattia. Pure o sieno: presi da frenesia, o vestano le pustole cattiva. 103 natura dessi ricorrere a narcotici, chiaro ` ap- parendo il disordine ne moti del sangue , e degli spiriti . i i Noi abbiamo assai lungamente favellato e del metodo onde opporsi ne'primi dì alla trop- po rapida assimilazione della materia morbiti- ca, e del metodo onde prevenire il disordine degli spiriti eccitato dalla infiammazione delle parti esterne. Ecco i due cardini su cui s'ag- gira la cura della malattia. Il non soccorrervi abbastanza muove tutti que’ sintomi, che seco traggono poscia il fine. più doloroso. Però se tali sono le principali indicazioni, quand'io ab- bia loro nel modo suddetto bastevolmente sod- disfatto, nulla più rimanmi a fare come Medi- co, non però come prescrittore - di formole , due cose ch’ io credo infra loro distantissime. Se sarà mestieri d’ un vescicatorio lo si appli- cherà alla nuca, e vorrà essere e largo molto e poderoso. Ciò poi si faccia a tempo oppor- tuno; non troppo presto onde al giorno unde- cimo , giorno del maggior bisogno non abbia perduto il suo vigore; non troppo tardi chè può riuscire di nocumento accrescendo il ca- lore già soverchio per la febbre secondaria . La notte avanti tal giorno sarà la più conve- nevole., e verrà applicato tosto dopo aver preso il narcotico, che ad ogni modo non si trala- scierà , Allora sarà che non se ne protragga l’azione oltre quel dì fatale, e si darà sortita alla materia morbifica in tempo del più grande uopo . Imperocchè come dicemmo nella storia 104 di questa malattia , a i pa giorno appunto co- mincia a decrescere il gonfiore del viso, e rallenta forte lo ftialismo condensandosi l u- more, sicchè fassi difficile lo spettorare. Il vescicatorio poi oltre al sostituire in qualche modo e all’ una, e all’ altra cosa, giova a do- mare la febbre secondaria che allora s’ afforza, il sangue ripieno tutto, ed infetto. dal pus, che la copia delle pustole manda lui per la via degli assorbenti. E riscontrai quasi sempre il polso allora appena percettibile, mentre e innanzi quel giorno, e il giorno dopo si ren- ‘deva ben manifesto . Ma fra le cose atte a derivare dal capo, a rivellere, niuna a me pare più acconcia dell’ a- glio applicato alla pianta de’ piedi. Cb egli attiri gli umori fassi chiaro dalle vescichette , cui sovente fa elevare, e dal dolore pressochè insoffribile, cui talora quantunque: di rado, risveglia anche senza quelle. El dolore venne sì veemente che fu mestieri tal fiata, il cal- massi con un cataplasma di mica di pane cotto nel latte. Soglio dunque negli adulti applicarlo sminuzzato involto in un pannolino , dall ot- tavo dì, nel quale comincia il tumore del viso, sino al cessare d’ ogni pericolo, avver- tendo tutti i giorni rinnovarlo. Voglionsi vie- tare interamente le carni, e concederassi sol- tanto per bevanda tenuissima birra lupolata , e sieno cibo brodi d'avena, e poma cotte. Però nel tempo della maturazione, e già in- fetta la massa del sangue dal pus, che vi l = bi 105 regurgita sarà bene permettere pochi. cucchiai di vino la mattina, la sera. Non sarà coperto oltre quello che suol essere da sano, e gli ya lecito a grado suo trasportarsi nell uno o nell altro canto del letto, onde impedire i sudori sintomatici , che quanto nuocano credo avere abbastanza dimostrato. Di tal guisa previensi pure la smodata infiammazione delle pustole , che sopravviene di leggieri per soverchio ca- lore quando si giaccia immobili a un luogo. Ma di ciò altrove già a lungo favellammo . Ora io in prova della mia pratica voglio addurre un caso ha poco tempo avvenuto . Nel passato inverno venni chiesto da una gen- tildonna la Signora Dacres, perchè mi recassi presso un suo Nipote malato, il Sig. Tommaso Cheut. Veggo un giovane floridissimo, di tem- peramento sanguigno . Avealo preso il dì im- nanzi febbre veemente, eragli sopravvenuto copiosissimo vomito bilioso, e provava feroce dolore al dorso. Pensando ritrar sollievo andò a letto, e forte si coprì, e bevve di caldi li- quori assai per tutto quel giorno , onde muo- vere sudore; ma veramente indarno; perocchè era ogni cosa disturbata dalla molta inclina- zione al vomito, e da un flusso di corpo, per altro non grande : la febbre erasi con ciò vie più incesa. Io sospettai vicina la sortita del vijuolo, e credei dovess’ essere confluentissimo s. pel vigore delľ età, sì per lo straordinario rscaldamento del sangue, che in stagione calda avrebbe prodotto e orine sanguigne, e macchie 106 purpuree ; come anche perchè io il vidi sem-.|} pre tale ne’ giovani presi da vomito grande, f da male assai, da insolito dolore. Tosto esti-. mando volersi impedire la troppo presta assi- milazione della materia morbifica il tolsi dal letto: solo permettea , vi giacesse all’ ora del sonno . Il dì seguente ( era il terzo ) non ap- parendo ancora segno veruno sulla cute feci estrarre dal braccio otto once di sangue ; bel- lo, florido, mentre non ancora infetto del gua- sto, che induce la diuturnità del male, e che si scorge ne convalescenti dal vajuolo.. Alle cinque pomeridiane dello stesso giorno diedi lui un’oncia d' infuso di croco de’ metalli; vo- mitò assai, ebbe grandissimo sollievo, sicchè ben reggeva fuor di letto, quando dappria il faceva a fatica abbattutto soverchiamente , ver- tiginoso . AI quarto giorno ecco ľ eruzione , e ad onta di quello che si era fatto, sì grande ch'io temeva della vita. Raccomandai tanto più dunque la dimora fuor di letto, e volli bevesse tenue birra, cui fosse misto poco spi-. rito di vitriolo; e seguitò di tal guisa sino al sesto. Non stava assai male, traeva «ristoro dall’ aria libera , pure tratto tratto ebbe qual- che scarica alvina. A mezzodì più non potendo si ripose a letto, e vi rimase sino al fine della malattia; ned io m’ opposi, chè scorgeva com- piuta l eruzione abbondantissima. Di vero, ch era minore di quella, che altra volta ve- dessi in chi ne morìa, maggiore però dell or- dinario presso coloro. che solevano guarire . s 2o07 Allora m appigliai al siroppo diacodio, e ne diedi la sera un’ oncia nell'acqua di primavera , e seguitai di tal guisa; non voleva fosse più del consueto coperto; niun altro cibo, che brodi d'avena, d'orzo, e poma cotte; niun altra bevanda, che tenue birra. In ottava si applicò l aglio a’ piedi, che rinnovossi ogni dì. Indi a misura che ingrossavano le pustole ce- deva ogni cosa. La mattina del decimo giorno comechéè stesse mrediocremente, pure mi parve travedere annunzj di febbre secondaria; eravi qualche agitazione. Immantinente temendo alto guai voglio prenda il calmante già mentovato, ed'ecco»tutto acquetarsi. La stessa notte ne prescrissi un’ oncia e mezzo; e il di seguente in ‘aurora’ fatto di nuovo irrequieto ne prese all'istante ugual dose, che si ripetè la sera, e via via ogni mattina ogni sera sino a guari- gione ‘Obbedì in tutto il malato ; nè più fuvvi sintoma a temersi, tranne F essersi qualche volta soppresse le orine ( comune cosa ne’ gio- vani in. questa malattia ), però le rendeva fa- cendosi ` ginocchione. sul letto. Rispetto allo ftialismo: mercè sì larghe dosi e ripetute di narcotico erasi scemato , ma ne lunghi inter- valli mandava pituita concotta, e la faccia. e le mani gonfiavano al tempo debito, e come si richiedeva. Im diciottesima uscì di letto, e permisi allora brodo di pollg, indi grado grado si recò al solito suo regime. In ventunesima trassi otto once di sangue dal braccio destro , e rassomigliava al sangue de’ pleuritici. Po- scia venne quattro volte ad intervalli purgato . HEAT 108 j Qui vuolsi avvertire che non sempre ap- pare l'eruzione al terzo giorno; ciò avviene d'ordinario; ma talora anche nel più confluen- te si fa più tardi. E dico poi, come il metodo or ora arrecato spetta al solo genere con- fluente ; altra cosa è il distinto. E se ingan- nano, e gli altri coloro i quali credonsi da più, perchè sieno riusciti in quest ultima spe- cie. Provinsi nel confluente, e soprattutto in persone giovani, e ciò , perchè non esercitan- dosi che nel lieve, veggano quanto s' ingannano in credere ď aver salvati quelli che non avran- no uccisi. Ma io non porrò fine a questa disserta- zione senza riferire, ciò che m' ebbe a raccon- tare il Dott. Carlo Goodall. strettissimo amico mio, socio e presentemente Censore del. Col- legio Medico di Londra. È in ciò tale è lo mio scopo, che vie più si confermi quello che già diceva dell’orine sanguigne, e delle pe- tecchie, ambi i sintomi cioè procedere da vio- lenta infiammazione del sangue, e volervisi quindi rimedj refrigeranti . Eccone il caso. Nel mese di Giugno dell’anno 1681 un giovane di quasi 27 anni magro di corpo, caldo di temperamento venne preso da feb- bre forte , e continua. Avea secca la lingua, e scabra, moltissima sete, celere» polso, e tormentavalo di continuo un dolore d’intorno allo scrobicolo del cuore , e più al dorso: le orine erano sanguigne, ed apparivano dense petecchie di colore fosco al collo, al petto ; ai < l 109 carpi. Chiesto il Medico al sesto dì, e scor- gendo grave pericolo mercè appunto tanta copia di sangue per simil via perduto, divisò doversi porre ogni cura a refrigerare, e a chiudere a un tempo le hboccucce de’ vasi re- nali rilasciate. Si trasse dunque sangue, si somministrò un lenitivo, e si raccomandò, per quanto fosse possibile astenersi dal letto, men- tre non era dubbio , il calore del letto pro- muovere tale flusso ; e consigliò pure , volesse giacere piuttosto su uno stramazzo coperto di cuojo, e si guardasse il più potesse dal dormir supino. La bevanda era latte misto ad acqua, il cibo erano panatelle , e riso cotto in latte, e poma cotte. I rimedj erano i seguenti: A. flor. ros. rub. drac. sex, cort. intern. querc. unc. sem. semin. Plantag. parum contus. drac. tres, aq. font. lib. duas sp. vitriol. q. s. ad gratam aciditatem : infundantur in vase clauso calore leni per quatuor vel sex horas + Colat. adde ag. cinnamom. hordeat. unc. tres sacch. albis. q. s. ut f. tinct. gustui grata. Da bersene soventi volte di di e di notte . Alle due pomeridiane un clistere di latte con siroppo di viole, e la sera vi si diede la seguente pozione . R. Ag. flor. Paralys. Plantag. Cinnam. hord. an. unc. sem., acet. stillat. drac. duas , syrup. de Mecon. drac. sex. M. Al settimo giorno appena essendovi qual- che remissione. sì ripetè il ‘clistere, e lo si ri- petè ogui dì: oltracciò si prescrisse l'emulsione TIO e la bevanda, come segue. R. Semin. Cichon: Endiv. lactuc. Portulac. an. drac. duas , semin.. Cydon. Papap. alb. ana drac. unam ‘et sem.. Amygd. dulc. excortic. n. quatuor contund. simul in mortar. marmor. sensim affundendo Ag. hord.. libr. unam et sem. colat. add. sacchar. Chiodi q. s. fiat Emuls. da bersene dodici cucchiai ogni quattr ore . R. Aq. flor. Paralys. Nymph: germin. Querc. Plantag. ana unc. sem, Acet. stillat. Aq. Cinnam. hord. ana drac. tres confect. de Hya- cinth. drac. sem. syrup. de mecon. unc. unam . M. f. haust. da prendersi all’ ora del sonno . In ottava, poichè persisteva la febbre, ed usciva sangue assai misto alle orine, e nume- rose apparivano le petecchie alle parti mento- vate pensando egli , ciò provenisse da calore soverchio, da tenuità ed acrimonia del sangue ordinò un novello salasso, concedè largo uso . di tenue birra, a cui fece mescere spirito di vitriolo a grata acidità, la quale però venendo ‘a noja al malato permise una bevanda di suc- ‘co di limone e di latte , e diede polpa di li> moni divisa in pezzetti coperti di zuccaro , e diede le seguenti cose : R. Corserv. Lagul. Cy- norrhod. ana unc. sem. confect. de. Hyacinih. drac. tres diascord. drac. unam et sem. coral. rubr. praeparat. sang. dracon. Bol. armen. ana scrup. unum, syrup, e symphyt: et Pilosell. ana q.s. ut f. opiata: ne prenderò il malato la quan- fità d una noce ogni sei ore, e vi berrà presso . ur bicchiero di siero di latte fatto col succo di 1 YLL limone , e aggraziato con: guccaro , oppure berrà un bicchiero di decozione vulneraria aci- dulata con ispirito di vetriolo. Fece ripetere la {devanda della notte precedente con dieci dram- me di siroppo diacodio . Al nono giorno le petecchie cominciavano a scomparire, meno sangue era misto all’ ori- na, e si separava più facilmente e più presto calava al fondo del vaso; e quindi esortò il malato a continuare nell'uso de’ rimedi, e dopo alcuni di aggiunse a un medesimo scopo i seguenti . R. Cons. Ros. rub. per setaceum traject. et vitriolat. unc. quatuor, balsam. Lucatel. unc. duas, Bol. Armen. sang. dracon. spec. Electuar. diacoral. ana 'drac. unam syr. e coral. q. s. ut f. Elect. da prendersene læ grossezza @ una noce moscata due volte al giorno, e vi si berrà presso un bicchiero dell’ emuls. seguente . R. Semin. Lactue. Portulac. ana drac. tres Cydon. drac. unam et sem. Papaver. alb. unc. sem. Amvygd. dulc. excori. n, quinque, contund. in mortar. marmor. sensim affundendo Ag. Plantag. lb. duas aq. Cinnam. hordeat. unc. duas , Colat. adde sacch. g. s. Con tali rimedi in capo a tre settimane fu libero il malato della febbre e di que’ sin- tomi terribili che abbiamo ricordati; e scom- parse le petecchie , e le orine ripreso il colo- rito naturale , e ritornate alla naturale - consi- stenza a poco a poco racquistò le forze pri- mitive e fu interamente sano. | ANSE PERA | I12 Ma quantunque questi sintomi quì appar tenessero a una febbre continua, anzichè all: malattia della quale sopra favellammo, nascen- do essi e nell una, e nell’ altra da soverchie infiammazione, e da sangue di troppo atte nuato , onde si spinge dalle boccucce de’ vasi. io non dubito, che in tanta uguaglianza di ca gioni non debba pur convenire un metod uguale . Egli è perciò , che pregava il Dott. Goodall, mi permettesse qui addurre una si- mile storia. Se ciò avesse fatto il mio più crudele nemico, (che spero per altro da me gli altri misurando niuno averne ) io non po- trei che grandemente commendarlo della eccel-. lente cura, poichè già da lungo tempo emmii noto, quanto sieno trista cosa nelle febbri le orine sanguigne. Ora che non debbo essere: verso un mio strettissimo amico, e con quanto. piacere non farò chiaro il vero, e come non sarò lieto in magnificarne il nome? Egli è co- lui, che me prese a difendere contro le voci della maldicenza con quell’ amore, con qnello zelo , col quale un figlio difende il padre . Pe- rò comechè a lui di tanto debitore non io imprenderei a tesserne le laudi, ove nol me- ritasse; mentre egli è quasi pari delitto dar lodi a chi n'è indegno, dar biasimo a cui non spetti, allontanandosi ugualmente dalla verità. To dunque non dirò che il vero, quando as- serirò essere il Dott. Goodall uno de più probi uomini , che mi sia conosciuto giammai. E quanto poi valga nell'arte, ove morte se cel tol- 113 tolga farassi in breve largamente manifesto : niuno più dotto e nell’antica e nella moderna Medicina, niuno più sagace negli avvolgimenti della pratica, onde felicissimo nella cura. i Questo è in fine ciò che io credo intorno ` tale malattia, nè mia credenza viene determi- nata da vano immaginare; ogni cosa è dedotta ‘dal fatto. Non può ingannarsi colui che fonda suoi ragionamenti sulla pratica, come all in- contro è impossibile, ciò non avvenga a chi consuma l’età intera in fabbricar sistemi mal rispondenti alla sperienza, e se e gli altri tragge necessariamente in errore. E siccome tristo Pilota quei sarebbe, il quale anzichè volgere ogni studio a conoscere gli scogli ascosi onde fuggirli , tutto 9 abbandonasse ad indagare le cagioni del flusso e riflusso dell’acque, inve- stigazione per verità degna d’ un filosofo, ma estranea a un guidatore di nave ; così il Me- dico cui non altro spetta, che la guarigione de mali, e sia pur quanto si voglia fornito d ingegno , nulla avrà avanzato nell arte sua vera, quando anzichè studiar la natura; e il modo col quale genera, e mantiene le malat- tie, e i rimedi convenevoli a vincerle, ẹṣ affa- tichi in curiose speculazioni, che nulla rilevano -allo scopo principale, alla salute degli nomini. Da una cotale prevaricazione n’ emerge non solo un danno al genere umano defraudato di quel bene :che per avventura poteva promet- tersi dall’ ingegno di lui, ma pur anco il disprez- zo dell’arte divenuta piuttosto arte di far pa- Tom, 2. $ 114 role anzichè di guarire. Però il disordine giune to è a tal punto, che la vita, che la morte; del malato dipende al tutto dalle congetture; del medico speculatore, cosa per verità piena; sempre d incertezze, e di pericolo. Ben è fe-. roce la guerra, che cotali persone fannosi a; vicenda, e capi, e satelliti, senza che veruno; giunga al vero. Imperocchè quantunque possa; T uomo mercè un’ attenta considerazione cono». scere , ciò che fa la natura, e di quali organi. si valga , io credo ne sarà sempre ascoso ill modo col quale agisce . Del che per altro niu-. na meraviglia: ben è lungi la mente umana; dal poter penetrare il magistero infinito dell Supremo Facitore ď ogni cosa. Il cervello p.. e. ognuno sa essere fonte e del senso e dell moto , ed ivi il pensiere fabbricarsi, ed ivi la. sede della memoria . Chi però per quanto at=: tentamente il consideri può comprendere in una; sostanza sì crassa, e in apparenza di struttura, sì poco fina un cotanto potere ? Se alle dette cose si aggiungeranno le già. riferite sul vajuolo confluente nella storia delle malattie acute , avrassi la somma di quanto, mi venne fatto in proposito conoscere . Però, ben si può credere se io v adoperassi tutta. «quella diligenza , che per me si potesse mag». giore . Discendo ora, siccome a voi piace, all’ affezione isterica . Ben so essere questa sopra, tutte oscura e difficile malattia a conoscersi, e so quanto malagevole riesca il curarla. Pure 115 come meglio potrò eccone a favellarne, e ‘în que’ limiti che a lettera si convengono; lo che a me pure gioverà, mal sofferendo la mia poco ferma salute una protratta applicazione, d'on- de, alla presente stagione in ispecie , emmi sempre a temere un novello parosismo di po- dagra. Dirò adunque in breve, e nel modo col quale io soglio, adducendo innanzi tutto un’ esatta storia della malattia, indi quel me- todo di cura che a me più che altro ebbe a riuscire, comechè non da libri desunto, ma dalla propria sperienza , sola maestra’, e scor- ta non infida. L affezione isterica se male non m ap- pongo , è di tutte le malattie croniche la più frequente; e siccome le febbri con loro dipen- denze stanno rispetto alle croniche come due ad uno, così l isterismo, o ciò che con tal nome s'appella costituisce la metà di questa una parte residua, cioè la metà delle malattie croniche. Pochissime infra le donne ne vanno libere tranne le avvezze a un duro vivere laborioso . _ Assai pure ne sono presi tra gli uomini di vita sedentaria , e che sogliono impallidire su libri. Però quantunque gli Antichi abbiano attribuita quest’ affezione all utero, ove la con- frontiamo coi così detti mali ipocondriaci,' che si derivano dall’ostruzione della milza, o d'al- tra viscera ben se ne scorge la grandissima rassomiglianza. Vero è, le femmine es. Servi assai più spesso soggette de’ maschi, ma j 16 non per colpa dell'utero, per cagioni piutto- sto che diremo dappoi . Nè in essa vuolsi risguardare la frequenz più che la incredibile varietà; assume ogni aspetto, imita qualunque malattia; mentre giu— sta la varia parte del corpo che sorprende va ria di sintomi producendo appunto quelli che a tal parie più competono. Dee perciò il Me dico essere e sagace molto ed esperto ond non venirne ingannato , e non estimare malat+ tia essenziale quello che non è altra cosa, che sintoma di cotale affezione . Quando p. e. s’ appiglia al capo eccone un’ apoplessia che si risolve pure in emiplegia simile al tutto a quella, che sopravviene alle: persone d’ età avanzata, e corpulente . Nasce quest’ ultima da pituita soverchia di che È innondata la parte corticale del cervello, onde: racchiudesi il meato agli spiriti animali. Però) non pare abbia tale origine la isterica, mentre assale soventi volte donne tosto dopo il parto) perduta una grande quantità di sangue, e deb- besi pure a parto laborioso, a qualche forte: patema ď animo . Talora genera orribili convulsioni rasso- miglianti all epilessia; e gonfiasi il ventre , e gonfiansi i precord}; e la malata fa cotali sfor- zi, che quantunque altre fiate di poco vigore non può pur che a fatica essere rattenuta da- gli astanti, e mette grida indistinte e batte ill petto. Le donne, cui è comune cosa questa specie detta soffocazione d’utero sono di tem- 117 peramento sanguigno assai, e d'abito di corpo forte vigoroso . Altra volta occupa la parte esteriore del capo tra ’l cranio, e ’l pericranio producendo un dolore insoffribile fisso in tanto spazio da poter coprirsi con un traverso di pollice, e vi si associa enorme vomito. Chiamo i0-questa specie chiodo isterico ; le clorotiche ne sono In Ispecie tormentate . Assale pure le parti vitali, e muove al- lora tale palpitazione di cnore che la paziente tien per certo doversi sentire al di fuori lo stre- pito . Propria è questa specie a persone este» nuate , e deboli, ed alle giovinette clorotiche . Non risparmia i polmoni; e tosse frequen- tissima quindi quasi continua, però nissuna espettorazione. Non è questa tosse di quel furore della convulsiva, ma infinitamente più frequente. Rara molto è per altro e spetta principalmente a donne pituitose. Qualche fiata fa impeto al colon, e alla regione posta sotto lo scrobicolo del cuore ed eccoti un grandis- simo dolore come nella passione iliaca ; avvi smodato vomito di materie verdastri talora di altro insolito colore. Sovente anche dopo un simile dolore per molti dì, e dopo continui co- nati al vomito sicchè la malata appena non m è morta sciogliesi il parosismo con universale itterizia. Intanto la infelice è oltremodo do- lente , dispera di sua salute; cotale abbatti- mento , cotale disperazione osservai non essere meno propria a questa specie d isterismo che t18 il vomito , che il dolore. Donne g abito di corpo lasso e crudo, donne che con grave dispendio di forze abbian dato a luce bambini grossi oltre il dovere vi sono sopra | altre esposte . E gittasi pure sull un de’ reni, e n'è il dolore atrocissimo sicchè mentisce un parosi- smo nefritico non solo rispetto alla forza ed alla sede del dolore, ma perchè pure vien accompagnato da vomito grande, e perchè si propaga non di rado lungo l uretere. Per la qual cosa è sommamente difficile ravvisare se ciò avvenga o per calcolo racchiuso , o per affezione isterica, tranne per avventura poco innanzi, il preceder d’ un forte patema d ani- mo , o il vomito di materie verdastri ne fac- ciano chiari d’isterismo . Nè vassene immune la vescica, e vi si sveglia dolore come da calcolo e sì sopprimono le orine. Però questa specie è la più rara cosa del mondo, men rara la nefritica . Sogliono entrambe sorprender donne, le cui forze sieno già di molto estenuate per soverchiamente ri- petuti parosismi 1Isterici . Quando attacca il ventricolo vedi vomito continuo , quando le intestine diarrea ; nissun dolore , comechè appaja sovente la suddetta materia verde. Queste specie avvengono pur di leggieri alle indebolite per frequenti parosismi, Ma cotesta malattia esce anco all’ esterne parti, e le mascelle e gli omeri , e le coscie, e le gambe o ne sono addolorate, o si elevano T19 in tumore, e il tumore delle gambe è spe- cialmente insigne. Per due cose però lo si di- stingue dal tumore degli idropici: in questi si fa maggiore la sera, e vi rimane la impres- sione d'un dito che prema: nel tumore iste- rico all’ opposito scorgi maggior elevazione di mattino , e resiste alla pressione, nè vi riman vestigio. Le più volte gonfia una sola gamba, del resto ossia per la grandezza ossia per la superficie imita sì bene l’idrope, che a fatica puossi trarre il malato di simile credenza . Quello poi che appena è credibile si è, vedersene colti anco i denti, nè si scorge ca- vità nè avvi afflusso d'umore veruno, che muova il dolore parimenti atroce, lungo, e difficile a fugarsi. Vuolsi avvertire che e simili dolori, e i tumori summentovati hanno luogo principalmente in persone già per lunga serie di accessi e impetuosi al sommo abbattutte . Nulla però di più frequente del dolore al dorso; ed egli appare anche ne’ più lievi pa- rosismi. Comune cosa poi ad ogni sorta di dolori si è il lasciare anche dopo loro partita una tale sensibilità alla parte ove imperversa- vano, che ne rimane offesa al tatto; nè si va dissipando che a poco a poco. Nè vuolsi meno avvertire come séventi fiate fassi foriero degli annunciati sintomi certo freddo alle parti esterne, nè si diparte che al fine del parosismo. E m avvenne talora ri- scontrarlo di tal fatta, che male l'avrei di- stinto dal freddo d'un corpo morto , pure il polso hattea così come ha costume. 120 Finalmente le isteriche 9 abbandonano ta- lora a immoderato riso, a immoderato pianto senza che se ne ravvisi cagione . Ma un fenomeno che può dirsi quasi in separabile da questa malattia. si è un flusso abbondante dorine chiare. come acqua che scaturisce da ima rupe . Dopo molto investi- gare io venni a comprendere, qnesto essere un segno patognomonico dell’ isterismo nelle fem- mine , dell’ ipocondriasi ne’ maschi. E vidi ta- lora uomini, che appena dopo aver mandato orina di color citrino, ove venissero repente assaliti da violento patema ď animo , tosto ne rimandavano di chiarissima, e molta, e per lungo tempo, provando sempre male sino a che non assumesse il pristino colore chè . ap- punto era il fine del parosismo . Oltracciò in ambo i sessi, ove il male sia antico soglionsi sviluppare dal ventricolo de’ rutti, ogniqualvolta prendasi cibo benchè mo- derato e in ragione del proprio appetito, i quali sono talora nidorosi , tal’ altra acidi co- me aceto, lesa Ja digestione, e gli umori alterati . Cotai persone poi non sono elle infelici soltanto per la trista condizione del loro corpo, ben più tali sono per quella dell'animo. La «lisperazione è propria di questa malattia, e s accendono di sdegno contra chi loro per poco favelli di salute, e credono assolutamente do- verli intervenire i maggiori mali del mondo, e tutto volgono in tristo augurio, sempre m 12 braccio al timore, all'ira, al sospetto, alla gelosia, nè mai gioja serena la corrugata fron- ie, lungi essi sempre d'ogni speme, d'ogni letizia. Che se mai qualcuna pur li giunge è un baleno, e tosto via fugge, nè loro scende dolce in petto agitati del pari, che dalle più fosche passioni; non serban limiti, incostan» tissimi; e ti amano smisuratamente , e subito senza cagione ti abborrono oltre ogni credere : cangiano ad ogni istante di proposito, e in- iraprese contrarie, e niuna mai compiuta , dub- biosi sempre, irrequieti. Nè gli è ristoro il sonno; però ben vi sta quello che de’ super- sliziosi asserisce l Orator Romano: » Ristoro sembra essere .il sonno alle fatiche ed alle cure, ma pur da questo nascono ambascie moltissime , e timori« ned altro veggono, che morte, che ombre di trapassati. Ecco loro stato: essi vivono di guisa come se espias- sero in questo mondo delitti commessi in un altro. Nè ciò avviene soltanto a' maniaci, a furiosi; vi caggiono uomini d’ altronde valen- tissimi, e per senno , e per dottrina e sovra gli altri sagaci e profondi; onde Aristotele non senza ragione affermava essere i melanconici per ingegno eccellenti . Gli è ben il vero che sì orribile condi- zione non spetta che a. quelli già da lungo tempo in preda di questa malattia, e omai vinti, e più di leggieri in coloro, ne’ quali alla mala disposizione del corpo aggiungonsi avversità , iristezze , e soverchia letteraria applicazione . 129 Non porrei giammai fine al dire, ove vo- lessi numerare tutti i sintomi di simile malat- tia ; infinito numero , varietà infinita; Proteo non vestì mai tante forme, il Camaleonte co- tanti colori. Quindi a me pare, Democrito aver asserito con ragione nella leitera ad Ippocrate, quantunque s’ ingannasse intorno la causa, »F utero esser cagione di mille mali, d’ innu- merabili calamità «. Oltracciò non hanno regola veruna, mon hanno tipo uniforme, come si vede nell’ altre malattie, non sono che un am- masso confuso, e disordinato y ond'è difficilis- simo -darne la storia. e cause procatartiche od esierne di que- sta malattia sono gran movimento di corpo, e più spesso violenta commozione d'animo per subita ira, per dolore, per timore, ‘ed altri simili patemi. Egli è perciò che ove me con- sultino donne su qualche malattia la natura della quale per le comuni nostre regole mal sappia determinare , tosto le domando, se ne vengono principalmente sorprese dietro una qualche perturbazione di animo. Che se dico- no così essere, io non dubito punto collocarla tra le affezioni isteriche , soprattutto se a certi tempi danno orine limpide, e chiare come cri- stallo, ed abbondanti. Fra le cause sı possono pur annoverare il lungo digiuno sicchè lo sto- maco rimanga voto , e le soverchie evacuazioni d'ogni sorta; salassi, emetici purgativi. Ora descritta cotesta malattia egli vuolsi vedere da tutte le circostanze riunite se ne 128 riesce trarne le interne cause efficienti. Se- condo quello che io avviso dipende l affezione isterica nelle femmine, la ipocondriaca ne'ma» schi da una atassia o disordine degli spiriti animali, che accorrendo con impeto e in trop pa quantità in qualche parte generano spasimi, o dolori se dotata di squisito senso, perturban- do le funzioni degli organi e sw quali si get- tano, e da’ quali ne partono, e gli uni, e gli altri traendone ugualmente danno . La cagione antecedente di ciò sembra essere la debolezza di tali spiriti o sia natura- le, o sia accidentale, onde ben di leggieri caddono in disordine, si vanno dissipando . Imperocchè siccome noi vediamo un uomo esteriore composto di parti che si offrono a sensi, evvi senza dubbio un uom interiore co- stituito da convenevol serie di spiriti, il quale solo può esser compreso dalla ragione. Egli però è intimamente legato alla costituzione del corpo e giusta appunto la maggiore o la mi- nore fermezza di questo è la fermezza di quel- lo. Per la qual cosa le donne di struttura naturalmente assai più delicata, che non sieno gli uomini sono assai più di questi inchinevoli a tale malattia. Ma esse sono destinate a mol- le vita, e a formare la delizia degli uomini, questi al duro travaglio , alla coltura della ter- ra, alla caccia e a simili esercizj. Che poi il disordine degli spiriti ne sia veramente la ca- gione il provano abbastanza i fenomeni di sopra arrecati; ed io fo pensiero correrne i princi> 124 pali incominciando da ‘quella specie che dicesi soffocazione di'utero. Quì gli spiriti accumu- latisi nel? addome gittansi con impeto , e in folla sulle fauci e per tutto ove passano vanno eccitando spasmi, e generano nel ventre una gonfiezza che assomiglia a globo grandissimo; niun’ altra cosa che ravvolgimento delle fibre sommamente difficile a vincersi. Intanto le parti esteriori trovansi quasi vote di spiriti, e soventi fiate si fanno freddissime, lo che avvien pure, come dicemmo , in tutte l’ altre specie. Però il polso non mostra guai veruno, nè un cotal freddo adduce pericolo tranne dipendesse da qualche smodata evacuazione . Così è pure quando affezione prende sembianze di colica biliosa, o della. passione iliaca ; avvi acerbissimo dolore all’interno dello scrobicolo del cuore ; avvi enorme vomito di materie verdastri. Nè ciò io credo d'altronde provenire che da una folla di spiriti sospintisi a tali parti, onde e lo spasmo, e il dolore e l'intero disordine di loro funzioni. i Però non vorrassi dedurre dal colore so- venti volte verde delle materie mandate o per vomito, o per secesso starsi la cagione della malattia negli umori, el dolore attrocissimo doversi all’ acrimonia di questi , ed esser quindi mestieri di emetici, e di purganti. A tutti è noto quello che avviene a coloro che per la prima volta pongonsi in mare; uomini d’ al- tronde sanissimi hanno vomito di bile così detta porracea; la quale una mezz ora innanzi 125 certamente in loro non esisteva: Ogni cosa. era prodotta dall agitazione degli spiriti ani- mali mercè il fluttuare delle onde. Ciò pure avviene negli accessi convulsivi de bambini, che provengono da disordine degli spiriti; e la sperienza ne fa manifesta in si- mili circostanze, sì ne bambini che nelle don- ne la inutilità de’ purgativi, e degli emetrici ; anzi ne mostra l’ espresso danno; chè aumen- tando. questi -il disordine , aumentasi pure la quantità delle materie sempre più verdi; o $ia forse che si distrugga che.si perverta il lievito di queste parti, o sia che la forza dello spa- smo faccia colare nel ventricolo, nelle intestine un succo straniero, che concilii agli umori tal colore. I chimici ben ne mostrano come due liquori entrambi limpidi e chiari misti insieme a guisa di prestigio si fanno colorati. Nulla però. vuolsi dedurre da ciò rispetto alla natura de corpi: nè è più da dirsi essere tutto acre ciò che è verde, come essere verde tutto ciò che è acre. Per tanto considerata ogni cosa chiaro apparisce, e l’acutissimo dolore, e il vomito. delle materie suddette provenire da so- verchio impeto degli spiriti affollati contro le parti vicine allo scrobicolo. del cuore, indotte per essi in violento spasmo . Nè altrimenti vorrassi intendere di quella specie , che appellammo chiodo isterico. Qui gli spiriti da tutta la circonferenza del corpo concentransi in un qualche punto del pericra- nio ,.e vi fanno un dolore non altrimenti che by à 126 farebbe un chiodo , il quale vi si conficcasse a forza, e muovono vomito copioso di materie verdi. Ed egli pare avvenga appunto come nello specchio ustorio rispetto ai raggi solari : questi riuniti abbrucciano, quelli inducono do- lore quasi lacerando le membrane . i Noi dicemmo essere comune e alle iste- riche, e agli ipocondriaci un abbondante flusso di chiare orine , limpidissime; e non è dubbio sia procedente dall’ agitazione degli spiriti. Ne vfen sturbata l'economia del sangue, e ne esce innanzi tempo il siero, cosiechè non può im- pregnarsi delle particelle saline, d'onde trae il colore citrino . Della qual cosa ben ne fa chiari la giornaliera esperienza, e vediamo coloro , che assai bevettero di un qualche li- quore leggero, ed attenuante mandare tosto orine limpide. In questo caso il sangue mal potendo ritenere tanta quantità di siero il ri- lascia innanzi d'essersi colorato . Fanno omai tre anni, ch'io ebbi a recar- mi presso un gentiluomo malato di colica , la quale , secondo a me ne pareva, era ipocon- driaca , e di molto assomigliante alla passione iliaca e pel dolore, e pel vomito smodato . Egli era antico male, e lo infelice n'era sì fortemente tormentato, che appena non ne moriva. Nel corso della malattia io osservai come ne’ giorni più tristi aveva orine limpi- dissime, e più volgevano al citrino ne meno : Ora avvenne una volta che a lui andando le scorsi affatto colorate , e tali le avea rendute 127 in tre fiate diverse, e in diversi vasi eransi serbate; onde lieto egli molto già pensava | prendere un qualche leggiero cibo risentendone i come diceva appetito. In questo istante so- pravvenne persona che forte l'accese di colera, sicchè tosto lui si mossero le orine, e furono copiose assai, e limpide come cristallo . Dalla stessa cagione forse trae pur origine quello ftialissimo sì famigliare alle isteriche, cui per molte settimane innonda la bocca una tenue saliva come per frizioni mercuriali. In tanto turbamento il siero appigliandosi a un moto inverso non esce per la via de reni ma dall’ estremità arteriose deposto sulle ghiandole salivali sorte pe’ condotti i sotto forma di saliva, e diremo il medesimo de’sudori nottur- ni, che avvengono in simili persone. Rispetto al freddo , che sì grande si ma- nifesta alle parti esterne e sì di spesso in que- sta malattia, egli è chiarissimo intervenire pel fuggirne che fanno gli spiriti altrove: e il pian- to e le risa, che senza cagione tant’ alto muo- vono le isteriche non è a dubitarsi sieno pro- dotti dagli spiriti animali che fanno forza contro gli organi destinati a tali funzioni. Dirò di passaggio come anche gli uomi- ni, benchè di rado, vanno soggetti talora a simile pianto. Un signore di stirpe nobile e d ingegno assai era da pochi giorni convale- scente da febbre. Altro medico lo avea curato e gli sì era tratto sangue, avea preso tre pur- ganti, s'asteneva dalle carni. Io venni chiama- Rr2staaee ros 128 to a visitarlo, e poichè egli mi si presentò vestito, e l’udii d'ogni cosa assennatamente favellare, domandai il perchè fossi chiesto. Un suo amico risponde; che ove per poco atten- dessi, sarebbesi la cosa per' se fatta ‘chiara. To seggo , e fo discorsi col malato, ed ecco tosto ac- corgermi, comegli andava sporgendo al di fuori il labbro inferiore con certo moto, con un mo- to frequentissimo a guisa che soglion fare per vezzo i fanciulli piangendo, e quindi ruppe in sì gran pianto che non mi venne mai ve- duto il maggiore, e gemiti e sospiri quasi di convulsione. Dopo poco tempo tutto ebbe cal- ma. Jo credetti ciò avvenisse da disordine de- gli spiriti indotto parie dalla longhezza della malattia, parte dalle evacuazioni d' altronde in tale circostanza necessarie, parte da inanizione e dall astinenza delle carni protratta a maggior sicurezza alcuni giorni‘'anche in convalescenza . Ti feci certo rispetto alla febbre, e dissi, ‘un cotale sintoma doversi a languore e quindi volli, si mangiasse a pranzo un pollo a rosto, e bevesse discretamente di vino; ciò fece, e in seguito cibandosi di carni più non ebbe a cadere in tal pianto . i In fine ommestendo ogni altra cosa dalla stessa fonte hanno: origine le agitazioni dell’ animo e le incostanze proprie alle isteriche ed agli ipocondriaci. Imperocchè tai persone di spiriti mal fermi non ‘sanno resistere a 1mpres- sioni per poco disaggradevoli, e tosto sono presi da colera, o da dolore. Il ti” e la er- 129 fermezza dell anima finch ella sta rinchiusa in questo carcere dipendono singolarmente dalla forza degli spiriti, che a lei servono e che stanno sulla cima nella scala della materia al confine appunto dell ente spirituale. E poichè la compage dell’ anima’. se così puossi dire , è ‘assai più fina e dilicata, che non sia la strut+ tura del corpo; come comprendesi. dalle divine facoltà di che ella è capace: così ove venga di modo alcuno. sturbata, ecce seguirne in ragione della squisitezza del lavoro la rovina. Questa è la condizione, di que’ miseri de'quali finora favellammo; trista condizione! cui in- vano s’'attenterebbe riparare l'accigliata fi- losofia. : Pe Pertanto a me pare abbastanza essere manifesto doversi riferire questa malattia al disordine degli spiriti animali, e. per nulla es- serne da imputare oil seme, o il sangue me» struo corrotti, come è parere di taluno, donde elevansi alle parti affette vapori maligni ; nè secondo altri ne sarà cagione non so quale depravazione di succhi, o un ammasso di acri umori. Noi non possiamo riconoscere altra fonte, che la mentovata. Io voglio addurre un esempio perchè si vegga mon risiedere il fomite della malattia in materia veruna. Una donna. che pur sempre abbia goduto di eccel- lente sanità. ma delicata di temperamento , se. avviene sia oltre ‘il dovere debilitata. o per emetici, o per catartici, egli è ‘certissimo , che le sopravverranno sintomi isterici. Ora cotal -Tom. 3. y 9 130 mezzi non doveano piuttosto allontanarli anzi che promuoverli quando ne fossero fomite gli umori? E s'intenda lo stesso rispetto alle smodate perdite di sangue, e al digiuno e al rimanersi dalle carni, cose tutte, che dovreb- bero in quella supposizione guardarci da tali affezioni, e nulla all opposito di più possente a generarle. Però, comechè non gli umori sieno cagione della malattia, vnolsi confessare il disordine degli spiriti accumularne talora , pervertite le funzioni e delle parti forzate dalla folla, e di quelle che ne rimangono prive. E siccome le più sono organi secretorii destinati a ricevere gli escrementi del sangue ; non può non essere perciò non si ammassino moltissi- me impurità che d'altronde sarebbersi elimi- nate se non era il disordine degli. spiriti che ogni cosa perturbava. A simili congestioni in varj luoghi avvenute io riferisco assai caches- sie , la perdita d’ appetito, la clorosi nelle fan- ciulle (chè pure estimo una specie d'’isterismo) e tutta quanta la serie ‘infinita delle malattie , che assalgono le meschine, preda da lungo tempo di sì trista affezione; e di quì trae ori- gine l’idrope dell ovaja, chè vi si depongono gli umori depravati, onde la donna primamente fassi sterile, indi distrutta affatto l economia del- le parti si genera sanie e serosità che le disten- dono in gran mole, come si può T nelle dissezioni di coloro che ‘ne muojono . Però la diatesi isterica n’ è la cagione primaria. Così avviene nella febbre quartana che 2 “ i 131 assale P uomo della maggior salute purch' ei dimori alcun tempo in. luoghi paludosi. Beve il sangue dapprima. un certo miasma, e questo soggiornandovi a lungo sturba l'economia della macchina, contamina gli umori, sicchè ove sie- no persone di età già molta fannosi inchine- voli ‘a cachessie, e ad altri mali che sogliono sopravvenire per le lunghe intermittenti A Però non voglion già' cotali febbri que’ rimedi che purgano gli umori, bensì quegli specifici che alle intermittenti si convengono . „Dalle cose finora arrecate parmi appari- sca pienamente manifesto , essere la principale indicazione in questa. malattia corroborare. il sangue fonte ed origine degli spiriti, onde posso- no questi mantenere l'armonia sì nel tutto che nelle parti. Ma siccome dall’ antico disordine degli spiriti avviene viziarsi gli umori, sarà bene prima di ciò fare, diminuirli e col salas- so, e co purganti, purchè le forze della ma- lata il permettano; mentre in altra guisa ne sarà sommamente difficile riuscirvi.. Ma qual- che volta accade. che i dolori sieno sì atroci, e tale il vomito, e tale la diarrea, che non ammettono , si possa attendere a quella prin- cipale indicazione, quindi lasciata per poco la cagione della malattia, gli è mestieri volgersi tosto a calmare i sintomi mercè appunto un qualche anodino..E poichè la sperienza ne in- segua, molte sostanze di fetido odore essere al proposito grandemente acconce , perciò deno- minate isteriche, non vorrassi in simili circo- 132 Stanze dimenticarle Rispetto alla cura radi- cale ecco il mio metodo: fo trarre sangue dal braccio, purgo per tre o quattro giorni con- tinui. In questo tempo le cose anzichè piegar in meglio volgonsi in peggio, effetto naturale del tumulto indotto dall evacuazioni, del che ne fo accorta la malata , onde non ne disperi . Ad ogni modo però debbonsi cacciare in parte tali umori viziosi dalla lunghezza della nia- lattia adunati, innanzi d appigliarsi alla prima- ria indicazione . i È Dopo queste evacuazioni m'accingo a cor- roborare il sangue e gli spiriti quindi , che ne traggono nascimento. Per la qual cos? prescri- vo un qualche calibeato , che si dovrà prendere trenta: giorni, nè avvi miglior cosa di lui. Com- parte alla massa del sangue, torpida e ian- guente una’ certa forza, una certa ‘vivezza onde gli abbattuti spiriti si elevano. Nè di ciò è incerta prova il vedere nelle clorosi farsi il polso mercè un tale ‘rimedio, e più grande, e iù celere ,, e $ aumenta’ il calore esterno, e sfugge la pallidezza tingendosi di porpora il già sì smorto viso: Pure vuolsi avvertire come non sempre debbonsi far precedere le evacua- zioni; e si ommetteranno ove siavi molta de- bolezza, tosto dando di piglio al ferro. . Il ferro secondo quello ch’ iò ‘credo, giova assai somministrarlo in' sostanza ; nè ho veduto giammai, nè ho mai sentito dire che ei fosse nocevole a ‘persona preso di tal guisa. Così per moltissime sperienze ebbi a conoscere di —=—TTTT' 133 quanto giovamento ei tornasse e come più presto che in tutt'altro modo preparato ope- rasse felicissime guarigioni. Egli è a sapersi, che e questo ed altri rimedj eccellenti vennero pe Chimici scemati di loro forza nativa; e se fosse vero ‘ciò che udiva , il ferro quale si cava dalle viscere della terra essere più eff- cace che non quando venne sottoposto all’ azione del fuoco, e fuso, la mia asserzione verrebbe tanto meglio sostenuta. Jo però non ne feci sperimento veruno. Ben so per altro non essersi mai adoperati rimed) eccellenti, che non ricevesser dalla natura le principali virtù, onde mzani degli dei, non degli uomini vennero appo gli antichi appellati. Che poi debbansi all intrinseco valore naturale: de rimedi. ma- ravigliosi effetti sotto qualunque fornia si som- ministrino , ne faccian fede l oppio, e la cor- teccia peruviana. Nè tanto si manifesta la perizia in preparare i medicamenti, quanto in sceglierli e in adoperarli opportunamente . Dun- que non ne rimane a fare altro, che ridurli in quella. forma, la quale: sia più acconcia a . comunicarne la loro virtù, ‘alla qual cosa ab- biamo mezzi soverchj. Dopo il ferro in so- stanza a me me aggrada soprattutto il siroppo; fassi perciò un infuso a freddo nel vino del reno di limatura di ferro o d’acciajo; ove il vino ne šia bastevolmente impregnato , si cola il liquore, vi si aggiugne zuccaro a dose suffi- ciente e bolla a consistenza di siroppo . To poi non son uso, mentre sì prendono 154 tai rimedj, purgare a dati intervalli; perché credo qui ‘i purganti nuocano di molto all’ effetto diminuendo la virtù de’calibeati . E sic- come è mio scopo ritornare all ordine gli spi- riti corroborandoli, il più leggiero catartico mi distruggerebbe in un giorno ciò che avea fatto in otto, e sarebbe mestieri ricominciare. Tale è in vero la comune costumanza nell'uso delle acque minerali ferrugginose, e non dubito quin- di, se ne scemi l'efficacia.. Ben .so come alcuni guarissero non solo ad onta de catartici presi ad intervalio, ma somministrati ogni giorno insieme al ferro, lo che per altro non prova più il senno del medico, quanto la possanza del medicamento , menire da solo agisce con assai maggiore prestezza . Per verità anche in molte altre malattie io non veggo di qual vantaggio possan essere i ripetuti purganti; anzi parini ravvisarvi espres- so danno. Imperocchè quantunque non sia a negare, liberino essi le intestine dalle impuri- tà, e sottraggano dalla massa del sangue gli umori nocivi, vuolsi però confessare, arrecare assai fiate moltissimo male alle persone deboli, sovrattutto a’ teneri fanciulli, richiamando alle viscere una siraordinaria quantità di umori , onde fermentazioni preternaturali, e tumori quindi all'addome sempre più crescenti quanto più vai purgando ., Avviene infine, che queste parti per la somma debolezza, e prive del na- iio calore soffocato quasi dalla quantità degli umori cadono di leggieri in tabe e si disfauno . 135 Talvolta distrutta pienamente ogni economia nelle viscere‘empiesi il mesenterio di ghian- dole preternaturali strumose, e simili che stra- scinano a morte. Egli è perciò } che io eredo ben più sicuro ne’ fanciulli, dopo non molte generali evacuazioni, confortare il sangue e le viscere. Al quale oggetto ben vale il vino di Spagna o solo, o medicato d’ erbe corrobo- ranti, prendendosene mattina e sera qualche cucchiajo più o meno a misura dell età. E poichè ne’ fanciulli possono pur molto le ap- plicazioni esterne, vorrassi pure ne’ tumori ad- dominali o sieno ‘di scrofole, o di rachitide far uso di lenimenti corroboranti, e che di- struggano a un tempo ogni labe fattasi- nelle parti, come R. fol. Absinth. vulg. Centaur. min. Marrub. alb. Chamaedr. Chamaepit. Scord. Calaminth. vulg. Parthen. saxifrag. pratens. Hy- peric. Virg. Apr. Serpil. Menth. Salviae Rutae Card. benedict. Puleg. Abrotan. Chamomel. Ta- nacet. Lilior. Conval. ( omnium recenter colle- ctor. ef incisor. ) ana man. unum, axung. por- cin. lib. quatuor, sevi ovini et vini clareti ana lib. duas. Tengasi ogni cosa in macerazione per 12 ore in un vase di terra sopra calde ce- neri; indi si faccia bollire alla consunzione dell’ umidità , poi si coli onde avere un unguento , col quale si ungeranno il ventre , gli ipocondrj ed entrambe le ascelle mattina e sera per lo spazio di 30, o 4o giorni. i; Rispetto alla rachitide è da avvertire che in que tumori di ventre che soleano succedere 136 altre volte ne'fanciulli da lunghe intermittenti ; e che rassomigliavano alla vera rachitide pare» va fossero indicati i catartici; perocchè innanzi l'uso della ‘corteccia peruviana durando cotali febbri assai, avveniva deponessero un qualche sedimento, che non si potea cacciare se non per mezzo di ripetuti purganti. Ma nella vera rachitide non è d'uopo purgare, che una o due fiate al più, innanzi d’appigliarsi agli alteranti. Per tutto il tempo, che si fa uso del lenimento o si prenda internamente il vino suddetto , o se è possibile, abbiasi per comune bevanda birra, che sia stata racchiusa insieme a di- secreta quantità dell erbe mentovate . Io desi- dero , si avverta. diligentemente ciò che ora diceva, mentre ben so come non. pochi fan- ciulli da ripetuti catartici furon morti. Ma tai cose sien dette di passaggio . Se altri obiettasse poter. essere inocevole la limatura di ferro soggiornando nelle intesti- ne, quindi doversi tratto tratto purgare; ri- spondo primamente, ciò, non essersi da me veduto giammai; secondo ch egli è più veri- simile sen esca meglio insieme al muco , ed alle parti. escrementizie da cui è involta, di quello che venga cacciata dai purganti i quali agitando le intestine , astringendole a contra- zioni insolite e distorsioni possono forse più profondamente nelle loro tonache piantare le particelle ferree . DX cio i ; Non si dimenticheranno pure i rimed) detti isterici e vorrassene somministrare di volta im ass detta “è 137 volta, e in quel modo e sotto. quella forma, che tornerà più a grado a’ malati. Certo è che in forma solida mostransi più possenti, dimo- rano più a lungo nel ventricolo , dispiegano maggiormente la loro. virtù. A soddisfare a tutte le indicazioni accennate io soglio prescri> vere i seguenti pochi e volgari rimed) . Dico volgari, non è però che il più delle volte non sieno efficaci: Si tragga sangue dal braccio destro ad once otto. R. Galban. in tinct. Ca- stor. solut. et Colat. drac. tres, l'achamak. scrup. duo ; facciasi empiastro d applicarsi al? om- bellico . A La mattina seguente si farà uso delle se- guenti pillole . R, Pilul. coch. maj. scrup. duo Castor. pulpy. gr. duo, Bals. Peruv. gut. quatuor X pilul. n. quatuor. Prendansi alle cinque del mattino indi si dorma ; e ciò si faccia per due o tre altre volte o di seguito o a giorni alterni giusta le forze del malato , e l operazione del medicamento. | © ` i -R Ag. Ceras. nig.-Rutae et brion. comp. ana unc. tres castor. în, nodul. ligat. et in vitro suspens. drac. sem. sacchar. crystal. q. s. si fac» cia giulebbe da prenderne quattro o cinque cuc- chiaî in caso di languore ,' aggiugnendo alla prima dose, quando pure il parosismo incalzi , venti gocce di spirito di c. di Cervo . i Dopo tali pillole purganti vorrassi venire alle seguenti: R. Limat. Chalyb. gr. octo S- q. extract. Absynth. f pilul, duo: si prenderanno di buon mattino, e si ripe- 138 í teranno alle cinque ore’ pomeridiane per lo spazio di 30. giorni, bevendo appresso un bic- chiero di pino- d''assenzio . Oppure R. limat. Chalyb. et extract. Ab- syné. ana unc. quatuor, si mischii, si serbi all’ uso : fatte pillole se ne prenda allo stesso modo sedici grani, o uno scrupolo . O se pure la forma in bolo torni più a grado R. Conserv. Absynth: Roman. et conserv. Ilaved., Aurant. ana unc. unam, Angelic. con- dit. Nucis moschat. condit- et Theriac. Andro- mach. ana unc, sem. Zinzib. condit. scrup. duo cum s. q. syr. Aurant. f. Electuar. R. electuar. praescript. drac. unam et sem. limat. Chalyb. probe triti gr: octo cum s. q. syt. Aurant. f. bolus. Si prenderà di mattino e alle cirque po- meridiane ‘bevendo appresso un bicchiero di vino d assenzio . asi gati R. Myrrh. elect. et Galban. ana drac: un. et sem. Castor. gr. quindecim cum s. q. bals. peruv. f. pilulae e singul. dracm. duodecim , da prenderserie tre ogni sera bependopisi appresso tre o quattro cucchiai d acqua di Brionia composta . . Che se. tali pillole muovono il ventre, la qual cosa avvien talora nelle persone facili ad essere purgate in virtù delle gomme che rac- chiudono, sostituiscansi le seguenti . R. Castor. drac. unam sal. succin. volat. drac. sem. cùm s. q. extract. Rutae f. pilul. exi> guae n. vigintiquatuor , se ne prenda tre ogm Sera , i 139 Gli è mestieri osservare , che talora i ca- libeati sotto qualunque forma, e in qualunque dose si dieno cagionano alle donne perturba- menti e di animo e di corpo, nè solo a? pri- mi dì, lo che è comune, ma in ogni tempo . In tale circostanza non vorrassi tosto inter- romperne ľ uso, ma onde meglio lo si soffra sarà bene somministrare ogni notte per qual- che tempo laudano misto. a qualche acqua isterica. l LIE Aë Quando è lieve malattia, sicchè vegga non essere uopo di ferro, mi basta trar sangue, e purgare tre o quattro volie , come s'è detto sopra , quindi fo prendere mattina «e sera per dieci giorni le pillole isteriche alteranti ram- memorate. Un tale - metodo in tale caso di rado mi falli: anzi le sole pillole ommesso il salasso, .ommessi i purganti poterono spesse volte produrre -de magnifici effetti. Non è poi meno da avvertire esservi alcune donne, che per una certa idiosincrasia abborronò cotanto que medicamenti isterici che non che ‘non ave- rne gioramento ne traggono espresso danno. In queste converrà al tutto rimanersene . ~ E rispetto alle idiosincrasie dico, essere talora di tanta importanza che non avendovi riguardo si possono gittare le malate in grave pericolo di vita, nè ciò solo parlando di ri- medj isterici ma di altri molti. Adduciamone un esempio . Alcune donne prese da vajuolo non reggono al siroppo Diacodio , e m'hanno vertigini, e, vomiturizioni, e simili sintomi 140 ; isterici: però sostengono eccellentemente il lau- dano liquido. La qual cosa or ora appunto vù venne fatto d’ osservare in una nobile giovi- netta, che malata di vajuolo, e somministran- dole alla sesta, e settima notte un tale siroppo presentò ogni volta i sintomi suddetti, nè pro- cedeva convenevolmente la infiammazione delle ‘pustole. Però in seguito prescrittole il laudano non apparve più cosa veruna , e bene proce- dettero le pustole, il tumore della faccia, e ciò, che pur era ď ottimo augurio, toglievasi uell’ ansietà , quell’ inquietudine e d’ animo e di corpo , che suol apparire in questa malat- tia, come a parosismo, e la giovinetta ben presto ricupero sue forze. Ma ciò sia per incidenza . i ~ Di tal guisa curansi d’ ordinario eccellen- temente le affezioni isteriche : e le più anche delle così dette ostruzioni di donne e in ispe- cie la clorosi, e tutte le soppressioni de’ mesi. Che se pure il sangue sia di tanto debole, e tanto quindi il disordine degli spiriti che nulla vi possa il ferro prescritto. nel modo mento- vato, sarà mestieri recarsi a qualche fonte di acque minerali ferruginose , come a Tunbrige ‘o altrove. Così avverrà, meglio senta il sangue la virtù marziale, e per la quantità che se ne beve, e per la maggiore convenienza colla na- tura, ed elle ben più varranno; che tutt” altra chimica preparazione . s . Se in questo tempo si manifestasse un ‘qualche sintomna isterico sarà bene interrom- 141 pere luso delle acque per uno o due dì, fin- chè non sia ritornata la calma, perocchè al- trimenti sarebbe ‘loro impedito il passaggio . Gli è ben vero, meno esse agitare gli umori, „e quindi meno confondere gli spiriti , di quello non facciano i catartici benchè lenissimi dall arte preparati, pure in qualche guisa ciò fanno siccome fornite di certa virtù diuretica, e so- vente anco di purgativa. Che se per esse me- desime avviene un ‘tale turbamento , veggano quanto male si consigliano coloro, che vanno pure prescrivendo una o due volte la settimana de’ purganti, e peggio ancora coloro che ‘non dubitano ‘mescerli alle acque stesse, onde e queste, ed altre d'altra sorte perdono infini- tamente di loro azione . . Non parmi, debba gu tacere, come quan- tunque altri estimi in ta acque riscontrarsi il ferro sciolto ne’suoi principj, io porto opinione non essere altro che semplici acque impregnate della virtù della miniera per cui passano. Lo che apparirà a ciascuno manifesto quando vo- glia gittare in certa quantità di acqua de’ vec- chi chiodi rugginosi. Perocchè mescendovi pol- vere di galla, o foglie di thè o simili vedrà essa assumere quello stesso colore, che assu- merebbe se venisse dalla fonte minerale. Nè sì fatte acque poi mancano d’ azione purché sieno bevute in estate , e in un clima sano . Che se non ceda pure la malattia alle ac- que ferruginose, s’ appiglieremo alle calde sul- furee p. e. quelle di Bathe. E poichè il mas 142 , lato ne avrà bevuto per tre mattine di seguito entri nel giorno seguente. nel bagno, e il gior- no dopo rinnovelli il bere, e così alternativa- mente continui per due interi mesi. Dico per due mesi, mentre e rispetto a queste acque, e rispetto ‘ad altre qualunque sieno , debbe il ma- lato insisterne tanto nell’ uso, finehè non solo ne tragga sollievo, ma si vegga pienamente guarito . vath i La triaca d’andromaco anche da sola ado- prata e di spesso, e a lungo ella è pure un eccellente rimedio. Nè in questa malattia sol- tanto ma in moltissime altre che traggono ori- gine da difetto di calore di digestione vale as- sai, ed è forse de più possenti medicamenti che si conoscano comechè caduta in disprezzo perchè comune troppo e da tanti secoli usitata. I vini di Spagna medicati, infondendovi genziana; angelica, assenzio, centaurea, corteccia ď arancio ed aliri corroboranti giovano molto bevutone qualche cucchiajo tre volte al dì, pure che in vero la malata non sia ď abito magro, e bilioso. E mi giovò pure assai presso alcune isteriche il solo vino di Spagna preso a di- screta dose all’ ora del sonno , e furono fatte più robuste, e da cachetiche divennero vegete., e vivaci... Maravigliosa fu poi talora la corteccia pe- ruviana, e la vidi alla dose di uno scrupolo mattina e sera per alcune settimane ritornare fermezza e sanità a uomini ipocondriaci a don- ne isteriche dalla lunghezza della malattia omai 143 t ka . s LI a . . al tutto spenti. Ma in nissuna specie d'’ isteri- smo si mostra ella più valente come là dove sono prese le donne da convulsioni per verità ferocissime, sicchè fanno sforzi incredibili, è si battono il petto. Nondimeno vuolsi confes- sare, essa non esser quivi sì certo rimedio qua- le si mostra nella cura delle intermittenti. Pure . quantunque ella sia in queste miracolosa, e ognuno a lei ricorri all'uopo, e alla moglie, e a figliuoli non tema somministrarla, e vi ha persona cui non meno dispiace perchè sì pre~ sto e con' tanta sicurezza guarisce, come una volta dispiaceva , perchè da poco tempo era conosciuta. Questo è comune fato degli uo- mini veramente grandi e insieme de’ rimed) i più eccellenti. L’ esultare però o il dolersi del pubblico ‘bene è pietra di paragone che ne fa conoscere, se è buona. o trista nostra indole | ept i | Se poi de’ rimedj mentovati nissuno sia convenevole , lo che avvien sovente a persone di temperamento magro e bilioso , allora pos- siamo appigliarci alla dieta lattea. Imperocché alcune donne (cosa aprima giunta di maravi- glia ) combattute a lungo da isterismo delusi tutti gli sforzi de’ medici poterono allà fine ri- cuperare la salute, vivendo per qualche tempo di solo latte. Ed erano le più da quella specie affette ch'io chiamo colica isterica la quale non era sedata che da’ narcotici; che però in fine tosto incrudeliva , appena cessava la virtù del calmante. Ma ciò che più è da meravi- Joni prà: c ciò strano il latte un alimento e, stancata la altri cibi, più estione proceder- sangue sp @ spi- il eziandio avvertire , che a degli spiriti considerata dine loro, ma. vaol es- sere paragonata | o del sangue . Impe- rocchè e” può darsi che gli spiriti in un bambino LORO ben e robusti in ragione del sangue ch'ei contiene, e tali poi nori sieno a proporzione in un adolto. Ora dalla dieta lattea, quantunque cruda , e debole , producendosi mol- le sangue, e delicato, se gli spiriti, che ne nascono sono di pati natura, ecco non volersi iù. Ma non tutti. sanno superare gli incomodi che d’ordinario arreca në primi giorni il latte, sì perchè si coagula, nello, stomaco , sì perchè non è sufficiente a sostener loro forze . Però a corroborare il sangue e gli spiriti egli è sopra tutte le cose che mi sia cono- sciuto il moto a cavallo continuato e molto e frequente. Imperocchè in questa specie di Ginnastica facendosi impeto singolarmente sul- le viscere delľ addome destinate dalla natura a mandar fuori le sostanze escrementizie del sangue una cotanta serie di scosse non può non e se è cagione d : 145 non essere che risveglii l’azione degli organi naturali, che ecciti calore, che elimini succhi depravati, o li riduca a loro stato primiero ; e il sangue infinite volte agitato rimescolato uopo è, quasì si rinnovelli, s'invigorisca . Di vero che un cotal metodo non è il più acconcio per ‘le donne le quali avvezze a vita inerte ne trarrebbero, sovrattutto in principio, danno; ma nulla di più convenevole negli uomini. Un nostro Prete uomo per senno, e per erudizione celebratissimo dopo lunghi stud) e profonda , immoderata applicazione venne preso da affezione ipocondriaca, e ne era sì mal menato , e da tanto tempo, che omai tutto erasi viziato entro il suo corpo. Ricorse più d'una fiata ai marziali, sperimentò quasi tutte l acque minerali frapponendovi spesso i catar- tici, non lasciò specie alcuna d' antiscorbutici, prese assai polveri testacee onde addolcire il sangue; vana ogni cosa. Così parte per la malattia, parte pe’ medicamenti continuati tanti anni sommamente spossato gli sopravvenne una diarrea colliquativa , che nella ftisi e neglì al- tri mali cronici ove tutte le digestioni sono distrutte suol essere il foriero di morte. Me alla fine consultò, e tosto venni in parere non più potersi attenere a farmaci, che tanti e senza frutto ne avea tranguggiati; e lui consi- gliava per le ragioni or ora ricordate si desse subitamente alla cavalcatura. Corto viaggio a principio , convenevole al sno stato , che però di mano in mano aumentasse finchè giugnesse a ONE ‘a, 10 146 a discreto cammino e vi persistesse ogni gior- no sino a salute. Qual altri meno veggente si sarebbe indotto solo a tentare un simile esercizio ? Rispetto alla dieta, rispetto alla temperatura non gli prescrissi riguardo veruno, e il volli come viaggiatore ad ogni cosa pre- sto. Così ei fece , e gradatamente giunse fino al giornaliero cammino di venti, di trenta mi- glia, e trovandosi dopo poco tempo assai bene perseverò più mesi in simile esercizio avendo corse, com’ egli mi diceva, qualche migliajo di miglia, sicchè trovossi alla fine ristabilito non solo, ma vigoroso, e vegeto. Nè agli ipocondriaci giova soltanto il cavalcare; è pure di grandissimo ajuto a’ tisici , e alcuni di que- sti a me stretti di parentela vennero di tal modo risanati, a ciò esortandoli poichè ben - vedeva niun rimedio, comechè prezioso, poter loro tornare di giovamento. Però e le lievi tisi con tosse, frequente e dimagrimento ne guarirono, e ne guarirono eziandio di gravi e confermate, ove apparivano sudori notturni, ed eravi quella fatale diarrea le più volte nun- zia di vicina morte. Insomma vo' dire , che per quanto sia terribile la flisi come quella che invola due terzi a un di presso de’ morti da malattie croniche, io»posso pure assicurare che nè il mercurio nella lue venerea, nè la corteccia peruviana nelle intermittenti mostransi più efficaci del moto a cavallo nella ftisi; pur- chè e si facciano viaggi abbastanza lunghi , e le lenzuola del letto sieno perfettamente asciutte. i 149 Conobbi poi per moltiplici sperienze ce: le persone di età avanzata debbono insistervi più a lungo che non i giovani. Ma se un tale mo- vimento riesce del inassimo vantaggio a tisici il moto in cocchio non è pure a spregiarsi,; e sen ebbero talora mirabili effetti . Ritornando al proposito dico , questo es- sere il metodo generale per la cura dell’ iste- rismo riparando di tal modo alla cagione pri- maria, cioè alla debolezza del sangue; quindi «non può aver luogo che fuori del parosismo . Ma ove questo arrivi con qualcuno de’ sintomi sopraddetti, e il male sia sì grave che non ammetta altro indugio, tosto daremo di piglio a rimedj isterici, 1 quali mercè l’ odore pene- trante e disgustoso che tramandano possono ritornare gli spiriti alle proprie sedi; o si pren- dano all’ interno, o si avvicinino alle nari o si applichino esternamente. Tali sono l’asafetida, il galbano, il castoro , lo spirito di ‘sal am- moniaco, e tutto quanto in somma sia fornito d ingratissimo odore. Per verità che tutte le sostanze fetide servono grandemente all’ uopo, o sieno esse tali per natura, o le sieno per arte. Ed io avviso, lo spirito di corno di cer- vo, quello del sangue umano, dell’orina, delle ossa e simili traggano loro principali virtù da quell’ empireuma fetidissimo che acquistano , mercè la forza del fuoco, e che si annette alla loro essenza. E dicasi lo stesso del fumo, che mandano bruciando, il cuojo , le penne ed al- tre parti animali : è proprietà loro comune ; € + 148 se forte sia il fuoco} e si riceva tal fumo in opportuni vasi n’ abbiamo quello che dicesi spirito volatile. Tutto è fattura del fuoco, non esistevano in esse dapprima cotali facoltà : pe- rò da qualunque sostanza venga tratto lo spi- rito volatile, purchè animale ella sia, possiede sempre la medesima virtù. Che se il parosismo venga accompagnato da dolore grande, manifestisi in qualunque parte, o siavi enorme vomito , o diarrea , ol- tre a rimedi isterici vorrassi ricorrere al lau- dano, che solo in tali circostanze può. Però. in sedare que’ dolori, che muovono il vomito si dovrà avvertire, tranne sieno al intto intollerabili, non apprestare laudano od altro narcotico innanzi premettere. le dovute evacuazioni. Primamente, perchè avvi talora una tale abbondanza e di sangue e d'altri umo+ ri, soprattutto nelle persone di robusto tempe- ramento o sanguigno, che ne verrebbe im- pedita ad ogni modo l’azione del narcotico , comechè possentissimo e ripetuto. Uopo è quivi trar sangue dal braccio, e somministrare un purgativo innanzi discendere al iaudano ; ed egli allora in dose mediocre potrà quello che dappria non valeva in grandissima . In secon- do luogo perchè, siccome ne fe’ chiaro la spe- rienza , ogni qualvolta la malata mano mano si avvezza al laudano non premesse le evacua- zioni, è necessario ripeterlo , tosto. rinnovel- lando i dolori appena sfuggita l azione del ri- medio, e ciò conviene fare ogni di per alcuni | 149 anni crescendone gradatamente la dose; cosiché non può rimanersi dal laudano, quantunque per esso si vizino tutte le digestioni, e s° indebo- liscano ‘le funzioni naturali. Però non penso io, nuoca egli al cerebro, o a nervi, od alle fanzioni animali. Pertanto giudico, e parlo chè il provai, doversi premettere gli evacuanti agli anodini:.p. e. nelle donne robuste, o san- guigne si caccierà sangue, si dovrà purgare, specialmente se da lungo tempo loro non sia sopravvenuto il parosismo . Ma se all opposito incontrinsi donne delicate, e di ben altro tem- peramento e non da molto state prese dal parosismo basterà deterger loro il ventricolo con certa ‘quantità di siero di latte che tosto pel vomito :rimetteranno , indi prescriver una larga dose .di triaca, o. d' elettuario orvietano volendo poi, che bevano pure qualche cuc-. chiajo di liquore non ingrato con poche gocce di laudano liquido . | Se però l ammalata avrà. già dappria vo- mitato innanzi venga. chiesto il Medico; e si tenta , ñon per gli emetici muovansi a furore gli spiriti , e di soverchio abbattansi le forze, senza più indugiare daremo di piglio al lau- dano in dose proporzionata al male, nè avrassi dubbio a ripeterla onde dissipare interamente ogni cosa . Ma qui due cose voglionsi specialmente avvertire. Primo che vuna volta impreso il lau- dano dopo le debite evacuazioni; se ne con- îimuerà l’uso e in quella dose, e tante fiate 150 ripetendola, finchè sia debellato il sintoma ś solo frapponendo un tale spazio di tempo che ne faccia conoscere cosa operasse la prece- dente: di ciò a lungo ne parlammo altrove .. Secondo , allorchè si prende il laudano vorre- mo religiosamente guardarci da ogni evacua- zione; il più lieve clistere può distruggere quan- to riparava il narcotico , e richiamare e vomito, e dolori. Che se in questi gli è mestieri il calman- te, come dicemmo,; nel vomito smodato il vorrà essere tanto più, e dose se ne richiede assai maggiore, e più sovente ripetuta . Tosto dopo ciascuna evacuazione dovrassi reiterarla , perocchè in altra guisa si corre rischio, venga rimesso innanzi abbia in qualche modo ope- rata. La forma solida verrà prescelta o se liquida, sia il veicolo sì scarso che per la poca quantità non possa il ventricolo rigettarlo . P. e. alcune gocce di laudano in un cucchiajo di acqua di canella vigorosa o simile. Intanto ľ ammalata si ponga in riposo, tenga princi= palmente, quant è possibile, immoto il capo, mentre nulla di più presto a provocare il vo- mito. Domato il parosismo si continuerà nel rimedio mattina e sera per pochi giorni, onde allontanare una recidiva, lo che sì farà pari- menti sedati i dolori, o la diarrea . i Con questo metodo si soccorre ai sintomi mentovati, i quali siccome vestono spesse volte sembianza ď altre malattie ingannano di leg- gieri i Medici. P. e. nella specie che imita la 151 colica nefritica chi non vede la infinita rasso= miglianza dell’ una coll’ altra ? Ambe assalgono una medesima parte, ambe producono vomito g tanto ne variano le cagioni, e sì diverso metodo richieggono, che giova in questa ciò che è di nocumento in quella. Nel dolore e nel vomito per calcolo o per renella voglionsi e larghe e frequenti cacciate di sangue ope- randosi di tal modo una rivulsione della causa procatartica , e onde dilatinsi e si rilascino i condotti pe quali esca il calcolo, giovano gran- demente i clisteri emollienti, ed altri simili rimedi interni aggiuntivi poscia i diuretici, e litontritici. Che se ciò non per calcolo avven= ga, ma per copia di spiriti animali fattisi so- pra i reni, volendosi i soli narcotici, e gra- vissimo danno traendosi dal più mite clistere non è uopo dire in quanto pericolo si ponga una infelice altramenti facendo. Ed è lo stesso di quell'altra specie che simula la colica bilio- sa, e la passione iliaca. Ove la si scambii colla colica biliosa riputando nascere l affe- zione da umore acre deposto nelle viscere per le mesenteriche (nel qual errore cadono facils mente i meno cauti sedotti dal dolore atrocis=- sima e delle materie verdastri emesse e per vomito e per dejezioni ), tosto si ricorre a tem» perare l’ acrimonia degli umori, e si dà di piglio ai refrigeranti, agli incrassanti ; nè si tralasciano i clisteri, e i catartici, e coll in- tenzione di sradicare maggiormente il male, mon sì dubita porre in opra il mercurio dolce 152 misto ai preparati di scammonea . Però quanto pericolo aduni un cotal errore a ciascuno può essere manifesto. Perocchè ne mostra la spe- rienza come dopo le prime universali evacua< zioni colle quali cacciansi gli umori corrotti che generò il disordine degli spiriti, e che posson essere ostacolo all’ azione del narcotico , non vuolsi altro fare che porre freno al. tumulto , sicchè si possa in seguito imprendendo I uso de marziali o d’ altro rimedio atto a rinvigorire il sangue ; svellere da radice la malattia. Non voglio io numerare le molte, e grandi cala- mità avvenute, e che io vidi, per sì funesto scambio . Dirò solo che le ripetute evacuazio- ni al tutto indicate nella colica biliosa non che non calmare il vomito e i dolori nella isterica, li aumentano aumentando il disordine vera cagione di questi sintomi. Infine protratto il male per più mesi presone repente il cervello sopravvengono convulsioniz per le quali in brevissimo tempo l ammalata muore, e ciò massimamente alloraquando dopo le altre eva- cuazioni ingannati dal color verde delle so- stanze rigettate si somministra l emetico . In- somma , se io pur conobbi qualche cosa os= servando, dico, doversi scrupolosamente guar- dare, non si confondano i sintomi propr] dell’ isterismo con altri d altre malattie, di cui veste egli soventi fiate le sembianze. — Non è a tacere; che oltre gli errori an- noverati, per. cui le donne isteriche corrono pericolo della vita altre molte per cagione non | 153 meno funesta vengono prese da simile malattia in tempo che ne sono tratte a morte non per l'indole del male in se, ma per quello che ne siegue. P. e. una donna di temperamento de- licato partorisce, ed ogni cosa procede rego- larmente e bene ; la ostetricante, o per igno- ranza, 0 per ostentazione volendo mostrare ď aver ben compiute sue parti consiglia la puerpera dopo pochi giorni dal parto alzarsi e rimanersi qualche tempo fuor di letto. Ella il fa, e tosto al primo muoversi ecco sorpren- derla. isterismo, e a misura che questo au- menta, diminuiscono primamente i locbj, indi s'arrestano' interamente. Succede alla imma- tura soppressione una longa serie di sintomi che ove: non siavi: nel Medico diligenza mol- ta, moltissima abilità, F ammalata soccombe : Imperocchè talora sopravviene frenesia, che fattasi di giorno in giorno più feroce induce convulsioni, indi morte; che se pure ne cam- pa perde. alquanto nel senno, e tale rimane non di rado tutta: la vita. Altra volta dopo la soppressione de lochj viene una febbre che prende il carattere dell’ epidemiche di que’ dì, o dipende interamente da quella sola cagione. Oltraccio le affezioni isteriche alle quali si deb- be principalmente la soppressione de lochj ad- doppiano di vigore. Già da lungo tempo io pensai che tra le. purpere, che muojono , ap- pena di dieci una muore perchè lei mancassero le forze necessarie, o pe’ dolori che accompa- gnano un parto laborioso; ma le più cadone 154 per lo alzarsi. troppo presto. e. si eccitano dal moto parosismi isterici, e sì arrestano i lochj e guai quindi irreparabili. Per la qual cosa io voglio sempre, stieno a letto sino al decimo giorno se però di debole temperamento , e in ispecie, se già dapprima ebbero a soffrire d'isterismo; ed oltrechè dalla quiete del letto sono fatte immuni de’ mali già tante volte ri- cordati, quel calore non interrotto ripara gli spiriti esausti da’ dolori del parto, e dalle soli- te evacuazioni; più, soccorre la natura, e di- gerisce e rimuove tutte le crudità , che la don- na adunava in tempo della gravidanza . Posto dunque, ciò sia avvenuto; sarà lin- dicazione calmare il tumulto degli spiriti, ri- chiamare i lochj siccome. nella soppressione loro sta la cagione prossima e immediata, di tai sintomi. Nè convien poi insistere pertina- cemente su questo metodo , ma dati per qual- che tempo que rimedj i quali d ordinario rie- scono in simile circostanza; ove non si vegga vantaggio se me rimarremo, mentre nè qui voglionsi medicamenti molto forti, nè vuolsi perseverare ne’ più miti in virtù del grande abbattimento nel quale si trovano allora le pipare P. e. appena si sa di soppressione di ochj facciasi riporre la donna a letto, si ap- plichi all’ombellico un empiastro ` isterico , Si somministri il seguente elettuario. R. Conserv. absynth. Roman. et Rutae ana unc. unam, trochisc. e Myrrha drac: duas, castor. croc. angl. sal polat. salis armoniac. ct assae faetid. i 155 ana drac. sem. cum s. g. Syr- de quinque radi- | cib. f. electuar. se ne prenda ogni tre ore la quantità d'una grossa noce moscata e pi si beva presso quattro o cinque cucchiai del se- guente Giulebbe . R. ag. Rut. Bryon com. ana unc. tres, sacchar. cand. q. s. m. f. lulap. | Questi rimedj adoperati tosto ne primi istanti della soppressione sogliono le più volte riuscire. Ma se non ritorna lo scolo, o già siasi consunta la intera dose, gli è mestieri al- meno per una volta tentare il laudano. Quì il laudano quantunque di sua natura astrin- geute, pure siccome quello che calma il tu- multo degli spiriti d’onde la meniovata sop- pressione, può talora moltissimo giovare e fare quello che gli emenagoghi non poteano . Però un’ eccellente pratica si è l unire i narcotici agli isterici, ed agli emenagoghi stessi, p. e: sedici gocce di laudano liquido nell acqua di brionia composta; o un grano e mezzo di laudano in forma solida, con mezzo scrupolo d'asafetida di che facciansi due pillole. Ma gli è da avvertire che ove di tal modo nulla si ottenga, non è a ripetersi la dose come si suole e si dee fare in altri casi. Imperocchè reite- rando il narcotico così possentemente fisserà i lochj che più non sarà possibile provocarli . Però dopo qualche tempo certi del nissuno effetto ritorneremo agli emenagoghi uniti agli ISterici, nè si dimenticherà un clistere di latte con zuccaro . Il clistere a gfiisa che abbiamo detto dell'oppio non vorrà essere ripetuto nul- 156 i la esendovi a sperare da più se uno non giova; mentre se questo dolcemente sollecita lo scolo, quelli divertendo gli umori lo allontanano. Le quali cose fatte egli è dovere di medico pru- dente arrestarsi; ogni giorno va diminuendo il pericolo e se l’ammalata oltrepassa il vigesimo tutto è in sicuro. Imperocchè acquistando un po di vigore potrà sostenere poscia que’rimedj che si crederanno acconci a togliere ogni ma- le; mentre ostinandosi a somministrare medi- camenti dopo il nissun profitto de’primi ; si può accrescere pure il disordine degli spiriti cagio- ne di tutto, lo che vuol ‘essere attentamente considerato. ‘ Non è gran tempo passato, che io ebbi a recarmi da una signora e per nascita e per costumi ragguardevole , la quale appunto per lo alzarsi assai presto dopo il parto , era stata assalita da isterismo, ed’ eransi pienamente soppressi i*lochj. Io tentai richiamarli co’ me- dicamenti ‘mentovati, e tutto fu vano, chè la violenta affezione rispingeva qualunque medico ajuto. E veggendo io poterla salvare nulla facendo, pensai commettere ogni cosa al tem- po a cui assai volte vuolsi da’ medici sagrifi- ficare» E il mio ‘consiglio ebbe ottimo effetto sino al decimo ‘quarto giorno, e visitandola ogni dì non m'avvenne mai ritrovarla in istato peggiore dello innanzi. Ma inseguito alcune donnicciuole che g' fatica aveva io rattenuto , le nuocessero coll’'intenzione di sollevarla, spin- sero il marito a farla salassare senza indugio dal piede. Ciò fu fatto, ed ecco masprire | 157 cotanto il parosismo. isterico che in fra breve tempo sopravvenero spasmi, e indi a non molto mori. Per verità, se a me lice dire liberamente quello che sento, già da lunga pezza vivo in cotal pensiero, non solo nelle dette malattie di puerpere ma anche in tutte le acute, quando scorga non potermi, assicurare di guarigione seguendo questo o quel metodo, essere da buon medico, e da onesto nulla fare purchè vegga non peggio oggi starne il malato di quello stesse jeri, e comprenda, non peggio possa starne domani, Perocchè sé io intento un me- todo di cui non mi. consti ancora l'efficacia , avverrà, che il malato e corra. pericolo dallo sperimento, e dalla malattia, quindi più diffi- cile, come ognun vede, il:camparne . Però quantunque non si manifesti alcun segno di guarigione, io son pur certo che una malattia acuta non può sempre durare, quindi ogni giorno ne porge speranze o almeno s appre- senta al Medico ľ occasione onde meglio com- battere il male, che non avrebbe fatto prima . Ciò io dico rispetto a moltissime malattie acu- te e principalmente voglio, s'intenda rispetto a quelle delle: puerpere nelle quali il più lieve errore può essere funestissimo, e possiam sì poco dirigere quella naturale evacuazione , che soppressa è cagione di ogni guai. . Ma poichè non sempre debbesi l affezione isterica a quella causa primaria annoverata cioè alla debolezza degli spiriti, ma dipende 158 pur talora da una cagione accidentale, innanzi! porre fine piacemi farne cenno siccome quell che assai volte promuove una simile malatti e vo dire il flusso smodato uterino o sia nell puerperio, o sia in altro tempo. E rispetto alla prima specie dessi sapere come egli so pravviene un tale flusso specialmente ne’ primii giorni dietro un parto laborioso ed apparisc attorniato da gran folla di sintomi. Però suol essere poco durevole e vien facilmente vinto» mercè un vitto incrassante a cui si può ag- giungere la seguente pozione. R. Ag. Plan- fag. et vin rubr. ana lb. unam coque st mul ad tertias deinde edulcoretur s. q. sacchar.. albissimi. Di tale pozione fatta fredda se ne: prenda una mezza libbra, due o tre volte all giorno. Intanto si somministrerà ‘un qualche: mite Giulebbe isterico, e si applicherà alle narii il seguente. R. Galban. et assae faetid. ana: drac. duas. Castor. drac. unam et sem. sal suc-: cin. volatil. drac. sem. misce f. nodulus; op-: pure R. Spirit. sal. armoniac. drac. duas , da! odorare soventi. E rispetto poi a nn cotal flusso fuori di puerperio comechè in qualunque tempo possa avvenire , il suole più sovente poco innanzi al. cessare spontaneo de’ mestrui, cioè verso l'anno quarantesimo quinto là dove quelli apparvero più presto, verso il cinquantesimo là dove più tardi. Allora a guisa di face omai interamente consunta che poco prima rimanere al tutto spenta manda un tratto di luce oltre il solito 159 | viva, corrono essi impetuosi, e per la copia del sangue perduto cadono le misere in conti- nui parosismi isterici. Quì quantunque con- | vengano i rimed) isterici, evitando per altro i più forti onde non provocare maggiormente il flusso, vogliam rivolgerci il più a frenare tale perdita, e sarà in questa guisa. Si tragga san- gue dal braccio ad once otto. La seguente mattina diasi la pozione purgante comune, che si ripeterà due volte ancora coll intervallo fra ciascuna di tre dì; ogni sera per tutto il corso della malattia diasi un'oncia di siroppo diaco- dio. R. Conserv. Rosar. siccar. unc. duas; trochisc. de terra Lemn. drac. quatuor, cort. granat. et coral. rubr. praep. ana scrup. duo , lapid. haematit. sang. dracon. et bol. armen. ana scrup. unum, cum s. q. syr. e coral. simpl. f. electuar. Da prendersene la quantità d'una gros- sa noce moscata di mattino, e alle cinque po- meridiane , e vi st beva presso sei cucchiai del seguente Giulebbe, R. Aq. germin. quercus et plantag. ana unc. quatuor, aq. Cinnam. hord. et syr. de rosis siccis ana unc. unam spir. yi- trioli q. s. ad gratam aciditatem . R. Fol. Plan- tag. et Urtic. ana g. s. contund. simul in mor- tar. marmor, et succus exprim. qui postea clarificetur. Se ne prenda a freddo sei cucchiai tre o quattro volte al giorno. Dopo la prima purgagione si applicherà il seguente empiastro alla regione de lombi. R. Emplastr. Diapalm. et ad herniam ana part. aequal. mis. extenda- tury super alutam et f. emplastrum . 160 Sarà la dieta refrigerante, tranne si potrà concedere una o due volte al giorno poca quantità di vino claret, comechè non sembri conveniente rispetto all ebullizione, che può muovere; ciò però sia onde ristaurare le for- ze. Tale metodo riuscirà pure nelle donne minacciate d’aborto. Solo si tralascieranno i catartici e i succhi. Evvi pure altra cagione d'isterismo benchè non sì frequente, cioè la procidenza dell'utero dietro parto laborioso. Tragge ella seco un’in- finità di cotali sintomi. Presto però facilmente vi si riparerà in questa guisa. R. Cort. querc. unc. duas , ag. font. lib. quatuor ad lib. duas sub finem addendo cort. granat. contus. unc. unam, Rosar. rubr. flor. granat. ana m. duos deinde -adde vini rubr. lib. sem. La colatura servi per fomentazioni alla parte affetta che si faranno con panni di lana due ore al mat- tino innanzi alzarsi, e la sera, collocata la donna a letto, e si proseguirà sino all'intero ristabilimento. Ma di simili cose non più. Eccovi pertanto o signore tutto quello , che fin quì mi venne fatto d’ osservare rispetto la storia, e la cura di questa malattia. Io priego voi avermi per iscusato se forse ne fu descritta non con quella accuratezza che vi si conveni- va, e vi priego pure accogliere di buon grado questa dissertazione cui espressamente diedi opera onde rendervi grazie del conto ;«in che vi compiacete tenere miei altri scritti quali pur sieno. La qual cosa a me sì di rado av- venne 161 venne, e che o per nulla al tutto mi son ben meritato degli uomini, o questi uomini ingenui, che la natura formò sensibili e grati sono oltremodo pochi. Vix tot'dem quot Thebarum portce vel divitis ostia nili. Non rimarrommi io però d’iuvestigare, e di promuovere, per quanto mi sarà possibile il metodo di curare le malattie come pure d’istruire coloro, se avvene, ne’ quali sia sperienza minore, che non in me. Intanto la mia fama stia nel pia- cere altrui. A me pare cosa di gran lunga migliore giovare agli uomini, che venirne ma- guificati;. e per verità ch'egli è ciò della mag- giore consolazione: il nome laura popolare sono più lievi di piuma, più vane delle vane ombre de’ sogni. Che se le ricchezze acquistate colla celebrità del nome, sembra sieno dappiù, le si abbiano pure quelli che le radunarono. Ricordino però come alcuni eziandio tra’ più «Vili artigiani ne ammassano talora assai, e lasciano a’ posteri grandi tesori; ma di vero che non sono eglino in questo superiori a’ bru~ ti, i quali ben sanno provvedere a se stessi ed a’ suoi, e tranne il retto, che ‘dalla volontà procede, e dalla virtù, di che non è capace la natura de’ bruti, li uguagliano appieno, co- me uguagliano tutti quelli che non si propongono il coman bene. Desidero mi raccomandiate a quell'uomo dottissimo d’entrambi: amico il Dott. Kendrick come a colui pel quale seppi l amo- revolezza che nudrite per me. To studierommi in quello che potrò farvi chiara la mia gratitudine, Tom. 2. II 103 . Della Podagra: a S dubbio giudicheranno gli uomini o che la natura della malattia di che parliamo debba essere oltremodo difficile a conoscersi, e quasi incomprensibile, o che io abbia sortito il più tardo ingegno del mondo, mentre da essa tor- mentato già da trentaquattro anni non seppi pur trarre ancora da mie osservazioni cosa che gran fatta ‘soddisfaccia e rispetto alla sto- ria, e rispetto alla cura. Ad ogni modo io voglio almeno riferire con tutta la fede quel- lo che finora ne conobbi, lasciando che il tempo padre del vero ne vinca le difficoltà, ne spiani le asprezze sì riguardo la natura che riguardo al metodo curativo, La Podagra assale il più di spesso que’ vecchi i quali poichè passarono la migliore età infra la mollezza e i piaceri abbandonandosi alle delizie della mensa, al vino, ai liquori spi- ritosi, infine mercè la inerzia compagna della vecchiaja lasciarono quegli eserciz) di corpo cui giovani già erano avvezzi. Oltracciò le persone soggette a questa malattia hanno gros- sa la testa sono d’ordinario d'un abito di corpo asasi pieno , umido , e lasso, tutti però di florida costituzione, e robusta; e d' ottimi stami vitali . Non però ella è sì propria de' corpulenti ; e de’ grassi che talora, comechè di rado, non 163 e venga preso chi è gracile e magro; nè at- tende sempre gli anni. inclinati manifestandosi ben anco ne più floridi, quand’altri cioè 0 n abbia tratti semi da’ parenti, © siasi dato in preda a smodata venere precoce, od abbia al tutto intralasciati quegli esercizj; a quali già era accostumato , e inoltre dalla crapola e dai liquori spiritosi abbia repente fatto passaggio a un metodo tenue e refrigerante.., Se appare ella per la prima volta a molta vecchiezza nè tiene periodi sì fissi, nè è si feroce, come quando. mostrasi in gioventù . Perocchè , e ď ordinario vien morte innanzi ch ella giunga al sommo di sua forza, e per la naturale diminuzione del calore e della ro- bustezza nè sempre, nè con impeto molto può scoppiare sulle articolazioni. All opposito as- salendo ne buoni anni comechè dapprincipio e vaga sia, e non d assai. crudele, e serbi in- certo periodo giusta le occasioni e duri pochi di venendo senza metodo, e ritirandosi; pure a poco a poco si fissa, e prende legge e tipo sì rispetto alla stagione in che ella venga; co- me rispetto alla durata del parosismo ; facen- dosi allora ben più d’assai feroce che non fosse a» principio. Noi favellando di questa malattia la con- sidereremo primamente in questo. suo stato regolare , indi la vedremo ne fenomeni irrego- lari, lo che fa ogni qual volta usandosi medi- camenti non convenevoli vien cacciata dalla propria sede, o mercè la debolezza del sog- 164 i getto non può elevarsi a’ suoi veraci sintomi . La Podagra regolare si comporta a un dipresso nel seguente modo: al fine di Gennajo , o al cothinciar di Febbrajo ecco a un tratto assa- lirne senza quasi presentimento veruno. Pe- rocchè solo la precedono d’alcune settimane certa crudità di stomaco, e indigestione; avvi inol- tre un senso di peso genéèrale, e d’intumescenza come di vento, che va crescendo sino allo scoppiare del parosismo. Pochi dì innanzi si manifesta un torpore e quasi una discesa di flati lungo i muscoli de’ femori con una affe- zione spasmodica, e il giorno prima della ve- nuta evvi appetito voracissimo, non però na- turale . l ai ia Noi andiamo a letto sani, e ci addormen- tiamo : alle doe dopo mezza notte ne sveglia repente un dolore d'ordinario al pollice ď un piede , talora ‘al calcagno , alla gamba al tallo- ne, somigliante a quello ch'è prodotto dal diflogamento di quelle stesse ossa con un senso d’acqua appena non fredda che scorra lungo le membrane di tal parte. Segue freddo con orrore e certa lieve febbre. Il dolore dappria discreto va grado grado aumentando , e scema di pari grado il freddo suddetto. Così passa il giorno; quando sul venir. della notte fassi atrocissimo insinuandosi perfettamente tra le varie ossa del tarso, e metatarso di cui ne circonda , i legamenti. Ora prende sembiante di tensione violenta, ora pare ti laceri i lega- menti, ora è morso di cane che roda ora do ARES assembra -a pressione, a stringimento; ed è a un tempo sì vivo sì squisito il senso della parte che nè può soffrire il peso delle lenzuola , nè il tremito della stanza per moto di chi cammina men lieve. Non è ‘quindi a dirsi quanto trista notte; agitazione, tormento , vol- gere qua la l'arte addolorato, perpetuo can- giar di sito. Ma yana ogni cosa; chè non innanzi le due, o le tre del .mattino, corse cioè ventiquattro ore, avvi calma; allora re- spira ‘il malato fattasi qualche digestione , della materia peccante , dissipatane in parte ; e a torto egli il riferisce alla positura cui ultimamente s'appigliò. Asperso di leggier madore s’ abhan- ona al sonno; e svegliandosi quindi di mol- to pure sellevato dal dolore vede la parte af- fetta di recente intumidita; perocchè dappria non vi scorgeva che certo gonfiore di vene come avviene solitamente ad ogni parosismo , Al giorno -che segue od anche al secondo ọ al terzo adunatasi in più abbondanza la materia morbifica, muovesi un po’ di, dolore che au- menta la sera, che scema di mattino . Fra po- chi altri giorni è l affezione all’ altro piede, la quale in ogni modo vi si comporta ugualmente e ove sia feroce -cede al tutto il dolore al pri- mo piede, e scompare ogui debolezza come se non yi fosse stato male alcuno. Però talo- ra ne primi tempi della malattia la soverchia copia di materia peccante avviene, si getti su entrambi i piedi, e con pari furore, ma le più volte il fa successivamente come si è detto , x \ — 166 f | Inseguito i parosismi si fanno irregolari sì ri- spetto all invasione sì rispetto alla durata in ciò solo costanti dell inasprire la notte, e diminuire di mattino . La somma di tutti que- sti piccoli parosismi ne forma lo intero più o men lungo giusta l'età del malato. Perocchè non vuolsi credere, fosse un solo parosismo quello che afllisse un tale per due o ‘tre mesi; ne era piuttosto una serie, una catena, l’ultimo de’ quali era più mite, e men lungo sinò a che consunta affatto la materia peccante fa ritorno la pristina sanità. Nelle persone robuste, e in coloro che ne furono presi di rado è soventi sua durata di quattordici giorni, ne’ vecchi e in quelli che tormentò assai, volte di due me- si, in male antico molto, e ‘in molta debo- lezza, e in molta età non fugge che a state di molto inoltrata. Ne’ primi quattordici giorni ? orina ‘è forte colorata e depone un sedimento rosso , pieno quasi d’ arena; non corrisponde d’ordinario che a un terzo di ciò che si beve: ? alvo è costipato: la perdita dell’ appetito , un freddo di tutto il corpo la sera, un peso, e una molesta sensazione delle parti anche non affette accompagnano l’intero parosismo . Finita ogni cosa sopravviene un prurito quasi intol- lerabile al piede affetto, specialmente fra le dita, e cadono furfure, ed avvi desquama- zione di pelle come per veleno. In ragione poi del dolore sofferto ritornano le forze, ritor- na l'appetito, € in pari ragione accelera o pro- trae sua venuta il venturo parosısmð, cosic- 167 chè ove l último sia stato acèrbissimo non ne apparirà il novello che dopo un anno. Tale è la podagra regolare. Ma. allora- quando o vien turbata da metodo inopportuno , o il lungo soggiornare in un corpo fa che ri- trovi in esse quasi un fomite, ne vale la na- tura col metodo consueto eliminarla, presenta fenomeni diversi assai dai già descritti. Impe- rocchè mentre finora stette ne'piedi, chè i piedi sono a lei sede naturale, e il mostrarsi altrove, è certissimo segno o dì metodo men convenevole, o di forze di corpo già diminuite, investe le mani, i carpi i cubiti, e le gi- nocchia ed altre parti, nè minore è il tormen- to. E talora ‘appigliandosi all uno o più dita le storce, le fa simili a un fascicolo di radici di pastiraca, e le priva a poco a poco di mo- to, e vi depone intorno a’ legamenti degli ar- ticoli concrezioni tofacee, che distruggendo e cute e cuticola si mostrano ‘ignude rassomi- glianti a creta ‘od agli occhi di cancro, e che sì possono estrarre con un ago. Talora la ma- teria morbifica deposta ne cubiti genera un tumore bianchiccio della grandezza quasi d’ un ovo, che a poco a poco s’infiamma, ed ar- rossa. E avvien pure che occupando il femore produce il senso d’un corpo assai pesante che VI stia appeso senza gran fatta di dolore e git- tandosi poi sopra il ginocchio ne sveglia un maggiore , e toglie ogni moto sicché lo infe- lice trovasi fitto a letto come per chiodi, nè punto nè poco può cangiar posizione. E quando PARTA , PRE. 168 gli è pur uopo venga mosso o sia per la in- quietudine sì comune in questa malattia , o per altro, ove non serbisi in ciò fare cautela infinita vi si cagiona cotal dolore tolerabile solo perchè passaggero. Per verità il bisogno d'essere trasportati con tanta delicatezza non è tra minori disagi che seco porta la podagra; mentre il dolore veemente non persevera tutto il parosismo, purchè la parte affetta stia in pieno riposo . È La podagra altre fiate non era usa inva- dere , che sul fine dell'inverno, e. dopo due o tre mesi ritiravasi ; persiste ora tutto l’anno toltine due o tre mesi de’ più caldi di state. Ed oltracciò di quella guisa che. il generale parosismo si fa più lungo , i piccoli ‘parosismi particolari ond’ è composto protraggonsi gp maggiormente, e dove non duravano oltre ue dì, ora non si dipartono innanzi al quartode- cimo , in ispecie se ne sieno presi i piedi e i ginocchi. Nè ciò solo, ma al primo od a secondo giorno dell’ accesso prova pure il ma- lato e certo male di stomaco e perdita inten d appetito. è Gai Finalmente mentre dappria aveva il ma- lato non solo di lunghi intervalli, ma godeva pure in questo tempo della miglior sanità sì rispetto agli arti, che a tutto il corpo, ora trovasi da ogni parle contratto, sicchè quan- lunque possa stare in piedi, e fare anche qual- che passo, ciò gli riesce con una tale fatica, che sembra quasi non si muova. Che se per- 169 siste oltre sue forze onde meglio recarsi ; quanto più giova a’ piedi il movimento, e li fa.meno soggetti a dolori, il fomite della ma- lattia non, mai dissipato sovrasta con grave” pericolo sulle viscere non potendo liberamente gittarsi su’ piedi, comechè per altro non sieno mai affatto liberi di dolore e più o meno pro- vino continua molestia. Ma si aggiungono al- tri sintomi assai; dolori. all emorroidi , rutti nidorosi, per cibo che si guasta entro il vea- tricolo sia ch abbi mangiato sostanze indige- ste, o solo ti sii cibato in quella quantità che ad uom sano s’ aspetta; langue l appetito come langue per inopia di spirito intero il corpo, e vivi solo per essere infelice. L’ orina già co- tanto colorata e poca soprattutto ne’ parosismi, e pel colore , e per la copia assembra all ori- na che si secerne nel diabete: prurito mole- stissimo al dorso, e ad ‘altre parti in ispecie verso l ora del sonno . Fatta la malattia antica molto , tu provi sbadigliando principalmente di mattino una fiera convulsione a’ legamenti delle ossa del meta- - tarso con una sensazione di fortissimo stringi- mento come se venisse per mano robustissima . Talora eziandio senza ciò, mentre t abbandoni al sonno eccoti repente un colpo quasi di clava sul metatarso , che par si spezzi, e ti svegli gridando. Altre fiate i tendini de muscoli esten- sori della gamba sono presi da violentissimo Spasmo e ne vien tale dolore, che ove poco. più durasse sarebbe oltre ogni sofferenza. - van 170 Dopo tantie lunghi , e crudeli tormenti coe me pegno di liberazione che la non lontana morte procurerà, i parosismi giungono men feroci, mentre la natura parte per la vecchiez- za , parte perchè oppressa dal peso della ma- teria morbifica più non può questa spingere alle estremità, e invece di tali sintomi soprav- viene altro male, e v hanno dolori di ventre, e spontanea lassezza , e propensione alla diar- rea. Evvi una vicenda tra gli antichi, e ino- velli sintomi, e alla calma’ degli uni imper- versano gli altri e con simili alternative pro- traesi a lungo il parosismo . I E vuolsi por mente come diminuendo gra- dö grado ad ogni parosismo il dolore viensi all ultimo più che di questo a finire pẹ’ secon- di; perocchè non giunge al decimo di quello ch’ egli era. Ma allora se ne compensava la forza dai lunghi intervalli; e dall’ ottima sa- lute, che in questi si godeva. Amminorò ił dolore, ma si protrasse il parosismo , e si fe’ più frequente . Nè qui sta ogni cosa: si gendra in mol- tissimi il calcolo de’reni, sia pel lungo giacer supino , sia per difetto di funzioni di questi organi, sia pur anche tale calcolo porzione della materia morbifica, del che io non inten- do proferire sentenza.’ Ad ogni modo egli è terribile pensiero , quale delle due affezioni sia più crudele .. Talora impegnandosi pe meati ori- narj chiude la via all’orina, e muore il malato sfuggendo di tal guisa più lungo disagio della i IJE podagra. Ma vella podagra è cumulo Teti miseria; lo stato dell animo; questo ne è col corpo sì malmenato che non è agevole il de- cidere , ove abbiavi peggio. Un parosismo di podagra si può a buon dritto appellare paro- sismo di collera, che si sveglia alle più lievi contrarietà , la mente, la ragione di tanio in- debolite : così son eglino i podagrosi di peso non più a se che agli altri. Taccio il timore, le sollecitudini e simili affetti di che sono pre- da; nè ritorna allo spirito calma che al ritor- nar di salute. Infine, volendo giungere alla catastrofe , viziate le viscere dalla lunga dimora della ma- teria morbifica, impedite le secrezioni e il san- gue ripieno d’impurità stagnando, e la materia suddetta non potendo gittarsi sull’ estremità viene desideratissima la morte come quella che cangia una vita dolorosa, in un riposo sem- piterno . Però vogliamci consolare, vissero , e morirono di tal guisa e re, e duci, e filosofi. Uccide ella, lo che non si potrà asserire ďal- tra RI: più ricchi, che poveri, più uo- mini d'ingegno , che stolti. Così la matura ne mostra d’ essere uguale con tutti, e a cui fu avara per un rispetto, si fu larga per un al- tro. Ond' è legge universale , inviolabile! niun uomo essere al tutto felice, o al tutto misero : miscela di beni e di mali, miscela sì propria alla nostra fragilità, e al nostro stato mortale e che forse ne torna a grandissimo vantaggio . La podagra rarissime volte assale le don- 172 B quando il fa ‘o sono vecchie, o sona d'abito di corpo virile. Donne gracili , che in giovinezza, o in maggiore età soffrono talora di dolore, che mentono podagra sono isteri- che, o gli è antico reumatismo lo cui: fomite non venne abbastanza dapprincipio eliminato. Nè finora ebbi a vedere podagrose per- sone al di sotto della gioventù, non che d'età. puerile. Pure io so come alcuni non ancora pervenuti agli anni di giovinezza n’ ebbero de lievi insulti, e vogliam avvertire, che ne erano i loro padri attualmente presi quando li gene- rarono. Ecco compiuta la storia di questa ma- lattia. Considerando io con quell’ attenzione che per me si poteva maggiore i varj feno- meni di questa malattia venni in parere, essa dover trarre origine da difetto di cozione e nelle parti, e ne’ succhi tutti del corpo. Im- perocchè coloro, che vi sono soggetti essendo o dall età consunti, o mercè il tenore irragio- nevole di loro vita avendo innanzi tempo in- vecchiato mancano di spiriti animali, esausti dallo smodato esercizio delle funzioni più vive nel calore degli anni, p. e:, da intempestivo , e soverchio, uso di venere da immense fatiche sostenute onde soddisfar le passioni e da simili cose Aggiungasi o in via degli anni, o in via d'i- nerzia la cessazione de’consueti esercizj di corpo , coquali e facevasi il sangue più vigoroso, eren- devasi il tono delle parti più fermo; onde decade il corpo , e mal si compiono le dige- stioni ; all’ opposito gli escrementi de’ succhi, 193 the mercè tali esercizj dissipavansi s'arrestano , ne’ vasi ed ecco il seme alla podagra. Talora accrebbe il male lo studio continuato molto e’ profondo , distogliendo di troppo gli spiriti i più ‘purî , i più volatili, sicchè non presiede- vano com’ era dovere alle digestioni . Oltrac- ciò i podagrosi sono d’ordinario vaghi assai di mangiare, e di cose a un tempo meno facili allo stomaco ; quindi perseverando in ugua- le sistèma come quando esercitavansi assai, non più possono ugualmente bene ‘digerire . Ma più che il soverchio mangiare egli è cagio- ne della podagra lo stolto abuso del vino; ab- battonsi i lieviti’ destinati alle varie .cozioni , queste vengono precipitate , sono vinti e dis+ persi ‘gli spiriti animali dalla copia de’ vapori stranieri, e dalla debolezza loro, e dal sovrac- caricarsi a un tempo il sangue d'umori eccone mal compiersi le digestioni; e vengono infar- cimenti alle viscere e gli spiriti già infievoliti trovansi pur anco soffocati. To dico ciò, per~ chè se dalla sola debolezza degli spiriti dipen- desse questa malattia , e fanciulli e donne, e persone da lungo male consunte ne verrebbero parimenti presi, e all’ opposito tu vedi poda- grosi gli uomini i più robusti. Però tali non divengono , che allora quando al difetto di calore al declinare degli spiriti si unisce con- gestione d’ umori, dalle quali cose insieme si pervertono le digestioni . Nè da tali cagioni ciò solo ; ma ne pro- viene rilasciamento di fibra ,' e quindi origine 174 a crudità, nel corpo allora potendo facilmente dall’ esterno penetrare crudi umori, e indige- sti. I quali a lungo nel sangue dimorati, e di mole e di malignità accresciuti alla fine non più sapendo reggerli la natura si gittano sulle articolazioni, e ne’ legamenti; e nel periostio , generano acutissimo dolore fatti oltremodo. cal- di ed acri, e fatte a un ora cotali parti de- boli, e lasse o sia per l età, o sia pe disor- dini, onde facilmente cedono all impeto degli umori che vi si sospingono. Però giusta le cagioni da cui sono posti in movimento ciò avviene o più presto, o più tardi. Rispetto alla. cura volendo primamente favellare di ciò che è a tralasciarsi dico, che quantungue risguardando gli umori, e lindi- gestione, d onde. traggono origine possa a pri- ma giunta apparire, e quelli doversi. evacuare , e a premunirsi contro un successivo .accumur mento , corroborare le cozioni, lo che suolsi fare nel più delle malattie umorali: pure nella podagra spetta la cosa alla natura, ed. ella eli- mina la materia peccante deponendola. alle articolazioni, e dissipandola, per insensibile tra- spirazione . Tre soli mezzi v' avrebbero a un cotale scopo, i salassi, i purganti, i sudori- feri; però nissuno di questi corrisponde giammai. Il salasso in primo luogo , comechè sem- bri. ne prometta assai, e quando gli umori stanno per discendere , e quando già discesi : pure nuocerebbe manifestamente in ciò che essendo causa antecedente la indigestione pro- Dir. dotta da difetto e depravazione di' spiriti ella ne verrebbe accresciuta mercè la sottrazione del sangue, onde diminuzione. maggiore, e maggiori guai. Lungi pertanto il salasso, e a prevenire il parosismo, e. a mitigarlo nelle persone in ispecie di molta età. Gli è ben vero apparire d’ ordinario il sangue estratto , come apparisce nella pleuritide , nel reumatismo ; ma gli è pur anche vero, che quanto giova il salasso in queste ‘malattie, nuoce in quella. O lo si faccia nella intermissione , e sia pur lontano dall’avuto parosismo, avvi sempre pe- ricolo, dall’ agitazione del sangue e degli umo- ri non ne sopravvenga un novello e più lungo del primo, e più tristo, mentre perduto il pristino vigore non può il sangue essere libe- rato interamente dal fomite della malattia. Né avviene altrimenti quando lo si faccia al prin- cipio del parosismo. Che se sia tosto dopo, ecco forte rischio, non la natura già dal sof ferto male indebolita decada ancor più e so- praggiunga idropisia. Non ostante in giovane persona , e. per vino grandemenle riscaldata puossi le prime volte permettere il salasso a cui veramente in appresso non vorrassi di con- tinuo appigliare, chè la podagra anche in gio- vane prestissimamente invecchierebbe, e fa- rebbe in pochi anni più che non avrebbe al- tramenti potuto im assai. i E in secondo luogo riguardo al purgare sla per vomito sia per dejezioni è a por mente, che essendo legge inviolabile della natura , 176 l umore podagroso dover essere spinto sempre alle articolazioni, non altro farebbero o emeti- ci, o catartici, che richiamare la materia mor- bifica nella massa del sangue e di tal modo gittandosi forse su qualche viscera indurre il malato in grave. pericolo. Lo che vedesi pur troppo intervenire in coloro, i quali si avvez- zano a’ purganti o sia onde premunirsi, o ciò che è peggio , onde ammansare il parosismo . Imperocchè disturbata la natura nel suo me- todo ottimo d'altronde, sicurissimo, invitati, gli umori alle intestine invece de’ soliti sintomi alle articolazioni svegliansi gli irregolari, e male di stomaco quindi, e tormini di ventre, e li- potimie e tutta quella terribile schiera, di che. abbiamo favellato . Io sono certissimo, e molta. sperienza mel fa chiaro , qualunque purgante ancorachè dolcissimo nuocere assai; o sia che mercè esso si voglia nel parosismo diminuire la materia peccante, o sia che sul fine s’ intenda dissi- parne le reliquie; o sia che nella intermissione si creda farsi. contro a quello che verrà. Ciò e su me e su altri ebbi esperimentato , e inve- ce di rimuovere richiamava il malore. Vigente ancora il parosismo, turbando la natura occu- pata a di materia morbifica , a deporla sulle articolazioni svegliò talora grande disor- dine di spiriti, ondè e s' accrebbe la veemenza del male, e corse il malato manifesto pericolo di vita. Sul fine invece di dissipare gli avanzi della malattia richiamò il purgante un novello pss - | sa parosismo non minore del primo ‘ed ecco di quale speme si pasceva il malato; ed io su me stesso ne feci più fiate Jo sperimento. Som- ministrare infine purganti negli intervalli quan- tunque si debba dire non esservi si gran pe- ricolo di nuovo accesso come nel caso ora detto, pure può generare il parosismo anche in questo tempo e per le cause ‘summentevate , o se ciò non fa tosto non è per altro, che pro duca vantaggio veruno. Io ben conobbi podagrosi che si purga- vano non solo a primavera, e in autunno, ma ogni mese, ogni settimana, nè perciò ebbero a star meglio; che anzi divennero i parosismi più crudeli. Si sottragge è vero di tal modo una qualche parte della materia morbifica , ma non corroborandosi anzi debilitandosi le dige- stioni nulla avviene che si faccia, opponendosi a una sola causa; quindi i purganti sono inetti alla guarigione . Inoltre vorremo avvertire , che oltre alle cose dette, dal difetto degli spiriti ne masce, sieno essi stessi e languidi e men fermi, onde la più lieve cosa li perturba , co- me appunto accade appo le isteriche, e gli ipocondriaci. Perciò è, anche da lievissima eva- cuazione vedersi d’ ordinario insorgere un pa- rosismo di podagra. Imperocchè mercè la de- bolezza degli spiriti perduto il tono delle fibre la materia morbifica trovasi al tutto libera, e per un cotale disordine ecco tosto generarsi l'ac- cesso . Però, comechè pernicioso sia egli questo Tom. 2. 12 1 ST ERE EEC VORO 178 metodo, nulladimeno conciliò gran fama a certi empirici , i quali celavano astutamente il me- dicamento di che si servivano. Poichè vuolsi osservare che durante l azione del purgante o cessa il dolore , od è ben lieve e se si può sostenere la purgagione per più giorni senza sopravvenga altro accesso, il malato si trova libero del presente. Ma ne pagherà ben egli il fio dappoi pel disordine che indusse repente l'agitazione degli umori . ~- Finalmente l’evacuare la materia peccante per sudori , benchè meno d altro modo , pure riesce manifestamente dannoso. Non attira è vero il fomite della malattia su viscera veruna, chè all’ opposito lo si spinge al dintorno del corpo ; però nuoce per le seguenti cose. Pri- mamente posto in opra fuori del parosismo, gli umori ancor crudi nè tali da dover essere separati vengono spinti agli arti, e in questa guisa si affretta il parosismo, e contro natura. In secondo luogo nel tempo del parosismo la | provocazione de sudori muove la materia mor- bifica contro il membro affetto sì violentemente, che ne viene insoffribile dolore; e ov ella sia in copia maggiore che non possa essere am- messa dalla parte si gitta altrove; orgasmo quindi grandissimo e bollore sì nel sangue, che negli altri umori, e se abbiavi ridondanza insigne di serosità evvi forte a temere di Apo- plessia. Per la qual cosa e in questa malattia , e in ogni altra ove vuolsi eliminare la materia morbifica in via di sudori artificiali a cui non | "e RA tende per se la natura, egli è cosa piena di pericolo usare violenza; e spingere umori m- concotti. Il celebratissimo aforismo d'Ippo- crate »cocta non cruda sunt medicanda« spetta sì al muovere i sudori, che a provocare F al- vo. Ciò ne fa manifesto quel sudore, che chiu- de il parosismo delle intermittenti; se mode- rato, e corrispondente alla quantità di materia febbrile concotta nel precedente accesso m ha il malato: sollievo grandissimo, ma s’egli venne promosso oltre modo obbligando il malato a giacersi di continuo a letto, eccoti aumentare il fuoco, e nasce una febbre continua. Così pure nella podagra quel lene madore che spon- taneo appare di mattino dietro ciascuno di que’ piccoli parosismi, che compongono l intero mitiga il dolore, l'inquietudine co’ quali il ma- lato tutta notte combatteva; e si esacerba all’ incontro il male quando lo si promuove più a lungo, e con maggior forza che non richiegga la quantità di materia concotta nel preceduto parosismo . Pertanto e in questa, e in altra qualunque malattia tranne la sola peste, muo- vere sudori gli è più officio della natura , che del Medico; perocchè nè conosciam noi la quantità di materia atta alla separazione , nè possiamo quindi tener modo in provocar il sudore . Dalle dette cose abbastanza apparendo , come nella podagra sieno gli evacuanti non solo di niun vantaggio ma di espresso danno, rimanci ora investigare quali altri indicazioni +80 $1 possono seguire. Secondo quello che a me pare, tutti i fenomeni di questa malattia ci mostrano doverci noi principalmente opporre a due cause. La causa antecedente è l una, cioè la indigestione degli umori in virtù di difetto di calore e di spiriti; la causa conti- nente è l’altra, voglio dire il calore il bollore degli stessi umori fatti putridi, ed acri mercè la soverchia dimora nel corpo dimora deter- minata dalla indigestione mentovata . D’ indole al tutto opposte sono queste due cause e qui iova quello che là nuoce; ond’è sommamente difficile la cura. Imperocchè o tu con medica- menti caldi vuoi riparare alla indigestione , e v ha pericolo aumentisi il calore degli umori, o tu con metodo refrigerante vuoi mitigare un simile calore, temperare ľ acrimonia , eccoti maggiore indigestione vie più scemato il calore naturale . Io iqui intendo per causa continente non solo quella che già occupando le artico- lazioni costituisce il parosismo, ma quella ezian- dio, che ascosa nel sangue non divenne finora atta alla separazione. Mentre egli è oltremodo raro, che da un parosismo quantunque e lungo e crudele, venga cacciata la materia morbifica in guisa, che più non ne rimanga avanzo . Perlochè vuolsi avvertire a questa duplice causa sì nel vigore del parosismo, che nella cessa- zione. Ma poichè ľ evacuazione della materia morbifica gli è mestieri venga interamente ese- guita dalla natura, e per mitigare il calore è e l’ acrimonia degli umori niuw altra cosa non 181 ‘si potendo tentare senza danno delle digestioni tranne guardarci dal vitto, e da’ rimedi sover- chiamente caldi: vorremo principalmente prov- vedere onde si corroborino le digestioni stes= se. Noi ora imprenderemo a parlare in pro- posito accennando pure giusta l occasione que’ rimedj , che possono convenire alla calma de~ gli umori. Tutte quelle cose pertanto che soccorrono alla natura nell’ esercizio di sue funzioni o sia corroborando lo stomaco perchè bene digerisca gli alimenti , o il sangue perchè assimili a se stesso come debbe, il chilo, o sia corrobo- rando i solidi onde meglio convertano in pro- pria sostanza i succhi destinati a loro nutri- zione, tutte quelle cose infine che serbano gli organi di secrezione , e di escrezione in istato onde adempiano esattamente all’ ufficio loro , tutte io dico sono convenienti. alla circostanza di che parliamo, e sono propriamente appel- late digestive, tolgansi elleno o dalla materia medica o da vitto e dall’ esercizio, o da qua lunque altra cosa tra le sei così dette non naturali . Medicamenti di questa sorte sono in ge- nere, tutti quelli che moderatamente riscaldano ed hanno o certa amarezza, o certo sapore piccante. Riescono -gratissimi allo stomaco, soccorrono al sangue, e corroborano tutte l'al- tre parti; e vogliamo in ispecie annoverare le radici d’ angelica, di enula, le foglie d’ assen» zio, di centaurea minore, di Camedrios ec; 189 aggiugnivi que’ che chiamansi antiscorbutici, come la radice di rafano rusticano, le foglie di coclearia, di nasturzio acquatico ec. Però siccome queste specie sono ed acri, e piccanti assai contuttochè di molto convengano allo stomaco e ajutino la digestione, vuolsene usa- re parcamente per.,tema vie più non fomentino il male, ed. accrescano .il calore. Perciò ci atterremo più liberamente alle prime. | Parmi poi giovevole più il farne miscela di quello che somministrarle in modo semplice ad una ad una. Soli voglion essere i rimedi specifici; ma pure quando, onde risani il ma- lato , ci proponiamo di soddisfare a questa o a quell’ altra indicazione, ciascun ingrediente aggiugne forze, e il maggior numero de’ sem- plici arreca maggiore virtù. Dalle dette sostan- ze, e da altre simili si possono comporre va- rie formole adattate . Jo soglio preferire la forma d'elettuario ; perocchè penso quella mu- tua fermentazione v accresca di virtù. Però in tai cose ‘mi rimetto volentieri alla prudenza del Medico, e sia per la scelta degli ingre- dienti, e sia per la forma, bastandomi ad- durre le indicazioni da seguirsi. Questo estimo essere F ufficio del Medico, non scrivere ricet- te ; lo che non essendosi osservato si prestò modo agli empirici di millantarsi come primi nell’‘artè medica. ‘Pure a favore de’principianti ho in animo di arrecare quel rimedio di che mi soglio ser- vire, e che -si compone in questo modo £ 183 Red. Angelic. Calam. Aromat. Imperator. Enul. Cimpan. fol. Absynth. vulg. Centaur. min. Mar- rib. alb. Chamaedr. Chamaepyt. Scord. Cala- mynth. vulg. Parthen. saxifrag. pratens. Hype- ri. Virg. aur. Serpil. Menth. Salv. Rut. Card. Fen. Puleg. Abrotan. Chamaemel. Tanacet. lil. Onval. Croc. Anglican. sem. Thlasp. Cochlear. hotas. Carvi, Bacc. Iunip. singul. sufficient. quintit.. Cotali erbe, cotai fiori, cotai ra- dic vorranno essere raccolti in tempo che pos- segrono maggiore virtù; facciansi seccare, e serbinsi in sacchi di carta sino a che abbiansi a ritirre in polvere finissima. Sei once di cia- scuna specie mescarisi a dose sufficiente di miele despumato , e di vino delle canarie, e si facca un elettuario da prendersené due dram- me matina e sera. O in mancanza di questo si faccia uso del seguente. R. Cons. cochlear. hort. unc unam et sem. Absynth. Roman. et Floved. Arant. ana unc. unam, Angelic. con- dit. Nuc. noschat. condit. ana unc. sem. The- riac. Andr. drac. tres f. electuar. Se ne pren- dano due damme due volte al giorno beven- dopi appress: cinque o sei cucchiai dell acqua seguente. R. Rad. Raphan. rust. incis. unc. tres Cochlear. horens. manip. duodecim, Nastur. aquat. Beccaung. Salv. Menth. ana manips quatuor, Corti. aurant. n. sex, Nuc. Moschat. contus. n. duos Cerevis. Brunswic. lib. duodecim; Si pongano alla distillazione , nè se ne tragga oltre sei libbre d acqua . Fra’ medicamenti volgarmente conosciuti la RO © triaca è sopra tutti ‘convenevole a promtiovee le digestion Ma siccome contiene assai ‘sp cie di soverchio calde, ed oliracciò abbona di oppio gli è bene intralasciarla, e appigliani all’ elettuario' suddetto. Avvertiremo doveri scegliere semplici i quali sieno più a grado dl malato, perocchè se ne vorrà fare lunghissimo uso, e quasi per tutta la- vita. Fra’ semplci la corteccia peruviana è da estimarsi la prina come quella che corrobora a meraviglia il sm- gue. Se ne prenderà non molta dose matina e sera. | E certamente e in questa, e in moltissime altre croniche affezioni simili rimedi cor'obo- ranti il sangue giovano oltre ogni credere( pur- chè non consista la forza loro in ispiriti vinosi e ciò per cagioni che diremo dappoi ).E gio- vano perchè le più se male non avvis, rico- noscono per cagione la nominata indgestione d’ umori. Nulla potrà meglio provare h verità di quello che ora dico quanto il porre sott’ occhio la differenza, che passa tra le maatue croni- che, e le acute; perlochè mi si yermetta una breve digressione. Siccome pertato sı repu- tano malattie acute quelle, che > presto uc- cidono o presto giungono a cozbne, così ven gono denominate croniche qudle che o non mai, o ben tardi e lentissimamente giungono a tale cozione. Ciò è ben marifesto e per la natura della cosa, e per la parola stessa . Ma ciò che stassi profondameute ‘astoso si è la 185 cagione di una tale differenza; però se noi intraprenderemo al proposito qualche indagine sarà forse, non ce ne torni danno ; mentre una chiara e distinta cognizione di queste cose può essere di grande ajuto al ritrovamento delle relative indicazioni . O sia che nell’interno della terra abbiano luogo talora varie mutazioni, sicchè da’ vapori che ne esalano rimanga l’aere contaminato, lo che parmi assai probabile ; o che una qualche particolare congiunzione di corpi celesti alteri l atmosfera , egli è pur sempre vero, che ľa- ria trovasi in certi tempi imbrattata da parti- celle contrarie all'economia del corpo umano, come in certi altri da particelle che mal con- vengono coll’ economia di alcune specie di bruti. Penetrati cotai miasmi nel sangue mercè la respirazione eccoti le malattie epidemiche propria progenie loro, ed eccoti la febbre, solenne mezzo dalla natura prescelto a libe- rarne dalle racchiuse particelle nemiche. Acute sono tali malattie e brevi, chè avvi moto ce- lere, violentissimo. Però oltre questi mali ec- citati da cause esteriori hannovi altri e pari- menti acuti che traggono origine da partico- lare infiammazione del sangue prodotta non dallo stato generale dell aria, ma da partico- lare anomalia del corpo . Intercorrenti io chia- mo e sporadiche tali febbri, perchè veggonsi in ogni tempo . Ma ben altra ella è la natura delle ma- lattie croniche : perocchè quantunque un’ aria 186 insalubre possa moltissimo contribuire a gene- rarle; pure non vi debbon elleno cotanto, che non ne sia d ordinario cagione principale la indigestione degli umori. E quando avviene, che taluno sia indebolito, ed esausto o per vecchiezza, o per disordini rispetto alle sei cose non naturali , in ispecie rispetto alle be- vande , ed al cibo, o quando gli organi di secrezione si sieno così affievoliti, che non più valgano a depurare il sangue : in simili casi adunatisi in copia umori, che mal pos- sono le forze digerire, e mercè la lunga di- mora in varj modi fermentando danno origine finalmente a varie specie di malattie secondo le varie alterazioni. Cotali umori d’ indole di- versi gittansi sull’ una o sull’ altra parte giusta l'attitudine di queste a riceverli, ed ivi a poco a poco dispiegano tutta la lunga serie de’ sin- tomi, altri provenienti dalla natura degli stessi umori , altri dal disordine indotto nelle parti . Queste due cagioni riunite costituiscono quell’ anomalia, cui si dà il nome di una qualche malattia . Che l impotenza a digerire sia la causa principale d’ assaissime malattie croniche fassi manifesto dal considerare, come i vecchi, le cui cozioni sono lese dagli anni, e gli spiriti esausti, ben si veggono soggetti a tali affezioni più de’ giovani, ne’ quali abbondando natural- mente il vigore dissipansi tosto cotesti ammassi di sostanze escrementizie nè mai cessano gli organi secretorj} di depurare il sangue, tranne 187 vengano compressi, e quasi soffocati da enor- me massa di umori. E si aggiunga per altra prova che più che alla state sono famigliari le affezioni croniche all'inverno. Però quantunque alcune non ne appariscano che sul fine, gli è pur per tutto il corso di tale stagione, che vie più si ammassarono que’ nocevoli umori in virtù del freddo, da cui indebolita la natura mal seppe governare l economia della macchi+ na. Di quì coloro che godono ottima salute in estate difficilmente fuggono d'inverno que’ mali a cui sono più inclinati come la podagra, l'asma, le tossi ec: di quì l utile espresso del viaggiare in paesi meridionali, e si vincono di tal guisa malattie, di cui invano se ne impren- deva la cura in fredde regioni. Un nuovo ar- gomento onde meglio confermare ciò che di-, cemmo sulla cagione generale delle malattie croniche si è quel grande effetto, maraviglio- so, incredibile che ne ridonda dall’equitazione specialmente nella ftisi. Perocchè da un simile genere. d’ esercizio destandosi novello calore , ritornando gli organi di secrezione a’ loro uf- fici, gli è mestieri si rinnovellino le digestioni, si rinvigoriscano, onde l ottimo stato di tutto il corpo . Per le quali cose vedesi chiaro come non, nella podagra soltanto, ma e nell’ altre malattie croniche ove non siayi. sintoma con- iramdicante giovano assai le ricordate erbe calefacenti conciliando al sangue il calore della state nel mezzo pure del verno. Però facen- WF S o uaaa _- — —- 188 done uso nella buona stagione avviene, meglio premunirsi contro i mali dell’ avversa ; mentre differendo sino a questa può essere troppo tardo sussidio accumulandosi appunto in tal. tempo gran copia d' umori. Qui vogliamo av- vertire , che quantunque nella podagra come s è detto, riescano di nocumento i purganti, nella maggior parte dell’ altre malattie croniche innanzi d'appigliarci ai corroboranti e ai dige- stivi si dovrà purgare, e trar sangue, e ripe- tutamente secondo il bisogno. Però intrapre- sone l’uso sia interdetta qualunque evacua- zione ; mentre vuolsi tener per fermo tornar elleno sempre a danno là dove è appoggiata la guarigione a’'corroboranti. Finalmente io non son tale che pretenda , i rimedj mentovati la vincano assolutamente sopra altro qualunque ; ben dico , che ne sarà il più possente quello che meglio potrà soddisfare alla indicazione , cioè a corroborare le digestioni . Nella cura della podagra gli è poi da os- servare doversi insistere ne’ rimedj di qualun- que sorta pur sieno, e farmaci e dieta, ed esercizio colla maggiore diligenza e pel dovuto spazio di tempo. Imperocchè siccome nella più parte delle malattie croniche passa la ca- gione in abitudine, e quasi m novella natura, e ben si può credere quindi se un leggiero , e momentaneo cangiamento indotto nel san- gue , e negli umori possa essere bastevole al nostro scopo: gli è mestieri rinnovellar ogni sosa, rifabbricar quasi l'uomo. Le malattie 189 scute assalgono repente, e colui che jeri go- devasi la miglior salute del mondo trovasi oggi presso a morte. Tutt altro accade nella podagra. Dopo molti anni di crapola e di ozio, o dopo pure lungo studio e continua applica- zione di mente, o per altri disordini eccoti pervertite le digestioni, e oppressi gli. spiriti animali, e accumularsi umori, ed esaltarsi, e cedere le fibre, e le articolazioni venirne m> nondate . Distruggesi a poco a poco l antica economia e fassi novella natura; e que’ paro- sismi che soli occupano l'animo de’'meno veg- genti non sono altra cosa che una serie di sintomi dipendenti da quel metodo col quale suol essere espulsa la materia morbifica; quindi mal s' avviserebbe colui che estimasse vincere questa malattia mercè un regime interrotto . E poichè tale abito vizioso risguarda e le di~ gestioni e il tono delle fibre, vuolsi e aluno , e all altro male riparare , malagevole impresa senza dubbio, mentre: non solo si oppone la tenace abitudine ma avvi pure d' ordinario la vecchiezza. Nulladimeno vorrassi imprenderne la cura per quanto le forze e l età il permet- teranno; e secondo che il malato sarà più o men lungi da questa meta, sarà, che più o meno sfugga la tirannide della podagra . _ Questi digestivi si somministreranno prin- cipalmente negli intervalli, e se ne comincerà l'uso quanto più sarà possibile lungi dal pa- rosismo venturo: perocchè a motivo della vec- chiezza sì richiede gran tempo, e molta co- stanza, onde giungere allo scopo desiderato . 190 4 FIRE però e questi ed altri rimedj giovino assai non si può in vero con essi soli ottenere l'intento, e voglionsi altre cose pro- priamente non spettanti alla medicina ; lo che si debbe intendere rispetto pure a qualunque malattia cronica. In primo luogo è a serbarsi certo tenore e nel cibo e nella bevanda ,*che non si soverchino le forze dello stomaco, men- tre da meno perfetta digestione avrebbesi un fomite alla malattia: nè sarà poi tale astinen- za, che si defraudino le parti del necessario nutrimento, onde ne verrebbe maggiore debo- lezza. Nuocono entrambi questi modi secon- dochè e in me stesso e in altri più d'una volta sperimentai . i i I cibi vorrebber essere i più facili a di- gestione ; pure dessi talora accondiscendere al gusto del malato ; e ognuno sa come spesse fiate lo stomaco seppe vincere difficilissime sostanze, che però grandemente appetiva, e mal sosteneva altre facilissime, ma che aveva in abborrimento. Per altro si dovrà serbare moderazione . Io credo poi che sia bene non moltiplicar le vivande; ci atterremo a una sola specie di carni per pasto, mentre più sorti stancano maggiormente lo stomaco che non faccia una, quantunque pari in quantita a tutte insieme. Del resto , tranne le carni, ne mangi a piacere, purchè non sieno sostanze acri, e condite di sale , e d aroma: non of- fendono la digestione, ma vanno agitando il fomite della malattia. Saremo poi contenti del IQI solo pranzo; lora del sonno è dedicata a pre- Has gli umori, nè verrà scelta alla digestione egli alimenti. Non cenino adunque i poda- grosi, possono bensì bere in certa copia di tenue birra, e ne trarranno giovamento, men- tre refrigerando e ripullendo i reni impedirà di molto la concrezione de’ calcoli a’ quali sono soggetti . | La dieta di solo latte o crudo, o bollito senz’ altro che aggiungervi una volta al giorno un po’ di pane venne in uso da circa venti anni. Giovò a moltissimi più d ogni cosa, finchè scrupolosamente vi si attennero. Non sì tosto però se ne scostarono, e fecero ritorno a dieta da sano, comeché tenue e mite, ec- coti novellemente in campo la podagra, e più feroce ď assai che per lo innanzi. S'indeboliva la natura per un cotale metodo, minori forze quindi a cacciare la materia morbifica, e ma~- lore quindi più pericoloso , e più lungo. Que- gli pertanto che pensa fidarsi a questo metodo ponderi bene seco stesso, se possa durarvi tutta la vita, cosa per verità difficile assai a fronte pure d’ ogni risoluzione. Conosco io un gentiluomo, il quale dopo aver vissuto un anno intero di solo latte, e senza disgusto anzi con” molto piacere, costipatosegli a un tratto il ven- tre ( chè dappria ogni giorno aveva una o più dejezioni) mutato lo stato del corpo, comechè pur amasse continuare fu astretto rimanerne in virtù di ripugnanza invincibile contratta dallo stomaco . Alcuni ipocondriaci corpulenti, o 192 coloro che già da lungo tempo erano usi ai liquori spiritosi nol possono in nissun modo sostenere .. Intanto il breve, e fugace vantag- gio che ne tragge, chi vi regge non procede egli più dall’ essere semplicissimo alimento , come dall’addolcire che fail sangue, dal tem- perarne l acrimonia, lo che io credo pure, faccia il brodo ď avena purchè tollerato dallo stomaco : oltracciò siccome alimento al tutto minore per adulti impedisce quella turgescenza d umori d’ onde nasce la podagra, e giova ‘sotto questo rispetto e siamo immuni finchè di esso solo ci pasciamo , nè oltre . Ma la cagione primaria la debolezza cioè delle digestioni anzichè venirne tolta» s’ aumenta e maggior danno quindi da questo lato , che non si abbia di vantaggio dall altro. Giò es- sendo stato da taluno meno avvertito n’ emer- sero grandissimi errori, e sommamente fatali, chè attendendo alla sola causa continente, al calore cioè all’ acrimonia si rovinarono appie- no le digestioni, e tutte le funzioni naturali . Riguardo ai liquori io stimo essere eccel- lenti quelli che nè ascendono. al vigore del vino, né si deprimono alla miseria dell’acqua. Eccellente dunque la tenue birra di Londra . Sia o non sia lupolata, mentre entrambi gli estremi nuocono assai. Primamente intorno al vino, comechè dica il proverbio » Vinum po- tans podagra laborabis , vinum non potans la- borabis podagra , egli è pur fuor di dubbio, e da infiniti sperimenti confermato , esso vera, mente mente ndocere. Si crede che giovi Soccorrendo alle digestioni nel vizio "délle quali sta come dicemmo, la causa antecedente: ma nuoce: poi d’altra parte assai più , agitando’, accendendo” gli umori fomentando la causa continente della: malattia. Ned io son ď avviso che il vino co- me bevanda ordinaria Soccorra alle digestioni,, penso piuttosto vi rechi danno, tranne nelle persone che da lungo ‘tempo. vi sono use. Muove è” vero certo | passaggero calore , ma rie soffrono ‘i varj fermenti del ‘corpo si dissi pano ‘gli ‘spiriti naturali ‘onde ‘muojonsi d'ordi- nario cotesti ‘bevitori di podagra, di paralisi; d’ idropisia ; e d’altre malattie fredde. Lo | smodato bere di vino' rilascia poi le fibre men tre i liquori temperati vi danno tono e fer- mezza ; perlochè le persone ‘a’ questi ‘avvezze vanno d’ordinario immuni di podagra. Si av? vertirà inoltre esservi soggetti uomini sanguigni e che quantunque sieno loro diminuite le di- gestioni, vengono pure oltre il bisogno nutriti da tale ‘abbondanza ‘di sangue, e traggono in- cremento da materia ‘non concotta. Il vino aumenta la pletora, accumula nuove saburte ; e sviluppa il fomite della malattia. Nè qui tutto, ma il sangue de’ podagrosi' mostrandosi come ne pleuritici, ‘e nell altre infiammazioni, ` sarebbe: pure la insana cosa accenderlo mag= iormente_con liquori spiritosi. Nè gli è dal- tronde sicuro attenersi a’ liquori di troppo re- frigeranti ; abbattono interamente le digestioni, estinguono ‘il’ calore naturale, quindi danno Tom. 2. 13 ie 194 | | ben più grande, perocchè se il vino generà dolore questi. generano la morte. Di ciò ne. fa chiari la sperienza in coloro che usi sino a vecchiezza al vino, repente s’appigliarono all’ac- qua, o ad altri liquori tenùi; non molto dopo cessarono loro vita. ay Converranno dunque a’ podagrosi quelle bevande, che né prese in molta copia appor- tino ebbrezza, nè sieno sì fredde che debilitino lo stomaco. Così presso noi la tenue birra, € in altri paesi vino grandemente inacquato . La pura acqua cruda è perigliosa, ed io stesso n’ ebbi il danno. Pure avvezzandovisi da’primi anni non arreca incomodo veruno, ed estingue pure tuttogiorno la sete alla maggior parte degli uomini. Ben sono più felici eglino nella loro povertà di quello nol siamo. noi, circon- dati dall''abbondanza, e dal lusso. Che è mai questa podagra, o il calcolo, e I apoplessia ; e le paralisi, e infiniti altri malori che sono mai se non il frutto di simili intemperanze ? Nè meno che il corpo. n'è offeso l animo , e ognuno sa come turbasi la mente, e più che saggi siamo fatti loquaci. Ma di tai cose non iù. chi Nella lieve podagra, e che assale ad in- tervalli ben potremo permettere tenue birra, o vino inacquato, ma nella feroce ,.è omai de- generata in natura converrà astenersi intera- mente da ogni liquore fermentato ; mentre con- tengon essi sempre alcun grado più o meno di acrimonia; e ciò che è peggio racchiudende 195 tin qualche seme di fermentazione la vanno mantenendo negli umori. Sarà dunque bevan- ida ordinaria, una qualche decozione meno ingrata che sia possibile , nè di vigore molto, nè di nissuno , sicchè infiamminsi gli umori 0 le funzioni natùrali si abbattano: e se sulle prime rechi disgusto , ľ uso la farà in seguito accetta a par che altra: l'appetito non che nov diminuire aumenterà e diverrà naturale più che non soglia essere usando liquori fermen- tati. Inoltre sì potrà permettere maggiore. li- bertà nel vitto correggendo tale bevanda glt errori che possono trascorrere in proposito . Ma quello che è sopra tutto si è il guardar ch ella fa dal calcolo compagno quasi indivisi- bile della podagra. Qualsivoglia liquore acre ed attenuante e cospira a generarlo, e gene- rato lo irrita. La seguente pozione siccome e di gusto e di colore piacevole m’ aggrada ol- tremodo . R. Sarsaparil. unc. sex liqu. sassaphr. chinae et ras. c. c. ana unc. duas Glycyrrhiz. unc. unam Bolla ogni cosa per mezz ora in due congj d’acqua di fonte, indi rimanga a chiuso sulle calde ceneri per 12 ore, e bolla pot nuovamente alla consumazione della terza parte. In ritirare il liquore dal fuoco vi $ in- Jonda mezz’ oncia di semi d aniso, dopo due ore lo si coli, e fatto chiaro per deposizione serbisî in fiaschi di vetro ben chiusi. La prima volta che se ne imprende l’uso; | sia tosto dopo la cessazione del parosismo; pe- rocchè durante questo’ non è bene tentar nuove 196 | cose : in un tanto disordine sarebbe pericoloso cangiar liquori fermentati, spiritosi in altri inerti e dèboli. Ma ove ‘siasi cominciato ‘se n'é perseveri l’uso senza interruziohe per tutta Ta Vita sì nel tempo del parosisrtno, che negli intervalli. Né‘ verrà dimenticato elettuariò suddetto ‘ed’ ogni giorno ‘in’ qualirique tempo se ne prendérà la dose convenevole. La forza di questo compenserà in qualche'imodo la de- bolezza della bevanda , e ne verrà al sangié ed alle viscere il debito grado di calore senza quell’ agitazione ché Ssogliono eccitare i liquori fermentati.. TE ay Pg Pi ‘ Che se altri dica, qual vita traduiremo noi mai priva al tutto di liquori, spiritosi ? ið rispondo se fià miglior partito. ‘tradurla infra i tormenti continti d'invecchiata podagra (pe rocchè iù recente e più mite non richieggo tanta severità ) o' attenersi a questa sola be? vanda. L'uso suo poi ne concede libertà molta. rispetto. agli alimenti ‘e la consuettidine inoltre come ogni altrà cosa, la farà tolerabile . Certa- mente chi ebbé a sperimentare podagra ; pür- chë ‘nonio, hon dubiterà sulla scelta 0% mS Nulladitheno se ‘il malato o pel Tungo e soverchio iso di liquòti spiritosi, o per Ta moltissima età, è ‘per grande debolezza non. può altrimenti digerire , non è Ja fosa seaza’ pericolo rimuoverlo repente dal vino, e simile errore tornò fatale a. non” pochi . Ommetta egli dunque la pozione mentovatà o se pure ama farné uso ‘vi sì avvezzi a poco a poco ` ee i 197 bevendo talvolta al pranzo un po di vino , come per rimedio , finchè .gli sia venuta fami- gliare. Preferirai il vino di Spagna, a quel y 4 ts n $ del Reno, a quel.di Francia; mentre questi ultimi; comechè gratissimi allo stomaco esa- cerbano gli umori, aumentano il fomite della malattia; aggiugni poi il non essere sì car- diaci, e sì caldi come richiede il uopo, Ma non più del cibo e della bevanda pe’ podagrosi.. Avvi altra, cosa, la quale tuttochè esti- mata di poco momento giova pur molto a di- gerire la materia morbifica durante il parosi- smo , e a impedirne la generazione negli, in- tervalli, e vo’ dire collocarsi a letto di buon ora, massimamente d'inverno. Nulla dopo il salasso, e i purganti abbatte maggiormente le forze, che il vegliar notturno. E ben ciò sanno, i valetudinarj,, che assai più lieti, e rinvigo- riti si alzano di mattino , ove si, sieno posti a letto per tempo, e languidi si trovano , e ab- battuti quando protrassero la yeglia a notte molto. avanzata. E quantunque possa sembra- re, nulla ‘implichi il presto o il tardi, purché sl giaccia it uguale numero di ore, ciò monta più che ‘altri non creda, ed eccone- secondo quello cke mi pare la principale ragione . Infra il giorno. si dissipano gli spiriti e per gli eser- cizj di corpo, e per quelli di animo. Ne va- letudinar} sono eglino sì deboli che è loro uopo la sera del presto soccorso del sonno, e poichè il venir della notte arreca certo rilasciamento , mercè il mancare l'influsso del sole che assai 198. I può sulla macchina, è mestieri specialmente d’ inverno supplirvi col calore del letto. Però di mattino riparati gli spiriti e dalla quiete della notte e dal calore del letto, e il dì no- vello pure donando tono e forze , gli è molto minor male alzarsi presto togliendo anche una o due ore di sonno di quello non sia protrarte una o due ore la veglia notturna. Laonde io consiglio i podagrosi irne a letto per tempo assai, nell inverno soprattutto, e si. alzino pure di buonissimo mattino quantunque non abbiano gran fatta dormito, perchè più a lungo giacendo non si riaddormentino. Æ un cotal sonno mattutino involato alla notte vegnente, e di tal modo infine fatta forza alla natura, dispregiatane l ordinazione si fa notte giorno , è giorno notte. © ida e Nè gli è meno d avvertire alla tranquillità dell’ animo; chè le perturbazioni tutte disordi- nano gli spiriti stromenti delle digestioni, quin- di aumentano il malore. Ricordi adunque il malato la propria condizione mortale, nè stol- tamente se creda immune delle molestie che l’accompagnano; fugga pure la soverchia appli- cazione di mente . Ma quello che può sopra tutto in impedire le indigestioni degli umori, cagione’ primaria della malattia, e a corroborare quindi il san- gue, e dar fermezza alle parti si è I esercizio del corpo. Però vorrà essere quotidiano, men- tre siccome dicemmo , dovendosi nella poda- gra più che in altra malattia cronica cangiare | 199 l'abito del corpo, nulla otterrassi da un eser- cizio interrotto, e fors_anco sen avrà nocu- mento appigliandovisi dopo lunga desuetudine, sicchè talora si può richiamare il parosismo, Non farà violefito esercizio, ma quale si con- viene a vecchi; chè i podagrosi sono d'ordinario vecchi. Lo smodato movimento dissipa di, troppo gli spiriti, offendonsi quindi le dige- stioni, un moderato al contrario, e continuato li corrobora. Dura cosa parrà all uomo un cotale comandamento ; perocchè oltre la vec- chiezza, e la inettitudine al moto, e la inerzia sì naturale a questa malattia viene pur anco addolorato à; ma senza ciò nulla spereremo dal rimanente; e brevi saranno gli intervalli, e quel ch'è peggio, verrà grandemente promossa la generazione del calcolo . Nè ciò solo; ma, cosa di gran momento, dalla lunga quiete s’ aumenterà grandemente la materia tofacea nelle articolazioni .sovràt- tutto delle dita , sicchè infine verranne intera inettitudine al moto. E comechè taluno dica asseverantemente non essere una tale materia, che il tartaro del sangue, a chi per poco con- sideri parrà ben altrimenti; nè avrà dubbio reputarla effetto di quantità grande d'umore RR inconcotto gittato sulle articolazioni. gli non può essere assimilato’ mercè l atonia delle fibre, e a poco a poco si trasmuta in tale sostanza, ‘e Ss’ aumenta di giorno ia giorno , scompare e carné e cute, e mostrasi ignuda -somiglievole alla creta, e agli occhi di caucro. deli | Però l’ esercizi se quoti iano p . guai cacciando umori, per ed ho io stesso speringent si oppone. alla generazione, de't ma | pur anco; i. gi fattia ir dadi “giunti a tal grado d’ aver Srasmntato ine propris, 507 stanza la cute esterna. i i Rispetto. al genere d zione ove 9 la yecc ia colo non si oppongano, a ‘preferirsi ‘ad ogni altro . Certamente chi, cono scendone. F efficacia e in questa,, e in. moltissime altre malattie croniche, volesse farne s Segreto. at potrebbe ‘accumulare > i Von, sostenen( moto, a ca noci al moto, «del CoCr | chio. o. È c meno sq renturosì mols tissimi fa coloro che sofiono di, podagras per rocchè qu elle ‘ - che gi af i kta h 1 yizj ond | a, loro sommi- nist ano jun tale eser- cizio quar ado $ 3h, POE e ere S ) Na cita Tag t Tar spot ; m pregnata. d in- finite estranee esala MEDI, ciò ne farà. ben tosto accorti lo: ‘nerd ento RE Riguardo, poi., Di VARE colui che e podagroso . E D is e perciò già misero di spiriti. e, rilasciato ,, e indebolito. osasse pure abbandonarvisi io i reputerei, sì, imprudente . come cun ‘Viaggiatore , che dovendo imprendere Inngo cammino eonsumasse, ogni . proyvisigne * "aria; salubre, npagna più che mali, per cui. È, . 201 racciò, non reprimen- T]. d un età. già. inclinata | quello speciale dono ed esi- mio, che. la natura, concede a’ vecchi , essere tolti ¿cioè al dispotismo di passioni , che a guisa di rabbiose fiere notte e di laceravanli in loro giovinezza . Nè il soddisfare cotali voglie può in modo véruno « i mali che Re: ocede. „Ciò rispetto al regime. sita Ma tutto ché. sımı i regole scrupolosamente osservate. ci possono preservare dai iù feroci insulti, e procacciare al sangue, ed a’ solidi cotale. vigore , .onde sottrarne a non solo ma alla dopo: certo int inverno. ella i ISOR. Sia DE Rie È quantunque n e > CCI calore del sol igore J IRERE | 3 i R e l abbondar Spirazi abbie dovuta quantità di umori, quine sì sieno compili ssal í in $ jon k wp zT TA Welt. @ . pure, at Sop y del reddo ninuitasi la forza del sangue, impedita rza, € a a traspirazione, -è necessità si accumuli assai di materie > indige- ste, che la lunga dimora trasmuterà, in quella data specie , e verranne il parosismo , come prima pongansi gli umori in moto o per l av- vicinarsi del sole, o per vino, o per violento esercizio.. , | Dalle cose arrecate chiaro apparisce , on- dle guarire di questa malattia doversi cangiare pensare “quella lunga serie ` 202 f r l'abito di tutto il corpo, e per quello che l età e le circostanze il permettono ritornarlo alla pristina costituzione. Ciò vorrassi fare ne- gli intervalli, non mai nel tempo de' parosi- smi; mentre già essendo non solo generata la materia morbifica, ma deposta ‘alle artico- lazioni tardi sarebbe il tentare mutazione, @ sortita per altra via; chè questa è la prescelta dalla natura, e ad essa. sola vuolsi lasciarne la cura. Non altrimenti avviene nelle feb» bri intermittenti, le quali non imprendiamo erciò a combattere che finito il parosismo . Ne opererebbe meno stoltamente di chi şaf- fannasse estinguere la sete, temprare il ca» lore , calmare la inquietudine od altri sintor mi di queste febbri colui, il quale solo si vol- gesse al sintomi della podagra ; che anzi non che non procurarne guarigione sarà che la ri- tardi, che la impedisca; mentre più amman- seremo i dolori, e più ci opporremo alla co- zione degli umori; più difenderemo le artico lazioni, più impediremo l’ espulsione della må- teria morbifica. Oltracciò a misura si ottunda l acuzie d'un parosismo , e diverrà più lungo , e sarà minore ' l'intervallo e meno libero di sintomi podagrici. La qual cosa niuno sarà per negare ove abbia accuratamente osservato ciò che diceva nella storia di questa malattia, Pertanto comechè nulla di ragguardevole ab- biasi a tentare nel parosismo tranne riparare a que sintomi, che un tristo metodo va talora producendo ; pure, poichè è comune credenza n 203 nascere questa malattia da abbondanza, da pienezza esuberante ď umori, e sarà bene in principio si astenga il malato dalle carni per alcuni giorni ed usi invece d'un brodo d ave- na, o ď altro simile alimento ; contribuirà di molto tale dieta a diminuire la materia mor- bifica e a procurare più presta digestione. Ma siccome evvi ne’ var] corpi grandissima varie- tà, e taluno non può sostenere l'astinenza delle carni, chè tosto e turbansi gli spiriti, e so- pravvengono deliquj, ed altri sintomi come a donne isteriche; non solo in tal caso non gio- verà, ma tornerà a danno espresso il rima- nersi dalle carni più lungo tempo che lo sto- maco le abborra. Quest’ abborrimento non dura oltre il primo, o il secondo giorno di que’ particolari parosismi, dalla somma de quali componsi come dicemmo il parosismo intero . Ad ogni modo però ben g arderemci nel vi- , gore del male dal far uso di maggior quantità di carni che oltrepassi l assoluto bisogno di sostentamento, e vorrassi grandissima cura rispetto. la. qualità degli alimenti. Perocchè, siccome ‘sempre negli intervalli, più assai nel parosismo debbe il malato guardarsi’ dal pec- care in nulla sì nel cibo, che nella bevanda e in ogni altra cosa di che sopra a lungo parlammo. Nè lo stesso esercizio sarà trala- sciato quantunque il dolore, e la grande inet- titudine al moto sembri s oppongano. Repu- terassı impossibile sul principio del parosismo il trasporto al cocchio, e impossibile vie più 204 i a,tollerarsene?. il moto p ma. ciò tentando. i} malato’, mon molto dopo. 5’ accorgerà. come meno. soffra ,. che standosi, in, casa , conficcato su. una sedia: ed avy} poi altro vantaggio ; mercè simile esercizio continuato qualche ora e..di. mattino. e dopo, mezzodì sarà ch’ ei fughi il dolore per igran parte della notte dormendo; mentre altre- fiate dimorando „tutto. il giorno immoto. soffriva veglia tormentosissima „E ba sta poi al podagroso assai papa esercizio onde si procacci sonno. Ne ¢iò solo, ma il guarderà pure .in THAN: modo dal’ calcolo prodotto .d’ordinario della vita inerte. Però quello. che è ancora più ragguardevole ,. pel lungo, e. costante esercizio impediremo la intera impotenza al moto, la quale a non pochi in- terviene dopo, uno o due parosismi di certa durata contratti i tendini, e de’ popliti e delle calcagna . La lunga quiete, sovrattutto quando il dolore occupando i ginocchi nou, si esten- dono le gambe., fa che pel restante della vita sieno ‚senzai moto così negli intervalli come ne parosismi. E ne’ vecchi poi preda già da molti anni della; podagra ;e ne’ quali, le dige- stioni sieno Sommamente viziate, non si potrà sperare senza esercizio, che giunga, la. materia morbifica a concozione veruna.. Allora le forze della. malattia superano quelle della natura, chè la copia di materia inconcotta, e.che non puossi assimilare, come veleno, ne, uccide ;,,, .. Pure e può essere, che sopraggiungano parosismi tanto, atroci che ne riesca Impossi- | | 205 bile ogn? ‘movimetto ; 16 che ‘suole - avvenire quando la podagra sia giunta al maggior grado di ‘violenza ne ancora ‘sia ‘stata mitigata dal corso di molti anni. In simile circostanza sarà mestieri ne primi giorni “giaccia a letto», fino a che voglio ‘dire non céda’ la-forza de’ dolori: chè illetto supplità im qualche modo all’eserci+ zio, digerendo' mercè il icalore@suo la inateria morbifica in poc i giorni ‘assai meglio’, che ‘in rg ‘fuori, quando però possa il malato ‘senza lipotimie od ‘altri sintomi. star lungi? dalle ‘carni “contento “de brodi d’ avena di ‘tenué birra} di ‘cose simili. Ma~ vuolsi ri- cordare»; che ‘ove»la Podagra sia inveterata } e . il malato soffra dicdeliquj , di tormini di ven= tre 0° diarree od ‘altro , appena sarà} chei campi da morte non ‘esercitandosi , e imvaperto aere Perciò appunto morirono ‘assai podagrosi, i quali avrebbero: protratto maggiormente i loro di, quando invece di starsene immoti in stanza», e peggio in letto sìcfossero appigliati al cocchio. Può ben ‘colui fame senza’; che è preso «soltanto dai dolori articolari ma quegli che invece de’dolori acerbissimi prova'1 sin- tomi suddetti ‘verrà gittato»\da tale’ ozio in grandissimo pericolo . Ciò, ben'ne tornava van- taggio ; perocchè quando për'la-veemenza del olore me riesce impossibile il moto ; non è grany fatta ‘mestieri di lui, lo stesso: dolore comechè rimedio ‘amarissimo provvedendo al- la vita. buk Ph Jg Rispetto. a’ sintomi della. podagra vuolsi 208 fiparare a quelli pe’ quali mel parosismo evvi ericolo di vita, Comune sintoma si è certa debolezza, e languore di stomaco con tormini di ventre come per flati j e sopravviene a co- loro, ohani da lungo tempo sono podagrosi , o che pure se tali non da gran pezza, passa- rono repente da’ liquori spiritosi a’ soverchia- mente tenui, ed acquosi ,: o applicarono alle parti empiastri ripercussivi , sii altri rimedj refrigeranti onde la materia morbifica destinata agli arti ebbe a trasferirsi su qualche viscera . Assai cose io sperimentai ih proposito su me stesso ne’ parosismi avvenutimi in questi ultimi anni, e niuna trovai più espediente che il be- re tratto tratto nel maggior male un pò di. vino delle canarie ; nè ad esso conobbi uguale o il vino rosso di Francia, o la triaca;y od al- tro qualunque cardiaco. Però non è a credere, che e tale vino e cardiaci sieno per salvare il malato senza esercizio . I capro Che se retrocedendo la podagra soprav- venga repente un qualche più grave sintoma , e ne venga minacciata la vita, nè il vino, nè ľ esercizio ci affidi, e tosto ove non sorpren- da il capo si rifugga al laudano. Se ne dieno venti gocce miste a poca acqua epidemica , e il malato si collochi a letto . Quando poi la materia morbifica non eli- minata per gli arti inducesse diarrea, purchè non fosse una singolar crisi del parosismo , nè valesse ad arrestarla, e il laudano, e qua- lungue esercizio, e perseverasse, manifestan- 20 dosi e debolezza e tormini di ventre, 1° Hi, rimedio ch’ io, mi sappia si è co’ medicamenti appropriati provocare sudore. Ciò facendosi ue o tre giorni mattina e sera per due o tre ore continue si fermerà la diarrea, come suo- le, e la materia ‘morbifica sì. determinerà. in copia alle articolazioni. Di tal guisa alcuni anni sono mi venne fatto salvare la vita a me stesso; e mi era procacciato un tanto guai appigliandomi incautamente all acqua fredda per bevanda ordinaria. Invano aveva. ten tato e cardiaci, ed astringenti. | Ma eévvi altro sintoma non di molto fre- quente , che però talora io vidi, il trasporto cioè ai polmoni, Il quale avviene alloraquando d inverno per freddo avendovi tosse è deter=. minata la materia morbifica al petto: intanto gli artio in tutto o in gran parte sono scevri e di dolore, e di tumore. In questa sola cir- costanza lasciata da banda la podagra vuolsi dirigere il trattamento a un cotale sintoma, e sarà lo stesso metodo, che nella peripneumo- < nia; ripetuti salassi voglio dire, e dieta e ri- medj refrigeranti emulando il sangue estratto il sangue de pleuritici. Nè si iralascieranno a un tempo i dolci purgativi, onde sgombrare dai polmoni l umore nocevole. Lungi però i sudorifici, i quali comechè valgano general- mente assai in richiamare la materia morbifica agli arti, quì tornerebbero a gravissimo danno fermandola vie più ne’ polmoni, d'onde ne vengono suppurazioni e conseguente certissi» ma morte. Lr Ia d dà, sohb’ vocina al ca Icolo ‘ori, lE nt o più ‘sovente “sul ‘declinare Aros gohe ‘esi ‘da colica | mefriticà , lo che oltre a dara infinito” ‘apporta. sommo pe di forze “già per sè stesse di troppo abbattute . Qui omme ere) sini osa Sa il meglio. Ro un c RA Disse ICO , 10 o bollit PARE di rad lion di; a tea r tosto il malatò il beva’; ‘indi si applichi i Seguente clisteré R? Rað alt hacae et DIA CI drac. unam , fol. mal. pariet. branc. ursin. et Jlor. ċhamaemel äna: man. tnum senin, 1lin. et faenug. ans tic. sem. 60q» S. gi dg: ad lib. una et sem. Colat. dissol. saccar. “Culinar. ét syrup: e dialiHaòke ana unc. duas £ enema + Restituito che abbia il malato. per 4 omito ciù che avrà preso per bocca , e in via di , deje Zioni renduio il olistere si darà una’ buona dose di laud. lig. cioè 25 gocce. 0 si daranno 15 gt delle pillole di Matteo . ; ` Rispetto 2’ rimedj sto: comechè e in me stesso e in altri ne abbia sperimentati ‘ast sai tranne i refrigeranti , e i ripercussivi de quali pure addussi già, non essere esenti di ngricolo, non mi venne fatto conoscerne alcuno ch’ abbia” possanza . Anzi per moltissima spe- rienza edotto ‘oso dire, la maggior parte di que’ che si reputano morti’ dalla podagra meno da lei che da inefficace e’ inopportuna’ - medi- catura!'essere uccisi, Che sénadl altri venisse vaghezza ‘di prevare la` virtù de’ più rinomati ester- y s À ` esterni ‘anodinii; ‘ciò hoa voglia fare»sul finire d’un parziale parosismo ; chè ne sarebbe. in- gannato, mentre il doto ‘presso a ce- dere spontaneo ; sia lo sper nento nel princi- pio e l'esito tosto il farà accorto , in che mai posava sue speranze; potrà bensì ritrarne danno giovamento non mai.'To perciò da molto tem- po abbardonairimedj esterni. Un cataplasma di pane e latte con zaffrano aggiuntovi dopo la bollitura poco olio rosato mi servi già più che altra ‘cosa. Però sul cominciar. del paro- sismo era nullo. Ove adunque il dolore sia acuto assai sarà meglio rimanersi a letto sino a ‘che non scemi; e quando vinca ogni soffe- renza potremo pure ‘appigliarci la sera a poco laudano Tn -altro caso vorremo piuttosto farne senza . E giacchè favelliamo di rimedj esterni vinolsi -egli far. parola di certo mosco indico; chiamato Moxa venuto or ora in grande. cele- brità nella. cura della podagra : lo si accende es’ abbruccia leggermente la parte affetta. Tuttochè si voglia tal genere di rimedio pro- prio alle Indie Orientali, e ignoto affatto iin Europa; egli è però da ben lungo tempo appo noi conosciuto, mentre Ippocrate il quale vi- veva sono oltre due mille anni ne fa men- zione ne’ suoi scritti. Nel libro delle affezioni sez. quinta trattando dell’ischiade ‘così dice: »che se ‘avvenga, il dolore si faccia fisso in qualche luogo, nè si possa cacciare co’ medi- camenti , qualunque luogo pur sia ‘abbruccialo eon lino erudo« e poco dopo: parlando della Tom. 2. 14 210 I ` podagra »convengoño a lei que’ medicamenti che nell’ artritide, ed è lunga e grave malattia °° non mortale. Che. se simanga dolore nelle ita abbrucciane le vene poco sopra l artico- lazione ; lo che si faccia con lino crudo«. Io penso niuno sia per credere possa esistere tale differenza tra la fiamma del lino, e la fiamma del mosco d’ India sicchè questa sia più effi- cace di quella, come penso’ niuno sia per cre- dere più efficace la fiamma delle legna di quer- cia della fiamma delle legna di frassino. Per tale abbrucciamento si mitiga in qualche modo il dolore evacuandosi la parte più sottile, e spiritosa della materia morbifica già deposta all’ articolazione, e possiam pur talora appi- gliarvici; ma non riparandosi per guisa niuna, alta causa antecedente, alla indigestione degli umori uopo è sia vantaggio brevissimo , fuga» cissimo. Nè dirò poi’ come non possa aver luogo , che a malattia incipiente ; e quando la podagra o per l antichità o per metodo men convenevole siasi gettata alle parti interne, quindi più che risentire dolore v’ hanno debo- lezze, e tormini di ventre , e tutti que’ sinto- mi, di che favellammo ; nissuno ch’abbia sen- no vorrà usare del fuoco . idi Ecco omai tutto quello, che- finora mi venne fatto di conoscere rispetto alla cura di questa malattia. Ove altri dica esservi al pro- posito assai rimedj, specifici, io risponderò schietto, non conoscerne veruno: e temo forte che a cotai promettitori non ne sieno noti più 211 che a me. Certamente egli è pure a dolersi che la medicina, arte nobi issima , venga detur- pata con simili baje mercè la ignoranza o la malizia di alcuni. Non evvi malattia in cui non vantino altissimi rimedj, e il cieco volgo più che a miun altro presta loro fede. Nè solo hanno » specifici per le affezioni, che serbano tipo, ma per quelle pure, che ne riconoscono nissuno , e che dipendono da qualche lesione di organi, o da cause esteriori. Però ciò che reca la maggior meraviglia si. è il vedere im- porre a uomini ď@ altronde saggi. Ne sieno esempio gli specifici cotanto decantati nelle contusioni, ló spermaceti, la tegula ibernica ec. ; sono rimedj nulli. I salassi a vicenda co' pur- ganti, finchè siasi racquistata salute, ecco il modo più spedito, e più sicuro, e si ommet- tano tutti que frivoli medicamenti, che dopo una sola cacciata di sangue è costume ado- prare, nè si osi provocare i sudori riscaldan-. dosi a tale oggetto il sangue già per se inchi- nevole all’ infiammazione, quindi grave pericolo pel malato. ¿u Che se nulla giovando i rimedj addotti sarà ch'io paja e poco ingegnoso, e misero nell’investigarne novelli , nel riferirne di antichi, proporrò tutti quelli che Luciano raccolse nella sua Tragopodagra : sceglierà ciascuno quali più avrà. a.grado e interni, ed esterni, nè forse li riscontrerà meno efficaci di altri molti som- mamente da taluno celebrati. La podagra parla ella stessa a coloro ‘che vantano segreti rimedj onde vittoriosamente combatterla . 9132 Me donna dë dolorî oh quale fa . Infra i mortali, che me non conosca Invincibil Podagra? Me non placa Fumo @ incenso , o sugli accesi altari Versato sangue , o di sospesi doni Il ben ornato tempio. Invano Apollo Cr è in ciel medico a Dei, invan d Apollo Il figliuolo dottissimo Esculapio spugnarmi s attenfano : ned Uomo Ungua cessò da più remoti tempi Assalirmi, combattermi, mescendo* A rimedi rimedi , e în mille guise Rimescendo rimedi. Altri s° appiglia Al appio , alla piantagine , alle foglie Di lattuca, e $ appiglia altri al marrubblo Alla silvestre portulaca , ed altri ; Al potamogitone , altri all ortiche, © . AI sinfito, alla lente da palude. Nè cotta pastinaca obblian questi Nè di pesco le foglie, 0 d iosciàmo 5 Nè cipolle , o papavero , o corteccia Di granato, od incenso , o psillio , o nitre Chi radice d eleboro , e nel vino Infuso feniogreco adopra, e adopra — Callomfaco | girini , e di cipresso Le galle , nè tralascia la farina D' orzo, di fave, cavoli, o la salsa Di pesce , o sterco di montana capra, —. O gli escrementi d uom, nè il fior tralascia Dell’ assia pietra . Cuocono mustele E rospi, e gatti, e lacerti , e volpette E rane, e jene , ed ircocervi. Quale ‘ 318, Fu træ metalli non tentato ? quale Succo , qual gomma, 0 Che altro mai x Fu pel Uom non tentato ? sAdipe, sangue, Di qualunque animale , ed ossa e pelle Nervi, midollo, orina , e sterco , e latte. Chi il farmaco si beve sol di quattro Specie composto ; chi sel beve di otto ; Bevonlo i più di sette ; altri si purga Colla sacra pozione, ed altri è giuoco Degli impostori, ed un giudeo fa incanti Sopra altro stolto ; ed evvi pùr chi crede ` Alto un rimedio nel nido di rondine . Ma impongo io pianto, e ad uom che ardisce nii iga opporsi Sdegnata io più m avvento, e ad uom che nulla Contra me umprende io son benigna, e mite . Nè dubito punto che ogn’uomo giudizioso il quale trovisi gia da lungo Ipapo alle mani con questa malattia disperando al tutto di gua- rigione non voglia applaudire al coro col quale il poeta pon fine al dramma, O Diva, o în ogni dope i Celebrata. Podagra deh! n arreca Lieve e facil dolore. Ah! non -acuto Ah! non crudele ei sia, nè. duri a lungo, E sopportar si possa, nè ci wieti L andar. Di. sciagurati Evvi al mondo assai forme: il podagroso Mediti î mali suoi, $ avvezzi loro ;. ` Ciò lo consoli. Deh dunque o. consorti Deh fate pue ch obbliar possiaté Fostri dolori, e se nostre speranze 314 È. Non sempre il ‘ciel matura ; appien talvolta Che non sperati eventi ei ‘ne conduce . Sostenga ognun, ch altri il derida, e soffra Pazientemente il motteggiar, chè tale | Ella è natura del mal che ne strazia, Ma poniam fine. Il metodo da me pro- posto appoggia sull’ esame de’ fenomeni proprj alla malattia, io lo seguii e in me stesso, e in altri, e ne trassi sollievo. La terapia radicale, e perfetta, ond’ essere liberati anco dalla di- sposizione a questa malattia è più che altra cosa nascosta, nè: so quando, o da chi possa essere tratta a luce. Spero nondimeno di aver recato con questo scritto un qualche vantaggio all'umanità indicando gli scogli contro cui ed iò ed altri moltissimi naufragammo e mostran- do a un tempo il miglior metodo, che finora si conosca. To non prometto maggiori cose; però dopo lungo meditare son portato a cre- dere, un giorno si possa rinvenire lo specifico per la Podagra. Allora ben: apparirà la igno- ranza de Dogmatici, e apparirà come forte s’ingannino tanto rispetto all'essenza delle ma- lattie, che a medicamenti onde fugarle . Net rova già manifestamente lo insigne specifico ver le febbri intermittenti la corteccia peruviana. Per quanti -secoli Uomini ingegnosissimi non ne investigavano le cagioni e vi adattavano que’ metodi che corrispondevano. alle imma- ginate teorie? Di qual modo però venisser queste comprovate nel fa chiaro di troppo un ancor recente memoria. Collocavansi le varie 215 specie di febbri intermittenti nella ridondanza di varj umori, e dirigevasi la cura all’ altera» zione loro, alľ evacuazione. Se fosse dritto pensamento: mostravalo l'esito non mai favo- revole, ma il mostrò sovrattutto il sottentrato uso felicissimo della ‘corteccia. Nulla ci cale nè di dieta, nè di regime nè d'umori, e tutto ottiensi solo badando a somministrarla co’ do- vuti rispetti; e appena è ch'ella manchi ta- lora, quando ‘astringiamo a letto il malato senza necessità veruna . La qual cosa però radissimo avviene, mentre tale è sua forza che ad onta del calore del letto da cui la febbre è fomen- tata, riesce le più volte ‘colla maggiore felicità. Intanto finchè non si scopra un metodo, on- de svellere da radice la podagra, lo che da ogni medico; e da me sovra tutti ‘vuolsi de= siderare, accolgasi di buon grado questo qua- lunque siasi tenue lavoro. Che se ciò non fia, non sarà che men venga gran fatta meravi- glia ; troppo conosco gli uomini, ma conosco a un’ ora pur troppo il mio dovere, perchè giam- mai mi perda d'animo; Io omai presso ad ab- bandonare®questa vita mortale, da que’tormenti che afflissero il più degli anni miei e che re- carono insieme gravissimo danno a mie do- mestiche cose rimuovendomi sì sovente dall’ esercizio della Medicina, mi crederò pure aver colto un qualche frutto quando possa derivarne altrui alcun vantaggio, rri tris VA f) Dell Idrope :. PODIE | ‘Sia? aero ey $ o)? oe. islas dit ta, non sesso , cui .l'idro] re. Pure le donne più ch 0 soggette, e questi, assale spe- invecchiare ,, e quelle quand artorire. Però Je sterili. ne sono ‘in giovinezza. I primi indizj di questa malattia. sono, le vestigia lasciate dall’ impressione delle dita. alla parte; inferiore delle gambe , più profonde sulla serà ).meno, e che si vanno. dissipando, di mattino; «Verame nelle dońne: non -è il. segno più! sicuro. rocchè lo si può rinvenire appo le «gravide « appo quelle cui s'arrestava il. flusso mensuales Nè:è sempre, fuor d ogni dubbio. anche , negli uomini; e a un vecchio d' abito. di. corpo pie+ no,.già da molti anni affetto. d’asma, ove ne venga subitamente. liberato. e -ciò d invert sopravverrà. grande tumore alle ..gambe come per idrope;. e. sarà ‘maggiore nella, stagione fredda che nella calda ; maggiore «in, tempi di pioggia, che in sereno, e senza :piùslo accom- pagnerà sino «a morte... Però in generale lo sì ha negli uomini lo intumidir delle. gambe per -segnale di; sopravvegnente, idropisia, massime se abbiavi difficoltà di respiro. Il. tumore va di in dì aumentando e. passa alle, coscie; € passa all addome, e tanta è la copia delle ac- que, ch’ esso talora si distende oltre misura, e forzando pur l'ombelico è generato l’ esomfalo . , Tresono iv Sintomi che ‘actompagnanò questa malattia : dispnea, scarsezza dî orine intensa sete. Nasce la prima dalle acque. i le quali è compresso il diaframma, ond è im- pedito nel proprio movimento ; la seconda ha origine da ciò che il siero del sangue il quale doveva separarsi” pe’ condotti orinar) si depone nell addome, e altrove; proviene: poi. la sete dal calore , dall’acrimonia che contrae la massa sierosa mercè la lunga dimora nel corpo im putridendo:; e n’ha pur sempre il malato lieve febbre + In ragione che aumentano le` parti- in cui risiede la malattia, di mano in mano di- magrano *le altre : infine la copia dell’acque ` tanta ‘essendo , che più non vale a corterierla la ‘cavità addominale, fatto impeto contro vi- scere più nobili, innondata la fonte della ‘vita il malato quasi sommerso muore . -= Cagione di questa malattia in. genere è la debolezza del sangue per la quale. non più potendo assimilare. 1 alimento» gli è uopo il cacci alle estremità del corpo, indi. il -depone eziandio -nell addomé. Quì finchè è poca quan- tità fabbrica la matura a contenerlo certe ve- scichette ; ma eresciuto oltre modo e superata ogni cosa.il solo peritoneo lo racchiude . E a cotale debolezza del sangue è le più volte: cagione , e la soverchia perdita di questo o sia per salassi ‘0 sia per altra guisa; o qual- che lunga malattia, o lo sfrenato bere di li- quori. spiritosi ,, per cui distraggonsi i naturali fermenti. del corpo , e si dissipano gli spiriti. 218 Gli è perciò che cotesti solenni hevitori ven- gono assai volte combattuti da questa malattia quantunque di fredda natura. Però può essere pure generata da uso eccessivo di acqua in coloro ch’ erano da lunga pezza avvezzi a’ li- quori suddetti . | Ma nelle donne, lo che vuolsi osservare, evvi cagione ben differente, siccome quella che. sta piuttosto nell’ una delle ovaja conta» minata da saburra, od ostrutta; sicchè ne viene alterata a poco a poco la tessitura; qui posto il seme della malattia, se ne distende oltre- modo la tonaca, e forma la natura all’uopo vescichette le quali ricevono l umore raccolto. - Però alla fine rompendosene alcuna si versano le acque nell’ addome ed ecco allora que’ sin- tomi d'idrope quali già arrecammo;, Ma di questo genere se n'è parlato altrove. Vi ha nelle donne due altre specie di tu- mori al ventre che mentono idropisia. L’ una si è un crescere ‘preternaturale di carni nelle parti contenute entro l addome, sicchè elevasi in mole non minore che per acque racchiuse. L altra riconosce origine da flati, e non per tumore soltanto ma per altri segni assai simula gravidanza. Le vedove ne sono sovra l altre soggette, e le donne pure che si maritarono ad età avanzata. Queste già credendosi gravie de, e ‘in tale credenza confermate dalle oste- tricanti , che come oracolo consultano, e già il moto risentendo del feto pel debito spazio di tempo, e tratto tratto come appunto le 319 gravide aAminalando ; e per le mammelle intù- midite e pel latte che sovente ne stilla preparano non di rado, e le fascie ed ogni altra cosa al parto convenevole; alla fine il ventre di quella guisa ch’ era cresciuto a poco a poco diminuendo toglie loro le concepute speranze . Entrambe le specie però non voglionsi riferire alla malattia della quale trattiamo . i Le indicazioni vere, e ‘&enuine siccome quelle che vengono naturalmente tratte da’pre- detti fenomeni sono ed evacuare le acque, e ad impedirne novello adunamento rinforzare il sangue. Rispetto all’ evacuare importa molto il sapere come i deboli catartici più ché giovare nuocono. I catartici tutti sono nemici alla na- tura, è nella loro operazione debilitano il sangue, laonde ove non escano celeremente dal corpo, movendo quegli umori che non sanno evacuare, ed agitando il sangue accrescono maggiormente la intumescenza, lo che appare manifestamente ne piedi. Per la qual cosa vorrassi sapere come il malato si comporti co'purganti, se più o meno facilmente loro ceda ; questo per nissun altro modo si.potrà meglio conoscere che risguar- ‘ dando attentamente ciò che hanno fatto altri purganti in altro tempo. Hannovi ne corpi certe idiosincrasie , ‘in virtù delle quali spes- sissime volte un malato potrebbe essere spinto in pericolo di vita, ove non si badasse, che al temperamento; nè è raro vedersi uomini robustissimi tosto vinti da’ mediocri catartici , come altri all opposito di forze meschine ap- 250 pena cedere a’possentissimi. Nè sia tale av- vertenza rispetto ai soli. purganti idragoghi, ella vorrà essere piuttosto. comune a tutti. Im- erocchè vidi spesse volte sopravvenire delle percatarsi da dolcissimi purgativi perchè. ap- punto non si era domandato come si. soste- nessero tali rimedj. Pure, siccome l idrope come abbiamo detto, richiede sopra qualsivo- glia malattia pronta e valida purgagione; noi non temeremo appigliarvici, mentre sopravve- nendo ipercatarsi la ripareremo ben tosto mer- cè .il laudano in simili circostanze rimedio sicurissimo . i A a E si dovrà poscia procedere il più che poiras celeremente avuto riguardo però alle orze» del malato .. Quindi sarà ogni giorno da purgarsi, tranne, ov abbia soverchia debolezza, o l operazione. del. precedente catartico sia stata violenta assai: allora. si frammetteranno uno. o due giorni. I lunghi intervalli dabno luogo a novella radunanza di acque nè com- pensa J ayer purgato abbondantemente . Ol- tracciò avvi a temere, non la lunga dimora di tali acque fra le viscere le contamini, le in- fetti del proprio imputridimento ; e siccome quelle poi, che vennero agitate. da’ preceduti catarlici ,.si trovano più inchinevoli a nuocere che non fossero dappria. Egli è dunque per tali ragioni, che sarà uopo della maggiore pre~ stezza, nè rimarremo dal fare, finchè non sia ‘compiuto lo sgombramento . Qui occorre da osservare, come mostrandoci l’ esperienza dIL quasi tutti gli idragoghi per un particolare loro genio nulla operare da soli nelle persone dif- ticili ad essere purgate, o somministrati pure a grandi dosi non eccitar che tumulto onde all’ opposto aumentasi,. anzichè diminuire il tumore : non si dovrà in tali circostanze in altra guisa amministrarli che riuniti a catar- tici più dolci. Ma ciò non ha luogo in coloro che sono facili a purgarsi, e gli idragoghi soli agiscono e prestamente o con grande effetto. Appo questi pertanto riesce eccellentemente anche il solo siroppo di spina cervina, egli | caccia quasi solo le acque in grande quantità. ` Ed è poi in ciò ad ogni altro purgante pre- feribile, che nè perturba il sangue, nè rende le orine più colorate; però genera in operando molta sete. Ma di quel modo che agisce in questi secondi, non ha vigore veruno ne’ pri- mi; nè molte sono le dejezioni, nè molta P uscita delle acque. i La prima volta ch'io ebbi a curare idro- pisia, fanno circa ventisette anni, m’ incontrai in una signora di Westminster per nome Salt- marst; ella aveva il ventre elevato a cotale mole , che appena si poteva credere. Prescrissi un’ oncia del siroppo suddetto innanzi al pran- zo, siccome. allora. era costume: uscirono le acque in quantità prodigiosa, nè eccitossi tu- multo , nè fuvvi perdita di forze. ‘N’ ebbi co- raggio, ed ogni dì ne ripeteva la dose ; frap- postivi solo uno o due giorni, quando mi pa- reva ravvisare nella malata maggior debolezza. 223 Di tal modo a poco a poeo scomparve al tutte l’idrope, e la donna risanò. Giovane inesper; to; credetti possedere un rimedio contro ogni idropisia, ma era in errore, e ben tosto il conobbi. Chiamato presso altra donna alla quale per inveterata quartana era sopraggiunta questa malattia le somministrai il siroppo sud- detto, ne ripetei più volte la dose, che an- dava gradatamente aumentando : però -ogni cosa vana; non aveansi evacuazioni, e il ven- tre maggiormente intumidiva. Venni licenziato ; altro. medico s' appigliò a rimedj più efficaci, e se ben mi ricorda, l ammalata guarì . ~ Quando dunque il soggetto sia tale, che resista ‘a’ dolci catartici vuolsi ricorrere a’ più forti ; i quali si somministreranno nella ma- niera indicata , uniti cioè a’ più lievi ; riescono come dicemmo in simil guisa efficacissimi. Io mi servii spesse volte della seguente pozione. R. Tamarind. unc. sem. fol. senn. drac. duas , Rhei drac. unam et sem. coq. àn q.s. ag. font. ad unc. tres, in colat.. dissolv. mann. et syr. Rosar. solut. ana unc. unam , syr. de spin. cerpin. unc. sem. elect. e succ. 'Rosar. drac. duas, m.`f. potio. | F., Però ella non conviene, che a’ più robu- sti, e in essi agisce più che altro. Così la seguente: R. Vini alb. unc. quatuor, Jalap. subtilis. pulv. drac. unam Zinziber. pulv. scrup. sem. syr. de spin. cervin: uno. unam m. f. potio da prendersi di buon mattino da ripetersi ogni giorno, o a giorni alterni a. misura delle forze. 223 Mi giovo sovente d'altra formola presso coloro cui l’uso ripetuto fece abborrire gli al- tri purganti; riscalda a un tempo purgando, e corrobora. R. Rad. Jalap. contus. Hermodac. ana unc. sem. scammon. crud. drac. tres fol. senn. unc. duas, glycirrhiz. ras. sem. anis. carv. ana unc. sem. summit. absynth. fol salpe. ana manip. unum infunde frigide in lib. tres aquae vitae vulgaris et coletur tantummodo usus tem- pore . Se ne prenderà un cucchiajo la sera, e e due al mattino vegnente , aumentandone di- minuerdone la dose secondo l operazione . Rimangono due medicamenti i quali se- condo quello che mi pare la vincono sopra tutti e nelle persone pure difficili a purgarsi: io vo dire l’elaterio, e l infusione del croco de’ metalli. L’ elaterio ossia fecula del coco- mero agreste spiega potentemente sue forze in lievissima quantità , e bastano d’ ordinario due grani. To soglio prescriverlo unitamente a uno scrupolo di pillole ex duobus se ne fanno. tre parti e si prendono di mattino . Rispetto all infuso di croco quantunque sembri a prima giunta, non debba vuotare che il contenuto nel ventricolo, pure potrà bene in fine espel- lere anche le acque dell’ addome. Mentre oltre- chè dopo il vomito muove' d’ ordinario deje- zioni; le tante scosse e del ventricolo. e delle altre viscere non ponno ‘non ispingere le acque a sortita per via che in vero noi non cono- sciamo . Un’ oncia e mezzo, due once ne più restu ne sono la dose, che prenderassi di mat- 224 tino “ed ogni dì giusta le forze del malato ; Che se non operi bastevolmente dopo la terza, o la quarta volta io soglio talora benchè di rado, aggiugnervi l’elettuario di succo di rose, e il siroppo di spina cervina, p. e. R. Ag. card. Bened. unc. tres infus. croc. metal. unc. unam et sem. syr. de spin. cervin. une. sem. Elect. de succo Rosar. drac. duas , m. f. potio. Che esistano ciechi condotti pe quali pas- sano ‘le acque dalla cavità dell addome alle. intestine il fatto apertamente cel mostra. Noi vediamo tuttodì gli idragoghi vuotarne per secesso tanta quantità come se avessero elle sede nelle intestine stesse. Ma chi mai può ravvisarli ? però pensando io a wa cotale dif- ficoltà mi venne a mente quel celebre detto del più saggio Medico a giudizio di tutte le età, del grande Ippocrate. Egli nel libro dell’ an- tica medicina così dice: » V hanno de medici, e de sofisti che asseriscono colui non -poter conoscere la medicina il quale. non conosce F uomo , e di qual modo sia stato costituito. To però sono d’ avviso che tutto quello che fu detto al proposito, e da medici, e da’ sofisti spetti meno alia Medicina, che alla Pittura «. Pure non si vorrà qui tacciare il divino vecchio di errore, nè gli empirici. credano îrarre un appoggio alla loro ignoranza. Ío dico dunque, siccome la sperienza chiaramente mi mostra, ed ella è la vera pietra di. paragone in Medicina, essere assolutamente mestieri co- noscere la struttura del. corpo aaa e OP: 225 formarsi giuste idee della natura; e delle ca- gioni di certe malattie. Ned è possibile che ignorando la fabbrica de' reni, e de’ condotti , pe quali comunicano colla vescica si possa so spettare d'onde nascano que’ sintomi, proce denti da un calcolo impegnato o nella pelvi, o negli ureteri. Non meno necessaria ella è poi una simile conoscenza al chirurgo, perchè ope- rando possa evitare e que’ vasi, e quelle parti che senza gravissimo danno non potrebbero essere offese ; nè saprebbe riporre le ossa slo- gate ove non conoscesse perfettamente la strut- tura dello scheletro. Però un Medico digiuno di notomia s'as- somiglierà assai volte a chi combatte alla cie- ca, o ad un nocchiero che senza bussola si affidi al mare. Ma questa scienza e presto e facilmente si apprende; chè a ciò niuw altra cosa vuolsi che esaminare cadaveri e d’ uomi- ni, e ď animali, quindi non è mestieri nè di gran mente, nè di grande giudizio. Non ostante egli è da confessare che e in tutte le acute, le quali costituiscono due terzi delle malattie, e nella più gran parte delle croniche s'asconde un non so che proprio per niuna guisa da potersi riconoscere mercè la ispezione del corpo uma- no. Quindi anzichè detrarre alle conoscenze anatomiche estimo io aver voluto il divino vecchio avvertire gli uomini a non confidare di troppo nella dissezione de’cadaveri obblian- do quello per cui veramente può avanzare lar- te medica, l acuta osservazione de’ naturali fe~ Tom. 2. 15 426 nomeni, e di ciò che giova, e di ciò ché nuoce . Senza dubbio a un tanto uomo, cotanto sapiente non potè essere ascoso come qualun- que indagine in proposito non poteva essere che generale; mentre quantunque mercè l'ana- tomia ne pervengano a veduta i maggiori or- gani, de quali si serve la natura nelle sue operazioni, e alcuni vasi si scorgano per cui trasmettonsi 1 succhi dall’ una parte all'altra, non gli è però che l'occhio comprenda qual sia la cagione primaria di questo movimento . Né qualsivoglia finissimo microscopio ci farà conoscere que’ sottilissimi condotti pe’ quali pas- sa il chilo dalle intestine ne’ vasi chiliferi, o quelli pe’ quali il sangue dalle arterie è traspor- tato alle vene. Ned io dirò d'una infinità di altre cose mirabili e che l uomo non può pure immaginare. Nostre nozioni non estendonsi che a superficie , e vediamo effetti, e le ca- gioni non mai. Ad ogni modo non ci riesce malagevole il sapere, quanto basti a dirigerne pel trattamento delle malattie che richieggono nozioni di notomia, e quanto ne induca ad adorare il Sommo Facitore delle cose , per quello che ne è conosciuto deducendo il magistero infinito di quello che ne è ignoto . E di quella guisa che Ippocrate coloro dannava i quali più che alle osservazioni pra- tiche, e quindi al giudizio della stessa natura concedevano alle curiose speculazioni anatomi- chej così ogu uom saggio può al presente 22 condannare coloro i quali credono in crt altro modo possa la medicina, maggiormente avanzare come pe nuovi ritrovati chimici. Noi saremmo certamente ingrati, ove non sapes- simo grado alla chimica per ciò che ne som- ministrava alcuni utilissimi rimed) , e l’ emetico di che ora abbiamo parlato non è senza dub- bio de’ minori, e contenuta infra i limiti della farmacia è arte meritevole di lodi assai. Ma è pur grave errore l estimare , tutto da essa dipenda in Medicina, e il difetto di questa nel difetto specialmente consista di grandi rimed) e possenti, che la sola Chimica può sommini- strare. Per verità ben altro apparisce a chi rettamente consideri la cosa, e vede il princi- | pale difetto della medicina non consistere nell’ ignorare come si soddisfaccia all’ una o. all al- tra indicazione , ma piuttosto nel non sapere quale indicazione appunto si abbia a soddisfa- re. Il più rozzo servo di speziale mi farà dotto in mezzo quarto d'ora con quai rimedi pro- vocare il vomito, con quali il secesso , con quali il sudore ; e come refrigerare ec. all’ op- posto e sarà uopo di molto esercizio in medi- cina, di molta abilità perchè con pari certezza mi sı mostri ove o l uno o l'altro genere di rimedj convenga secondo i var). casi, le varie malattie. í lo qui tengo per fermo, nulla più contri- buisca in proposito a rettamente giudicare quan to la scrupolosa osservazione a’ fenomeni na- turali , e il tener presso a ciò che nuoce, a ciò 2 528 che giova, ed ogni conseguenza fedelmente denotare. Noi per tal guisa potremo ben me= glio e con maggiore certezza riconoscere la natura delle malattie, e desumerne le indica- zioni curative di quello non possiam fare vol- gendoci a fisiche speculazioni. Vane cose tut- te, e le più eccellenti non altro che belle im- maginazioni, le quali il tempo necessariamente distrugge. La sola verità vive eterna, e ciò che. è basato sulla natura non potrà cadere che con lei. Ma non tutte le ipotesi sono a guisa di queste futili e caduche ; evvene alcune che siccome dedotte da’ soli fatti possono rimanere stabili e inconcusse. Qui veramente la teoria è tratta dalla pratica, non la pratica dalla teo- ria. Nell affezione isterica p. e. non perchè abbia supposto dapprincipio debolezza fo. uso de’ calibeati e degli altri corroboranti, e mi astengo ‘dagli evacuanti ( tranne in certi casi ) e prescrivo piuttosto i narcotici: ma perchè F osservazione costante mi mostra sempre es- sere tornati a danno i catartici, e per opposti rimedj invece essersi calmato ogni cosa . Egli è pertanto dietro tale osservazione e simili che trassi la mia Ipotesi e di tal modo servirebbe qui il filosofo all’ empirico. Che se avessi dato cominciamento dalla Ipotesi io non sarei stato meno stolto di colui che volendo fabbricare pen- gasse al tetto? innanzi che alle fondamenta. Ciò lice soltanto a chi suole costruire in aria, e può bene un cotale dar principio a grado suo dall una o dall'altra estremità . DA 229 Ma ritornando al proposito dico dunque eome, che che sieno cotesti canali per cui. le acque dalla cavità del addome passano alle intestine, egli è certissimo , il suddetto emetico possentemente evacuarle e per deje- zioni; e pel vomito stesso. Imperocchè dopo due o tre conati escono le acque, quasi rotto l argine in forza maravigliosa, e ciò fanno pure soventi volte negli stessi intervalli . Nell Agosto ultimamente scorso venni chia» mato da certa donna povera persona assai di ‘ età circa a: 55 anni. Ella aveva avuto lunghis- sima intermittente , in seguito chiusa per un triennio in prigione vi pat freddo grandissimo, e'l suo ventre in fine era asceso a tal mole, che non vidi mai la maggiore. Le prescrissi un'oncia e mezzo d'infusione di croco de’ me- talli e ciò per tre giorni di seguito , le ne prescrissi tre altre dosi che volli prendesse a giorni alterni a seconda di sue forze, Al pri- mo vomitare si soppressero al tutto le orine: riapparvero poscia per intervallo, ma rade mol- to: a misura che ripeteva l’ emetico mandava maggior copia di acque e sul fine mandavale e dalla bocca e dall’ alvo. Dopo la terza dose cominciò a detumefare, e in capo a 14 giorni si trovò meno gotrifia di tre piedi avendo eva- cuato secondo quello che mi diceva alcuni congj di acqua. Ella per lo innanzi non dimo- raya a letto che elevata, forte minacciata di soffocazione, ora già sicura giaceva, il capo sul guanciale e volgevasi a grado suo dall’ uno »30 l dalľ altro lato. Ma siccome la violenza del? emetico suscitò isterismo sicchè non era sicura cosa insistere in tale rimedio più a lungo; d'altronde e dal ventre tumido ancora, e dalla AMuttuazione delle acque che risentiva. volgen- dosi su fianchi, e dalle vestigia, che l impres- sione lasciava sulle gambe apparendo manife- stamente , rimanessero acque assai, mi trovai astretto compiere la cura co’ veraci purgativi . Laonde prescrissi o la pozione purgante so- praddetta od altro idragogo; e più rado, e più spesso secondo il permettessero le forze e l isterismo meno infestasse; perocchè il susci- tavano pur anco i purganti quantunque meno, che gli emetici. To durai in questo metodo sino a intera guarigione; ed ebbi ad osservare principalmente le seguenti cose. Primo che talora ne’ giorni non scelti a purgare mandava per dejezioni una grande quantità di acqua, e sul fine anche per le vie orinarie sino anche alla misura di un congio, quantunque la be- vanda non oltrepassasse la libbra e mezzo, le due libbre, sicchè sembrava fossero aperti tutti i canali. Secondo, che sul finire della malattia quando pe’ catartici si muoveva iste- rismo , il ventre, specialmente verso la parte superiore , intumidiva come per novelle acque, lo che io ben sapeva non essere, sì scarso essendo il bere, e riferiva il fenomeno a’ flati, come appunto l evento il comprovò . Mentre quantunque nel giorno in che era purgata vuo- tasse fino a un congio di acqua, tosto pure 231 incominciava a gonfiare, e ascendeva il tumo- re sino alla gola producendo dispnea, e così era sino al cessare l’azione del purgante e al racquistare lo stato, e la quiete naturale. Dopo ciò e il tumore e gli altri sintomi disparivano subitamente, nè rinnovavano, che al rinnovar del medicamento . Infine altra cosa da consi- derare si fu come a una cotal donna dell età mentovata . sopravvenne in copia grande il flusso mestruo, che già da qualche anno erasi soppresso ; quindi aggiugnendosi perciò mag- giore debolezza crebbero di molto i sintomi isterici, ed eccoti dolore crudele al dorso, alla regione della milza, e grave cefalalgia , e tosse convulsiva. Inoltre comechè dopo co- tanta evacuazione di acque sembrasse, poca ne avesse a rimanere ; pure il ventre non era meno tumido che per lo innanzi si fosse. E durando cotai cose oltre una settimana dall’ul- tima purgagione mi trovai astretto sommini- strare per quattro notti continue un’‘oncia e mezzo di siroppo Diacodio, dose che pure ripeteva quando infra tre ore non ne seguiva il sonno. Di tal modo ritornò calma, ed ogni tumore si dissipò . Egli è perà da avvertire come non riesce sì prontamente l infaso del croco de’ metalli me leggieri asciti, e pare che la mole istessa delle acque agitata e sommossa dall’ azione dell’emetico ne contribuisca di molto alla pre- sta evacuazione. Perciò ne’ casi non ragguar- devoli noi vorremo piuttosto attenerci a que’ rimedi, che solamente muovono l alvo : 232 Evvi altro medicamento assai comune è semplice, e che vince del pari, e per la stessa ragione l idropisia . Si prendono tre manipoli di corteccia interna di sambuco, si fanno bol- lire in due libbre di acqua, e due di latte miste Insieme; riducansi a metà : la si beva in due volte ogni giorno cioè la mattina, e la sera. Muove questo rimedio; e il vomito e il secesso come il croco .de’ metalli, nè com- batte la malattia con forza veruna specifica ; per la qual cosa ove non produca luna o l’altra evacuazione o scarse, nulla o poco giova : grandissimo effetto al contrario quando luna o Y altra produca abbondanti, e mara- viglioso quando le produca entrambe . Ma avviene talora, lo che vnol essere considerato , che sia l’idrope ed alle gambe, ed alle coscie ed al addome e debbansi al tutto sbandire i catartici ;. così in quella che ‘ sopravviene a lunga ftisi, o a lesione, ed a corruzrone di viscere, o a somma debolezza del sangue ; e a pieno esaurimento degli spi- riti, o a inveterate strabocchevoli suppurazio- ni, o a indebolimento indotto da salivazione, da sudore, da purgare in modo soverchio ,. e da tenuissima dièta, nella cura della lue ve- nerea. In queste e in altre simili circostanze saranno dannosi i purgativi aumentando la ca- gione della malattia, la debolezza. Qui adun- que sarà sola nostra mira corroborare . Infra i rimedj corroboranti de’ quali più sotto faremo parola io so per cerlissimo sperimento essere 5 ; 233 üi valore assai il cangiamento d'aria, eT eser- ‘citarsi in campagtia proporzionatamente alle forze del malato, di tal modo ebbero quasi a rinnovarsi gli spiriti, e gli organi escretorj ritornarono al debito ufficio . Anche senza tali cagioni accade altre volte non poterci attenere nè a’catartici, nè ad eme- tici, quando cioè sia malato di misera costi- tuzione, o donna soggetta grandemente ad isterismo. Quì piuttosto ci affideremo a’ diu- retici. Assai ne annoverano i Medici, que’ però che a me pajono più di tutti efficaci, e direi quasi i soli, sono i compost di sali lis- siviali ; nè rileva poi da qual genere di vege- tabili traggansi le ceneri. Ma poichè nulla avvi di più comodo della genista, e bene corrispon- de in questa malattia, io fo d’ ordinario infon- dere a freddo una libbra di sue ceneri in quat- tro di vino del Reno, cui aggiungo uno o due pugilli di foglie d’assenzio volgare. Filtrato il - liquore ne prende il malato quattr’ once il mat- tno, alle cinque pomeridiane e ad ora tarda, e ciò sino allo svanire d'ogni gonfiezza . Mer- cè tale rimedio io vidi dissipate idropisie esti- mate perdute in persone la cui debolezza non permetteva l uso de’ purganti, Ma cacciate le acque cagione prossima della malattia noi non pervenimmo. che alla x . . metà della cura, e ‘vuolsi onde compierla prov- vedere alla debolezza del Sangue origine prima della malattia, lo che si fa mercè il lungo uso ed assiduo di calefacenti, di corroboranti. Ecco RIA TSI la seconda indicazione. Nelle persone giovani veramente avviene assai volte non essere me- stieri ď altra cosa bastando loro il proprio na- turale calore non più soffocato dalla mole delle acque; ma e ne vecchi, e ne male costituiti gli è forza ricorrere subitamente a’ rimedj men- tovati. Così oltre quelli, di cui diremo, sono eccellenti al proposito quelli che abbiamo com- mendato nella podagra o sieno nati dalla far- macia, o dalle sei cose non naturali. Solo il vino come bevanda ordinaria nocevole in que- sta, giova sommamente nell idrope. E vogliam confessare che mentre e da’ fenomeni manife- sti, e da ciò che giova o nuoce veniamo istruiti sì queste malattie, come la più parte delle cronichè ripetere loro origine dalla debolezza del sangue, non ne lice però più inoltrarci; ci aggiriamo ancor all esterno, nè compren- diamo l essenziali differenze, nè le specifiche depravazioni degli umori generate pure dalla comune causa la indigestione. Di tal guisa nelle acute non giungiamo a riconoscere le specifiche varietà provenienti da una medesima causa cioè dalla infiammazione del sangue. Per la qual cosa e nelle acute e nelle croniche mancando di specifici, anzichè alla essenziale natura delle malattie ci volgiamo piuttosto alla generale cagione , e questa ci sforziamo com- battere, variando di metodo o secondo quello che la natura stessa ne va indicando, o se- condo quello che la sperienza ne mostrò es= sere alľ uopo più convenevole . 235 Ora a compiere una simile indicazione cioè a corroborare, di qualunque modo sienosi evacuate le acque o per diuretici o per pur- ganti, o per vomitivi egli è necessario che a un tempo il malato beva vino; non voglia però farlo innanzi cominci la sortita delle ac- que, e in luogo del vino s° appigli a birra ga- gliarda, mentre i liquori tenui e refrigeranii, ancorachè graditi al malato mai sempre siti- bondo aumenteranno l'idrope. O non mai dunque o ben di rado si vorranno concedere . All opposito i liquori generosi purchè non sieno spiriti distillati riescono ď una cotanta utilità, che poterono pur talora da soli ope- rar ogni cosa, ciò vogliamo dire sul comin- ciamento quando non evvi ancora molta espan- sione d'acque: e meglio il facevano se trova- vansi impregnati delle virtù d'erbe calefacenti, e corroboranti. Appo i poveri. p. e. cui la misera condizione vietava migliori rimed}, pre- scriveva per bevanda ordinaria birra forte ove si fosse infusa quantità sufficiente di radice di rafano rusticano , di foglie d’ assenzio comune , di coclearia oriense, di salvia, di centaurea minore , di sommità dì genista, e senza più fu vinta la malattia. Pe doviziosi si possono infundere simili erbe nel vino delle canarie, e se ne prenderà un bicchiero due ire volte al giorno fra gli intervalli de medicamenti sopra mentovati. Che se il malato n’ abbia disgusto as sal S’ appigli al vino di assenzio ; nove CUC- ehiai dopo due dramme dell’ eletuario digestive 236 descritto nel trattato della podagra nè sieno la dose e ciò faccia di mattino , alle quattro po- meridiane, la notte. Questo elettuario egli è sommamente commendevole e avanza di gran lunga ogn’altro corroborante. Però importa oltre ogni credere l’ astenersi da'liquori deboli; e si videro alcuni guarire ciò solo facendo. Questi liquori tutti aumentano la malattia; quindi se ne vorrà almeno essere parchissimi. Pure essendovi solitamente sete, la quale vie più 5’ accresce astenendosi da bevande tenui, sarà bene che sovente il malato aggiri per la bocca acqua fredda leggermente inacidita di spirito di vitriolo, o mastichi tamarindo o li- mone senza però nulla ingojare , che siccome sostanze fredde nuocerebbero . E° pure da commendarsi il ferro in idro- pisia incipiente, e rinvigorisce; e fiscalda il sangue. Nè perciò sarà a dispregiarsi l'aglio ed io vidi taluno guarire idropi coll’ aglio solo tralasciati gli evacuanti. -< «E qui al proposito torna bene avvertire come alloraquando o le sole gambe sieno in- tumidite, o lo sia pure il ventre ma non assai non vuolsi tosto ricorrere agli emetici, ed a' purganti, mentre talora i soli corroboranti vin- sero la malattia. E si avvertirà inoltre che in tal caso, e ove pure s'adoprino rimedj lissi- viali saranno nocevoli affatto i purgativi di qualunque sorta sieno e si vedrà distruggere per loro l opera già per gli altri rimedi inco- minciata, ed aumentare il tumore che già di~ 239 minuiva . Corroboriamo bensì trattò tratto quan- do pur siamo intenti all evacuazione delle’ ac>. que, ma quando è posta ogni cura nel solo fortificare il sangue è mestieri sbandire affatto i purganti . Å Ma comechè si soddisfaccia e all una, e all’ altra indicazione ‘evacuare le acque, e mercè i corroboranti opporci a novello radunamento, non è però che. avvenga sempre guarigione. Non di rado un ascite che duri molti anni, in virtù della lunga dimora delle ‘acque lede le viscere che circonda e le parti vicine, e si generano ghiandole preternaturali e sorgono vesciche ripiene di sanie ed ogni cosa è gua- sto entro la cavità dell'addome ; lo che ben mostrò la sezione di chi moriva da inveterato ascite. Ora giunta la malattia a tale punto vano è secondo quello che io credo ogni sus- sidio. Pure non potendosi conoscere dal me- dico il vero grado di lesione sarà mestieri tentare la cura, e cogli evacuanti, e'co’ cor- roboranti, nè perder coraggio , nè il torre al- trui. E ben si vede talora la natura, la quale veglia tutto giorno a nostro pro , operare cose maravigliose, e vincere per se malattie d’ in- dole interamente perduta. Pertanto qualunque ascite, sia pure inveterato, ed abbia recato qualunque danno alle viscere, non vorrà es- sere combattuto in altra guisa che come in- cominciasse . . Rispetto a’ rimedi topici ‘non mi venne mai fatto scorgere cosa che soddisfacesse.\Que' 238 che il meno nuocquero furono cataplasmi, e lenimenti, applicati all'addome; non veggo però come possano cacciare le acque. Ma da talu- no poi adopransi rimedj locali sommamente nocevoli : così certi unguenti composti di ca- tartici fortissimi: così vescicatorj] alle gambe alle coscie gonfie ď assai, e ciò onde trarne le acque. E nelľ una e nell’ altra sorta di me- dicamenti evvi pericolo grave, perocchè da quelli penetra talora sì addentro la virtù catar- tica; e ne è tale l’azione che nulla può ripa- rarli; da questi si estingue nelle parti il calore naturale già per le acque sì poco, che ne so- pravviene la gangrena ; mentre negli. idropici è la più lieve, ferita difficilissima a guarirsi, impedita la cicatrizzazione dalle acque che in- nondano le carni, e che escono continuamente dovunque il possono. Nè. secondo me sono più a commendarsi le punture con ago, e la paracentesi da alcuni celebratissime. Finalmente, quantunque il vero ascite sia generalmente estimato incurabile, pure nella ma- niera or ora mentovata potrà essere vinto come altri mali molti credati meno funesti , purchè le viscere non sieno lese. Che se alcuno avvi- sasse riprendermi perchè soverchiamente sem- plici i rimed) , e. senza artificio , ve’ come io w alzerei tosto contra lui e. scellerato. e tristo il chiamerei. Grida egli che .con altrui ciò sì faccia, e la propria moglie, e i proprj figli non in altra guisa amerebbe risanare . E sarebbe poi sciocchezza, mentre la dignità della medi» 23 cina più che nella eleganza delle formole sta nel vincere le malattie . Ecco quello che io mi sapeva dire rispetto a queste due malattie. Jo ho in animo non iscrivere mai più su altro. Ma delle cose che finora ho pubblicato dirò, che ove altri s’ ap- piglii a scorrerle sola una fiata io mi dorrò grandemente d’ aver lui prestato occasione di via gittare porzione di tempo. Ove però si compiaccia rivederle più volte e profondamente considerarle, non dubito punto ch’ ei non sia per corre tale frutto che corrisponda in parte al mio desiderio, ed alle fatiche che già so- stenni. Ben ei vedrà purchè versato nella pra- tica, e sia qual si debbe sagace‘ osservatore , e diligente, se io abbia riferito lo schietto vero. Che se nel poco che per me si scrisse m at- ienni alla sola natura, nè seguii mai opinione d'uomo qual ch ei si fosse, e’ sarà bene che ogni saggio lo mi perdoni. Non è ignoto loro come due razze ď uomini s’ oppongono ugual- mente ad ogni progresso nella Medicina. Nella prima sono quelli che nulla per se stessi con- tribuendo all’ avanzamento dell’ arte, vanno censurando chi .s' affatica in qualche modo ciò fare, e velano a un tempo la propria igno- ranza, e infingardaggine col rispetto che dicono . doversi agli antichi da’ quali non si dipartono ne punto, né poco. Però se noi non crediamo recare agli antichi ingiuria veruna asserendo tutte l'altre arti, che assai meno interessano l umanità essersi pe’ moderni grandemente au~ 2/0 mentato , perchè temeremo ciò dire rispetta f all'arte medica? Forse senza spregiare primi i quali prendevano a scorta le stelle nè si allontanavano dalla veduta del lido, pote- rono que’ nostri accrescitori dell’ arte di navi- gare porre in uso la bussola, da cui trassero infiniti vantaggi ? e la nostra maggiore arte sì nel costruire vascelli come nel dirigerne un combattimento , nel che avanzano ora ogni al- tro popolo le nazioni occidentali d’ Europa; infama forse coloro, che fabbricarono quelle flotte le quali combatterono ad Azio? e Augu- sto, e Marco Antonio capitani a una tanta guerra ne sono forse infamati? Non è a dirsi quante cose inventassero i moderni, in cui di, gran lunga superarono gli antichi, nè perciò alla memoria di questi venne danno, come un figlio non offenderebbe la fama del padre au- mentando colla propria industria la-ricevuta eredità. Secondi poi ad ostare a’ progressi della medicina sono quegli uomini vanissimi i quali affettando ingegno e dottrina non volgare tł stuccano con teorie inutili al tutto nella cura delle malattie, e traggono altrui nell'errore . Più ingegnosi che prudenti scherzano dottamente sulla natura, nè comprendono, la sola spe- rienza poterne disvelare i misteri. Mentre tale è la condizione umana, niuna cosa in noi pe- netrare che pe sensi, nè più potere noi rico- noscere di quello ne vien per loro additato : Onde può bensì taluno diventar saggio per quanto uom possa, nissuno giammai filosofo per i X 24 £ Pe quanto almeno domanda un. tanto nome . a la filosofia del Medico tutta sta nell’ inda- gare la storia delle malattie e porre in opra que rimedj che la sperienza mostrò più ac- conci ad espugnarle serbando come già di- cemmo altrove, un metodo non suggerito dalle teorie , ma da un naturale e semplice mode di ragionare . Poscritta è V ogia permettermi il Leggitore ch'io quì aggiunga cosa di grandissima importanza ri- spetto alle febbri. Era altrove suo luogo, ma lo mi si perdoni, m’ uscì di mente. lo osser- vai come ogni anno dal venir dell'inverno sino a primavera avanzata domina certa febbre , la quale e riguardo a’ sintomi, e riguardo alla cura differisce al tutto dalla febbre stazionaria od epidemica della costituzione allora regnante. Però non dubito collocarla fra quelle febbri che chiamo intercorrenti. E parmi debba ella suo nascimento ad aria fredda a un tempo e crassa ed umida: chiudonsi quindi i pori della cute, e impedita la traspirazione .s' impregna il sangue di serosità, che divenendo inseguito nemica e per la lunga dimora corrompendosi o per freddo, o per altra lieve occasione sve- glia agevolmente febbre. Ove avvenga, che la materia morbifica sia in copia assai ecco emergerne quella febbre che noi chiamamme dem, 2; a6 NE sha Bea peripneumonia rota ; y e a acute Sez. sesta, capit. quarto. Ove sia in minor quantità generi intomi, che ora io sono È. per addurre. Per uno o due giorni dal primo venir della feb bre risente il malato or freddo, t or caldo : si lagna di dolore di capo e degli | ian $ ws arti, e di certa inquietudine universale, b è la lingua; il polso non dissimile d' assai dallo stato di salute ; torbida l’orina e n rossa; il sangue estratto pari a e dë - pleuritici, Evvi tosse, ma non la difficoltà di respirare , lo stringimento di petto, e quell acutissimo dolore di capo che in tossire si desta nella peripneumonia nota. Quindi non avendo i più insigni sintomi di anco» i deno- rachè non ne disti che di gradi, | » minarla febbre iemale. pra Te E La febbre di che parliamo ella non h principio che que sintomi i quali sogliono in- tervenire per freddo . Pure ove sia mal trat- tata trae seco una lunga schiera di mali irre- parabili, che alla fine ti strascinano a morte . Imperocchè se tu vieni conficcato a letto, e da quindi a sciogliere la febbre, riscaldato con $. cardiaci, eccoti ił più delle volte e delirio e letargo, e polso languido, irregolare, ed arida i la lingua, e macchie rosse e talora tendenti al È livido. Simili siutomi quantunque da alcuni si ascrivano a malignità com essi dicono, sono eglino pure il frutto del men retto trattamento . La febbre era per sua natura infiammatoria ; il calore del letto, i cardiaci l accesero vie più; rei A i * 243 confúsione quindi e disordine negli spiriti, e la ad morbifica gittatasi al cervello preci» pitò ogni cosa. F En ; ¿ Qui è mio scopo rivellere col salasso la copia ridondante di pituit Re cacciarla con T purgativi. Però ‘prescrivo tosto una | cacciata di sangue al braccio destro di nove , rhabarb. drac. unam et sem. coq. s. q. aq. ad unc. tres calatura dissolve mann. et syr. rosar. solut. ana unc: unam m. f. potio da prendersi di buon mattino. Io la ripeto due altre, volte. lasciando un giorno d' intervallo, quando pure i sintomi ‘non si sieno già dissi- pati : e la sera prescrivo un calmante, un’ on- sia di siroppo diacodio. Ne’ giorni, d’ intervallo ndoyi tosse voglio prenda il malato decotto pettorale, o un /oock d'olio d amandole dolci di siroppo di capilvenere, e di viole; e a reprimere il soverchio bollore del sangue quan- do v’ abbia gran febbre, prescrivo un’ emulsione di semi freddi , o il seguente giulebbe R. 4g. nymph. portulac. et lactuc. ana unc. quatuor syr. de limonibus uno: unam et sem. syr. violar. unc, unam m. f. iulapium, da berne a piacimento. Di giorno non si dimori a letto, perfetta astinenza di .carni. Però dopo il primo o il secondo purgativo concedo si prenda tratto tratto poca quantità. di brodo di pollo. Che se svegliansi sintomi più gravi, sicchè s avvi» eini la malattia a peripneumonia nota come abb De. difficoltà di respiro, e lancinante dolore di cape tossendo , si ripeteranno in modo convenevole e le cacciate di sangue, e i purganti, e ci at~ terremo al metodo addotto nel capitolo rispet- tivo summentovato. Vero è che ben di rado avviene v abbia mestieri e più d'un salasso, e più di tre purganti. Ma di ciò non più: e volli dire onde non si scambiasse questa febbre iemale con una qualunque stazionaria ‘epidemica pel quale er- rore io ben so come assai uomini ebbero a perire . avvertimenti intorno una nuova specie di febbre . Quantunque paja che per gli anni miei già molti, e da lunghe infermitadi omai logori possa rimanermene in riposo e niegarmi a buon dritto ad ogni sorta di meditazioni, pure io non mi so frenare, sicchè a danno eziandio di mia salute non m’ingegni provvedere all al- trui. Io voglio dunque porgere avvisi sulla fresca venuta di una nuova costituzione , da cui proviene una nuova specie di febbre assai dalle passate differente . Egli vuolsi ricordare , come nell’ autunno x677 apparivano febbri intermittenti , Je quali ogni anno vie più crescendo, e fattesi sempre più epidemiche finchè si furon giunte al più alto grado, cominciarono dopo insensibilmente a declinare, e negli ultimi anni di questa eo- 245 stituzione erano sì poche, che appena poteansi denominare tali. E vuolsi pure ricordare, che appunto in cotesti due ultimi anni fuvvi rigi- dissimo verno , soprattutto nel penultimo cioè nel 1683, nel quale fu tanto il freddo e sì lungo che persona non ne vide giammai il più. Era il Tamigi sì fortemente ghiacciato che vi trascorrevano sicuramente carri e vi si aduna- va infinità d’ uomini a mercatare non altra- menti, che su una piazza. Il vegnente anno 11684 fu men crudo freddo e più breve, però non gran fatta minore. Ora al primo sciogliere del gelo in febbrajo 1685 nacque la febbre della quale intendo parlare, e che io credo una nuova specie interamente dissimile da quel- Ja che regnava negli otto anni ultimamente trascorsi, ` Per verità io non so dire se un cotale çangiamento di costituzione. debbasi a cangia- mento delle manifeste qualità . dell’ aria , men- tre ben so che le alterazioni avvenute in pro- posito negli anni addietro comechè diverse, non produssero diverse specie di malattie epidemi- che; e per certa serie d'anni benchè d'aspetto differenti ebbe luogo una sola istessa specie di febbri stazionarie. La qual cosa conside- rando io venni nel pensiero, come già dissi altrove, dipendere i cangiamenti di costituzio- ne o da qualche segreta alterazione -fattasi nel seno della terra, da cui ne rimanga infetta l atmosfera, o da influsso di corpi celesti. Però Yorremo qui avvertire come alloraquando si 246 dipartiva da noi la febbre depuratoria nel 1664 ebbevi fin dal principio dell’ inverno secchissi- mo freddo e grandissimo, nè punto rimetteva, che in marzo avanzato, e fu appunto allora che allo sciogliersi del gelo cominciò a mo- strarsi la febbre pestilenziale, indi ne venne la istessa peste. Che che però ne sia, la nostra febbre apparve primamente nel febbrajo 1685 e sì in quello che nel presente anno 1686 si- gnoreggiò grandemente in ogni paese d’ Inghil- terra, però assai più epidemica altrove di quello non fosse a Londra. A prima giunta io non l estimai del genere delle stazionarie; credetti piuttosto dovessi ri- porla tra le intercorrenti che sogliono promi- scuamente ogni anno apparire. Pensai dunque foss ella la peripneumonia nota della quale fa- vellammo . Però non apparivano talora que’ sintomi specialmente patognomonici in. simile peripneumonia , voglio dire la tosse fortissima , ‘e tossendo acutissimo dolore al capo quasi si spezzasse , vertigine al più lieve movimento, e grande dispnea. E poichè in quel tempo sol- lecitava il librajo una novella edizione delle mie cose, facea pensiero per poscritta pubbli- care la mia congettura. M'ingannaya, ed era tratto in inganno dalla molta rassomiglianza che tiene questa febbre eolla detta peripneu- monia, la quale suole tratto tratto apparire sempre in inverno. Sopravvenne la state e mentre questa in tale stagione solitamente ne fugge, ella stette, e qui m’ avyisai dell’ errore | i 247 ‘e reputai doverla attribuire a una novella cos stituzione, I sintomi per quello che potei in- dagare e furono, e sono tuttavia d’ ordinario | seguenti. Il malato è a vicenda or freddo , er caldo; sovente ha dolori al capo, agli arti; i polso come da sano; il sangue somiglia spesso a quello de’ pleuritici } evvi le più volte tosse; la quale quanto più la malattia soprag- gunge lungi dalľ inverno, in un cogli altri sintomi, que della mite peripneumonia, e di bao- ` na indole tanto più presto ne parte. Ne’ primi d si desta talora un dolore al collo, alle fau- e, minore però che nell angina. La febbre comechè continua ha pure spesse fiate notturne esacerbazioni molestissime non. altrimenti che per terzana doppia, o quotidiana : la continua dimora a letto acchiude gravissimo pericolo, quantunque lievemente coperti e fassi trasporto a! cervello, e n'hai o coma. o frenesia ; ed a questa evvi -cotanta inclinazione, che talora Sopravviene senza avervi prestaio occasione ‘veruna. Però non si manifesta quel furore che suol essere nel .vajuolo, o in altre febbri ; è piuttosto tranquillo delirio, e parla solo il ma» lata di tempo in tempo cose incongruenti. Da inopportuno uso di cardiaci, e da regime ca» lefacente si hanno soventi volte le petecchie , e in persone giovani e di caldo temperamento appariscono pure le macchie purpuree indizio certissimo di altissima infiammazione e in que- sta, e in qualunque altra acuta malattia ; altra fiata copresi la superficie del corpo di miliare, 595) eruzione non molto dissimile, da’ morbilli ; è Ia miliare di maggior colorito, e non lascia sul fine squame furfuracee. Ella vien talora per se, ma più sovente è frutto del calore del letto, e de cardiaci. La lingua è a seconda del re- gime od umida o secca: quando secca ha bruno il mezzo circondato. da un orlo bian- chiccio : quando umida è interamente rivestita da bianca pellicola scabra .. E a seconda pure del regime è il sudore; e il caldo trattamento genera sudore viscoso in ispecie al capo. Ma quantunque scorra copioso, e da ogni banda; ne proviene pochissimo sollievo, dal che si vede essere piuttosto sudore sintomatico c€ critico . Il provocarlo ne primi dì volgeva ia materia morbifica o al capo, o agli arti ; e presone una volta il capo, e sopravvenuta frenesia non rimangono - altri indiz) di febbre tranne il polso or più presto, or più tardo. In fine poi mercè il mal trattamento tratti gli spiriti in pieno-disordine fassi il polso irregolare, vedi sussulti di membra, nè sta lungi morte. | Rispetto ‘alla cura, poichè a principio que segni di peripneumonia nota aveanmi indotto a crederla tale come ho detto, io m appigliai al metodo rispettivo ‘altrove ricordato . L'esito fu favorevole e in ‘que’ pochi che ‘potei curare io stesso e in quelli che vennero di tal guisa da altri curati. Che che però fosse che ny in ducesse a ‘tale metodo quando io considero e i fenomeni della malattia, e la dolce indole dell’anno scorso preceduto da due rigidissimi 249 řnverni io son ben certo niun’altra cosa essere questa febbre che semplice infiammazione del sangue, quindi ne è tosto nota la indicazione, reprimerla col metodo a ciò conosciuto . To voglio dunque si tragga primamente sangue dal braccio destro ad once dieci. Nè d ordinario gli è uopo di più, mentre quan- tunque il sangue estratto somigli quello de’ pleuritici, pure questa febbre non tollera sì di leggieri reiterati salassi. Nullameno se abbiavi molta difficoltà di respiro, e il lancinante do- lore di capo tossendo, ed altro che l avvicini alla perippeumonia nota si vorranno ripetere e la cacciata di sangue, e i purgativi sino allo scomparire de’ sintomi siccome già dissi nel capitolo rispettivo. La qual cosa amo venga particolarmente avvertita . La sera, applicazione d’ un vescicatorio alla nuca, il dì vegnente la pozione che segue R. Tamarind. unc. sem. fol. senn. drac. duas Rha- barb. drac. unam et sem. coq: s. g. aq. ad unc. tres: in colat. dissolv. mann. et syr. resar. solutiv. ana unc. unam m. f> potio da pren- dersi di buon mattino. La ripeto tre volie a giorni alterni, e in tale dì dopo la purga pre- scrivo all ora del sonno il, seguenie narcotico o simile. R. 49. Paralys. une. duas syr: de mecon. UNC. unam succi limon” recenter ex- tracti cochl. duo, m. f. hausius. Intendo io con ciò prevenire il coma, che il tumulto in- dotto sovente nel sangue de febbricitanti e ne- gli umori da’purgativi e il disordine degli spi- * 2w - AS 250 riti animali possono generare; nè avvi cosa pi del narcotico convenevole , comechè ne sem- ri contrario. Egli era perciò che nella feb- bre comatosa del 1673 non osava sommini- strare catartici e m atteneva ai soli clisteri sapendo di certo, come i purganti aveano ap- punto destato. subitamente il coma che forse un narcotico avrebbe prevenuto. Però non lo si vorrà concedere ne giorni ne quali non si . è purgato; mentre diminuirebbe per lo meno la forza del catartico, che si avrà a prendere al di vegnente. In questa e in qualunque altra febbre epidemica io non soglio giammai pur- gare o sia nel cominciamento o si che preceduta la cacciata di sangue. ‘cosa non avvertita tornò a mortale moltissimi specialmente di fanciulli, co altrove accennai. | =>> 6 Gli è però da osservare, che quantunque il più delle volte sieno mestieri tutte le -pre~ dette evacuazioni, talora però, in giovani spe- cialinente, o in bambini basta a vincere ogni cosa una sola cacciata di sangue, un solo pur- gativo. All opposito avviene altra fiata doversi procurare maggiori evacuazioni alvine di quello che abbiamo detto, Verò è che ciò avviene di rado e si.è quando la già vinta febbre dopo qualche giorno fa ritorno che però da un no- vello purgante è interamente cacciata . Più spesso ella è frutto di afte sopravvenute sul fine e giunte al più alto grado d' infiammazio» ne. E febbre soltanto sintomatica, e trae seco à Jir spesse volte singhiozzo; che ritorna ad inter= valli, e che dura pur anco qualche giorno tolta la istessa febbre e a misura del venir delle forze per se stesso ne parte. Egli è cosa cui si dee por mente, poichè non evvi pericolo alcuno tranne si faccia uso inopportuno di so- verchj rimedj divenendo allora mortale. Ma e le afte e il singhiozzo ove presto per se non scompajono , vengono facilmente fugati mercè la corteccia peruviana. Um oncia di corteccia con bastevole quantità di siroppo di papavero se ne faccia un elettuario, o si’ facciano pil- a prendersi di quel modo che già annun- lla lettera al Dott. Brady soprabbe- un bicchiere di latte sfiorato. Questo edio ch'io provai più efficace di qualun- tro celebratissimo , purchè non vi si i forze, come si suol fare, obbligando il malato a rimanersi continuamente a letto . Ne’ giorni ne’ quali non purgo prescrivo talora i seguenti rimedj o somiglianti. R. Corsery. Kujul. et Cvnosbat. ana une. unam , conserv. Berber. unc. sem. Crem. tart. drac. unam cum s. q. syr. e limonibus f. Electuar. da prender- sene la quantità d una noce moscata tre polte al giorno soprabbevendovi sei cucchiai del se- guente giulebbe. R. Aq. Portulac. lactuc. et | Paralys. ana unc. tres, syr. de limon. une. unam et sem. syr. violar. unc. unam, m. f. šulapium . i ) Io non m'appiglio allo spirito di vitriolo comechè grandemente refrigerante, perchè es- . aja sendo soverchiamente stiptico mal converrebbe in una malattia nella quale voglionsi i purganti, nè ricordo la sua virtù minerale. Accade so- vente, sul fine soprattutto della. malattia, che usando d’ un tale metodo sopraggiungono tratto tratto di notte tempo spontanei copiosissimi ‘sudori, d'onde infinito sollievo. Non vi si vorrà per altro fidare di troppo, nè s’interromperà il trattamento, poichè se avvenga, il malato sudi a lungo si potrà risvegliare quella febbre, che i purgativi preceduti aveano in parte sog- giogata. Imperocchè dissipate pienamente le particelle febbrili, che una debita cozione pre- parava , ulteriore diaforesi non altro fa che nuovamente accendere l infiammazione. È i sono dunque cotai sudori per un certo tempo, si fanno sintomatici inseguito e più, che gio- vare nuocono. lrfine' questi sudori vengono eccellentemente promossi dal lene calore del letto, onde non sarà il malato ricoperto più che non soleva in istato di salute, e stiasi lungi da qualsivoglia rimedio calefacente . Di- morerà solo a letto di mattino un po’ più del solito, e si attenga in tutto al metodo sum- mentovato . La dieta sia una poltiglia d’ avena, o un brodo d'orzo con una qualche mela di tratto in tratto cotta al fuoco; dopo il secondo pur- gante si potrà far uso anche di tenue brodo di pollo. Bevanda ordinaria tenue birra tiepida o la decozione detta bianca composta di tre libbre d’acqua comune ove abbia bollito ua) / $ Pa ` w 253 encia di c. di cervo abbrucciato aggiugnendovi zuccaro . Dopo la seconda purgagione neces- sità nissuna ne astringe a inierdire le carni di pollo o simili alimenti di facile digestione ben potendosi, trattando la malattia co’purganti permettere quello che in altra guisa non si vorrebbe. Dopo il terzo purgativo quando siasi alquanto calmata la febbre, nè abbia vestito al tutto indole d’intermittente si concederanno per alcuni giorni mattina e sera e dopo il pranzo tre o quattro cucchiai di vino delle canarie, e ciò onde più presto si racquistino forze, e si rimuova ogni accesso febbrile . E siccome poi niuna febbre ch'io w abbia ved nè senza fatica assai, e pericolo gravissimo la si può in tal caso distorre, io raccomando quanto più posso a malati, non vogliano di giorno giacersi a letto, Che se sieno sì inde- boliti, che mal reggano sedendo, permetta loro collocarsi vestiti sul letto, in modo che sia il capo un po elevato; nè voglio abbiavi nella stanza maggior fuoco. che solitamente V avea in.istato di salute. | Un cotale regime tosto sarà a tenersi sul principio di malattia salvo nelle puerpere a’ primi dì, e sarà ‘poi necessaria cosa, ove t incontri in malato, nel quale in virtà di metodo riscaldante si manifestino e le. petec- chie, e le macchie purpuree, e la frenesia od altro indizio di violenta infiammazione . Allora perchè tu tragga sangue, perchè tu vieti il | è più di questa inclinata al cervello , 254 coprire, che non sia leggierissimo, perchè tu ricorra a’ refrigeranti, non sarà mai, che si calmi la febbre ove il malato non s’astenga di giorno dal letto; perocchè il calore agita vie più il sangue’, la situazione del giacente ne favorisce il trasporto al capo. Ma sopravvenuta la frenesia per metodo men convenevole nè può subitamente essere fugata, ned è sicura cosa il tentarlo ripetendo e salassi e purganti oltre i limiti da noi prescritti. Però a poco a poco per se stessa mercè il detto regime si dissiperà. Pure giova in proposito grandemente il radere il capo, ed io vo’ sempre lo si fac- cia, nè voglio poi vi si applichi empiastro ve- runo, permetto soltanto un leggier berretto , che difenda dall’ esterno freddo. Con ciò s’ ap- ‘porta moltissimo refrigerio al cervello onde si calma la frenesia. i Quello che di questa or dicemmo s in- tenda pure del coma. Sopravviene esso ugual- mente\per trasporto di materia febbrile al capo, e se ne traggi il bianco di che è coperta la lingua non apparirà segno veruno di febbre, e il malato sembrerà pienamente apiretico. E quivi eziandio i catartici, i vescicatorj, i su- doriferi e simili rimèdj arrecano il massimo pericolo, e se n'ha soventi fiate morte. Per lo che dopo le generali evacuazioni, e per salassi, e per purganti, comechè un cotale sintoma spaventi soprammodo gli astanti, tutto- si vorrà affidare alla natura, ed al tempo. E quantunque persista assai, verrà alla fine a 255 dissiparsi purchè non si giaccia continuamente a letto. Intanto si rada il capo, e sul finire dell’ affezione si somministrino tre o quattro cucchiai di vino delle Canarie due volte al giorno. Ma di ciò io trattava già a lungo nella Sez. quinta cap. secondo delle. malattie acute ove m’ accadde parlare di ragguardevole coma dal quale era accompagnata la febbre di quella costituzione . big” Ma rispetto alla febbre egli non vorrà il Medico rimanersi dalle predette evacuazioni ove toccando il polso scopra sussulti, o movi- menti convulsivi; poichè in certe affezioni ner- vose non solo non nuocono, ma sono me- stieri e ripetuti salassi e ripetuti purgativi. Ed io stesso ne feci sperimento in quella spe- cie di convulsione denominata ballo di San Vito, e che vinsi in cinque persone mercè i salassi e i purganti. Per confermare la verità di quello che dico e perchè sen offre F oppor- tuna occasione non cì sia grave intrattenerci pe poco su questa malattia. Il ballo di San ito sopraggiunge d’ ordinario a fanciulli d'am- bo i sessi dai dieci anni sino alla pubertà. Si manifesta egli dapprincipio per certa claudica= zione o piuttosto debolezza ď urna delle gam- be, la quale il malato va strascinando a guisa che costumano coloro che divennero fatui : indi ne è presa la mano ‘dello stesso lato , ed ella o posi al petto, o in qualunque altra parte, non può in mnissuna. maniera rimanervi un istante , e ad onta d'ogni sforzo ne è strap- 296 pata dalla convulsione. Ponivi in mano we qualche vaso con liquore onde ei beva, e tu lo vedi a guisa di giocoliere fare infinite ge- sticolazioni innanzi lo si appressi alla bocca. Mentre non potendo accostarlo in retta. linea distratta la mano dallo spasmo, gli è uopo lo raggiri cotanto ; finchè poi appostevi fortuita- mente le labbra ne tranguggia repente avidis- simo ‘il liquore, e parrebbe ciò non facesse ło infelice che per muovere altrui le risa. Poichè a me sembrava dipendesse una simile affezione da un qualche umore discorrente ne’ nervi che irritando desse origine a’ cotali movimenti io m avvisai essere la indicazione primamente diminuire gli umori con salassi, e con pur- ganti, indi volgere ogni cura a corroborare il sistema nervoso. Ed eccone il metodo: tosto ina cacciata di sangue al braccio di ‘otto once più o meno secondo F età. Al dì. vegnente prescrivo o una mezza parte o un'po’ più della pozione purgante comune suddescritta. di ta- marindo di foglia di senna, la sera quel che segue R. Ag. Cerasor. nigr. unc. umani, Aq- epilept. Langii drac. tres Theriac. androm. vet. scrup. unum , laud. lig. gut. octo f. haustus . Ripeto per tre volte a giorni alterni la pozioue catartica e del pari lo stesso giorno il narco- tico. Rinnovo inseguito la cacciata di sangue, e novellamente purgo come prima; e così fo alternativamente per tre o quattro volte , cac- ciar sangue, e a seconda delle forze muovere Y alvo, avvertendo di serbare certo intervallo, s1€- È » 257 sicchè non ne sovrasta pericolo. Ne giorni d intervallo prescrivo le seguenti cose R. Cons. Absinth. Rom. et flapedin. aurant. ana unc. unam, consèry. Anthos. unc. sem. Theriac. Androm. peter. et nuc.'moschet. condit. ana drac. tres, Zinziber condit. drac. unam syr. e succ. citri q. s. f. elect. Se ne prenda la quan- lità d'una noce moscata mattina e sera so- prabbevendo cinque cucchiai del vino seguente. R. Rad. Paeoniae , Enul. campan. Imperator: et Angelic. ana unc. unam fol. Rutae salp. Betonic., Chamaedr. marrub. alb. et summitat. centaur. minor. ana man. unum , baccar: Tu- niper. drac. sex; Cort. duorum aurant. Si ta- glino , e si faccia infuso a freddo in sei liba bre di vino delle Canarie, si coli soltanto © quando vuolsene far uso . R. Aq. Rut. unc. quatuor, ag. € Langii et Bryon. comp. ana unc. unam Paeon. drac. sex m. f. lulap. Se ne prendano quattro cucchiai ciascuna notte all’ atto del coricarsi a letto aggiugnendovi otto gocce di ' spirito di c. di cervo. ©’. a Si applichi alla pianta de’ piedi un empia- stro di caranna. A misura che il malato risana tanto. meno si strascina dietro il piede , e più ‘ a lungo, e più fermamente riterrà la mano in qualche luogo, e per via più retta porterà il bicchiero alla bocca. Questi sono indizj certis- simi di guarigione. Però onde interamente ot- tenerla comechè io non pensi debbasi trarre sangue più di tre o quattro volte, dico pure Tom. 2. 17 06 doversi insistere sw catartici, e sugli alteranti sino a. perfetto ristabilimento. Ma siccome è malattia di facile tornata io estimo cosa con- venevole l’anno seguente allo stesso tempo 0 poco innanzi la prima invasione rinnovare. un. salasso , rinnovare. i purganti per qualche dì. Certamente io inclinó. forte a. credere possa pur cedere con tale metodo I’ epilessia degli adulti adattando i predetti rimedj alla diversa età. Ma a me venne fatto radissime volte in- contrarla , nè finora ne feci esperimento. Ciò sia di passaggio . — ‘ onne isteriche accade talora vedersi stere la febbre anche dopo. la cacciata di sangue e Te reiterate purgagioni. Ciò proviene dal agg eccitato negli spiriti dall’ evacua- zioni € Ln stare ogni altra cosa quando non vi sieno sintomi di peripneumonia o di altra infiammazione vogliamo volgerci piuttosto a calmare un cotale tumulto .: Sarà bene per- ciò somministrare la sera un. narcotico , onde si concilii sonno, e prescrivere due tre volte al giorno rimed) isterici. propriamente detti, come le pillole di galbano , d’asafetida, di ca- storo e simili, e i giulebbi della stessa natura descritti. nel cap. dell’ affezione isterica. E a ristaurare le forze; e a sedare ogni cosa si conceda rispetto al cibo e alla bevanda quello che l ammalata maggiormente appetisce . Già dicemmo come questa febbre e l’anno scorso, e più nel presente avea sulla sera certa esa- cerbazione. di molto somiglievole a un parosi- 259 . . 2 smo d intermittente. Per la qual cosa que fosse piuttosto opera di qualche fortu cidente anzichè del rimedio. | o i anni addietro; ma in questa che imita in qualche modo la quoti febbri della preceduta costituzione. Nulla giova la corteccia , il vino, i cardiaci e tutti i ca- lefacenti nuocono , cose tutte che assai bene dapprima convenivano . Quì vuolsi avvertire come per quello che si vide spesso la state dell’anno scorso. e più del presente, la ‘malattia anzichè pe’ sintomi patognomonici di febbre , calore . cioè inquie- tudine, si mostra piuttosto talora con tormini. di ventre accompagnati ora da ‘dejezioni ora no. Ma siccome sotto un cotal velo non si asconde che la stessa febbre ciò avvenendo 960: > | alloraquando i vapori infiammatorj del sangue non giusta il solito al dintorno del corpo, ma all interno si volgono e per le arterie mesen- teriche recansi alle intestine, e talorà per la celiaca al ventricolo onde il vomito‘, in ispecie dopo il cibo e la bevanda: siccome dunque non è altro che la stessa febbre vuole pure lo stesso metodo e rispetto al salasso, e rispetto a’ purganti. Solo è da osservare che ove ne sia così infeste o il ventricolo che non sappia sostenere la pozione, vi possiamo sostituire le chi iori che alla dose di due rgate . Però si prendano Lr POde il malato possa VI ‘concederà pure a dose un po’ | cotico ; p. e. tim gr. e mezzo di solido laudano di Londra, ugual quantità di mastice, se ne faccian due pillole da prendersi a un tempo, 0 18 o bo gocce di laud. liquido in un’ oncia d’'atqua di cinnamomo orzata o in qualunque altro veicolo generoso , sicchè il ventricolo corroborato, nè irritato dalla poca quantità sa sostenere il medicamento. Ma se . puossi in qualche ‘modo ritenere e la pozione purgante , & il siroppo diacodio si vorranno preferire e alle pillole e al laudano , siccome meno riscaldanti . y ` Ma poichè facciam parola di tormini egli è a sapere come seta quello che la fre- quente osservazione mi ‘mostrò , egli è con grande pericolo che si prescrivono le acque minerali, ne’tormini, e nella diarrea e nel 26% vomito e in qualsivoglia. altra affezione, che si i può sospettare nascere. dalla. febbre .. Au-: mentan elle il tumulto , sicchè. in luogo de~. gli ordinar}. sintomi ne; sopravvengono degli anomali; nè giovano in. modo, veruno come spesse volte mi accadde d osservare Quello. poi cui importa soprattutto por mente siccome cosa. che può, trarre infiniti uomini dalle fauci .di. morte. si, é,. che nono ostante ciò che altrove abbiamo detto, alloraa. quando co’ tormini si manifesta una vera dis- senteria essendovi scariche di materie mucose, sanguinolente,, è soprami aodo tenersi a quel metodo. pip gli umori ua = a tale, che più non ammetta a "0 O. circostanza mi mostrò la sperienza. essere di virtù maravigliosa il. laudano , e prestamente „i e sicuramente arresta ogni cosa, Ne prescriva io dunque da ventidue gocce -in poca acqua epidemica , o mirabile, 0 .in simile; e voglio, Sì ripetano nello spazio . di 24 ore, (0 Si ripe» tano anche più a dati rintervalli giusta il. biso- gno. E diminuendo il male già inspessite le. ) materie , primo indizio di vicina salute, e fu- gati i sintomi io, credo opportuno persistere tuttavia alcun tempo nel rimedio ‘mattina e. sera, scemando. di giorno in giorno la dose fino a che più non ven abbia mestieri. Però il malato deve dicaozana assai nel letto dopo 262 il narcotico , mentre la posizione eretta può di leggieri turbare il cervello ‘quando non si sia preso lungo'sonno. Rispetto aHa dieta , se egli è avvezzo a vino io gliene concedo delle ca- marie ben' diluito d’acqua: nella quale abbia bollito un; pezzetto dř pane. Perciò fo serbare quest acqua fredda separatamente ‘all'uso . Gio- va pure la decozione bianca più volte ricot- date ; è bevuta anche in quantità >I brodo di pollo , i brodi d'orzo; le ova nre W € simili facili alimenti saranno il cibo de primi dì ; e passerantio in seghito di mano in mano a ‘cibi più solidi, a'‘bevande più generose , jerchè la sos à astinenza o-mon rinnovelli ] non produca altri sintomi. Pure fe ‘come’’quantunque ‘in questa t laudano riesca pet ‘se solo a enterie”! in'’quegli anni in cui elle sono epidemiche‘e regnino sull’ altre ma- lattie è beñe attenersi a ‘quel metodo a quelle ‘evacuazioni, siccome'diteva nel capitolo della dissenteria. Ma siccome abbiamo ‘veduto non convenire in tali dissentertie quel metodo che conviene ‘alla febbre ? ‘così vedremo non con- venir pure questo metédo nel caso che segue, comechè trigga origine da essa. ‘Avwien talora che ‘dietro freddo, e ‘calore alternativi, mdiz) sitùri di sovrastante‘ febbre, rivoltasi a un tratto la materia morbifica ‘alle intestine. vi sveglia ‘gravissimi tormini. Il malato in luogo di ricorrere a’ salassi , ‘ed a’ purganti come di- cemmo fa uso di rimedj calefacenti intendendo 263 easciare “i flati ch’ ei ne crede cagione, Ma erescono i dolori, e alla fine invertendosi il moto delle intestine ‘ecco il malato con infinito tormento sospinto al vomito, ed: ecco ‘la pas- sione iliaca. Qui salvo il salasso vorrà il Me- dico appigliarsi a tutt altro di ciò ge conve- niya nella febbre cagione antecedente di questa afezione; imperocchè i' catartici, anche i più vilenti nulla opereranno , anzi promuoveranno vi più il male divenendo subitamente emetici. In simili circostanze io credo doversi tosto caciar sangue ‘dal braccio , indi dopo una o dæ ore ricorrere a qualche posser issimo cli- stve; fra i quali non ne no AE più effcace di quello a fumo di tabacco introdotto coi forza negli intestini mercè un tubo . si apriglia a una larga vescica. Ove dopo qual- ch tempo non ne provenga vantaggio lo si ripterà; e se esso pure sia inttile sarà ad ogni mdo necessario tentare un qualche forte pur- galvo. P. e. R. Pil. ex duobus gr. triginta- queque Mercuri dulc. scrup. unum cum s. g. bai. peruv. f. pilul. n. quatuof, si prendano in uncucchiajo di siroppo di viole. Guarderemei inteamente dal bere dopo, perchè più facil- mete non si rimettano : che se pure ciò av- vena si dieno tosto 25 gocce di laudano li- quio in mezz’ oncia d acqua di canella spiri- tosa le quali si ripetano in capo a ‘qualche ora. Calmatisi di tal guisa e i dolori, e la vomurizione si rinnovi il purgante suddetto, che rercè l’azione del laudano verrà sostenuto . 204 è compierà sue. funzioni. Che se poi nula muove ¢-finita l’azione del narcotico ricompa- Jono i sintomi tolta -allora ogni speranza di dejezioni alvine vuolsi far ritorno al narcotco stesso, € ripeterlo ogni quattre'o sei ore sno a perfetta icalma . Allora restituito il naturale moto dell® intestine il catartico ivi, dimorante potrà operare, comechè, sembri debba avvenire l opposto in virtù dell’ uso ripetuto: dell’ oppie to. Io esperimentai pur orora un, cotale modo in illustre personaggio: tormentato da crudeli.» simo ileo. Sopravvennero afte. per la lunja dimora e degli acri umori, e de’ purganti; peò ben presto furono vinte. e dalla corteccia p+ ruviana, e dall uso del seguente gargarisma R, Succi Pomor: -agrest. libr sem. syr. de Rwo Idaco unc. unam f. ‘gargarisma . Apertesi le vie naturali sarà bene rimanersi. per. qualae giorno dal più purgare , fiachè voglio dire. ia ritornata intera calma. Intanto ben potreno diluire -e temperare l’.acrimonia degli umoi,; dopo che. ove restino vestigia di. febbre ci srà lecito ripetere i purgativi.a giorni alterni cone dicemmo sopra. Ma di ciò non più. Se fia colto da questa febbre un bambo si. applicheranno sanguisughe dietro l oreccle, indi -un ‘empiastre vescicatorio al di dietro lel collo, si :purghi; con un infuso. di rabarbar in birra. Se in seguito depo ‘essere purgatc sì faccia la febbre intermittente ricotrasi al iu- lebbe colla corteccia peruviana descritto pe’ bambini nel capitolo dell’ intermittente . i me 265 Si vorrà inoltre ricordare che quantunque i bambini possano essere ‘sorpresi da questa febbre come gli adulti, quindi uguale metodo tranne il proporzionare alla» piccola loro età e la cacciata di sangue e la purgagione, mentre talora fu vinta ogni cosa al primo od al se- condo catartico: non ostante egli vuolsi ben esaminare se una cotale febbre spetti vera- mente a questa costituzione, o dipenda altron- de. Ciò è necessario si faccia sempre in qua- lunque costituzione; e ben sappiamo come a' bambini sopravvengono febbri dalla dentizione le quali mal si possono distinguere da è febbri d'altro genere. To pensai moltissimo e a lungo sulla cura di tali febbri finchè poi mi venne fatto ritrovare all uopo un eccellente rimedio comechè pel soverchio uso ‘omai dispregiato cioè lo spirito di c..di cervo. Due tre quattro gocce»in un: cucchiajo o due d’acqua di cilie- gie nere © «d'un qualche giulebbe ne sieno la dose, che si ripeterà per quattro o sei volte egni quattro ore. Evvi altro malore funestissimo a bambini diversissimo ei dalle febbri -costituzionali , e da quella \ora. ricordata della dentizione , cioè una specie di febbre etica lentissima ; ‘non ha seco gran calore’, ma languor sommo, per- dita d appetito, emaciamento. Ecco il metodo semplicissimo’ di che. mi valgo. S’ infondano due denari di ottimo rabarbaro tagliato in pezzi in due libbre di birra tenue, o in altro liquore 2 cui sia avvezzo il bambino e ciò sia in un 266 vaso di vetro di mon maggiore capacità; che tosto si chiuda perfettamente. Di questa be- vanda ‘me’ faccia uso a tutte lore e di dì, e di notte e ‘innanzi, e dopo il cibo. Bevute queste: due libbre se. ne versino altrettante sopra il medesimo rabarbaro, e così facciasi per la terza volta ; dopo la quale il rabarbaro non ha più vigore, e il malato d ordinario è guarito. E perchè non riesca la prima. volta soverchiamente forte sarà bene consuntane una libbra aggiungervene tosto una novella, e pro~- seguirassi poi nella maniera indicata . | (‘Ma ritornando alla febbre della costitu- zione, dico doversi osservare, che in essa come pure nel reumatismo è in molte altre malattie la cura delle quali “consiste nelle sole evacuazioni, ove si voglia ` persistere ostinati in queste sino all'intera scomparsa dei sintomi assai volte ci avverrà scambiarli colla ‘morte . Ne rimangono talora di lievi,. quasi residui della estinta malattia, e vi durano qualche tempo, da’ quali però non evvi pericolo di re- cidiva, e spontanei si vanno dissipando a mi- sura che fa ritorno la pristina sanità. Non di rado sono pure progenie delle stesse ripetute evacuazioni e dell astinenza, che severa il malato serbava nel corso della malattia. Dalle quali cose in corpi. già indeboliti svegliasi non altramenti, che nelle donne quell’ affezione che en per la stessa ragione, cioè per la debolezza, per la somma prostrazione nel sistema degli spiriti animali. Laonde dopo 2 le necessarie evacuazioni sarà del Medico pru- dente l'arrestarsi, e*wedere che possa il tem- po, soventi volte infra tutti i Medici il felicis- simo. Pure” in molti casi io vidi riuscire un narcotico continuato due o ire sere senza più. La spérienza mi mostrò, come un cotale metodo ‘avinza ogni altro nella cura di questa febbre ; |è quando “pure non la tolga intéra- mente”, la spinge a'intermettere è quì ognuno conoste l’efficacia ‘della china. Se a taluno sembrassé dovere i catartici essere di ‘ nocu- mento'tio ‘dico lui, ninna cosa più possente- mente ‘reftigerare de” catartici dopo la cacciata di sangue, che si vorrà mai sempre premet- tere . Si eccita è vero in tempo di loro ‘opé- razione ‘niaggior timulto nel sangue e vie più s accende la febbre; ma ne è il compenso successivo infinito ; ed è soverchiamente Cono- sciuto‘, che il purgare dopo ‘Aver. tratto san- gue doma meglio‘ d'ogni altra cosa la febbre, cacciando’ quella’ massa: d umori o corrotti g onde come da causa ‘antecedente ella -era mossa , ò riscaldati e dall’ ardore della febbre inspessiti lo ché assai poteva in mantenerla a lungo ; nè ciò solo; ma prepara la via alla maggior azione del narcotico, cui l abbondanza di tali umori avrebbe certamente opposto ostacolo . Al incontro il metodo de’ sudorifici ‘ed è men certo, ed ha seco infinite molestie, chè protraendo d ordinario la malattia ad alcune settimane spinti sono gli infelici all orlo del 7. NA ] sepolcro , se pure non vi.vengono precipitati; nè è a dirsi di quanti rimedj sia d’uopo, onde vincere que’ sintomi, che. il mal trattamento eccito; mentre si volle tentare la guarigione di malattia di sua natura caldissima con regi- me caldissimo, con caldissimi. rimedi. Così uomini stolti fatti schiavi di..triste regole d’un arte sciaurata, se pur arte puossi appellare , dispregiato lo stesso avviso. de’ sensi. conver- tono dottamente una malattia per se breve e facile in una lunga e difficile, ogni cosa di ti- more riempiendo, e di tumulto. E qui ap- punto puossi dire quello che si direbbe d'un nocchiero il quale potendo guidare la nave in piano mare , e libero la spingesse fra scogli e fra secche; egli forse potrà mercar fama di erito salvandola; ma perderà a un, tempo quella d uom prudente . RA Pertanto io ben posso affermare, il metodo de’ salassi, e de’ purgativi \essere sopra ogni altro convenevole in moltissime specie di feb- bri. Imperocchè quantunque’ la diaforesi sia veramente il metodo della natura, e sia il più acconcio quand’ ella abbia. convenientemente digerita la materia, e la cacci poscia blanda- mente alla superficie del corpo , pure non è che l’arte presuma uguagliare in ciò la natu ra, ed estimi guarire di tal modo la febbre. Ben ne vennero da questo. allucinati i dogma- tici, e conosciuto da’ pratici come talora avea luogo un simile: evento felice, naturale , cre- dettero stabilire , tutte le febbri sempre e in ; ; 260 niub’ altrà guisa poter essere’ debellate. Ma primamente ignora l’arte come preparisi a do- vere la materia, e quando pure il sappia, non evvi indizio che ne faccia accorti, che ciò siasi eseguito, quindi è forza eziandio s’ignori quan- do più convenga promuovere i sudori.. Nè ċredo siavi persona la quale non vegga quanto pericolo aduni colui che ciò fa non compiuta ancora la cozione; e avviene trasporto di cruda materia al cervello , e quindi gravissimo guai. Dissi già altra volta come il salutare avviso d’ Ippocrate »non i crudi umori ma i concotti doversi evacuare« più che ad altro, spetta all eccitare artificialmente i sudori. Ogn’ uomo mediocremente versato nella pratica ben vede tutto dì quale danno ne ridondi: e le vecchia- relle, e gli ignoranti, appena taluno sia preso da freddo, da dolore di capo, delle membra prelud} d'ordinario di febbre, ecco tosto con- finarlo a letto e tentare in ogni guisa d’ estor- quere sudori. Ma eccone il frutto: quella feb- bre che o per se o mercè la sottrazione di poco sangue sarebbe scomparsa inasprisce d'as- sai e passa in lunga e pericolosa malattia. Inoltre egli è noto, que sudori spontanei al principio delle febbri non essere che sintoma- tici, per nulla critici; così que’ che si ottengono ne primi giorni pe’ diaforetici niente contribui- scono a paro de suddetti alla guarigione . In secondo luogo siccome ignora l’arte il quando si debba dar mano a simile evacuazione ignora pure sino a quando debba perseverare in fo- AJO mentarla. Protratta la cosa oltre il dovere, quando cioè. sia eliminata interamente. la ma- teria morbifica viene a privarsi il sangue di quelle particelle, che lo diluivano , che lo tem- peravano, quindi s' iuterterrà vie più la febbre e verranne aumentata. Or ben tu vedi. quale pericolo qui stia; e vedi a un tempo essere in potere del medico il governare quell’ altro me- todo. di cacciare la materia morbifica co’ sa- lassi, e co’ purganti. Oltracciò »se non ottieni tuo scopo non gitti il malato in que’ guai che sopravvengono da’ diaforetici. Mentre il calore del letto, per tacere. pure de’ cardiaci, che a tale oggetto non si tralasciano giammai, su- scita disordine e moti convulsivi, ed altri sin- tomi irregolari. Eglino non possono essere de- scritti non entrando propriamente nella. storia della malattia, siccome il prodotto del ‘cattivo trattamento ,, e ciò avviene rispetto alla ‘più parte de’ sintomi in molte altre malattie . Però è costume imputarsene. la malignità. Questa opinione di malignità ella fu all’ uman genere. di gran lunga più perniciosa,, che non la stessa polvere da cannone. Impe- rocchè chiamandosi maligne quelle febbri in ispecie, nelle quali trovasi la infiammazione giunta ad: altissimo grado vennero indotti i Medici all’ uso de’ cardiaci, e de creduti ales- sifarmaci, onde cacciare pe pori della cute quel veleno, che .essi immaginarono.. E n avvenne l addattare e regime. e.rimedj caldissimi a ma- lattie, che richiedevano’ e regime e. rimedi o II quanto più si poteva refrigeranti .. Così fecero nel vajuolo malattia di. matura ardente. quant altra mai, così in altre febbri moltissime. Caddero forse in simile errore dal vedere: pe- techie, e macchie purpuree; e simili esantemi; cose tutte; che debbono le più volte loro ori- gine all’ accresciuta infiammazione del sangue già dalla febbre soverchiamente acceso ; di rado veggonsi spon tranne sul venire della N ‘invadere di va]juolo con- fluente d indole soprammodo infiammatoria . Quivi appariscono insieme alle pustole in varie parti. del corpo macchie livide, e sopravven- gono pure emorragie o da’ polmoni, o dalle vie orinarie; mentre. tale è l agitazione, e l'orgasmo del.sangue che già rotto ogni osta- colo è forza trabocchi. nelle cavità del corpo. E comechè le macchie purpuree nella febbre presente non procedano. da calore del- sangue ‘sì intenso qual è quello, che produce simili emorragie , traggono pure origine da infiam» mazione di lui, quantunque. di grado minore, e cedono di leggieri non essendovi flusso san- guigno , solo sintoma finora indomabile al me- todo refrigerante. Che se inducono malignità non dalle sole macchie purpuree, ma da ciò eziandio che osservarono talora essere i sinto- mi della febbre più miti di quello sembrasse comportarne la natura, e morirne pure.il ma-- lato più presto che non doyea : rispondo cotali cose tutte provenire da ciò , che oppressa to- sto la natura dall impeto della. malattia; e vinta ia è 272 y A è inetta a produrre sintomi regolari , e corri- spondenti alla grandezza del male ed è ogni cosa anomala. Perturbata l'economia della mac- china ne è depressa quella febbre, che altra- menti sarebbesi sviluppata vigorosa. Di ciò ben mi ricorda d’ aver avuto uno sperimento non comune sono già "e in un certo giovane, presso cui er . Pareva egli omai presso a morte, € ure il calore all’ esterne parti del cor emperato , che non mi si prestava fec o asseriva, lui essere preso da febbre non poteva manifestarsi, soffocata d pia del sangue, che se si fosse incisa la vena ben l avrebbero veduta spiegarsi tosto violentissima . Diffatto trattasi buona quantità di sangue n’ emerse tale febbre ch'io non ne vidi mai la più: nè si calmò se non al'terzo o quarto salasso . Che se le ragioni da me addotte non soro tali, che mostrino apertamente, la cosa così essere quale io stabiliva; ove la sperienza ne faccia chiaro non cedere questa febbre ai su- dori, ecco io avrò quello che cerco. Finalmente non raziocinio verano, la sola sperienza ne uò rivelare quali febbri possano esser vinte A diaforetici, quali da altre evacmazioni. Nè alcun sapiente conoscitore e degli uomini e della natura , nelle cose di mera speculazione , e che non sì possono determinare da sicuri sperimenti mon giurerà sì facilmente nelle pa- role d’ altro uomo qualunque ei sia. Ben egli sa come le forze della ragione sono così varie e ; ed i O di "e . | 293 e tenui che mentre proponendo tu una Teo- ria di cotali ragioni convalidata, che ottiene a prima giunta l'approvazione d'ognuno , ecco sorgere un altro, il quale dotato forse di mag- gior ingegno ti abbatte il bello edifizio sino. dalle fondamenta, mostrandoti poderosamente com ella non era altra cosa che sogno, nulla di ciò. esist natura, Però costui al- tra ipotesi vi | per avventura più ve~ risimile , più | cul s’ aspetta uguale ando sorga uguale va- destino della prima lente oppositore; e simile vicenda avrà luogo finchè si giunga ad uno cui niun altri avanzi . Ma quanto sia difficile rinvenire quest uomo superiore ben tosto il comprenderà chi non sia tanto stolto di credere vanamente, se appunto essere tale. Che anzi siccome si può a ragione sospettare esistere in altri globi più insigni, quali vediamo sparsi ‘nell immensità dell uni- verso, infiniti esseri d'intelligenza infinitamente maggiore a quella di noi miseri mortali: così non sappiamo abbastanza se tutti gli uomini sieno stati di guisa conformati, che anzi co- noscere l assoluto vero possano piuttosto co- noscere quello che più si confa alla propria natura. Cotali cose sieno dette per coloro che nella pratica si affidano a vane speculazioni più che alla sperienza appoggiata al solido te~ stimonio de’ sensi. | M _ Che se quì- taluno opponga, non esser egli di fatto vincersi spesse volte questa feb- bre con un metodo interamente contrario al Tom. 2. 19 stih mio? rispondo, infinitamente differire una cura per metodo appoggiato a sole poche guarigio- ni, da una cura per altro metodo cui appoggia esito ordinariamente felice, e che oltracciò conviene con tutti i fenomeni della stessa ma- lattia. P. e. nel vajuolo molte persone trattate pure col tristo metodo calefacente risanano, e avvien del pari lo. stesso a chi è trattato con metodo contrario. Ma quale vuolsi preferire ? To veggo che a misura vo riscaldando il ma- lato, s' aumentano la febbre, l'inquietudine , il delirio , tutto inasprisce; e veggo all’ opposto che moderatamente refrigerando ottengono sol- lievo, e amminora la febbre, e scema ogni altro sintoma, € più grandi le pustole, e più copiosa suppurazione. Ora chi dubiterà nella scelta? Di tal modo nella febbre della quale parliamo s'io veggo col metodo calefacente procurarsi e delirio, e macchie purpuree , e petecchie e un’ infinita serie di sintomi irre- golari; al contrario se col metodo da me pro- posto io nulla di ciò veggo è ragionevol cosa il. dire questo avanzare di gran lunga il primo benchè in entrambi i casi siasi avuta guari- gione. Che se per F uno piucchè per l altro sfuggasi morte ne riescirà ben più facile scio- gliere la controversia. Però io non ne do giudizio . Non più di questa febbre ; rispetto a sua durata non saprei dire cosa veruna, nè so se ella sia forse principio di qualche febbre de- puratoria come quell’ antica cui tenne presso kà x 275 la peste E quale parlammo tra le acute. Sonovi a dir vero fenomeni , che m inducono in qualche guisa. a. crederlo ; pe~ rocchè non solo rimangono vere febbri inter- | mittenti, quartane soprattutto , qua e là disper- se; ma talune. eziandio di queste continue pas- sano qualche volta alle intermittenti, ora mas- simamente ad autunno già inclinato . Nè dirò come le mae o S esacerbazioni s` attengano pure a’ parosismi di quelle, e vi sia una ben manif propensione al vomito. Ma io non avanzerò nulla al proposito, poichè non emmi a mente; come si. mostrasse a principio, la febbre depuratoria, siccome alla sez. prima cap. terzo delle acute. dichiarava con queste parole » da quanto tempo ella già regnasse io nol so dire; perocchè sino a que dì non aveva atteso, che a’ generali sintomi delle febbri, come colui, ‘al quale non era ancora caduto in mente potersi esse distinguere giusta il vario genio degli anni, e le varie stagionic. Del flusso di sangue per le vie orinarie in virtù di calcolo impegnato ne Reni. fan. sembri cosa da meno cauto,- e ‘da imprudente far pubblica un’ osservazione , di cui in se stesso soltanto abbiasi fatto espe rimento ; io credo però, niuna persona che discreta sia me voglia ora biasimare se dopo aver sofferto lunghi tormenti e grandissimi da 276 bi un flusso di sangue dalle vie orina colo impegnato ne’reni, mosso da ca verso i miei compagni di disavventura cingo a indicare loro que rimedi, da’ quali io trassi un qualche sollievo, quantunque sem- brino volgari, e di niun pregio L'anno 1660 ebbi un parosismo di poda- gra, il più crudo, il più lungo di quanti mav- vennero per lo ‘innanzi. Era te e fui astretto giacermi a letto per due mesi. do sul fine del parosismo incominciai € certo dolore ottuso al sinistro rene e- î benchè di rado anche al destro. Scomparve al tutto l accesso, e il dolore rimaneva sveglian- dosi ad intervalli, però non acuto, e tollerabi- le; mentre non era io ancora stato sorpreso da parosismo nefritico, cui sogliono accompa- gnare grandissimo dolore lungo gli ureteri ten- dente verso la vescica, e vomito enorme. Contuttochè non esistessero questi indizj di calcolo , io pure avvisava uno ve ne fosse nella pelvi de’renì, il quale per essere di mole oltre il convenevole non potendo passare all ure- tere, non produceva que sintomi che abbiamo detto. Nel che indi a molti anni ben conobbi come non mi era ingannato. Nell'inverno 1676 dietro tosto lo scioglimento d’ un fortissimo gelo avendo molto e a lungo passeggiato man- dai orine miste a sangue. E m avvenne lo | stesso ogni volta o molto camminassi a piedi o in ‘cocchio per strade selciate anche a lento andare di cavalli, e nulla ebbi di ciò, qualora 20 > non selciate, e ad onta di lan- nmino. L’orina parve allora gran- | spaventosa avendo sembianze di puro quale suol essere, e limpida, e il sangue si raggrumava al fondo. Subitamente ebbi ricorso a copiosa cacci di sangue dal braccio, e in seguito a purgativi, a refrigeranti, a in- i di vario genere , e la dieta era te- a ed evitava interamente i liquori aci- „e attenuanti. Ma e questi ed altri | che lungo sarebbe annoverare punto giovando, e temendo far uso delle acque calibeate contro un calcolo, ch'io sospettava di troppa grossezza, perchè potesse espellersi, perdetti alla fine ogni speranza, e tanto più in quanto io già vedeva alcuni vecchi essersi procacciata morte tentando la guarigione con simile rimedio. Deliberai pertanto nulla. più fare, e solo attenermi per quanto mi fosse possibile a perfetta quiete di corpo. Alla fine venendomi a mente come alcuni autori com- mendano soprammodo la forza litontritica de’ semi di frassino, pensai che se cotanto ne poteva il seme tanto più ne avrebbe potuto la manna. Ella è la manna secondo quello che ne dice il valente Botanico Giovanni Ray e che ne dissero prima altri scrittori, non un miele aereo o una ruggiada celeste, ma un li- quore, che essuda dalle foglie , da’ rami, dg tronchi di certi frassini in Calabria; della qual cosa ne fu testimonio il sullodato autore men- . 27$ La Rea tre viaggiava in Italia ‘e vide un medico dot- tissimo raccoglierne soventi fiate, coprendo con un pannolino le foglie, e i rami di cotale pian- ta ( Vide Ioan. Ray catalog. plant. Angliae ). Volendo pertanto farne sperimento ne presi due once e mezzo sciolta in due libbre di siero ‘di latte tranguggiando di tratto in tratto un po’ di succo di limone onde avvivarne I azio- ne, che snol essere lenta assai, e a-un tempo rendere il rimedio meno ingrato allo stomaco . Non è a dirsi quanto sollievo ne an cha provava è vero per lo innanzi perpetuo dolore, ma risentiva pur sempre a reni certo peso molesto assai. Dopo sì felice esperimento io ripeteva il catartico ogni settimana a giorno stabilito ‘e ciò per alcuni mesi; e trovai star> mene sempre meglio sinchè alla fine venni in grado di sostenere lo scuotimento ‘anche aspro d un cocchio, e stetti libero d'ogni cosa sino all’ ultima passata primavera. Nella quale es- sendo io stato quasi tutto l inverno vittima della podagra, e rimaso in conseguenza in una insolita quiete fece ritorno nuovamente il flusso di sangue mentovato. Io era dubbioso, se ri- correre ancora all’ antico rimedio o no: poichè cangiatasi per così ‘dire tutta la sostanza del corpo in fomite e sede della podagra teneva per certo, un qualunque catartico ‘ancoraché lenissimo ne richiamasse un lungo parosismo. In fine mi venne in mente, che ove prendessi wn narcotico la sera dopo la purgagione, con ui si sedasse il tumulto eccitato dal catartico $ $ 279 ben potrei far ritorno al primiero metodo della manna una volta la settimana. Bevetti dunque di mattino la soluzione di due once e mezzo di manna in due libbre di siero di latte‘, e presi all ora del sonno sedici gocce di laudano liquido in tenue birra; e ripetei di tal guisa la manna e ’l laudano due fiate la settimana ciò facendo sino sei volte. In seguito non mi attenni che a una volta sola sottratta tanta copia d umori, che meno era a temere di po- dagra. Pure estimando io, che . e la manna avea qualche facoltà litontritica, qualunque ella fosse o dissolvente od altro , doveva necessa- riamente soffrirne dal laudano rimedio forte astringente , credetti opportuno tralasciare. il narcotico . Persistetti in questo metodo alcuni mesi fissato sempre lo stesso giorno al pur- gare, nè mi rimossi mai dal proposito. Scemò tosto alla prima dose il dolore a’ reni come avea fatto in addietro, però la seconda mosse in qualche guisa la podagra, che incominciava ad attaccare ora gli arti ora le viscere, ma il laudano sedò ogni cosa. Il successo essendo favorevole credetti continuare nel rimedio sì per oppormi a novella emorragia, che per di- minuire alquanto il fomite del calcolo. Cessò alla fine interamente il tutto ed io abbandonai il medicamento . Rispetto dunque al purgare , lo che vuolsi fare quando l emorragia incalzi, e colla sola manna e nel modo indicato , io debbo ritrattare quella mia sentenza , che una volta manifestai parlando della podagra, non dacemque improba dal |. ico, per cui temeva un novello ism fon ostante risguardata la sola agra mi il Miani tutte l’ evacua- i, quindi non si vorranno ammeitere tranne suddetto sintoma propriamente le richiegga . Riguardo al regime, che sembra più convenire a malati d entrambe- queste «malattie, poichè o nulla vo’ tacere che possa giovare a chi è sog- getto a que’mali cui il son io, ecco mio modo . Di mattino al sorgere da letto bevo una o due tazze d infuso di thè; entro in cocchio, né più ritorno a casa che fino a \mezzodì ; allova mangio di qual cibo più mi piaccia, e facil- mente digeribile, e moderatamente, lo che vuol essere sempre avvertito . Dopo il pranzo bevo un bicchiero di vino delle Canarie onde pro- muovere la digestione, e tener lungi dalle vi- scere la podagra. In seguito cammino nuova- mente in cocchio, e permettendolo de oc zioni vommene due o tre miglia dalla ¢ villa a respirare puro aere , salubre. La emmi cena un bicchiero di tenue birra ripeto già posto a letto, e presso al so che ie fo onde refrigerare e diluire gli w acri, e caldi dimoranti ne reni, da quali si \ oya riparare al tumulto ecci- m e a io adfent à comechè mitissima . | non lupolata sia più cony cezza a cacciare il già fat pure l altra per quella l lei comunicano i lupoli è m materia calcolosa di quello non di più viscida sostanza e meno pi che mi purgo non mangio che però bevo dopo giusta il mio i chiero di vino delle canarie. La a Specia mente d'inverno ho cura golo armi a letto assai presto. Non è a dire quanto ciò giovi alle digestioni, e a serbare l ordine e l armo- nia nella macchina. All’ opposito gli studj not- turni in vecchi che sono alle mani con malat- tie croniche ‘affievoliscono e viziano sopram- modo tutte le concozioni, e recano di leggieri al principio vitale danno irreparabile. A pre- venire- il flusso sanguigno suddetto costumo pure ogni qualvolta debbo recarmi un- po’ lungi in cocchio per strade selciate, bere innanzi ascendervi un largo bicchiero di tenne»birra è e che ripeto innanzi la tornata a casa, quando mi avvenga dimorare a lungo: in qualche luo- go. Per strade non selciate emmi lecito qua- lunque lunghissimo cammino . Rispetto alla podagra a ggiugnerò ciò che segue. In questi ultimi anni se m’avviene commettere un qual- rore nelle sei cose non naturali ella tosto D 282 e vomiturizione; e dolori di ventre. Intanto sono gli arti liberi di dolore , e oltre il solito atti al movimento. Allora io bevo un congio di posseto o di tenue birra e come prima tutto rimetta per vomito prendo un bicchiero di vino delle Canarie, nel quale si sieno instil- late diciotto gocce di laudano, e, mi ripongo a letto stando nella maggior quiete. Con que- sto metodo mi venne fatto talora strapparmi da morte . Quantunque non sia convenevole a chi- chessia, e meno a colui il cui vivere o mo- rire sì poco rileva agli uomini, fare di se stesso frequente menzione ; io pure intesi con ciò. poter meglio giovare a coloro, la vita la salute de’ quali può essere di ben maggiore importanza che non la mia. Debbo pure avvertire correre grandissimo pericolo quelle persone affette da calcolo, e da podagra, che sconsigliatamente s’ appigliano alla soluzione di manna nell’ acque minerali catartiche. Aumenta è vero la manna di vi- gore, e riesce a un tempo meno nauseosa , ma ciò non compensa il danno arrecato dalle acque. Imperocchè, se il calcolo è di tal mole che non possa esseré spinto per gli ureteri alla vescica, eccitan elle d’ ordinario un parosismo nefritico pericolosissimo, e che dura finchè il calcolo non rientri nella pelvi del rene. Nè sono cosa più sicura le acque marziali, tranne si sappia di certo essere il calcolo di tal gros- sezza, che non gli possa venire interrotto il 283 cammino. Ciò secondo quello, che a me pare non si può da altro conoscere, che dal pre- cedere di qualche parosismo nefritico, dolore cioè crudelissimo alun de reni, che si pro- paga lungo l uretere, e vomito enorme. Al- lora si. può dedurre anzichè un grosso calcolo, esistere nella pelvi del rene un ammasso di piccole petruzze l'una delle quali insinuatasi nell’ uretere genera il parosissimo, nè questo cessa finch’ ella non caggia nella vescica. In simili circostanze nulla di più efficace e a vie- tarne l aumento, e a rimuoverle dal rene del ‘bere abbondante acque calibeate , e ciò sempre ogni state. | Ma poichè ben sovente avviene soprag- giungere il parosismo quando o non si abbiano in pronto cotali acque o non sia stagione fa- vorevole, ecco il metodo che potrassi seguire senza più. Se il malato è fornito di tempera- mento sanguigno, nè d età molto avanzata traggasi dieci once di sangue dal braccio cor- rispondente al rene affetto, indi beva prestissi- mamente un congio di posseto in cui abbiano bollito due once di radice d’altea e si applichi il seguente clistere R. Rad. Althacae et Lilior. ana unc. unam fol. Malv. Parietar. Branc. ursin. et flor. Chamaemel. ana man. unum, sem. lin. et foenugr. ana une. sem. cog. s. g. ag. ad lib.unam et sem. Colatura dissolv. sacch. culinar. et syr. Dialthacae ana unc. duas . M. J. Enema. Appena abbiasi mandato per vomito ciè 284 che si: bevette e siasi evacuato il clistere si somministri una buona dose di laudano liquido p. e. venticinque gocce, o si dieno xv o xvi grani delle pillole di Matteo . Ne vecchi però abbattuti da qualche lungo male , e nelle vecchie isteriche si vorrà om- mettere la cacciata di sangue, specialmente se sul principio del parosismo mandino orine ne- gre, e sabbiose. Nel resto si proceda, come abbiamo, detto. { i Ma ritornando a quello che più spetta al nostro proposito cioè val grosso calcolo, dico , che se non mai sia preceduto parosismo nefri- tico non potendo il calcolo penetrare nell’ ure- tere, saranno le acque li inu- tili, ma somma te pericolose .* Nè meno nuocono a’ podagrosi vecchi ( tali sono rdi nario ) e d abito d > pituitoso . Evvi a temere non le forze loro già di sover- chio abbattute sieno da tanta copia ď acque interamente spente. Ma di qualunque modo nuocano , certo è, moltissime persone omai consunte dalla lunghezza del male trassero da tali acque il più gran danno, e morirono. Quest’ è tutto ciò che mi venne „fatto di conoscere nella cura delle nalartie sino a que- sto giorno ventinove Settembre 1686. Fine. cc i Pe ro, 285 è FNDECE $ 3: ci + di del Dott. Braa rdenham pag. de Risposta di Sydenham sulle malatti È demiche dal 1675. Lettera del po > CFA no una nuova specie di _ febbre. tE, Vita 244 Del Slusso è di sangue per e vie orinarie in virtù di di CRCR) ato ne reni. 275 Pag. 3 l. skað che SN VELI AO sospinto E Var. ps da TESA Y) j =] S Tra s qah